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Autore: Savannah    04/12/2013    65 recensioni
Lui aveva mani grandi e dita che avrebbero potuto frantumare una pietra, ma dal modo in cui la guardava non c’era dubbio alcuno su chi fosse quello in grado di ferire l’altro a morte, tuttavia sapeva che sarebbe dovuto restarle dentro come il bisturi dimenticato da un chirurgo. Una lama ancora affilata che l’avrebbe ferita a ogni movimento senza che lei ne fosse neppure consapevole.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Appallottolò il fazzoletto nella mano e lo  scagliò contro il muro con una violenza tale che quello rimase appeso per un momento, agganciato a una scheggiatura nella pietra, prima di cadere a terra con il fragore silenzioso della sua serenità che andava in pezzi.
Ancora una volta.
Fragile, danneggiata – un tocco maldestro su una cicatrice appena rimarginata –, come la ferita all’interno delle labbra che gli riempiva la bocca di sangue.
Qualcuno colpì forte la porta del bagno, un pugno che aveva tutta la delicatezza di quello che gli percuoteva lo stomaco a ogni respiro.
«Malfoy, apri, so benissimo che sei lì dentro». Era Nott e il suo umore non sembrava migliorato dall’ultima volta che lo aveva visto – circa quattro ore prima –, subito dopo che si era fatto pestare a sangue dai Gryffindor. «Piton ti sta cercando e, fossi in te, non lo lascerei cercare ancora per molto».
Non gli rispose.
Era libero di sfondare quella dannata porta, se proprio ne aveva voglia. E Piton era padronissimo di mettere a ferro e fuoco il castello e di rimandarlo a casa a calci nel sedere.
Per quello che poteva interessargli.
Si tastò con cautela il labbro inferiore che si era gonfiato e faceva un male del diavolo.
In fondo era una specie di fortuna, pensò.
Qualcuno gli aveva spaccato le labbra prima che ne uscisse ancora una volta qualcosa di irreparabile.
Si alzò dal pavimento e intercettò quel medesimo movimento stanco sulla parete di fronte.
Lo specchio gli restituì uno sguardo che non avrebbe mai voluto incrociare.

 
(But I can’t defend
You cut so deep)
 
 
Un incantesimo aveva sigillato la porta alle sue spalle, rinchiudendo in un recinto di sicurezza quel momento che nessuno avrebbe visto.
Mai più.
Neppure lui, giurò chinandosi in avanti e sputando una boccata di sangue e amarezza nell’unico luogo degno di accoglierla: il pavimento freddo e sporco di un sotterraneo, che qualcuno avrebbe calpestato senza nemmeno accorgersene.
 
 
 
 
LOOKING GLASS
 
[A false emotion]
 
 
 
 
Changing to your point of view
Fading as I follow you
 
«Malfoy».
Lui si riscosse e si voltò verso Pansy Parkinson senza sforzarsi di mascherare il proprio fastidio. «Che cosa vuoi?».
«Se la smetti di fantasticare sulla Coppa di Quidditch o su quello che troveresti fra le cosce di Padma Patil, potresti anche andare a preparare il progetto per il compito di Incantesimi. Non ho nessuna voglia di farlo da sola come l’ultima volta».
«Hai finito?», domandò lui. «Perché in tal caso puoi anche andartene a rompere i calderoni altrove. Non c’è Nott il Perfetto da tormentare? Lui ha sicuramente la soluzione pronta».
La Parkinson aprì la bocca per protestare, ma lui la precedette agitando una mano. Il suo fastidio era quasi disgusto. «Vattene, Pans, non ho intenzione di starti a sentire».
«E io non ho intenzione di sgobbare anche per te».
C’era stato un periodo, avrebbe voluto ricordarle, in cui avrebbe sgobbato a suo beneficio più che volentieri accogliendo alcune richieste con rossori, falsissime ritrosie e autentico piacere.
Al momento, però, lei era la ragazza di Nott, il suo peggiore amico, quindi non era neppure il caso di menzionare il passato.
Quanto agli spazi tra le cosce di Padma Patil, al secolo la più declamata bellezza di Hogwarts, aveva iniziato a considerarli quando aveva pensato di essere così pazzo di lei da offrirle tutta la fortuna dei Malfoy e, in aggiunta trascurabile, il suo cuore da erede unigenito.
Era accaduto nel momento in cui aveva saputo di essere il solo e assoluto padrone della sua vita: diciotto anni compiuti, la sua maggiore età e i conti alla Gringott nelle sue mani.
Nulla riusciva più a intaccare la sua quiete: né Potter, né i privilegi di cui godeva, nemmeno le acque scure su cui ancora galleggiava il nome della Casa di Slytherin.
Aveva trincerato il suo regno nel cuore verde e argento di Hogwarts e aveva smesso di interessarsi a chi non voleva avere a che fare con lui.
La sua stagione turbolenta apparteneva al passato.
Relegata insieme a momenti folli di pensieri, dubbi e insicurezze  in fondo ai suoi primi anni di corso, quelli dove, l’indistinta, sgradevole sensazione che per lui non ci fosse posto era stata relegata, dimenticata.
Scordata.
Simile a uno strumento che aveva perso la capacità di scavargli a pugni un buco di malinconia nello stomaco.
Alla sua vita, che aveva preso a calci fino a modellarla a sua immagine, mancava solo una cosa: la ragazza più ambita, quella che avrebbe avuto per sé.
Padma Patil incedeva per i corridoi con finta noncuranza, consapevole degli sguardi che attirava.
La sua gemella Gryffindor, pur avendo il medesimo volto, non aveva imparato a giocare e vincere con la propria bellezza tra le pieghe di una gonna e una ciocca di capelli dimenticata, come per caso, davanti agli occhi.
Padma, invece, aveva quella superiore dolcezza nello sguardo liquido e scuro, sul quel viso da dea rubato a tempi dove lei non aveva mai messo piede.
Lo aveva rifiutato, due volte, poi come pegno, per uscire con lui, gli aveva chiesto di distillare per lei una pozione complicata al punto di essere relegata nei testi delle leggende: la Pozione della Fata Blu.
L'Elisir del Dolce Risveglio.
«So a cosa strai pensando e non ci riuscirai mai», disse Pansy, astiosa. «C'è una sola persona in questa scuola a possedere ciò che vuoi e ti schiaccerà come un insetto».
 
 
A boyish notion of false emotion
These words are spoken despite my love
 
 
Ciò che gli occorreva era l'Angelica Blu, una pianta talmente delicata che la Professoressa Sprite aveva scelto di esentare dagli esami di metà trimestre chiunque fosse stato in grado di farne sopravvivere una.
Nella moria di radici assetate e foglioline avvizzite soltanto uno stelo snello e azzurrino aveva prodotto una cascata di quei preziosi petali del colore degli zaffiri e, nemmeno a dirlo, apparteneva a Hermione Granger.
Miss Insopportabile, com’era in linea con il suo personaggio, aveva in ogni caso scelto di partecipare agli esami. Fosse mai che qualcosa le togliesse il piacere di vedere il proprio nome in cima agli elenchi, laddove altri studenti si strappavano i capelli.
Ma se sperava di riuscire a ottenere l’aiuto di Hermione Granger – e di evitare di essere Schiantato al suolo – avrebbe fatto meglio a tenere a freno al lingua e tacere i suoi pensieri.
Avrebbe trovato un modo, qualcosa da offrirle. Del resto, lui non era così ingenuo da ignorare che tutti avevano un prezzo.
Tuttavia, soltanto uno sciocco avrebbe pensato che quello di Hermione Jean Granger potesse misurarsi in Galeoni: non sarebbe stato da lei accettare una banale valuta corrente, e Malfoy aveva già potuto constatare come avesse preteso brandelli di anima da tutti coloro che le erano attorno.
Potter, Weasley, Paciock.
 
 
A fool's devotion was set in motion
My eyes are open now
 
 
Sembrava che le fosse sufficiente uno sguardo per poi tendere una mano e raccogliere dagli altri ciò che desiderava.
Lei plasmava e piegava il leggendario temperamento dei Gryffindor sul modello della propria etica. L’irruenza di Weasley, l’impulsività di Potter avevano come metro di giudizio soltanto lei.
Nessuno aveva la sua tenacia, nessuno aveva il suo, di coraggio: perché lei aveva paura – Malfoy lo percepiva come un lupo fiuta il panico della sua preda –, ma questo non era mai bastato a fermarla.
Era il pensiero che gli danzava davanti agli occhi, simile ai puntini lividi di quando tratteneva il fiato o si alzava troppo velocemente, mentre lei gli passava davanti senza degnarlo di altra attenzione che quella riservata alla pietra delle pareti.
Aveva una pila di libri appoggiata al braccio sinistro e sfogliava quello in cima: lo sguardo attento che frugava tra le parole e dita impazienti che volavano tra le pagine nella perfetta dimostrazione di come il corpo non riuscisse a seguire il ritmo della sua mente.
A un tratto, dovette trovare ciò che cercava – probabilmente soltanto una conferma a ciò che il suo intelletto da demonio aveva già intuito –, perché un’espressione di trionfo le rischiarò gli occhi scuri.
Forse era soltanto la lama di sole autunnale che, penetrando dalle feritoie in alto, le attraversava il volto, eppure Draco Malfoy pensò che fossero simili a certi frammenti d’ambra, torbidi e ricchi di ombre, con inaspettate pagliuzze d’oro e schegge di millenni imprigionate all’interno.
Fu quello il momento in cui lei sollevò lo sguardo per incrociare il suo.
Draco Malfoy premette le spalle contro i blocchi freddi e appuntiti della parete, senza riuscire a fermarsi.
Trafitto, inchiodato.
Un insetto tra mura di pietra pregiata
(dura e fredda)
,
una creatura volgare, che acquistava un valore soltanto in virtù della propria prigione.
Impiegò un istante per capire che Hermione Granger, in realtà, non lo aveva neppure notato: guardava al di là di lui, un luogo dove non avrebbe mai potuto raggiungerla.
Riavendosi, si accorse che lei si era fermata in mezzo al corridoio, del tutto incurante di offrire uno spettacolo bizzarro. La secchiona che parlava soltanto con i suoi libri e che costringeva la gente a scartare da un lato di colpo, per non urtarla.
Un leggero sorriso le curvò le labbra e le dita della destra si strinsero sulle pagine con un piccolo sospiro. E Draco Malfoy pensò a quelle braccia che cullavano un libro polveroso con un amore a lui sconosciuto, a come la gente le lanciasse occhiate curiose e sprezzanti che lei neppure percepiva.
Un libro usato come una Passaporta verso un luogo in cui nulla avrebbe potuto sfiorarla.
Neppure lui.
 
It's a glass cage so I can't pretend
You hide beneath the physical
 
«Miseriaccia, Hermione!». La voce roboante di Weasley risuonò dal fondo del corridoio. «Ti sto chiamando da un’ora, in che galassia sei?» Alto e dinoccolato, Ron Weasley aveva un modo di piegarsi verso di lei che la faceva apparire ancora più piccola e fragile.
Lui aveva mani grandi e dita che avrebbero potuto frantumare una pietra, ma dal modo in cui la guardava non c’era dubbio alcuno su chi fosse quello in grado di ferire l’altro a morte. Le fece schioccare le dita davanti agli occhi. «Il Progetto di Incantesimi?».
«L’ho finito l’altroieri», rispose lei, impaziente. «Ho scoperto una cosa importantissima», aggiunse poi con vivacità. Abbassò la voce mentre riprendeva a parlare alla velocità di una raffica di vento: lei aveva i suoi segreti che non avrebbe mai condiviso con uno Slytherin che fingeva di non rubarle uno sguardo dalla distanza siderale del sangue che scorreva loro nelle vene.
«Draco». Nott si era materializzato al suo fianco insieme ai suoi consigli non richiesti. «Padma è appena passata e tu hai fatto finta che non esistesse nemmeno. Quante volte ti devo spiegare che non hai alcuna speranza con una ragazza se non le concedi qualche attenzione?».
Malfoy guardò prima e destra e poi a sinistra un paio di volte prima di scorgere Padma Patil in fondo al corridoio. «Eccola lì, adesso vado a salutarla», disse.
«Razza d’idiota, quella è Calì, la Gryffindor».
Draco Malfoy guardò Nott con aria annoiata e una faccia che avrebbe rinominato l’età del bronzo. «Lo so, ovviamente», disse. «Lo farei apposta, così poi lo direbbe alla sorella, no?».
«Malfoy, questo non è il modo di costruire un rapporto di coppia», ribatté Nott, inviperito. «Devi parlarle, raccontarle di te, non nasconderti dietro il solito atteggiamento menefreghista».
«Non è un atteggiamento», borbottò Malfoy.
Nott sbuffò. «Non ci credo!».
«Pensa quello che vuoi», sbottò l’altro, allontanandosi. «Tanto lo faresti in ogni caso».
«Hai trovato il modo di procurati la Fata Blu? Un pegno d’amore è una cosa importante».
Amore.
Draco Malfoy dovette lottare contro l’impulso di mettersi a urlare e di spedirlo a calci nel sedere a scrivere testi per Celestina Warbeck o qualsiasi altra persona altrettanto versata in luoghi comuni.
«Ci sto lavorando», rispose, mettendo tra sé e l’amico la maggior distanza possibile. «Ci sto lavorando».
****
 
 
Sotto le nevicate di metà novembre, le serre della Sprite acquistavano le sembianze irreali di un’illustrazione in bianco e argento.
Le nervature scintillavano nel freddo, e cortine di neve ghiacciata velavano le pareti di vetro ornandole di ricami di ghiaccio e riflessi cangianti.
Il calore all’interno era dolce del sentore dei fiori, soffocante a contrasto con l’aria fredda e sferzante del parco.
Malfoy si allentò gli alamari del mantello, poi decise di toglierlo e di gettarlo di traverso sulla borsa a tracolla. Sotto i suoi piedi, l’erba violetta era soffice e profumava di verdure appena tagliate; sopra di lui, i rami di un melarancio incorniciavano la figura di una ragazza con le mani sporche di terra e ciocche arricciate intorno al viso.
La Professoressa Sprite aveva spiegato le peculiarità dell’Angelica Blu: una pianta invernale, che metteva radici soltanto in un luogo inospitale come il terriccio coperto da una patina di ghiaccio. Il segreto perché non morisse era riuscire a darle abbastanza calore perché scegliesse di sopravvivere, senza usare direttamente la magia.
Qualcuno aveva borbottato che se coltivare una dannata pianta richiedeva tante energie, tanto valeva allevare un dannato gattino. Draco Malfoy, da parte sua, si era divertito a vedere avvizzire e perire quella creatura inadatta a vivere.
Adesso, in silenzio, osservò la Granger raccogliere terra calda e ben nutrita a mani nude, scegliere con cura le manciate migliori mescolandole nel palmo per poi riempirne un secchiello d’argento. Incurante del freddo, s’inginocchiò nell’orto di fianco alle serre e, con l’aiuto di una piccola vanga d’argento, smosse la terra intorno allo stelo azzurrino che scintillava nel paesaggio innevato.
La guardò prendersi cura della piantina che era al centro dei suoi pensieri, accarezzarla per trasmetterle calore e intonare una nota rassicurante mentre staccava alcune foglioline morte.
Ogni istante, la pianta sembrava diventare più forte e bella tra le sue dita: la cascata di minuscoli fiorellini stellati riluceva di un vivido blu zaffiro, il loro profumo era sublime, esaltato dall’aria pura della prima neve.
Quando la Granger rientrò nella serra, Draco si ritirò dietro il tronco di un albero. Poi la seguì, nascondendosi tra l’intrico delle piante e dei fiori, tra foglie che si stendevano ai suoi piedi come creature vive e piccoli becchi di legno che gli pizzicarono le dita non appena tentò di rubare delle bacche da un cespuglio.
 
I see it coming
But I can't defend
 
Lei era ferma davanti a una delle vetrate. I pannelli di vetro incorniciati d’acciaio stregato formavano uno sfondo accecante intorno alla sua persona, facendo risaltare come una stampa in seppia il mantello scuro e il modo in cui i capelli bruni, raccolti con noncuranza sopra la nuca da uno spillone di legno, si arricciavano intorno alla pelle chiara delle guance e alla fronte liscia.
La luce proveniente dall’esterno le investiva il volto e accendeva d’oro le sue ciglia. Aveva l’espressione assorta e un profilo di una purezza tale che sembrava intagliato nel marmo, e Draco Malfoy pensò, tendendo dita distratte verso un grappolo di bacche zuccherine, che Padma Patil era davvero fortunata che la Granger preferisse elargire i suoi sguardi ai libri e non ai ragazzi, altrimenti non ci sarebbe stata nemmeno competizione.
 
I can’t defend
You cut so deep
My belief is gone
 
La consapevolezza di aver formulato quel pensiero e il becco del cespuglio lo colpirono nello stesso momento. Smise di sorridere, schiaffeggiò quella pianta insolente, e alzò di nuovo lo sguardo.
Hermione Granger lo stava osservando.
Era voltata di tre quarti verso di lui, le braccia conserte sul seno e le dita della destra che tamburellavano, lievi e pensose, sul braccio sinistro. Quella luce insostenibile le circondava il viso scagliando la sua immagine dritta nella dimensione di un sogno.
Lui si sentì mancare le ginocchia.
«Che cosa vuoi, Malfoy?»
Non le rispose e pensò che, tra la sua fama e l’opinione che aveva di lui il Gryffindor medio, lei avrebbe potuto misericordiosamente scambiare il suo silenzio per arroganza e maleducazione.
«Sono giorni che mi segui. Non pensare che non me ne sia accorta».
Quella ragazza avrebbe potuto dare lezioni di arroganza anche a sua madre, pensò Malfoy, mantenendo a stento un’espressione glaciale. «Tu hai qualcosa che mi serve a qualsiasi costo», si limitò a ribattere, in tono secco.
Lei sorrise. Una pianta velenosa doveva avere la medesima dolcezza quando schiudeva i petali.
 
My belief is gone.
My belief is...
 
«A qualsiasi costo», ripeté. «So benissimo anche questo, Malfoy. Il costo è la tua formula della Pozione della Fata Blu, Malfoy. So che devi prepararla per la Patil e a me serve per motivi che non hai bisogno di conoscere. Tu dai una cosa a me, e io darò qualcosa a te. Ci stai?». Lo guardava dritto negli occhi e lui si ritrovò ad annuire senza neppure esserne consapevole.
Del resto, non era così ingenuo da ignorare che ognuno aveva il suo prezzo.
Non misurabile in Galeoni, perché non sempre la valuta era in moneta corrente. A volte, in cambio, era necessario aggiungere un brandello di anima, mettendolo nelle mani di qualcuno che avrebbe preteso da lui qualcosa che non sapeva neppure di possedere.
«Non mi sembra di avere altra scelta, Mezzosangue».
****
 

Tell me what I want to say.
Save me for another day.
 
 
«Non così, la radice di Elleboro va tagliata più sottile».
«Ma sul Manuale di Pozioni c’è scritto che…»
Lui la fermò posandole le dita su un polso. «Granger, i Manuali servono come base, ma ci sono alcuni segreti da Pozionista che nessuno scrive, altrimenti non sarebbero più tali».
La totale immobilità di lei gli ricordò che aveva ancora la mano poggiata sulla sua. «Non sono cose che Piton insegnerebbe ai Gryffindor», aggiunse, in tono brusco. Ritrasse le dita un istante troppo tardi: aveva la camicia appiccicata alla schiena dal sudore e lo sguardo della Granger lo trapassava come una lama.
Prima che lei riuscisse ad abbassare le ciglia sulla radice di Elleboro sminuzzata solo in parte, lui vi scorse qualcosa che non comprese e che impiegò un attimo a identificare.
«Mostrami come fare, allora». La voce della ragazza era intrisa di nervosismo.
Paura.
Era paura.
Hermione Granger aveva paura di lui.
Sentì la propria voce rauca, il suono di qualcosa che si strappava. «Dammi quel coltello, Granger».
C’era un’emozione viva incastonata in quello sguardo, un istante da animale braccato che lo sconvolgeva come non avrebbe mai potuto prevedere.
«Fa freddo», disse lei, alzandosi all’improvviso.
Avevano creato il loro rifugio nella serra in prossimità della quale lei stava allevando l’Angelica Azzurra, tra i riquadri di cristallo incastonati come gioielli nell’acciaio stregato.
Fuori, scintillava una notte ammantata di gelo. Un vento implacabile, impolverato di neve, percorreva le campagne; il ghiaccio velava le vetrate. Le nervature percorse d’incantesimi contro il freddo emanavano lampi di luce ogni qual volta dovevano resistere alle raffiche più violente.
«Io, invece, ho fame», annunciò lui, avvicinandosi a uno dei cespugli di bacche. Ma quando fece per raccoglierne una, una punta di legno affilato gli punse le dita.
Imprecò ad alta voce e si ritrasse, poi udì una risata di una dolcezza che lo lasciò senza respiro.
Era simile a musica, una carezza per l’udito e dita di seta posate sulla superficie del cuore, sopra la carne nuda, senza alcuna barriera di pelle e ossa a mitigarne il tocco.
«Malfoy, prova a dire “per favore”, per una volta. Il risultato potrebbe sorprenderti».
Incapace di pensare, lui borbottò qualcosa di vagamente educato all’indirizzo della pianta, e i rami si aprirono, mostrando grappoli di bacche mature che si riversarono nelle sue mani protese. Sbalordito, strinse con delicatezza le dita intorno ai frutti simili a perle traslucide, vivide come sangue, dolci come il miele e, tenendole con cautela, raggiunse la ragazza accanto alla vetrata.
Lei era intenta a mormorare qualcosa disegnando piccoli arabeschi con la bacchetta magica che, infine, ripose nella tasca interna del mantello. Distese un braccio e posò la mano destra sul vetro, poi chiuse gli occhi.
Affascinato, Malfoy osservò il ghiaccio all’esterno venarsi di crepe che si diramavano dal suo palmo. Per un istante, la vetrata fu simile a uno specchio infranto: una ragnatela sospesa in un attimo di puro incanto. Poco dopo, il ghiaccio s’infranse e scivolò al suolo, lasciando la distesa sterminata della notte davanti a loro.
Rimasero fianco a fianco a guardare l’incredibile stellata sopra le loro teste, poi Draco si voltò verso di lei, allungando la mano in cui teneva le bacche. «Vuoi?».
Le aveva strette troppo. Da qualche parte tra il momento in cui lei aveva spezzato la parete di ghiaccio e quello in cui si era ritrovato a contemplare il suo viso invece che le stelle, aveva serrato il pugno con forza.
Lei sorrise, passò con tenerezza la punta di un dito sopra il succo che gli macchiava la mano, e se la portò alle labbra.
Fu un momento: le bacche che cadevano a terra, calpestate dalle scarpe di lui, dai suoi passi veloci. Le mani sporche – sangue e miele – sulle guance di lei, e poi la bocca sulla sua, gli occhi chiusi e un sospiro tremante con cui la imprigionò tra il proprio corpo e la vetrata calda dei suoi incantesimi.
Mentre la baciava, Draco Malfoy vibrò un pugno contro il vetro, forte, violento.
Quasi quanto ciò che provava.
****
 
«Oh, sei qui, ti ho cercato dappertutto. Non eri a lezione di Incantesimi e non sapevo cosa pensare. Come ti è saltato in mente di sparire in questo… »
Interrompere il suono della sua voce era qualcosa che odiava, ma farlo era qualcosa per cui sarebbe valsa la pena di morire. Le posò un dito sulle labbra, e di nuovo scorse quel lampo nello sguardo che lei ebbe anche troppa cura di nascondere guardando altrove.
Paura.
Aveva paura di lui.
«Devo scusarmi per essere scomparso, Granger?»
«Non lo hai appena fatto?», domandò lei, nervosa, toccandogli le dita col proprio respiro.
Draco Malfoy trattenne il fiato consapevole che, nel silenzio del corridoio e dei loro respiri, non aveva alcuna possibilità di mascherare il suono violento che gli agitava il petto.
Una massa nera e informe sotto le costole, all’altezza del pettorale sinistro.
Un grumo indistinto di sangue e carne e odio, che non avrebbe potuto nasconderle, perché presto gli avrebbe sfondato le ossa per cadere davanti a lei.
E nessuna era così folle da volere qualcosa di simile.
«Malfoy». Lei fece un passo indietro e gli allungò un piccolo oggetto che, catturando un barlume di sole, brillò del colore dello zaffiro liquido. «La Pozione della Fata Blu. Ho controllato stamattina e ho visto che era pronta. Il colore è perfetto. Ci siamo riusciti».
 
Break me, it's the game you play
Hate me as I turn away
 
La sua voce aveva qualcosa di fermo, definitivo, che gli scavò un buco nello stomaco. «Questa è la tua parte», aggiunse, in tono cortese e distaccato. «Per Padma, suppongo».
Draco Malfoy chiuse le dita intorno all’ampolla di cristallo e le porte dietro i propri occhi. Lo stato naturale delle cose, pensò. C’erano follie che dovevano regnare solo per lo spazio di una breve fioritura invernale. Poi tutto sarebbe tornato al proprio sonno, sotto la neve.
Lei sarebbe svanita coi suoi misteri, portando con sé gli accenni distratti  a una creatura che dormiva nelle viscere del Castello di Hogwarts e che si sarebbe risvegliata soltanto se avesse sentito il profumo della Pozione che avevano preparato insieme.
Segreti di Harry Potter, Ron Weasley ed Hermione Granger, missioni dei Gryffindor al servizio di Silente. Qualcosa cui lui non avrebbe mai preso parte.
C’erano trincee scavate da qualche parte, tra loro, che servivano a proteggere oltre che a dividere.
Non c’era nulla che loro due potessero significare insieme.
Solo sofferenza.
Forse era sufficiente un piccolo strappo, una ferita minuscola che non avrebbe nemmeno lasciato una cicatrice.
 

A boyish notion of false emotion
These words are spoken despite my love
 
 
«Sì, è per Padma. E' tutto, Granger, abbi cura di te».
Non era delusione ciò che le vide negli occhi e che, questa volta, lei non ebbe la rapidità di mascherare.
Era dolore. Una cosa atroce che gli riverberò lungo il braccio mentre le loro mani erano ancora unite sull’ampolla di Fata Blu.
 
A fool's devotion was set in motion
My eyes are open now
 
Lo colpì dritto allo stomaco, forte come un conato, straziante come un artiglio affondato nella carne.
Hermione Granger ritrasse la mano e la sensazione si attenuò.
Infine lei sorrise, spazzando via le nubi dai propri occhi.
Con un ultimo saluto, gli voltò le spalle e si avviò verso le scale che portavano a Torri a cui lui non avrebbe mai potuto avvicinarsi.
Gli parve che il corridoio si estendesse per una distanza eterna, e che l’estremità dove lui era relegato
(Inchiodato, trafitto,
una bestia senza una gabbia da chiamare casa)
sprofondasse diritta all’inferno.
 
It's a glass cage so I can't pretend
You hide beneath the physical
 
 
Non sarebbe dovuta andare così, pensò, qualche giorno dopo.
Hermione Granger era scomparsa dalle vie che lui percorreva tra le stanze del Castello, simile a qualcosa accaduto a qualcun altro.
Non era possibile.
Non doveva andare così.
Lui sarebbe dovuto restarle dentro come il bisturi dimenticato da un chirurgo. Una lama ancora affilata che l’avrebbe ferita a ogni movimento.
«Malfoy», sbottò Nott, esasperato. «Tu non mi stai ascoltando. Hai quella Pozione. In pratica Padma Patil sta solo aspettando che tu gliela porti e non riesce a capire perché la stai ignorando. Lo diceva alle sue amiche ieri, in bagno. Pansy ha origliato».
Ricordava l’espressione di sofferenza che per un momento le si era impressa nei lineamenti, nitida come se gli fosse rimasta tatuata dietro le palpebre.
«Non occorre che tu dica come ti senti: lo so benissimo. Non riesci a spiegarti che cosa ti freni. È la paura, Malfoy, ma devi superarla».
Lei aveva avuto paura e, nonostante tutto, non aveva permesso che la fermasse.
«Non è detto che lei ti perdoni e, in verità non ha il minimo motivo per farlo».
Non ne aveva il minimo motivo.
«Se la rivuoi ti toccherà espiare», concluse Nott.
Draco Malfoy si fermò e, per la prima volta dopo giorni, guardò in faccia quella sottospecie di grillo parlante che era il suo peggiore amico. Gli appoggiò entrambe le mani sulle spalle e quello, finalmente, si zittì per un minuto di seguito.
Theodore Nott, colui che della vita aveva capito, se non proprio tutto, almeno una quantità maggiore rispetto al suo prossimo, e che in virtù di ciò riteneva di dover elargire pareri, consigliare, e interpretare, l’uomo che aveva un’opinione su tutto rimase in silenzio.
«Nott, per la prima volta nella tua inutile esistenza hai detto una cosa giusta», annunciò Malfoy. «Segna questa data sul calendario e dopo vattene al diavolo».
Tramortito da tanta mancanza di rispetto, Nott lo seguì verso il Dipartimento di Trasfigurazione, territorio sotto il conclamato controllo Gryffindor.
Draco Malfoy fece irruzione in una delle sale studio in cui erano raccolti tutti: Harry Potter, Ron Weasley, Neville Paciock, Seamus Finnegan e Dean Thomas con a seguito la loro corte di studentelli degli anni inferiori.
Incurante degli sguardi di avvertimento, Malfoy si avvicinò a Potter e, con disinvoltura, allungò una mano e lo spintonò in mezzo al petto mandandolo a sbattere all’indietro, sull’orlo del tavolo dove stava studiando.
«Malfoy, che cosa stai facendo?», urlò Weasley serrando quei pugni grandi come magli.
Malfoy piegò il capo verso la spalla e fece un sorriso, dolce e perfido, gelido come il ricordo del loro primo anno, sull’Hogwarts Express, quando Harry Potter aveva rifiutato la sua amicizia.
«Cosa c’è, Potty?», chiese, in tono allegro. «Non sei capace di difenderti da solo? Ancora triste per i tuoi stupidi genitori?».
Il volto di Harry Potter perse ogni colore, facendosi pallido al punto che la cicatrice a forma di saetta spiccava come un livido.
Malfoy lo ignorò e squadrò Weasley con tutto il disprezzo che riuscì a mettere insieme. «Donnola», disse, con voce strascicata. «Visto che il Prescelto non ha alcuna intenzione di reagire, vuoi avere tu abbastanza sangue per entrambi? Posto che comunque il tuo sangue tu lo hai tradito».
Ron Weasley sembrava sul punto di avere un attacco di fegato se si fosse frenato ancora, così decide di dargli un’ultima, piccola spinta. «Fa’ finta che abbia dato a tua sorella della lurida Traditrice del Sangue», aggiunse, beffardo. «Fa’ conto che mi sia fatto la Granger con… »
 
I see it coming
But I can't defend


Non ebbe neppure il tempo di finire la frase, soltanto quello di voltarsi verso la porta dove Hermione Granger stava assistendo alla scena, impietrita.
Ebbe solo un istante per notare il modo in cui la mela che stava mangiando le scivolò via dalle mani e la rapidità con cui prese la bacchetta per fermarli.
Solo un istante per sorriderle e articolare una sola parola a fior di labbra – che lei afferrò, scioccata –, prima che il pugno di Ron Weasley vi si abbattesse con la forza di un blocco di granito in caduta libera, proiettandogli la testa all’indietro e lasciandogli una macchia di sangue sulla camicia bianca.
Con un ghigno, Draco Malfoy sputò una boccata di sangue per terra e gridò: «Tutto qui quello che sapete fare, figli di una cagna Babbana?»
In un secondo, gli furono addosso in tre, mentre Hermione Granger, urlando disperata, mandava qualcuno a cercare Piton e la McGranitt.
 
You cut so deep
My belief is gone


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«Alohomora!».
L’Incantesimo di Apertura – pronunciato con una risolutezza tale che neppure le porte dell’Inferno le avrebbero opposto resistenza – mandò i battenti a percuotere le pareti con il fragore di un tuono.
«Nott», esclamò una voce femminile alta e autoritaria. «Esci di qui e bada a fare in modo che nessuno si avvicini».
«Granger, il Professor Piton… »
«Ho detto nessuno, Nott, o ti ritroverai a grufolare in mezzo ai porci viola della Foresta Proibita per il resto del trimestre. È una promessa».
Draco Malfoy si passò il dorso della mano sulle labbra, cercando di riacquistare il controllo. Tuttavia, rimase inginocchiato a fissare il pavimento finché nel suo campo visivo non entrarono un paio di scarpe e l’orlo di un mantello.
«Malfoy». Sembrava calma, persino indifferente, al punto che lui sentì lo stomaco rivoltarsi per la nausea.
Quando trovò il coraggio di azzardare un’occhiata, però, vide che era pallida e tremava. Soltanto la mano che teneva la bacchetta era ferma, la mano di una guerriera abituata a non perdere la presa sulla propria arma nemmeno durante una battaglia.
Ripensò al timore nel suo sguardo, all’arrendevolezza del suo bacio.
C’erano leggende che fiorivano sin da quando loro avevano dodici anni e parlavano di una ragazza che in guerra non aveva mai mostrato incertezza, che non aveva mai ceduto davanti a nulla.
Una ragazza che lui non avrebbe neppure dovuto osare sognare.
«Malfoy, per favore, guardami».
Lui piegò la nuca all’indietro e sollevò il volto offrendole i lividi e il sangue, il gonfiore che gli chiudeva un occhio e i tagli sulle labbra che l’avevano baciata.
«Ho capito bene», domandò lei. «Mi hai chiesto scusa mentre Ron ti prendeva a pugni? Li hai provocati per questo?».
Malfoy esitò un istante, poi voltò appena il capo, distogliendo lo sguardo.
«Ti sei fatto picchiare a sangue per me?». Era sbalordita, e quando lui rimase in silenzio gli posò una mano dietro la testa per leggergli negli occhi la risposta.
Allora lui fece quello che avrebbe dovuto fare giorni prima, prese qualcosa dalla tasca e la fece rotolare sul palmo della mano per mostrargliela. Zaffiro liquido in un’ampolla di cristallo, qualcosa di raro che lui aveva preparato per un’altra.
Per un’altra vita.
 
My belief is gone
 
Senza distogliere gli occhi da quelli sgranati di lei, di nuovo pieni di quella paura nera di emozioni, Malfoy gettò l’ampolla contro la parete, mandandola in mille pezzi.
Abbassò il capo, appoggiandole la fronte in grembo, le mani insanguinate aggrappate al suo mantello, gli occhi chiusi. Adesso poteva sentirlo tra le braccia, il tremito che la scuoteva, il sapore di pianto nelle sue parole. «Per favore», disse, esausto. «Per favore».
«Tu», sussurrò lei, la voce spezzata. «Non può voler dire… non noi, vero?».
Allora lui sollevò entrambe le braccia, le intrecciò le dita dietro la nuca, e, costringendola a piegare la testa, accolse tra le labbra la fine di quella frase. Baciò i dubbi e il sapore di mele sulla sua bocca, insistette fino quando non la sentì lasciarsi andare nel suo abbraccio e ricambiare ciò che non riusciva a dirle, finalmente in silenzio.
Si staccò da lei in tempo per scorgere l’espressione assorta sul suo volto, le ciglia che fremevano come in sogno sugli occhi chiusi. Riaprendoli, Hermione Granger gli offrì un’ombra tenera, vulnerabile, destinata a lui soltanto.
«Sì. Noi», rispose. «Se tu lo vuoi».
La lasciò solo l’istante che gli occorse per rialzarsi e già gli parve di non poter conoscere pace fino a che non l’avesse toccata di nuovo. 
Impaziente, fece scivolare la mano nella sua, le cercò il palmo con le dita e insinuò le punte nel suo polsino in un gesto di possessività: il solo poterlo compiere gli riempiva il petto di un ruggito da fiera e di un lamento da bestia ferita. Avrebbe picchiato chiunque avesse osato anche solo guardarla, e avrebbe trascorso giorni in ginocchio per lasciarsi stringere in quel modo, abbandonandosi alla sensazione delle sue dita tra i capelli, allo splendido turbamento di tenerla prigioniera nello spazio tra le braccia. Un confine invalicabile, che avrebbe fortificato senza scrupolo alcuno, a costo di diventare un assassino.
Lei fece per scostarsi e incontrò la resistenza di un braccio duro e fermo intorno alle spalle.
«Rimani così», le disse.
«Malfoy… ».
«Non costringermi.» Lui chiuse gli occhi e nella sua voce risuonò una nota metallica. «Non costringermi, Granger».
Lei dovette percepire la disperazione dietro l’avvertimento, perché si acquietò e gli appoggiò la fronte sul lato sinistro del petto.
Dove si trovava un grumo informe di carne e incertezza e odio e paura.
 
My belief is...
 
Ciò che aveva da offrirle e che ogni giorno si sarebbe strappato dal petto per gettarlo, sanguinante, in dono ai suoi piedi.
 
 
Birthday Massacre, Looking Glass


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Questa storia è dedicata a chi, come sempre, ha il coraggio di sopportarmi mentre ne scrivo una.
Assenze, testa tra le nuvole, dubbi e lamentele, che sia libro o fanfiction metto sempre alla prova la vostra pazienza.
A Chiara Piccola che mi guarda le virgole e a Chiara Grande che ha cura di ogni mio testo e il cui tocco si nota in ogni cosa che scrivo perché lo rende migliore. Alle Carlotte e a Roberta che aspetta con pazienza il suo regalo di compleanno e a tutti voi che, da quasi dieci
anni a questa parte siete qui, insieme a me quando Hogwarts ci aspetta per darci il bentornato a casa.

E come sempre, scrivere per voi è stato un onore.

   
 
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