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Autore: Faith Grace    05/12/2013    10 recensioni
{Au - malattie terminali, tematiche delicate, uso di droghe, tentato suicidio, prostituzione minorile}
Nella stanza di Roxas, poco sopra la marea di fotografie che sormontano la testata del suo letto, in mezzo al caos di frasi impresse sul muro con pittura nera, risaltano tre paroline bianche. Viva la Vida è un grido al mondo, un inno alla vita, una speranza perseverante. Viva la Vida è l'eco di tutti quegli spiriti che si sono dimenticati di morire. E mentre Roxas combatte le sue battaglie, Axel cerca di salvarlo.
Act 1 - Knowing Roxas: the kid without fear (1-9)
Act 2 - Reminiscences about Xion: the sad girl with big bue eyes (10-11)
Act 3 - Xemnas' silent scream: shut your eyes and pull the trigger (12-20)
Act 4 - Veridis Quo: No Heroes Allowed (21~)
Genere: Angst, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Axel, Cloud, Roxas, Sephiroth, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Viva la Vida or Death and All His Friends'
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Viva la Vida



Act 1.
Knowing Roxas:
the kid without fear




#1. He is

La gelida pioggia batteva forte sui vetri leggermente appannati come a voler attrarre egoisticamente tutta l'attenzione su di sé, il vento soffiava cosi forte che pareva volesse sradicare tutto ciò che incontrava sul suo percorso e il cielo era così livido da sembrargli malato.
Axel non ricordava di aver mai visto un tempaccio simile dall'ultimo uragano a cui aveva assistito durante una delle vacanze a casa dei nonni, sulla costa orientale. Odiava la pioggia, in realtà odiava l'acqua in generale, ma la pioggia era quella che meno sopportava, sopratutto quando si adattava perfettamente al suo umore... decisamente uggioso.
Un sorrisetto appena abbozzato andò ad increspare le sue labbra al ricordo di quando, tempo prima, aveva detto la stessa cosa a Roxas: questi aveva aggrottato le sue sopracciglia dorate e lo aveva guardato con espressione indecifrabile per un lungo momento, e poi disse qualcosa che lo aveva letteralmente preso alla sprovvista.
"Quindi non ti piacevano neanche le battaglie con il fango?"
"Prego?" Axel sbattè le palpebre un paio di volte e si avvicinò di più, credendo di aver capito male.
"È uguale a quella con le palle di neve in inverno, solo che questa è con il fango... Io e Sor ci giocavamo spesso da piccoli, anche se la mamma si arrabbiava quando ci vedeva tornare a casa sporchi" il biondo sembrava entusiasta mentre spiegava, ma all'evidente perplessità del rosso si affrettò a proseguire e riprese il filo del discorso "Sei troppo pessimista Ax, dovesti vedere il lato positivo delle cose"
"Non sono pessimista, è che-..."
"Se non ti piace l'acqua significa che non ti piace neanche il mare?" Roxas interruppe bruscamente il più grande e al suo cenno di diniego sembrò oscurarsi "Peccato, a me piace tanto"
Axel portò la tazza di caffè alle labbra senza staccare l'attenzione dalla finestra - non che stesse guardando qualcosa in particolare.
Era sempre stato così, non ci poteva fare nulla, in qualsiasi situazione Roxas, a differenza sua, riusciva a vedere sempre il lato positivo, nonostante la sua vita non lo fosse poi così tanto. Ma, seriamente, come poteva pensare positivamente in quel momento?
Eppure doveva farlo, si rimproverò.
Si ritrovò a sbadigliare quando udì un rumore alla sua sinistra, si voltò e notò Sora appoggiato allo stipite della porta. Aveva un aspetto orribile, per metterla in maniera gentile: profonde occhiaie solcavano il suo volto, i capelli castani erano arruffati e i suoi occhi blu - proprio come quelli del fratello - mancavano della solita brillantezza. Il rosso lo vide avviarsi vicino l'armadio da dove prese una sediolina pieghevole e la mise al centro della stanza bianca, dove fino a poco prima si trovava il letto e ora erano rimaste solo le varie apparecchiature.
"L'anestesia è andata bene, ora hanno appena iniziato ad operarlo" sussurrò con voce strascicata dalla stanchezza. "Il dottore ha detto che potrebbero volerci varie ore"
Il più grande annuì dalla sua poltroncina e spostò di nuovo lo sguardo alla sua destra, fuori la finestra "Dovresti andare a riposare un po', sei uno straccio"
Sora non rispose subito.
"Oggi hai saltato una partita importante, avresti dovuto andarci" interloquì invece, non badando al consiglio "Roxas mi aveva detto che c'erano anche dei reclutatori di vari college venuti apposta per te"
Due occhi di un profondo verde si puntarono sul ragazzo appena venuto e sembrarono mostrare più vitalità rispetto a prima.
"Sinceramente? Chissene frega. Posso sempre tentare la prossima volta, posso rincorrerli in capo al mondo se ce n'è bisogno, ma oggi no. Roxy ha bisogno di me"
Gli occhi di Sora si ammorbidirono alla vista dell'animo infuocato del più grande. Axel aveva sempre sognato di giocare in NBA, la bravura ce l'aveva nonostante tutte le sbruffonate del passato, ma non poteva permettersi passi falsi: da quando l'anno prima aveva portato la squadra a vincere il campionato scolastico di stato, era entrato nel mirino di molti college rinomati. Per questo ogni partita adesso la giocava non più solo per divertimento, ma per il suo futuro.
"Arrivi a sacrificare anche il tuo futuro per la persona che ami. È un bel gesto..." sussurrò con tono più dolce, non tradendo però la sua stanchezza "Roxas è stato fortunato ad aver trovato una persona come te"
Il rosso serrò le labbra e portò lo sguardo contratto ai suoi piedi. È il contrario, voleva urlare, se non ci fosse stato Roxas lui non sarebbe diventato nulla. "Smettila di parlare così"
Il castano sospirò.
"Rox ha preso la sua condizione con filosofia e così anche noi" continuò Sora e notando che l'altro aveva serrato i pugni attorno alla sua tazza, si sporse e poggiò una mano sul suo polso "Lui, io, i nostri genitori... abbiamo avuto più tempo di te per accettare la situazione. Purtroppo è arrivato ad uno stadio troppo avanzato e le speranze di sopravvivenza si riducono." si fermò un istante quando notò lo sguardo di puro odio negli occhi del rosso "Non ti sto dicendo di abbandonarlo o dimenticarlo, ma di prendere in esame anche la peggiore delle ipotesi e accettare quel che può accadere"
Axel scattò e nella foga quasi rovesciò la tazza di caffè che ancora reggeva "Come puoi parlare così di tuo fratello? Lui è sempre stato positivo e anche voi... tu, tua madre, eravate così ottimisti da far schifo... e ora mi vieni a dire di arrendermi e che non ci sono più speranze per lui?" aveva alzato la voce, ma ricordatosi di trovarsi in un ospedale la riabbassò subito.
"No Axel. Noi siamo convinti che Rox ce la farà, lui è forte e sono sicuro che appena uscirà la prima cosa che farà sarà chiedere l'esito della partita" abbozzò una risatina forzata "Quello che voglio dirti è..." sospirò pesantemente "Non stare troppo male in caso contrario perché... perché noi avremo bisogno di te" detto questo si alzò, risistemò la seggiola pieghevole nell'angolo da cui l'aveva tirata fuori e si soffermò ad ispezionare quello spazio vuoto che era stato lasciato dal letto di Roxas quando l'avevano trasportato in sala operatoria.
Axel seguì tutti i suoi movimenti con lo sguardo, senza dir nulla e notò che alla fine, dopo un attento studio della stanza si era soffermato sui due portatili appoggiati diligentemente sul comodino accanto alla poltroncina del rosso.
"Ehi Axel. Allora cosa diresti di Roxas?"
Il diretto interessato non rispose subito, guardò attentamente i due computer come se li avesse visti per la prima volta in vita sua. Quello bianco era di Roxas, stava lì da quando era stato ricoverato, mentre l'altro, nero, era di Axel e lo portava spesso quando andava a trovarlo, così da passare il tempo a giocare insieme a uno di quei giochi online da nerd.
"Prenditi il tempo che vuoi..." sussurrò Sora dall'uscio della porta prima di svanire definitivamente, quasi senza che Axel se ne accorgesse.
D'istinto questi afferrò il portatile nero per piazzarselo sulle gambe e senza accorgersene iniziò a buttare giù un fiume infinito di parole, ritornando con la memoria a qualche ora prima, quando Roxas, un po' abbattuto dalla morfina ma ancora abbastanza lucido, lo guardò affaticato e gli pose una delle sue strambe domande."Ax, dopo l'operazione, cosa dirai di me? Solitamente dei morti si parla bene... la tua opinione cambierà a seconda dell'esito?" Il rosso contrasse il volto in un'espressione di dolore, scrutando il monitor del pc davanti a sé.


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Che cosa si può dire di un ragazzo di 17 anni ad un passo dalla morte?
Che è bello. E intelligente. Che stravede per la Coca Cola alla ciliegia. Che ama la letteratura. E Freddie Mercury. E me. Questa penso che sia la cosa che più preferisco oltre al suo caratte indomabile, nonostante quanto lui tenga sempre a sottolineare di amare Freddie Mercury più di me. La cosa mi rende geloso da morire, per quanto idiota sia, ma non sono abituato a essere messo al secondo posto. E poi, cavolo, io sono più sexy!


Non posso dire con certezza a quando risale il nostro primo incontro ma posso affermare che quando ci siamo conosciuti i nostri rapporti erano piuttosto burrascosi.
Io ero lo stronzo di turno: bello, famoso, acclamato da tutti e scorretto con il prossimo; lui invece rientrava in quella categoria che tutti definirebbero "sfigato", ma che io mi divertivo a denominare "preda sacrificale"... sì perché in quanto
predatore, nel tempo libero mi dilettavo con le mie prede. Nulla di personale, sia chiaro, solo semplice divertimento (probabilmente ingiusto nei loro confronti), tant'è che non mi degnavo neanche di guardare in faccia o sapere il nome delle mie vittime e questo mi rendeva superiore ai bulli, come Seifer ad esempio, che si impuntavano solo con un paio di ragazzini e magari pestavano solo loro durante tutto l'anno. Almeno io e il mio gruppo eravamo giusti nella nostra ingiustizia: non togliere a nessuno la propria razione.
E questo mio comportamento
probabilmente scorretto durò fino all'inizio del mio terzo anno di superiori.
Non potrò mai dimenticare quel soleggiato 2 Ottobre, quando il preside mi chiamò nel suo ufficio durante l'ora di pranzo; quella mattina avevo sentito che c'era stata una soffiata anonima e che erano stati presi dei provvedimenti disciplinari verso tutti i membri delle squadre di pallanuoto, football e di basket, alcuni utili membri erano stati espulsi a tempo indeterminato, altri semplicemente sospesi. Il tutto a causa di un festino abusivo tenutosi nei locali scolastici verso la fine dell'estate, aggravato da presenza di alcol, droghe leggere e incontri piccanti con le cheerleaders; io avevo toccato solo le birre. Sapete, ci tenevo a non lasciarci le penne a causa di quella merda, ed ero troppo gay anche solo per una sveltina con qualche pollastrella - all'epoca nessuno sapeva dei miei gusti sessuali, quindi mi limitavo a far finta di essere oltremodo ubriaco anche solo per calarmi i pantaloni.
Non nego la mia colpa ad aver partecipato, ma sentivo di non essere ugualmente colpevole come gli altri da essere addirittura sollevato dalle mie attività. La fortuna, se così possiamo chiamarla, parve essermi amica e dopo una lunga ramanzina il preside stava per rilasciarmi, quando il suo occhio cadde sulla mia griglia dei voti e allora il verdetto fu semplice: non sarei potuto rientrare in squadra finché non avrei colmato le mie insufficienze, perché "la scuola non è solo ozio e basket", per citare le sue parole. Possiamo sorvolare il mio evidente disappunto e tutte le colorite bestemmie che avevo cordialmente rivolto al preside... quanto all'anonimo, lo avrei trovato e me l'avrebbe pagata cara. Molto cara.
E fu sempre in quello stesso fatidico 2 Ottobre che oltre ad essere sospeso dal basket, mi recai per la prima volta in aula studio in cerca di un tutor e conobbi Roxas.
Mi fermai al bancone e poggiai il mandato del preside davanti al ragazzino biondo che era raggomitolato sullo sgabello dall'altra parte. Questo alzò gli occhi dal librone che aveva davanti a sé e mi scrutò attentamente. Aveva un grande livido nero che andava dall'occhio sinistro alla tempia e un batuffolo di cotone in una narice, per fermare una probabile perdita di sangue.
"Ho bisogno di un tutor" dissi senza troppi preamboli.
"Lo so" rispose senza darmi troppa importanza, adocchiando prima il foglietto e poi cercando qualcosa sulla scrivania "Attendi, ti riempio il modulo"
Alzai un sopracciglio, infastidito dal suo modo di fare e dal tono usato "Non dovrei farlo io?"
Lui mi lanciò un'occhiata divertita ma indubbiamente sarcastica.
"So già tutto, non scomodarti" gli ci vollero una trentina di secondi prima di posare il foglio su una pila e riprendere la parola "Il tuo tutor arriverà alle 16, ora di inizio del lavoro di recupero. Mettiti pure comodo ad uno di quei tavoli" mormorò senza staccare gli occhi dal libro che stava leggendo prima.
Lo guardai storto, desideroso di prenderlo a pugni, ma non mi trovavo in una posizione favorevole, quindi mi limitai a grugnire un assenso e lanciai un'occhiata all'orologio. Erano le 15.43, mancavano una ventina di minuti, era meglio seguire il consiglio del ragazzino antipatico davanti a me e andai a stravaccarmi su una sedia poco lontana. Mi guardai attorno per passare il tempo, era una stanza abbastanza ampia con vari tavoli sparsi, il bancone del biondino acido con un computer e una marea di scartoffie e una porta a due ante che comunicava con la biblioteca. A parte me e quel bimbetto microscopico non c'era nessun altro.
Cacciai un sonoro sbadiglio e iniziai a giocare con il cellulare, di tanto in tanto rivolgevo qualche occhiata all'altro ragazzo presente, poi all'orologio e di nuovo al cellulare. Dopo qualche minuto realizzai che Demyx non avrebbe risposto ai miei messaggi perché era agli allenamenti - quel bastardo non aveva preso parte al festino estivo e quindi non era stato punito - cosi iniziai a fantasticare su come poteva essere il tutor che mi avrebbe aiutato ad alzare la mia media. Già me la immaginavo: una ragazza bella, dolce, tranquilla, capelli biondi e occhi azzurri e magari un bel paio di poppe. Un vero paradiso per gli occhi. Sarò pure gay fino al midollo, ma una bella ragazza so sempre apprezzarla!
Finalmente l'orologio segnò le 4 in punto e rivolsi la mia attenzione alla porta, da dove supponevo che il tutor sarebbe arrivato, ma essa rimase chiusa. Forse era in ritardo.
Mi voltai di nuovo verso quel ragazzino che continuava a leggere imperterrito, dopo una manciata di secondi il suo cellulare iniziò a vibrare e chiuse il libro.
"Sono le 16" dichiarò alzandosi dallo sgabello, fece il giro del bancone e si avviò verso di me. Ora che lo guardavo meglio la sua figura era ancora più minuta di quel che sembrava, indossava una maglietta leggera a scacchi bianca e nera, sopra una felpa dei Rolling Stones con la zip aperta, un paio di jeans stretti grigio scuro e le vans a scacchi al piede. Per essere uno sfigato il topolino sapeva il fatto suo.
"Ebbene?" chiesi perplesso.
Lui senza dir nulla si lasciò cadere sulla sedia accanto alla mia e mise sul tavolo la sua borsa da cui trasse una cartellina. "Prima di iniziare vorrei dare un'occhiata al tuo portfolio"
"Aspetta. Che significa questo?" sbarrai gli occhi, feci fatica a non incrinare la mia voce.
Il ragazzino inarcò un sopracciglio e mi guardò come se fossi uno stupido.
"Sono il tuo tutor, tanto piacere. Ora prendi i libri"
A queste parole scattai in piedi e sbattei le mani sul tavolo, i miei occhi mostravano tutta la rabbia che avevo cercato di reprimere dal bel regalo del preside al comportamento da saputello di quel tizio davanti a me. "
"TU. Tu saresti il mio tutor? E sei stato qui dentro per tutto il tempo, perché cazzo mi hai fatto aspettare come uno scemo?"
"Siediti e abbassa la voce, non siamo allo stadio"
"No che non abbasso la voce! Mi prendi in giro per caso?"
"Non mi permetterei mai" disse l'altro ostentando un tono di finta innocenza "Inoltre ti avevo avvertito che le attività di recupero iniziano alle 4, prima di allora non sono tenuto a prestarti attenzione"
Quello era troppo, non conoscevo neanche il suo nome che già lo volevo uccidere. Lo presi per il colletto della maglia e lo avvicinai bruscamente a me.
"Brutto moccioso, come osi-" non conclusi la mia frase che lui mi ammonì con tono di sfida.
"Ti consiglio vivamente di lasciarmi andare"
"Altrimenti cosa?" lo derisi "Non mi arrivi neanche alla spalla e a giudicare da come è messa la tua faccia non credo che sia tu il tipo che le dà"
"Infatti, non sono così forte"
"Esatto. E sai chi sono io?"
"Axel Moore, 17 anni, playmaker nella squadra di basket" recitò lui e io abbozzai un sorrisetto compiaciuto "...tristemente conosciuta assieme a quella di football per essere frequentata da veri animali" aggiunse subito dopo.
Stranamente quelle parole non mi fecero infervorare di più, ridacchiai e gli diedi solo uno strattone notando come con quanta facilità avrei potuto metterlo al tappeto.
"Non darti troppe arie pulcino o finirai male. Devi rispettare chi è più forte di te" Con un colpo secco della sua mano riuscì a liberarsi dalla mia presa e alzò lo sguardo su di me.
"Potrai anche essere il re della savana altrove, ma finché sei in questa aula studio il capo sono io" Alzai un sopracciglio, stizzito.
"Spero che tu stia scherzando" mi avvicinai per torreggiare su di lui.
"E ti consiglio anche di non alzare neanche un dito su di me altrimenti potrai dire bye bye al basket" io lo ascoltai in silenzio e cosi, sapendo di avere il coltello dalla parte del manico, lui continuò con tono sfacciato "I tuoi voti sono in mano mia e, semmai dovessero alzarsi quelli, il preside potrà sempre espellerti dalla squadra per atti di bullismo come non ha potuto fare per quel bel party"
"Aspetta tu come lo sai..."
"Io so tutto, signor
Furia di Fiamme Danzanti" rise di gusto e si portò una mano al mento "Devo dire che è un soprannome fin troppo figo per un ubriaco che balla attorno al fuoco"
"Allora sei tu!" tuonai e senza che me ne accorgessi lo presi per il collo e lo portai all'altezza dei miei occhi, ormai accecato dalla rabbia "Eri tu l'anonimo che ha fatto la spia?"
Il biondo iniziò a tossire violentemente e dimenarsi debolmente, lo rimisi giù con poca grazia solo perché vedevo che non riusciva a respirare.
"Rispondi!"
Il ragazzino si era appoggiato al tavolo e si prese qualche minuto per riprendere fiato.
"Quel Marluxia di pallanuoto... ci e rimasto proprio male per essere stato sospeso dalla squadra per tutto il semestre... e se non mi sbaglio, prima mi pare di averlo visto uscire una seconda volta dall'ufficio del preside, questa volta con una espulsione"
"Quindi....quindi sei stato tu! Perché l'hai fatto? Così il mio futuro potrà essere compromesso!" digrignai i denti e affilai lo sguardo, che lui sorresse senza paura. Lo vidi riguadagnare la sua compostezza e si mise davanti a me.
"Il tuo futuro? E il mio presente allora? Io l'ho fatto per difendere me e tutti gli altri da voi" sputò velenoso "Non vi abbiamo mai dato motivo di tanta ira nei nostri confronti. Non è possibile tornare a casa ogni giorno con lividi diversi solo perché secondo voi 'vi guardiamo' o addirittura 'perché esistiamo'... però potevo tollerarlo. Ma quando quel tuo amico, Xigbar, ha messo le mani addosso a Namine non ci ho più visto. Le donne non si toccano"
Io spostai lo sguardo altrove: avevo saputo di quest'accaduto e che voleva forzarla a fare cose che non voleva, e io per primo ero andato su tutte le furie.
Decisi di non rispondere, il biondino si comportava come uno stronzetto ma per essere uno sfigato aveva le palle a sfidare ben tre squadre sportive da solo. Mi piaceva quella determinazione. Forse avrei potuto stipulare una sottospecie di tregua con lui, ma ancora non ero soddisfatto perché nel frattempo ce ne era andato di mezzo il mio basket.
"Attenzione Moore" continuò questi alla mia mancata risposta "Sarete anche più forti voi ma io ho l'ingegno e l'ostinazione dalla mia. Non sarò soddisfatto finché tutto non righerà dritto"
"Masochista, eh?"
"Combattivo direi" mi corresse.
Scossi la testa e tornai a sedermi, così fece anche lui qualche istante dopo. Gli passai la mia griglia dei voti e mentre lui la scrutava io sorrisi laconico.
"Allora è stato Marly a ridurti così?"
Il ragazzino, che prima si era presentato come mio tutor, abbassò il foglio e accennò un sorrisetto sarcastico "Marluxia è più sveglio di quanto sembri, non immaginavo che mi avrebbe scoperto così presto. Ha l'aria da primadonna con quella sua capigliatura rosa ma riesce a mollare dei ganci da paura"
Risi al suo commento, era la stessa cosa che pensavo io.
"Impara a stare al tuo posto, tieni la bocca chiusa e forse posso dire agli altri di andarci piano con te... se sarai tanto bravo da farmi avere voti alti potrei anche valutare l'idea di farti lasciare in pace"
Lui non rispose, continuò a studiare le mie ultime verifiche che aveva tirato fuori dalla sua cartellina che aveva precedentemente appoggiato sul tavolo.
"Sicuro di essere abbastanza bravo da farmi riammettere in squadra?" chiesi per spezzare il silenzio, non che non mi fidassi ma non sapevo assolutamente nulla di questo tizio.
"Qui c'è la mia griglia dei voti. È tuo diritto assicurarti che non sia uno stupido a darti ripetizioni" mormorò con tono tranquillo mentre mi passava un foglio.
Io lo afferrai e iniziai a scorrere i vari voti, era una collezione immensa di A e A+.
Sono finito con un pazzo o cosa?, mi chiesi stupito. E poi notai che vicino ad Educazione Fisica c'era una scritta in stampatello 'ESONERATO'.
"Cos'è, sei troppo bravo a scuola da poter saltare la ginnastica... Roxas Strife?" aggiunsi leggendo il suo nome.
"Credo che non siano affari tuoi" non mi guardò, ormai ci stavo facendo l'abitudine.
"Ora che ci penso ho già sentito di uno Strife..."
"Probabilmente mio fratello Sora, è nella squadra di calcio"
"No, non parlo di lui" agitai una mano in segno di diniego "Mi pare di ricordare di uno Strife che un paio di anni fa si è ritirato dalla squadra di calcio proprio durante una partita, era a causa di un infortunio vero? "
Il biondo alzò gli occhi solo per guardarmi sprezzante e poi li abbassò nuovamente con fare disinteressato.
"Martin Bauber una volta disse
'Ciascuno deve rispettare il mistero dell'anima del suo simile e astenersi dal penetrarvi con un'indiscrezione impudente'. Faresti bene a tenere a mente queste parole"
"E chi diavolo sarebbe questo?"
"
Questo, come dici tu, era un filosofo, citato tra l'altro a lezione proprio questa mattina. Ma dopotutto tu eri troppo impegnato a dormire per saperlo" rispose candidamente afferrando il mio libro di letteratura. Se non avessi saputo che dietro il suo faccino angelico si nascondeva una vera serpe, avrei potuto dire che era proprio carino. Ma non mi ci era voluto molto a capire che tipo fosse. Sarcastico e vendicativo.
"Adesso spii anche quello che faccio in classe?"
"Certo che no... Ma sai com'è, se quello seduto dietro di me inizia a russare nel bel mezzo della proiezione di un documentario, non posso fare a meno di notarlo"
Arrossii appena, imbarazzato per l'evidente doppia figura di merda. Non solo mi ero addormentato e lui mi aveva visto, ma era in classe con me e non me ne ero mai accorto!
"Scusa... non... non sapevo che fossimo..."
"Tranquillo" tagliò corto lui, apparentemente neanche un po' dispiaciuto "È vero che frequentiamo varie lezioni insieme ma non ho mai avuto la pretesa che uno insignificante come me potesse essere notato da uno del tuo calibro"
Mi limitai a scrutare quei lineamenti così stranamente rilassati. Roxas Strife era un tipo strano e con un caratteraccio intrattabile. Ma era interessante. Decisi che mi piaceva.
"Cavolo! non ho mai visto un libro più nuovo di questo" trillò fintamente stupito, sfogliando le pagine "Adesso mi spiego perché vai cosi
bene a scuola"
Una vena pulsò sulla mia tempia e assottigliai lo sguardo.
Il fatto che avessi dichiarato una tregua temporanea non significava però che avrei cessato di odiarlo, soprattutto se avesse continuato ad istigarmi cosi!





   
 
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