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Autore: gaccia    03/12/2013    11 recensioni
«Sono Emanuele Mancini e sono un coglione» forse dirlo ad alta voce mi avrebbe aiutato a venire a patti con la mia coscienza, sempre che ne avessi una e che in quel momento sembrava essere andata a farsi una vacanza al Polo.
Mattia, il mio migliore amico, mi aveva affidato la sua ragazza in quei maledetti quindici giorni ed io che facevo? Dopo anni, mi prendevo una cotta con i fiocchi per la bionda Lily.
«Sono un coglione» ripetei.
Forse, se mi costringevo a rivolgere le mie attenzioni alla sua amica...
quello che successe dopo non lo avrei mai immaginato, quello che posso dire è che la mia vita cambiò, definitivamente e in modo sorprendente…
Sequel di “AAA OFFRESI DICIOTTENNE VERGINELLO – NO TARDONE”
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Ciao a tutti!

Questo capitolo è stato un po' difficile da scrivere, sopratutto la prima parte che sembra non abbia senso. Fidatevi, ne ha nell'ottica cambiamento Lele.

 

Ringrazio chi ha inserito questa storia nelle liste particolari e chi ha recensito. Come al solito ringraziamento pubblico con nick in grassetto ai nuovi recensori.

 

Grazie a Elenri per i banner che sforna a un ritmo impressionante oltre che sempre di alto livello. Grazie!

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Vi lascio al capitolo... BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Tu... Tu sei Satana in persona! Sei venuta sulla terra per rendere la mia vita impossibile! Poi, cosa mi hai dato? È amaro come la morte! Per colpa tua mi ritrovo te come ragazza! Il tuo amico gay mi vuole stuprare! La mia macchina è stata sequestrata! Ho una multa da guinness da pagare! Tu sei direttamente un’arma di distruzione di massa! Tu non porti sfiga! TU SEI UNA SFIGA!» e con quello bevvi un'altra sorsata di quella cosa e non sputai ma tornai nella camera e mi gettai sul letto a peso morto sotto il suo sguardo perplesso.

 

Glee tornò in camera e annusò la tazza che teneva in mano e poi ne bevve un piccolissimo sorso (anche perché berne di più si rischiavano conati di vomito).

«No, è corretto… pensavo di aver sbagliato le dosi e di averti avvelenato» disse posando la tazza sul tavolino.

«Perché? Mi hai dato della cicuta?» chiesi sarcastico.

«No. Del veleno del ragno crociato…» scattai immediatamente a sedere e la fissai sconvolto.

«Ma pochissimo… non ti fa male…» scattai in piedi e la agguantai per i polsi.

«Tu sei una pazza» scandii chiaramente mentre mi avvicinavo.

Lei continuava ad arretrare ed io ad avanzare ma quella stanza non era immensa e in un attimo Glee si ritrovò con le spalle al muro. Letteralmente.

«Lele, calmati. Non è niente di grave… non ti avrei mai avvelenato… ho provato parecchie volte quell’infuso e l’ho già dato anche a Consuelo. Fa bene, davvero…» ormai balbettava.

La mia pazienza, che quel giorno era stata messa a dura prova, era completamente andata via nello scarico con il resto della medicina che rimaneva ancora da bere.

Mai più fidarsi di una scellerata come quella!

«Oggi ho avuto una giornata che dire pessima è un eufemismo e tu vuoi uccidermi? Giuro che prima ti tiro il collo come a una gallinaccia spellata» probabilmente avevo anche qualche vaso sanguigno rotto nei bulbi oculari perché vedevo Glee davvero spaventata adesso.

 

«Ti prego, scusami» pigolò.

«Dovrai fare meglio di così per farti perdonare» la mia faccia era a un centimetro dal suo naso. Lei ci pensò un attimo e poi propose una cosa scioccante.

«Senti… se mi prometti di tenere le mani a posto, mi metto il completino che mi hai comprato e ti faccio vedere come mi sta… ma tu mi perdoni di tutto». Questa era una bomba! Una deflagrazione senza precedenti che lasciava sul campo tutti i miei neuroni ancora sani. Il mio essere animale sbavante dietro a una figa, cominciò a ululare alla luna.

Finsi di pensarci, poi annuii.

«Andata. Cambiati e fammi vedere come ti sta» dissi lasciando i suoi polsi leggermente arrossati dalla stretta delle mie mani.

Mi vendevo per poco, ne ero consapevole, ma avevo speso un capitale e me l’ero immaginata in ogni dettaglio, adesso volevo constatare se i miei pensieri erano corretti o meno. Era tutto per una indagine scientifica.

 

«Lo immaginavo... Scopatore universale, vai a sederti sul divano» mi indicò il cuscino con un gesto di stizza e, raccolto il sacchettino, andò direttamente in bagno sbattendo la porta. Ops, forse si era arrabbiata.

Era molto arrabbiata, sentivo sbattere le ante dei mobiletti e lei che borbottava cose incomprensibili con astio. Onestamente la cosa mi faceva davvero sorridere.

Dopo più di cinque minuti di attesa, iniziavo a pensare che avesse cambiato idea. Che codarda! Che sarà mai farsi vedere in reggiseno e mutandine?

«Sei pronto?» chiese. Vidi distintamente abbassarsi la maniglia e deglutii rumorosamente.

Avevo le mani sudate e la gola secca. Cosa poteva esserci di così sconvolgente? Ne avevo viste di ragazze e certo che Glee non poteva essere tanto diversa dalle altre!

Tette, culo, gambe saranno tutte nella stessa posizione e, visto la taglia che avevo acquistato, il personalino della pazza avvelenatrice non era per niente da buttare.

«Vieni pure... sono pronto!» quasi mi stravaccai sul divano e mi stampai un sorriso vittorioso sulle labbra.

 

«Puoi... spegnere le luci e accendere solo le due lampade? Vorrei un pochino di atmosfera». Scoppiai a ridere e obbedii subito.

La maniglia era completamente abbassata e la porta del bagno si aprì lentamente. Un braccio uscì dall'apertura e poi seguito da una spalla, una gamba, il busto, la testa e tutto il resto. 

«Vuoi anche la musica? Vuoi farmi uno spogliarello stile nove settimane e mezzo?» chiesi sarcastico mentre la osservavo che avanzava lenta verso di me... coperta da un accappatoio azzurrino.

Lei sbuffò e arrossì leggermente mentre mi consegnava il cellulare «In realtà volevo mostrarti questo».

Sul display campeggiava la foto presa allo specchio del bagno che mostrava dal collo in giù un corpicino slanciato, senza difetti e tutto curve, coperto dal famoso completino da mutuo.

 

«Hai detto che se non ti toccavo potevo guardarti dal vivo! Così non vale!» dentro di me si ammosciò tutto, dalla mia euforia al mio grande fratello.

«No. Io ti ho detto che mi mettevo il tuo completino e ti facevo vedere come mi stava. È quello che ho fatto! Quello è il completino e quella è la foto che ti fa vedere come mi sta» disse vittoriosa piazzando il dito sull’immagine.

Velocemente mi alzai e andai sotto una lampada facendo finta di vedere meglio, nel frattempo mi inviai un messaggio, questa qui era talmente stronza che non appena si fosse rimpossessata del cellulare l’avrebbe subito cancellata.

«Allora? Sei soddisfatto?» chiese quasi ansiosa.

«Chi mi dice che sei tu lì sotto?» le domandai. Insomma, il fisico che c’era su questo display era da resurrezione, probabilmente neanche Megan Fox aveva un corpo così perfetto e la signorina dalle venti maglie sovrapposte non faceva vedere neanche un centimetro di pelle a sbagliarsi.

Ero certo di non aver mai visto le sue gambe. Metteva sempre quei pantaloni mimetici oppure i cargo, talmente larghi che ero convinto contenessero anche la sua gemella invisibile.

 

«Non posso dare una sbirciatina?» occhioni da cucciolo a manetta e sorriso da strappa mutande iper collaudato al seguito.

«No» disse in modo secco e deciso riprendendosi il cellulare e smanettando velocemente per cancellare la foto. Lo sapevo che l’avrebbe fatto.

Sorrisi sornione al lampo di genio che mi aveva appena illuminato.

«E poi non sei stata ai patti! Io non ho visto come ti sta di dietro dal vivo… hai presente? Schiena…» era all’angolo.

Non le avrei permesso di andare ancora in bagno a gabbarmi come prima. Doveva togliersi quel cavolo di accappatoio tanto enorme da poter coprire anche Hulk, e farmi dare un’occhiata.

«Stai scherzando?» stava ansimando. Adesso cominciava a capire come ci si sentiva a essere presi in giro?

«Sedere...» si stava arrabbiando?

«Non oserai chiedere...». Oh sì, invece. Avevo proprio un sorriso soddisfatto in faccia.

«Scapole... hai notato che sul retro ci sono tante cose che iniziano per esse?». Stavo divagando ma è così soddisfacente.

«Anche stronzo inizia per esse, ma quello si riferisce a te» ribatte irritata.

«Allora? Sto perdendo la pazienza» incrociai le braccia e alzai un sopracciglio. Lei sbuffò.

 

«Se ti dicessi di no?» provò ancora.

«Allora saresti una che non sta ai patti e ricominceremmo la guerra di prima. Credevo che fossi una persona di parola con una dirittura morale» stavo scherzando. Poteva anche mandarmi a quel paese e non avrei potuto rinfacciarle niente se non prenderla in giro per l'eternità.

Si vedeva che era determinata a non darmi soddisfazione e nello stesso tempo era combattuta dall'orgoglio di rispettare la parola data.

Dopo alcuni minuti, che a me parvero ore, si decise ad acconsentire.

«Va bene. Però devi stare ai patti: niente mani» intimò con il dito minaccioso.

«Parola di scout» alzai la mano e feci il giuramento immaginario incrociando le dita dell'altra mano.

«Scommetto che neanche l'hai fatto lo scout» ribatté mentre si voltava e scioglieva il nodo della cintura.

«Chissà... magari un giorno te lo dico» risposi a voce bassa mentre seguivo ogni singolo movimento della ragazza davanti a me.

 

Un grosso sospiro accompagnò lo scivolare dell'accappatoio oltre le spalle, giù per le braccia. A poco a poco si scoprì le clavicole delicate, le scapole sensuali, la colonna vertebrale flessibile tagliata a metà dal gancio del reggiseno. Poi l'accappatoio scese oltre, sull'incavo dei reni, sulle fossette proprio sopra le natiche e poi più giù ancora a scoprire le mutandine che avevano la forma rotonda del suo sedere.

Spostò l'accappatoio sul davanti appoggiandolo al torace e lasciando il retro del suo corpo alla mia vista.

Le gambe snelle e sode che, con le loro curve leggere e armoniose arrivavano alle caviglie sottili. Il retro accennato del ginocchio, la curva delle natiche, i fianchi... era tutto perfetto. Una figura così eterea e perfetta da sembrare finta. Eppure era lì, palpitante davanti a me.

 

Fu impossibile impedire alle mie gambe di muoversi. Strinsi i pugni per non fare cose delle quali mi sarei pentito e avanzai verso di lei.

Aveva tirato i capelli sul davanti, quel colore blu con le ciocche rosa che, incredibile, era così intonato con il candore della pelle. Avrei voluto sfiorarla per vedere se la grana era davvero fine come appariva, se era davvero serica quanto splendente.

Glee non respirava, stava immobile davanti a me e non diceva nulla fissando un punto indefinito sulla parete. Non riuscii a fermarmi prima, volevo sentirla e poggiai il mio petto alla sua schiena. Subito si irrigidì dalla sorpresa.

«Non dovevi toccarmi, non era nei patti» disse con voce bassa e roca. Allora non ero solo io completamente rapito da questa situazione.

«Non... non sto usando le mani» balbettai sottovoce. Che scusa stupida, sarebbe stato più onesto risponderle che non ero riuscito a evitarlo perché mi serviva questo contatto per non impazzire. Sentii il suo respiro agitato mentre mi rispondeva.

«Adesso basta, Emanuele». Sorrisi, più che un divieto sembrava un invito a continuare,

abbassai la testa e sfiorai il suo collo con il naso. Che profumo.

 

Il silenzio era rotto solo dal nostro respiro eccitato e... dallo squillo insistente del cellulare di Glee appoggiato sul tavolino.

Fu come se si fosse rotto un vaso di cristallo, mandando i suoi pezzi da tutte le parti possibili. Glee nel momento in cui sentì la prima nota fece un salto e da lì a rinfilarsi l'accappatoio fu un istante. Quando rispose aveva il fiatone.

«Pr... pronto» ma non era ancora padrona di tutto il suo corpo, esattamente come me che barcollai indietro sino a sedermi sul divano.

“Glee, sono Sara. Posso tornare? Avete sistemato voi due?”.

«Certo, vieni pure, Lele stava per uscire» rispose lei atona.

Alzai di scatto la testa a sentire quelle parole. No, non volevo andare via, dovevamo parlare.

“Se è ancora lì aspetto che esca, chiamami quando è libero”. Sentii distintamente che Sara ci concedeva ancora alcuni minuti e avrei dovuto farmeli bastare.

 

«Sei bellissima» sussurrai non appena appoggiò il cellulare. Le tremavano le mani e sembrava spaurita come un gattino. A sentire quelle parole alzò uno sguardo duro.

«Non dire cazzate» ordinò e fece per andare di nuovo a chiudersi in bagno perciò la afferrai per un braccio.

«No. Adesso mi stai a sentire. Sei la persona più allucinante che conosca, sei testarda, sei isterica, hai meno gusto nel vestire di una foca monaca da circo, ma sei davvero bellissima. Ti giuro che non ho mai visto qualcuno più bello di te». A sentirmi dire certe cose... avevo paura che le mie orecchie disertassero la testa recidendosi con un taglio netto e fuggendo disperate. Dubitavo di aver mai detto una cosa del genere in tono tanto appassionato come in quel momento.

«Come se ne fossi convinto... lascia stare, è stato già parecchio umiliante, non infierire». Il suo tono di voce era triste e rassegnato, come se non credesse minimamente a quello che le avevo detto.

 

Sospirai frustrato. Un'altra insicura. Perché mai le ragazze si devono fare tanti film mentali sul fatto di non piacere. È l'uomo che sa cosa gli piace e se non gli piaci te lo fa capire, non siamo così raffinati da fare complimenti a vuoto. «Gloria... Gloria, guardami» i suoi occhi si spostarono dal pavimento al mio viso «Non nego di aver visto tante ragazze meno vestite di te, ma ti prego... credimi quando ti dico che tu le superi tutte. Hai un corpo perfetto, e sei bella in molti sensi... anzi, in tutti i sensi che mi interessano. Fidati, io sono un esperto» sorrisi e le strizzai l'occhio cercando di alleggerire l'atmosfera.

«Già, sei lo scopatore universale» commentò facendo comparire un rapido sorriso sulle sue labbra. Quelle labbra...

 

Senza che me ne accorgessi mi abbassati per baciarla e lei fece un salto indietro e mi diede un bel cazzotto diretto allo sterno. Okay, adesso sì che mi era venuto il livido.

«Ahio! Ma che ti prende!» sbottai. L'incanto era definitivamente rotto, quella era solo una pazza scatenata. Ci voleva la camicia di forza, altro che carezze.

«Mi stavi per saltare addosso... oh, lo so come fate voi ragazzi! “sei bellissima, sei la cosa più bella che abbia mai visto, sei meravigliosa... sei la mia vita, non posso vivere senza di te” e poi vi troviamo dietro l'angolo con la troietta di turno a dirle “sei la mia vita, non posso vivere senza di te”. Perché è così, vero? Non potete vivere senza un harem che vi gratifichi. L'uomo sapiens non è programmato per essere monogamo e tu ne sei l'esempio lampante» e detto questo, si rifugiò in bagno lasciandomi lì allibito a cercare di capire quando mai le avessi detto che lei era la mia vita.

 

«Gloria, esci» ormai erano dieci minuti che imploravo di aprire la porta. Poteva essere anche caduta nel water per quanto ne sapevo. Al momento ero indeciso se aiutarla o tirare lo sciacquone.

«Esci dalla mia stanza, così chiamo Sara» mi rispose lei ostinata.

«Esci subito o faccio saltare la serratura e ti tocca pagare la riparazione». Passai alle minacce.

«Osa fare una cosa simile e io...». Di cosa poteva minacciarmi? Di farmi andare in bianco? Già ci andavo con lei!

«Senti, sei la mia ragazza, non farmi stare in pena per te, per qualcosa che ho fatto. Esci dai. Per favore, poi ti prometto che me ne vado» giurai dietro la porta. Chissà come, ero riuscito a convincerla e la porta si aprì.

«Non sono la tua ragazza! È solo una recita, mettitelo in testa» sbraitò agitando le mani davanti alla mia faccia. Era davvero fuori di sé.

«Vuoi dire che adesso non mi dai un bacino? Uno piccolo piccolo?». Adoravo prenderla in giro. Diventava ancora più isterica se possibile e le sue guance si coloravano di un adorabile rosa.

«No. Quando siamo da soli non è il caso di fare smancerie» rispose spingendomi con il chiaro intento di sbattermi fuori.

 

Appena aperta la porta ci trovammo appoggiati al muro di fronte, Sara e Gian che stavano chiacchierando e ridendo.

«Oh, noi... ehm, stavo aspettando di rientrare e lui mi faceva compagnia» si giustificò la cinese, indicando il Fassi che stava sogghignando.

«Sei stato veloce» bisbigliò al mio indirizzo ma feci finta di non aver sentito. C'era una cosa di cui dovevo assolutamente approfittare prima.

Eravamo in compagnia e quindi ero autorizzato alle smancerie, che a Glee piacesse oppure no. Agganciai il maglione chilometrico che portava e senza darle il tempo di pensare mi chinai su di lei e le diedi un bacio.

Non mi arrischiai ad approfondire, non era il caso di rimanere con un pezzo di lingua in meno, però la presi tra le braccia e la strinsi forte.

 

«Uau! Lele, che passione!» rimarcò Gian «Sara, ci vediamo. Dai, Romeo, andiamo a casa prima che ti metti a copulare direttamente in corridoio».

Mi staccai da Glee mettendomi a ridere «Guarda che sei tu quello che si è scopato quella rossa direttamente nel corridoio di facoltà».

Per sicurezza scrutai Glee prima di trovarmi un palo di ferro schiantato direttamente sul coppino. Infatti non sembrava molto felice

«Ti ho detto di non baciarmi» sibilò Glee aggrappandosi al colletto della maglia.

«No, tu hai detto di non fare “smancerie” in privato, ma adesso abbiamo un pubblico» feci un cenno verso il Fassi e la sua amica e in tutta risposta quella angelica della mia finta ragazza mi diede un altro pugno sullo sterno.

«Ahi! Giuro che se lo fai ancora te lo rendo con gli interessi!» strinsi il suo polso minaccioso ma lei sostenne il mio sguardo con lo stesso cipiglio scuro.

 

«Uh uh. Quanto amore sento nell'aria» scherzò Gian che mi aspettava impaziente. Feci per allontanarmi, salutando le ragazze quando Glee mi richiamò con un tono di voce stranamente dolce. Il campanellino della mia sopravvivenza integra squillò insistente per proteggermi.

«Dimmi, Gloria» risposi tranquillo, cercando di trattenere la curiosità. Perché mi aveva richiamato? Cosa aveva in mente?

«Tra due giorni è sabato. Mi accompagneresti in un posto? Sarebbe sabato sera. Ho promesso a una persona di andarci ma preferirei avere compagnia» mi pregò con l'espressione più tenera che mi avesse mai rivolto.

«E' una festa?» chiesi e avrei fatto altre domande se Gian non fosse tornato alla carica con la sua fretta. «Perché fai domande? È la tua ragazza, no? Ti ha chiesto un favore e tu farai il bravo e la accompagnerai... queste scene da Lele innamorato non me le voglio proprio perdere. Posso seguirvi?». Ecco questo era qualcosa da evitare, se no avrebbe visto tutte le botte che dava lei quando mi avvicinavo troppo.

 

«Gian, sei il solito! Lasciali in pace e vieni con noi. C'è un mio amico che fa un concerto al House In...» intervenne Sara. Che cara ragazza.

«Allora? Lele, mi accompagni?» chiese ancora Glee.

«Tutto quello che vuoi, amore» le risposi. Era divertente vedere le facce buffe che metteva su quando tiravo fuori questa storia. Questa volta invece si limitò a fare una smorfia seguita da un sorriso finto e tirato. Cosa aveva escogitato?

Con questa domanda esistenziale mi diressi verso l'uscita, facendo compagnia a Gian per tutto il tragitto del ritorno al nostro appartamento.

Quella era stata davvero una giornata campale, mi era successo praticamente di tutto. E ora mi ritrovavo con una ragazza... non sapevo cosa pensare di Glee. Mi sembrava una tipa tutta da scoprire in tutti i sensi. Un caratterino multiforme da prendere con le molle era stimolante, un corpo dove non c'erano abbastanza aggettivi superlativi per descriverlo era eccitante. Ci sarebbe stato da divertirsi. In un angolo del mio cervello, una vocina mi suggerì anche che poteva esserci un altro rischio per la mia persona, ma passai oltre senza soffermarmi troppo.

 

«Allora, adesso raccontami tutto. Parti dallo spiegarmi perché Glee». Gian camminava al mio fianco. Non avevamo la macchina ed eravamo costretti a tornare a casa a piedi o con i mezzi pubblici, ma quella sera avevamo voglia di fare quattro passi.

Mani in tasca avanzavamo lenti.

«E' particolare, è simpatica e molto carina» risposi stando abbastanza vago.

«Più della metà della tua rubrica telefonica corrisponde a quella descrizione. Intendo dire la tua descrizione. Per te particolare vuol dire scema, simpatica vuol dire che la da a tutti e carina che si può guardare. Devo applicare questa logica anche alla tua nuova ragazza?».

Ma ero così superficiale? Ci pensai un attimo e risi del profondo ragionamento del Fassi. Era quasi un miracolo quando usava il cervello.

 

«No. Lei è davvero un tipo particolare, simpatico e carino. Senza sottintesi» gli chiarii.

«Come fai a dire che è carina? Certo, di viso non è male ma ci sono altre decisamente meglio. Per il resto potrebbe essere anche una taglia cinquantaquattro che non me ne accorgerei».

«Prova a immaginare un fisico bellissimo. Il più bello di tutti. Quello perfetto» suggerii.

«La Barbie» sospirò e io sgranai gli occhi e rimasi interdetto.

«Sì, va beh. Diciamo più morbido» cercai di portarlo verso il pensiero giusto.

«La Barbie bambola gonfiabile» sospirò più forte.

«Non ci sei ancora. Più carne che plastica» adesso ci sarebbe arrivato.

«Un ciborg stile fumetto manga! Non sapevo che Glee fosse giapponese».

Mi misi le mani sulla testa e scossi i miei riccioli ribelli. Niente da fare, Gian era sempre il solito, quando sembrava che avesse un barlume di intelligenza, questa affogava negli altri residui di scorie.

«Ha un corpo da favola. Non hai mai visto niente di così perfetto. Hai presente Valentina? Cento volte meglio» sbottai. Forse così avrebbe capito.

«Quando dici cento volte meglio ti riferisci a una singola parte o a tutto l'insieme? Perché a me mica piaceva tanto lo stacco di cosce...». Niente da fare. Quando non voleva capire, non c'era nessuno peggio di Gian per riuscirci.

 

La strada verso casa al freddo ebbe la capacità di schiarirmi le idee.

Quella giornata era stata tremenda. Mi ero svegliato con l'impegno di aiutare Lily per la spesa, mi ero ritrovato scoperto da Glee, mi ero dichiarato per scherzo, mi avevano affibbiato una ragazza che aveva cominciato subito a sfruttarmi, ero andato a fare una commissione e mi ero trovato assalito da commessi arrapati ad acquistare completini intimi da stupro. Mi avevano requisito la macchina, mi ero preso la pioggia ed ero quasi stato avvelenato da quella pazza psicopatica.

Però, l'ultima parte della giornata non era stata niente male. Appena chiudevo gli occhi vedevo la schiena di Glee, i glutei, le gambe e poi le labbra, il bacio sul tappeto e ancora sulla porta.

Era la mia ragazza per finta ma, ad essere sincero, non mi dispiaceva per niente. Magari se fosse rimasta zitta sarebbe stata perfetta, visto il fisico che si ritrovava. Non si poteva avere tutto dalla vita, ma quella ragazza era senz'altro un buon inizio.

Forse essere fidanzato poteva essere una bella esperienza, in fin dei conti non mi era mai capitato.

 

Quando arrivai a casa, Mattia e Jake erano in cucina ad aspettare il nostro ritorno.

«Niente uscita con le vostre ragazze?» chiesi ironico mentre mi accomodavo al tavolo e annusavo i manicaretti che quei due stavano preparando.

Per essere dei ragazzi non ce la cavavamo male. Ormai la pasta e le bottiglie di sugo non avevano più segreti, e dopo aver capito che la piastra non mangiava la carne ma la cuoceva, andavamo verso la civilizzazione dei fornelli.

«Starò con Lily domani e sabato e credo che Jake riesca a stare una sera senza la dolce Consuelo... oggi è giovedì, giusto? Serata tra di noi. Poi, Lele, tu hai qualche cosa da dirci, giusto?». Mattia sembrava tornato apposta per sapere tutto di questa storia, perciò mi armai di pazienza e cominciai a raccontare la storia molto romanzata e senza riferimenti a una notissima bionda.

 

«Beh, è stato davvero imprevisto. Non so neanche io come sia successo ma mi sono accorto che mi piace» e forse era anche vero.

«Ma lei? Ti è caduta tra le braccia così?» chiese scettico Jake. Conoscendo Glee, sarei stato scettico anche io.

«A dire il vero, proprio per niente. Mi ha detto che forse avrebbe potuto funzionare ma che per ora ero in prova. Secondo lei dovrei corteggiarla, farla innamorare e regalarle il sogno dell'amore stile Disney» ero appoggiato sul tavolo con il gomito e scrutavo la faccia sconvolta degli altri tre.

 

«Stai dicendo che ti vedremo sospirare, comprare fiori e cioccolatini e correre da lei appena schiocca le dita?». Gian era decisamente incredulo.

«Il fatto di correre lo sto già facendo per tutti voi, quale sarebbe la differenza?» obiettai.

«Per una ragazza che non sia una tua cara amica? Mai» confermò Mattia.

Forse aveva ragione, non mi ero mai sbattuto per qualcun altro che non fossero i miei amici, gli unici ai quali riuscivo ad appoggiarmi e di cui mi fidavo.

«Fammi capire. Lei ti piace talmente tanto che le farai da zerbino? Ti ricordi come si è ridotto Jake quando si è messo con Consuelo?». Gian non aveva mai digerito l'atteggiamento servile dei primi tempi di suo fratello.

Solo con il tempo e osservando con attenzione, avevamo capito che quella incapace di dire di no era la spagnola.

 

«Non ero uno zerbino» protestò il Fassi «In ogni caso ho avuto il premio... come me lo sia guadagnato non ha importanza». Una rivelazione!

«Vuoi dire che non importa cosa potrà accadere, devo agire per arrivare all'obbiettivo finale?». Mi sentivo come una spia del controspionaggio.

«Esattamente! Questa è una guerra. Tu sei l'armata che circonda il castello, lo assedia e lo deve espugnare. Devi avere un piano, studiare le difese e demolirle a una a una e poi contrattaccare sino ad arrivare alla vittoria» spiegò esultante Jake.

«Più prosaicamente, entrare nel suo letto e poi nella sua vagina» chiarì Gian con il suo solito modo signorile di descrivere qualcosa, rigorosamente a luci rosse.

«Credo che Jake intendesse 'entrare nel suo cuore e farla innamorare di te'» intervenne il dolce Mattia. Solo lui poteva essere così svenevole e romantico e trombare selvaggiamente con la sua ragazza almeno due volte al giorno.

«Comunque, se già non le piacessi, non ti avrebbe mai dato una possibilità» commentò Jake incoraggiante.

 

Peccato che la possibilità non solo non me l'aveva data, ma neanche esisteva. Era tutta una recita per pararmi il culo. Che situazione di merda.

Beh, io me l'ero cercata e io avrei dovuto tirarmene fuori.

 

«Allora? Sabato? Dove vai con la donzella?» chiese Gian, ricordandosi dell'appuntamento che Glee mi aveva strappato davanti alla sua porta.

«Non ne ho la più pallida idea, ma può essere una buona occasione per iniziare l'attacco alla fortezza» strizzai l'occhio a Jake che mi alzò il pollice in segno di approvazione.

«E tu? Niente per sabato?» chiese Mattia, portando i piatti di pasta in tavola.

Gian arrossì «Sara mi ha invitato a una serata di musica di un suo amico». Sembrava imbarazzato. Perché non infierire? Lui lo faceva sempre.

«Che intenzioni hai con Sara? Ti comporti quasi da umano con lei» commentai leggero guardando il piatto, mentre lo osservavo sottecchi.

Lui sbuffò infastidito «Cosa vuoi che ti dica? Anche io devo pur farmi qualcuna e se devo lavorarci sopra un pochino... Mica ce le ho tutte disponibili come con te».

Ecco che ricominciava, ma cosa centravo io se le ragazze erano così vuote da voler scopare con uno al quale non interessava nulla di loro.

 

«Non trattarla male, lo sai che è la piccolina della casa dello studente, se Lily o Consuelo intuiscono qualche cosa di marcio nel tuo modo di fare, castrano te e noi due facendoci lo sconto comitiva!» lo avvisò Mattia lievemente preoccupato.

«Parlate come se fosse una minorenne. Mica ha quindici anni» protestò il gemello.

«Vero, ma non è neanche una che la dà per sport. Fidati, riconosco i tipi e quella è decisamente blindata» intervenni io.

«Okay, farò il bravo... poi comunque Sara è simpatica, non sarà tanto male». Sembrava che Gian fosse sulla via della redenzione e che avesse deciso di arrendersi.

 

«A proposito delle altre, come la metti con le ragazze che ti cercano e alle quali tu non disdegni attenzioni?» mi chiese Mattia mentre finiva di mettere i piatti sporchi nel lavello.

«Cosa intendi?».

«Che tu hai una rubrica piena di numeri di ragazze, più che disposte a concedersi a te, come farai a rinunciare a tutte per una? È un cambiamento davvero epocale per te».

Mattia aveva ragione. Sarei riuscito a cambiare così la mia vita?

«Mi ha chiesto di esserle fedele» sussurrai. Quasi volevo scavarmi un buco e seppellirmici dentro. Io fedele? Mica ero un cagnolino! Non ero un lupo o un'aquila reale, io ero una tigre, un poligamo conclamato ed irrecuperabile.

«Uhmm. Sembra che sei proprio in prova, ed io con Glee ci starei attento con queste regole. Una volta l'ho vista alle prese con un tizio, giuro che l'ha fatto piangere». Questa cosa non suonava tanto bene.

«Allora adesso vado a dormirci sopra, così ci penso e vedo se continuare questa cosa o lasciare perdere» dissi alzandomi.

 

Passai il venerdì in stato quasi vegetativo. Avevo solo una lezione in facoltà ma non ero abbastanza concentrato per provarci anche soltanto ad uscire di casa, pertanto andai a ritirare l'auto al deposito e pagai la multa per poi tornarmene a dormicchiare.

Sembrava fosse passata un'eternità da quando sospiravo per Lily e adesso il suo pensiero non mi aveva neanche sfiorato.

Da quando Glee mi era entrata così dentro? Dalla sera dei funghi? Dalla dichiarazione finta? Dal bacio sul tappeto? Dallo spogliarello che mi aveva regalato la sera prima?

Continuavo a guardare il suo corpo sul display del cellulare. Quella figuretta da pin up anni cinquanta da far sognare chiunque.

Eppure non era solo il suo corpo, era la sua testa che mi intrigava. Il suo essere fuori dagli schemi, il suo carattere forte eppure così dolce e disponibile. Voleva proteggere Lily e  aveva incastrato me. Chissà se davvero era così o magari un pochino le piacevo?

Perché se ero sincero con me stesso, lei mi piaceva parecchio.

 

Non era una delle solite disponibili che mi scopavo a tempo perso, lei era vera, era viva e mi sconvolgeva l'esistenza.

Certo, se il resto dei miei giorni fosse stato come ieri, mi sarei suicidato, anche perché l'alternativa sarebbe stata una lunghissima terapia psicologica. Però avevo la speranza che, se ci fossimo davvero messi insieme, le cose sarebbero andate meglio.

Dovevo provarci sul serio con lei? Dovevo provare ad innamorarmi ancora una volta?

Era questa la domanda più difficile.

Se davvero lei non provava niente per me ed era solo per coprire Lily, allora se mi buttavo in questa avventura senza salvagente, avrei rischiato di rompermi ancora e questa volta niente e nessuno sarebbe riuscito a rimettere insieme i miei pezzi.

«Un passo per volta, Lele» mi dissi.

 

Potevo cominciare a frequentarla e conoscerla, poi se ci fossimo trovati bene insieme, avremmo potuto creare qualcosa di più profondo e nostro. Sì. L'esperimento potevo rischiarlo. Decisi di provarci ed affrontai il sabato più fiducioso.

Sulla mia segreteria c'erano nove messaggi di ragazze varie e neanche uno di Glee.

 

«Sei pronto per questa sera?» mi chiese Mattia la mattina del sabato.

Avevo dormito tutta la notte senza sognare nulla. Ero riposato e arzillo, pronto per qualsiasi cosa che Glee avesse avuto in mente.

«Credo di sì. Ho dormito, ho fatto colazione e adesso mi godo questa giornata di assoluto riposo in vista della serata». Quello era il mio programma per il giorno.

«Che fine aveva fatto la tua auto?».

Il mio cuore si strinse in una morsa. Quello che avevo sborsato per la mia piccolina era quasi stato un furto.

«Sosta vietata davanti a un passo carraio, rimossa dai vigili e portata al deposito. Praticamente uno scherzetto da 157 euro» risposi con scoramento.

«Un affarone. E perché eri davanti a un passo carraio se mi è lecito chiedere?». Bella domanda...

«Stavo facendo una commissione per Glee» risposi. In quel momento mi accorsi che Mattia era decisamente perplesso.

«Fammi capire. Hai abbandonato la tua adorata auto al rischio rimozione e/o multa e/o sfregio, per Glee? Chi sei tu? Cosa ne hai fatto del mio amico affezionato barra ossessionato dalla sua macchina? Se non fosse che mi sembra assurdo, direi che sei cotto a puntino di questa ragazza». Mattia era decisamente fuori di testa per dire una cosa simile.

Io perso per Glee? In quale film? Ai confini della realtà? Figuriamoci.

Carina sì, senza dubbio. Innamorato? Nah! Assolutamente!

Non risposi e con la mano lo mandai direttamente a quel paese e lui si mise a ridere.

Il nostro discorso finì lì ed io mi dedicai a pensare alla serata che mi attendeva.

 

Chissà come mi sarei dovuto vestire? Magari si andava in discoteca o in un pub, oppure a una festa privata. Meglio saperlo prima.

Presi il cellulare e risalii al numero di telefono di Glee tramite la foto che mi ero autospedito. Era troppo azzardato metterla come sfondo? Tanto non si vedeva il viso, lo sapevo solo io.

Il cellulare iniziò a squillare. Una volta. Due volte. Tre volte. Quattro volte. Cinque volte. Sei volte. Stavo per perdere la pazienza. Sette volte. Ma dove era andata? Otto volte. Davvero ha seppellito il telefono da qualche parte? Nove volte. Ancora una e avrei messo giù. Dieci volte. Giuro che avrei riattaccato se non mi rispondeva subito. Undici volte. Ma non va in segreteria? Dodic...

“Pronto?” una voce affannata come per una corsa, rispose al cellulare.

«Gloria? Sei tu?» chiesi perplesso. Sembrava una voce delle caverne con l'asma.

“Pronto? Sì, sono Gloria. Chi parla?”. Tristezza! Non mi aveva riconosciuto.

«Ciao, sono Lele» risposi tronfio.

“Lele, chi?”. Ma che bastarda!

«Emanuele Mancini, amore».

“Chi?”. Era ancora lunga questa storia?

«Lo scopatore universale» sospirai e lei si mise a ridere allegra. Bastarda. Era lì che voleva arrivare.

“Oh! Lele, certo. Dimmi cosa posso fare per te? A parte venire a letto?”. Simpatica.

«Lo saprei ben io... volevo chiederti come dovevo mettermi questa sera, giacca, giubbotto, cravatta, nudo... dimmi tu». Sinceramente sperai che scegliesse l'ultima opzione. Speranza vana.

“Carino ma informale. Camicia e giubbotto andranno benissimo... davvero vieni con me?”. Sembrava incredula.

«Certo. Mi hai invitato e io sono un ragazzo che segue sempre la sua dama». Mi parve di vederla sorridere alla mia battuta.

“Perfetto, allora ci vediamo alle otto all'hotel GreenRose93 in centro. Puoi anche non mangiare, ci sarà un rinfresco alla fine. Passo a prenderti io o preferisci...”. Poteva un ragazzo galante come me permettere che una ragazza facesse da taxi? Giammai.

«Passo a prenderti io. Sette e mezza così avremo tutto il tempo per arrivare a destinazione in orario».

“Perfetto, ci vediamo questa sera. e... grazie” e chiuse la comunicazione.

 

Continuai a guardare il cellulare per alcuni minuti con uno sguardo leggermente ebete, poi mi decisi. Era perfetto come sfondo. Il corpo che tutti mi avrebbero invidiato pur non sapendo a chi apparteneva. Caricai la foto e salvai, poi riposi il tutto decisamente soddisfatto.

 

«Secondo te dove vuole portarti Glee?» chiese curioso Gian mentre si stava sistemando allo specchio. Il dramma di essere quattro ragazzi e un  bagno solo il sabato sera. Chi non ha mai provato non sa le lotte che bisogna fare per conquistare un pezzo di specchio o un minuto di doccia!

«Io, fossi in te, mi concentrerei dove vuole portarmi Sara. Pensiamo ognuno alla propria ragazza, okay?» risposi piccato. Ero un pochino nervoso e non avevo neanche idea del perché. Era solo Glee, la mia finta ragazza. Dovevo solo passarci una serata insieme e divertirmi senza aspettarmi niente di più.

«Lily e Mattia vengono con noi. Almeno non mi sentirò troppo solo, anche se sembrerà una uscita a quattro... avrei preferito ci fossero anche Jake e Consuelo. Maledizione a quando l'ha convinto a fare kung fu. Fa pure male se ti avvicini troppo!» commentò Gian.

Vero. Jake e Consi erano tornati nella nostra città per una manifestazione delle arti marziali che si sarebbe svolta la domenica mattina.

«Beh, buon divertimento a tutti!» augurai chiudendo la porta alle mie spalle.

 

«Uau! Sei puntualissimo!» esclamò Glee salendo sulla mia Mito. Naturalmente non era molto diversa dal solito. I pantaloni erano meno gonfi e più morbidi, la parte sopra era coperta da un giaccone trapuntato blu notte che la faceva sembrare la moglie dell'omino Michelin, i capelli erano grigi con ciocche azzurre. Chissà se sotto si era vestita meglio?

«Hai ripreso la tua auto senza un graffio o l'hanno ridotta a un catorcio?» chiese poi sogghignando mentre mi immettevo nella strada verso la nostra destinazione.

«Sei simpatica come un carciofo infilato nel cu...» sbottai ma venni immediatamente stoppato.

«Lele! Dai, non voglio litigare. Era solo una battuta... Allora? Sei pronto a passare questa serata con me?» chiese con un sorriso splendente.

«Assolutamente. Ci sarà una festa?» chiesi quasi impaziente. Cominciavo a rilassarmi e la cosa mi piaceva.

«Qualcosa del genere» rispose lei sul vago.

 

Il traffico era scorrevole e in men che non si dica ci ritrovammo all'hotel. Girai attorno allo stabile e parcheggiai la mia beneamata, poi tornammo sulla strada ed entrammo nella hall.

Glee mi sorrise e mi prese per mano, conducendomi verso una sala che si apriva sulla destra.

Sulla porta c'era un treppiedi con un cartellone.

Era un convegno. Mi aveva portato a un convegno.

Non sarebbe stato drammatico, se non fosse stato per il titolo dell'argomento trattato:

Il rapporto tra le muffe della Patagonia sud occidentale e i licheni geneticamente modificati trovati nello stomaco delle renne della Lapponia.

Si prospettava una serata davvero divertente.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

prima di tutto, grazie a Elenri per le sue idee a cui ho attinto a piene mani: giustificare l'interesse di Lele per Glee e il convegno...

 

Ho ancora parecchie delle vostre idee da estrapolare e questa serata non è ancora finita. Il rinfresco... il dopo convegno... la serata di Gian...

credo che ci sarà da ridere... ancora.

 

Comunque la  scena più divertente è il dialogo tra Lele e Gian. Il Fassi è proprio fissato con il sesso. Chissà se Sara riuscirà ad addomesticarlo?

 

Per ora vi ringrazio per l'attenzione e ci leggiamo tra quindici giorni.

Alla prossima

baciotti

  
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