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Autore: _eco    03/12/2013    8 recensioni
[Effie centric] [Haymitch Abernathy/Katniss Everdeen/Peeta Mellark] [Pre-HG;Post- MJ]
A posteriori, uno zotico ubriaco le spiegherà, con voce distante e lapidaria, che dagli Hunger Games non escono vincitori, ma soltanto sopravvissuti.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Né vincitori né vinti.
[Effie Trinket centric]
Gli occhi della piccola Effie, limpidi e chiari, riflettono nella propria trasparenza l’intermittente bagliore delle candeline.
- Esprimi un desiderio, cara. – squittisce sua madre, battendo appena i palmi e facendo tintinnare i braccialetti che porta al polso.
Il volto di Effie si apre in un largo, sincero sorriso, perché, per una volta, sebbene sia giugno inoltrato e Capitol City sia in fermento per gli Hunger Games, tutta l’attenzione è rivolta a lei.
I parenti, seduti un po’ ovunque nell’ampio salotto, non applaudono perché il tributo del 3 ha teso un’imboscata alla tizia dell’1, no. Lo scroscio delle loro mani è rivolto interamente a lei, a quella bambina dalla pelle chiara, lievemente trapuntata di lentiggini intorno al naso, e dalla fluente chioma color del grano. O almeno così le piace pensare; perché sì, è vero che la tv resta accesa lo stesso, ma la mamma ha abbassato il volume affinché l’attenzione di tutti si focalizzasse sulla sua bambina; e sì, è vero che qualcuno è rimasto con lo sguardo incatenato allo schermo sottile e animato, ma la mamma l’ha chiamata “cara”, il papà è in ginocchio accanto al tavolo, pronto a immortalarla mentre soffia le candeline, e, a essere sinceri, a Effie va bene così.
Nel momento in cui la bambina sporge le labbra in una posa che somiglia più a un broncio crucciato, e socchiude gli occhi, concentrata nell’ardua scelta del desiderio da esprimere, proprio nell’istante in cui la fiammella tiepida tremola per poi dissolversi, il tributo del 3 decide di uccidere la sua ultima avversaria.
Tutti scattano in piedi, e chi in piedi c’è già quasi saltella sul posto. Tutti applaudono, più forte, più forte.
La mano della mamma sfiora i capelli della bambina, appositamente acconciati per l’occasione.
- Sono felici per te, cara. – le mormora in un orecchio, e Effie fa finta di crederle, perché le piace quando la mamma la chiama così. Cara – preziosa, importante.
Nel caos che minaccia di far esplodere le pareti del salotto, nel frangente che si pone fra un applauso e l’altro, Effie ripete mentalmente il suo desiderio: un giorno, voglio essere lì.
 
***
L’ampio salotto si è ormai svuotato, sul pavimento scintillante giacciono stelle filanti e festoni di carta colorata. Palloncini solitari galleggiano un po’ dappertutto.
Effie ne acchiappa uno rosa chiaro, che s’intona perfettamente al suo vestito da festa. Poggia il capo sulle ginocchia della donna che le siede accanto, sul viso un’espressione stanca, ma appagata.
Adesso che la festa è terminata, la piccola Effie può osservare con più attenzione il volto fanciullesco del ragazzino del 3: occhi a mandorla, di un ipnotico color miele, capelli scompigliati e biondo cenere, guance paffute che tradiscono la sfrontatezza, l’implacabilità del suo sguardo adulto.
In tv mandano continui fotogrammi di questo ragazzino di non più di quindici anni, ripreso da ogni angolazione possibile, intento in qualsiasi azione l’abbia visto impegnato nell’arena.
Il ragazzino che ha vinto uccidendo.
- Ha un buon cervello. – borbotta il papà, annuendo vigorosamente.
Effie solleva appena lo sguardo, pinzando tra pollice e indice il filo che intrappola il palloncino rosa.
Si chiede se è per questo che ha vinto. Perché ha un buon cervello?
A posteriori, uno zotico ubriaco le spiegherà, con voce distante e lapidaria, che dagli Hunger Games non escono vincitori, ma soltanto sopravvissuti.
Per il momento, a Effie sembra davvero una bella cosa trionfare nei Giochi della Fame.
- Pensa un po’, piccolina, quanto saranno contenti i figli di questo ragazzo, quando conosceranno il coraggio del loro papà. –
 
***
La torta che le hanno preparato consta di due piani, è glassata di rosa e farcita con crema di cacao magro e riso. Effie ha dovuto rimandare di ben due settimane i festeggiamenti, il che avviene regolarmente da due anni a questa parte.
Ora che è un’accompagnatrice, non può certo permettersi il lusso di organizzare un party esclusivo per il suo compleanno, visto che coincide quasi sempre con la fine degli Hunger Games.
- E soffia ‘ste candeline! – sbotta Haymitch, accanto a lei, la bottiglia di liquore bianco tra le mani, lo sguardo che tradisce il suo stato più che brillo.
Effie sbuffa, ma decide di contenere il proprio disappunto, visto che, per grazia divina, Haymitch è solo uno dei duecento e passa invitati.
Uno stuolo di parrucche variopinte, barbette buffamente acconciate e occhi eccessivamente truccati riempie la stanza. Sono lì per lei, solo per lei.
Probabilmente, se Katniss e Peeta avessero potuto venire, l’attenzione di ogni, singolo invitato sarebbe stata puntata su di loro, il che sarebbe stato controproducente per Effie.
Ma, a dir la verità, non è che le sarebbe dispiaciuta la loro presenza.
Mentre quelli che sono più che altro conoscenti fischiano, mormorano e applaudono in sua direzione, intanto che Haymitch tracanna un altro sorso di liquore, Effie socchiude gli occhi e sporge le labbra. Le ventitré sottili fiammelle oscillano, svanendo una dopo l’altra.
Rispondendo ai sorrisi costruiti di chi la circonda, e ringraziando intimamente che, per quanto irritante, il ghigno di Haymitch sia l’unica cosa vera in quella stanza, mentre gli occhi grigi di Katniss saettano nella sua testa e l’immagine della gamba ferita di Peeta le lampeggia davanti, Effie ripete tra sé il suo desiderio: vorrei non averlo mai chiesto.
 
***
Quando Haymitch le dice che anche il piccolo Nick ha cominciato a fare domande, Effie quasi si sente mancare.
- Prima o poi doveva succedere, no? Il ragazzo è un tipo sveglio. – borbotta Haymitch, lasciandosi cadere nella poltrona di pelle.
Effie annuisce, lo sguardo incollato alla parete bianca del soggiorno.
Pensa un po’, piccolina, quanto saranno contenti i figli di questo ragazzo, quando conosceranno il coraggio del loro papà.
Le parole di suo padre sembrano così sbagliate, bigotte, insensate e terribilmente crudeli, adesso.
Effie abbassa le palpebre, le stringe così forte da farle increspare in sottili crepe vibranti.
Immagina lo sguardo di Peeta, ormai uomo. Immagina Peeta che cerca di tener testa al fiume di domande del suo bambino biondo e puro, dolce e gentile; lo immagina mentre cerca di dargli risposte che non lo spaventino, che non uccidano la sua serenità, che non annientino la sua fiducia nella bontà dell’uomo. Immagina le labbra tremanti di Katniss, i suoi occhi da Giacimento che si sforzano di cancellare il dolore, di fare quel noioso gioco del cercare un piacevole ricordo. Immagina anche l’espressione ormai matura e cresciuta della maggiore dei ragazzi Mellark.
E, in tutto questo, pensa che sì, magari Nick sarà orgoglioso del suo papà e del suo grande coraggio, ma solo per un attimo, perché ben presto un’atroce verità piomberà sulle sue spalle da bambino.
C’è qualcosa di terribilmente sbagliato nel fatto che ogni persona morta in quell’arena abbia rinvigorito le catene che legavano i suoi genitori alla vita.
 
 

Angolo autrice.
Posso dirlo che questa storia me gusta enough, me lo concedete?
Mi è venuta voglia di scrivere di Effie, perché ho trovato molto toccante quell'insieme di scene in cui, nel film, puntualizza il loro "essere una squadra". Ho amato il suo sguardo triste, i suoi occhi lucidi nel salutare Katniss e Peeta. E l'abbraccio Haymiss awwww **
Insomma, ecco qua, spero vi sia piaciuta e prometto di darmi una calmata, ma io ho queste fasi d'ispirazione bomba che poi, bum, scompaiono all'improvviso.
Baci. ♥
S.
 
 
 
 
 
 

 
  
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