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Autore: Honey Tiger    08/12/2013    16 recensioni
[Parole citate dal quinto capitolo]
«Lasciami bere, tanto nessuno mi cercherà più» evitò di rispondere alla domanda posta da lui e, seria in volto, si portò alle labbra la bottiglia bevendo per l’ennesima volta.
....
«Hai visto mia madre? Non mi ha degnato neanche di uno sguardo nonostante mi fossi resa bella per lei. E mio padre?» un sorriso di disgusto dipinse il suo volto. «Lui ha finto di essere un altro uomo per tutta la serata. Desiderava farsi bello agli occhi degli altri e a quanto sembra ci è riuscito tirandomi in ballo. Lexie qua, Lexie là, Lexie è brava in quello è da lodare; Lexie, fa’ quello è da punire» fece lei assumendo il tono più duro e autoritario, quasi a voler copiare la voce del padre. «Ma Lexie vuole solo un abbraccio. Lexie non vuole i soldi, non vuole i vestiti costosi e le macchine veloci, lei vuole solo un abbraccio sincero e una spalla su cui poter piangere» cominciò a piangere come una bambina. «Lexie non vuole tutto questo, lei vuole solo un'amica». Con uno scatto di ira, prese la bottiglia tra le mani e la scagliò contro il muro, frantumandola in mille vetri.
Genere: Avventura, Erotico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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[Capitolo betato da: Malika]

 

                                                                                                               
 6. Finalmente a casa.

 

      Il primo mattino arrivò in fretta come i raggi solari che si infrangevano nella camera da letto di Lexie.
Lei continuava a dormire sopra Matthew, ignara dell’effetto che aveva su di lui in quell’istante: la notte le aveva fatto sognare qualcosa di indesiderato e, muovendosi nel sonno, la maglietta si era arrotolata fin sopra l’ombelico. La vista che si presentava a Matthew, invece, era una delle più piacevoli, ma anche una delle più pericolose per il suo stato ancora semicosciente.
Il tempo per lui si era fermato non appena i suoi occhi avevano trovato Lexie addormentata sopra il suo petto nudo. Dormire attaccati a lei per tutta la notte gli aveva fatto salire il calore corporeo e quindi, con i primi raggi solari, si era tolto la maglietta, ma facendo ciò percepiva maggiormente la pelle di Lexie, cosa che non permise al suo “amico” dei piani bassi a rimanere tranquillo.
Con gli occhi puntati sulle gambe di Lexie, continuava a giocare con le sue ciocche di capelli. Sorrideva ogni qualvolta percepiva i movimenti del corpo di lei e si chiedeva che cosa potesse sognare visto che più e più volte aveva pronunciato il suo nome.
«Matthew …» L’ennesimo sospiro insieme al suo nome, uscì dalle labbra di Lexie.
“Cosa stai sognando eh, bimba?” si domandò lui, spostando la mano sopra la morbida pelle di lei. Il contatto, nonostante fosse quasi nullo, lo fece rabbrividire, come se una folata di vento lo avesse accolto fra le sue braccia; cosa che avveniva ogni qualvolta la toccava.
La serata per lui era passata in fretta in compagnia di Lexie e, nonostante avesse bevuto qualche bicchiere di champagne di troppo, ricordava ogni minimo particolare, partendo dalla sua entrata fino a finire in camera mentre lei si addormentava tra le sue braccia.
Vederla in un angolo, in quello stato, indifesa e vulnerabile, gli fece provare un’emozione sconosciuta, diversa dall'odio e dal ripudio; un sentimento che pensava non avrebbe mai provato nei confronti di Lexie Blackett, verso la ragazza che lui pensava che fosse.
"Non giudicare mai il libro da una copertina" gli diceva spesso suo padre quando si metteva a giudicare le persone che non conosceva. E per la milionesima volta suo padre aveva ragione. Lexie non era come veniva descritta dagli altri e tantomeno come si presentava davanti gli occhi di estranei. Lei era diversa, speciale, vera solo con chi amava e, per questa volta, anche con lui, ma solo perché aveva esagerato con l'alcool e, si sa, l'alcool ti tira fuori tutta la verità, anche quella più nascosta.
A primo impatto, quando lei era entrata nella sala con quell’abito affascinante e con il comportamento degno di una principessa, per qualche minuto gli aveva fatto credere che fosse un'altra persona, anche perché in nulla assomigliava alla vecchia Lexie.
Non era stato l'unico ad accorgersi di quel cambiamento radicale: anche quel professore, Erick King, aveva notato qualcosa, però non era sorpreso quanto lui, più che altro era affascinato e felice per lei.
“Che cosa nasconde quel professore?”
Diversi mugolii uscirono dalle rosee labbra di Lexie e quando lui spostò gli occhi su quelli di lei trovò un paio di occhi azzurri che lo fissavano incuriositi e stupiti.
«Che diavolo ci fai nel mio letto?» fu la prima cosa che uscì dalle labbra della ragazza per nulla scossa di trovarlo lì.
«Stessa cosa che fai anche tu».
«Ah, va bene» fece lei. Senza farsi ulteriori problemi, si alzò in piedi sul letto e cominciò a stiracchiarsi i muscoli, lasciando a Matthew poca immaginazione davanti a quello che si trovava. «Se hai finito di contemplarmi, che ne dici di smammare dal mio letto?» aggiunse con un sorriso beffardo guardandolo dritto negli occhi.
«Lasciami pensare» disse Matthew con un sorriso, spostando gli occhi su tutto il suo corpo: gambe, reggicalze, le mutandine di pizzo bianco, il fondoschiena, il seno nascosto dalla maglietta e infine, il viso di un angelo appena svegliato. «Direi proprio di no».
Lexie, con movimenti lenti e sculettando, si avvicinò a lui e disse: «Qualsiasi cosa io abbia detto o fatto ieri sera, ero soggiogata dall'alcool e, si sa, con quello nelle vene non si combina mai nulla di buono».
«Sì, forse hai ragione» fu l'immediata risposta di Matthew. Anche lui si alzò in piedi sul letto raggiungendo cosi l'altezza della ragazza.
Lexie prima di tutto gli riservò un'occhiata storta, ma poi si soffermò troppi secondi sul petto nudo di Matthew: i muscoli leggermente in evidenza gli conferivano un aspetto da ragazzo vissuto e non da uno che passava la maggior parte della sua vita in una palestra davanti gli attrezzi. «Cosa vuoi dire?» chiese lei per pensare a qualcos'altro, cominciando a preoccuparsi di quello che avrebbe potuto spifferare mentre era fuori di sé.
«E chi lo sa?» fece lui con un’alzata di spalle avvicinandosi ulteriormente al viso di Lexie. «Sarà un piccolo segreto tra me e Lexie ubriaca» le accarezzò i capelli disordinati. «E poi, una domanda, cosa hai sognato di tanto interessante? Sembravi in preda ad un orgasmo per tipo...» si fermò e fece finta di contare.
«Due o tre volte».
«Cosa? Che?» scossa dalle parole di lui, Lexie prese a indietreggiare finché non si trovò a barcollare e cadere fuori dal letto. «Ch-che» cominciò a balbettare cercando di aggrapparsi alla prima cosa che la potesse salvare dalla caduta certa.
«Auch!» cominciò a lamentarsi lei, senza però provare alcun dolore fisico poiché Matthew l'aveva presa in tempo per il braccio facendola cadere sopra di sé.
«Che ti prende adesso?» chiese lui.
Il sorriso dalle labbra di Matthew scomparve non appena i suoi occhi incontrarono le labbra di lei, seducenti e provocanti, che gli riportarono alla memoria diversi sogni fatti su di esse. Sì, perché l'aveva incominciata a sognare dal giorno in cui aveva cominciato a sospettare che fosse lei la ragazza rossa delle moto, la piccola Angey che l'aveva catturato con quel sorriso spontaneo e gli occhi di chi conosce il dolore e la sofferenza; lei che lo aveva rapito e fatto sognare.
Lexie fece la stessa cosa: posò lo sguardo sulle labbra di Matthew ed arrossì. Sembrava che le sue guance andassero a fuoco per quanto erano accaldate: sognarlo per tutta la notte l'aveva scombussolata a tal punto da confondere la realtà con la finzione.
«Signorina Lexie, è permesso?» La voce di Justin dall’altro lato della porta riportò alla realtà i due ragazzi, che si erano immersi nei loro pensieri osservandosi a vicenda le labbra.
«Si, entra pure» fece Lexie mentre un sorriso accattivante si dipingeva sulle sue labbra.
«Ma che diavolo…» Matthew non fece in tempo a finire la sua frase che Lexie aveva ribaltato la situazione, facendosi trovare dagli occhi di Justin sotto il corpo del suo compagno di college.
«Justin, aiutami, questo non vuole lasciarmi!» prese a lamentarsi come se fosse davvero in pericolo, come se Matthew la stesse costringendo a fare qualcosa.
Justin, trasformandosi in guardia del corpo di lei, si avvicinò immediatamente al ragazzo e con una sola mossa lo scaraventò a terra. Lexie, da brava attrice, saltò tra le braccia di lui e disse: «Grazie al cielo che sei arrivato in tempo, non sapevo che cosa fare!»
«Lexie, ma che diavolo stai dicendo? Non ti stavo facendo un bel nulla, sei forse impazzita?» si difese Matthew, sbalordito da quell’improvviso cambiamento di comportamento.
«La prego di uscire immediatamente da questa stanza» fece Justin con voce fredda e con gli occhi ridotti a due fessure, cosa che Matthew notò immediatamente e non si fece ripetere la stessa frase per due volte: si alzò in silenzio e si avviò verso la porta. «Questa la pagherai cara!» mimò guardando Lexie che gli sorrideva furba e faceva ‘ciao’ con la mano.
«State bene?» chiese Justin, una volta che Matthew era uscito dalla stanza. «Sì, benissimo» l'immediata risposta di lei lo sorprese tanto che gli fu impossibile non domandare: «Bugia eh?»
Lexie sorrise, prese la vestaglia nascosta sotto il cuscino e si avviò verso il suo bagno personale; «Solo una piccola» disse prima di entrare nel bagno e farsi una lunga doccia.

«Perché hai inventato quella stronzata?» chiese Matthew a Lexie non appena lei mise piede fuori dalla sala, bloccandole l’uscita verso l’esterno.
Lexie rimase immobile e con un sorriso cordiale sulle labbra disse: «E’ stato solo un piccolo assaggio di quello che ti potrà accadere se riprovi a baciarmi» pronunciò accuratamente tutte le parole, schiudendo le labbra con tale seduzione da farlo incantare per qualche secondo.
«Era solo per quello?» fece stupito lui, rendendosi conto solo in quel istante dell’abbigliamento che portava la ragazza: un vestito nero lungo fino le ginocchia, semplice, ma che indossato da lei, con le sue curve, sembra qualcosa di meraviglioso. Aveva anche un paio di tacchi alti del medesimo colore e dei fiori freschi nelle mani.
«Dove vai?»
«Non sono affari che ti riguardano. Ho detto a mio padre che hai dei problemi al college e che dovresti tornare oggi stesso. Il jet partirà fra tre ore, ci vediamo al college» e, dicendo ciò, con camminata regale si avviò verso l’uscita, nonostante fuori cominciasse a far freddo, lei non si preoccupò minimamente di coprirsi con una giacca.
«Lexie, aspetta…» seguì il profilo della ragazza che attraversava la porta e solo in quell’istante, per pochi secondi, spostò gli occhi sulle sue gambe nude, per nulla segnate da qualche ferita o cicatrice.
"Non è lei" fece mentalmente mentre si poggiava contro la parete e scivolava fino a terra. “Non è lei, com’è possibile? Eppure tutto portava a lei” continuava a pensare Matthew, deluso e ancora convinto che la piccola Angey fosse Lexie. "Lexie non è Angey, non sono la stessa persona" l'ennesimo pensiero che gli fece provare un vuoto all'altezza dello stomaco.
Lexie invece, con un sorriso radioso salì nella limousine dove Justin l’attendeva con la portiera aperta. «La porto da suo fratello?»
«Sì, grazie» e quella fu l’unica cosa che disse fino alla fine del viaggio, durato non più di mezz’ora.
Una volta arrivata a destinazione, Lexie scese dall’auto e mandò via Justin: desiderava restare sola.
Il cimitero, le trasmetteva sempre una brutta sensazione: la pelle d’oca era inevitabile quando passava accanto a tutte quelle tombe, quando si soffermava a leggere e si metteva a riflettere sui più giovani che se n’erano andati troppo presto. Non impiegò troppo tempo ad arrivare alla lapide che le interessava.
“Stephen Evans, (1978-2010), riposa in pace” scritto con lettere delicate sopra la lapide: una frase come un’altra, eppure ogni volta che si soffermava ad osservare quelle lettere, le sembrava che non ci fosse scritto nulla, che non era la tomba del suo amato fratello.
Dopo la sua morte, aveva trascorso a piangere diversi giorni sopra la sua lapide, aveva dormito per diverse ore sopra le panchine solo per restare vicino a lui, con la vana speranza che fosse solo un brutto scherzo, che da un momento all’altro lui sarebbe uscito da quel nascondiglio e l’avrebbe abbracciata. Non desiderava tanto, non chiedeva nulla di impossibile, eppure l’unica persona che la poteva proteggere se n’era andata e l’aveva lasciata sola, indifesa contro il mondo che lei aveva sempre reputato crudele.
Posò i fiori sopra la lapide e si inginocchiò davanti a lui, davanti al suo fratello defunto. Stephen era l’unica persona che la capiva, l’unica che la proteggeva.
“Non fare la capricciosa, lo sai che io ci sarò sempre per te” le diceva spesso per confortarla, quando il padre le assegnava compiti difficili e lei doveva assolverli. Quante volte l’aveva protetta dagli schiaffi e dai compiti? Le aveva insegnato a vivere, le aveva insegnato tutto quello che c’era da sapere per divertirsi e poi se n’era andato. Lui che era unica persona che Lexie voleva al suo fianco.
Il cielo prese ad oscurarsi e le nuvole grigie a coprire il sole, mentre una leggera brezza alzava i capelli di Lexie. Un brivido le attraversò la schiena e, leggermente in soggezione, si girò a osservare il panorama. Non c’era nessuno, eppure lei si sentiva strana, come se fosse spiata.
«Ora sono anche paranoica» sbuffò tra sé e sé. Estrasse il cellulare dalla borsetta e digitò il numero di Justin che dopo qualche minuto comparì nella sua visuale.
«Portami direttamente all’aeroporto, voglio andare a casa mia»

Era passata una settimana da quando Matthew era tornato al college per colpa di Lexie, mentre lei si era fatta vedere solo dopo quattro giorni.
Diverse volte si erano incontrati per i corridoi, ma nessuno dei due aveva proferito parola, come se non esistessero uno per l’altro. Matthew ogni tanto si soffermava a osservarla di nascosto, sperando di trovare qualche particolare che la collegasse ad Angey, che non vedeva dalla caduta.
Lexie invece cercava di ignorarlo del tutto, occupando la sua mente con tutti i compiti possibili, tanto che alcuni dei professori si erano sorpresi da quel piccolo cambiamento.
Era sabato e come ogni settimana tutti gli studenti avevano la possibilità di uscire, ma Matthew si trovava nella stanza di J.J. ad organizzare la loro serata.
«Ray e Stephen hanno deciso di passare il fine settimana a casa, quindi se ti sta bene puoi stare da me, ma dovrai accontentarti di un divano» fece J.J. riordinando un po’ la stanza.
«Andata, io porto i giochi per x-box e tu vai a prendere qualcosa al McDonald’s» fece Matthew entusiasta, contento di non dover passare il fine settimana in camera sua. La Rutherford lo aveva punito privandolo dell'uscita di quella settimana in quanto aveva saltato la lezione obbligatoria di matematica e alla quale doveva partecipare insieme a Lexie. Nessuno dei due però si era presentato a quella lezione e quindi tutti e due avevano avuto la stessa punizione.
"Chissà come se la passa lei" si domandò lui.
Uscirono insieme dalla stanza di J.J. e ognuno svolse il proprio compito.
Si stavano rintanando nella stanza quando una voce cristallina distrasse i pensieri di Matthew, che continuava a camminare affianco a J.J. senza soffermarsi troppo su quello che gli stava dicendo. «Jack?»
«Oddio, non ci credo!» esclamò immediatamente J.J., riconoscendo la ragazza e andandole incontro per abbracciarla stretta a se. «Cominciavo a perdere le speranze che tornassi. Come sono andate le ultime riprese? Stai diventando famosa?»
La ragazza arrossì lievemente, abbassando il capo e annuendo. «Quando sei tornata?»
«Proprio ora; stavo cercando Lexie per farmi dare la chiave della stanza visto che la mia non va più bene»
«Sì, ha cambiato la serratura quando ha trovato spiacevoli ospiti nel suo letto» spiegò lui ridendo e guardando male Matthew.
«Non avevo dubbi. Sai per caso dov'è?» si portò la mano fra i capelli neri e portò all’indietro la frangetta che le ricadeva sugli occhi.
«Dovrebbe essere qui da qualche parte, è in punizione e non può uscire» si intromise Matthew con un sorriso.
«Grazie, Jack, per quanto riguarda le lezioni se ancora ti interessano, io sono disposta ad aiutarti» un sorriso le si disegno in volto e non appena J.J. fece: «Ma certo, lo sai che senza di te non posso fare nulla», le si illuminarono anche gli occhi castani.
«Ora vado, ci vediamo domani alle lezioni» e dicendo ciò, scomparì dalla visuale di entrambi i ragazzi. Matthew, un po’ deluso dal fatto di non essere stato minimamente considerato da quella ragazza, riprese a seguire J.J. con i pensieri rivolti verso Angey e la sua improvvisa scomparsa.
Erano tre notti consecutive che la sera scappava dal college e l’andava a cercare vicino alle corsie per le gare clandestine, peccato che nemmeno una volta aveva incrociato il suo sguardo. Era come se fosse scomparsa, cancellata del tutto.
«Ti sei incantato? Non hai detto nulla da quando abbiamo messo piede in camera» fece J.J. osservando Matthew che si era fermato a fissare la televisione, senza però guardare davvero quello che il telegiornale stava trasmettendo.
«Eh? No, stavo solo pensando a quella ragazza, non l'avevo mai vista eppure, sembra così...»
«Famigliare» finì J.J. la frase per lui. «Amy Cambell è la sorella gemella di Alyx. Sì, la stessa Alyx che ti sei portato a letto nella stanza di Lexie» continuò lui, incominciando a ridere come un bambino. «Ricordo come se fosse ieri, Lexie era incazzata nera, si è fatta cambiare pure il letto, non solo il materasso!»
«Io non c'entro nulla! E' Alyx quella che mi ha portato nella stanza di Lexie, io ho solo, diciamo, approfondito quello che lei aveva iniziato» sorrise, scacciando dalla mente la piccola Angey.
«Alyx è fatta cosi; quello che vuole lo prende e poi pensa alle conseguenze; solo con la sorella è estremamente protettiva, anche troppo».
«E le Bunnies? Anche lei, Amy, ne fa parte?»
«Le Bunnies sono nate cinque anni fa, quando Alyx - se noti è sempre lei quella che ha delle idee per così dire, geniali - ha fondato questo gruppo. Inizialmente ne facevano parte solo lei e la sorella, ma pian piano si era allargato, tipo una quindici di ragazze facevano parte di questo gruppo. Ora non conosco il motivo o che storia si nasconde dietro» fece J.J. posandosi sopra il divano e portandosi alle labbra il panino da lui ordinato.
«Ma quando Sophie Deneuve, al secondo anno, è entrata a far parte di questo gruppo, è stata nominata il leader e successivamente, dopo neanche tre settimane, questo gruppo si è ridotto solo a loro tre. Sophie, Alyx e Amy, le tre dive diciamo» sorrise a quel ricordo lontano e prosegui: «Le gemelle erano già famose, anche per il fatto che fanno parte del mondo del cinema da quando avevano otto anni, e Sophie pure, conosciuta per la sua serietà e volontà che mette nel realizzare i suoi sogni».
«E Lexie come ci è finita in mezzo?»
«Diciamo che a lei era stato proposto il posto fin dalla fondazione, per quanto ne so io. Lei però aveva rifiutato, diceva di non volersi far notare» un sorriso tirato gli si disegnò in volto.
«Sicuro che stiamo parlando della stessa ragazza?»
«Purtroppo si, Lexie è cambiata alla fine del secondo anno» aggiunse quasi sotto voce per poi esclamare: «Credo che abbiamo parlato abbastanza amico, forza, chi perde paga pegno!»
«Preparati a soccombere allora» fu l’immediata risposta di Matthew, già pronto per vincere e chiedere più dettagli riguardanti la vita privata di Lexie.

Erano circa dieci minuti che qualcuno bussava alla porta senza mai stancarsi.
«J.J. alza quel culo e va a vedere chi è, immediatamente, mi sono rotto le palle di sentire questo rumore!» urlò Matthew, portandosi un cuscino sopra la testa e rigirandosi per la millesima volta sul divano scomodo.
«Chi cazzo è che rompe le palle a quest’ora?» sbuffò J.J., mentre si alzava piano e indossava a rallentatore la prima maglietta che gli capitò a tiro .
«Apri la porta e lo scoprirai» rispose Matthew alla domanda di lui.
Sbadigliando, J.J. si portò verso la porta e la spalancò, trovandosi davanti un’immagine che avrebbe voluto evitare: Lexie, vestita solamente da una maglia lunga che le arrivava fino le ginocchia, stava tremando e piangeva in silenzio, cercando di contenersi per non svegliare i ragazzi delle camere vicine.
«Oddio, Lexie, che cosa ti prende? Che cosa è successo?» chiese immediatamente lui, preoccupato a vederla a quell'ora della notte.
«L'ho visto, è qui» fu l’unica cosa che uscì dalle labbra di Lexie, prima di buttarsi fra le braccia del ragazzo e riprendere a piangere, sfogando tutto il suo malessere e la sua paura.
Tremava tra le braccia di J.J., piangeva disperata e diceva parole disconnesse, senza senso per Matthew che si affacciò dalla sala per guardare e capire che cosa stesse succedendo.
J.J. non parlava, sembrava solo scosso dalle parole di Lexie. Dopo diversi minuti, forse cinque o più, sembrò finalmente riprendere il controllo di sé e, assimilando la notizia, la prese in braccio e la trasportò nella sua stanza, sul suo letto.
Con delicatezza la fece sdraiare, senza mai smettere di accarezzarle i capelli. «Sistemeremo tutto, andrà tutto bene. Stai tranquilla. Non piangere e non cadere» sussurrava lui all’orecchio di Lexie.
Matthew invece rimase immobile, quasi paralizzato a osservare quella scena a lui tanto famigliare. Solo che questa volta non c’era l’alcool a cui dare la colpa e a cancellare i ricordi una volta sobri.
«Non cadere, ti prego» sentiva ripetere a J.J. mentre le stava accanto e cercava di calmarla. «Non farlo di nuovo, non cadere».
“Che cosa significa tutto questo?” si chiese Matthew, un po’ dispiaciuto per non poter aiutare in nessun modo e un po’ per non conoscere abbastanza Lexie da poter capire che cosa le stesse succedendo.
«Io l'ho visto e guardava me, guardava me e sorrideva» altre lacrime e altri singhiozzi presero il sopravvento su di lei, sul suo animo ormai distrutto. «E' tornato» aggiunse, stringendo J.J. tra le braccia e nascondendo la testa sul petto del ragazzo, bagnandogli la maglietta.
«Sono qui e ti giuro che non ti accadrà nulla» fece lui convinto, stringendola a sua volta e alleviando almeno un po’ di quel dolore che la sua migliore amica provava in quel momento.
«E' tornato per me...» di nuovo stessa frase, di nuovo altre lacrime che prendevano il sopravento e scendevano dagli occhi. Aveva paura e stava tremando come una bambina.
Non era Lexie che Matthew aveva visto quella stessa mattina. Non era la stessa ragazza: quella che lui conosceva era forte, determinata e non piangeva neanche con la cruda verità sputata in faccia; quella che gli era davanti era una bambina spaventata a morte da qualcosa, da un incubo, un mostro del passato. «Chi è tornato?» chiese a voce bassa, preoccupato per lo stato in cui si trovava lei. Non l'aveva mai vista ridotta così, neanche quando si era ubriacata e si era aperta con lui. Aveva pianto quella sera, si era sfogata e confessato le sue paure, ma ora, vederla in quello stato lo rendeva irrequieto, spaventato che le fosse accaduto qualcosa di grave.
«Il suo incubo peggiore, quello che l'ha portata a diventare colei che è oggi» fu la risposta che diede J.J. alla domanda di Matthew.

Angolo della piccola Autrice 

Sono di nuovo in ritardo U.U ma questa volta ho una scusa più che valida U.U Sto lavorando e non ho più tempo per nulla.. neanche per me xD
Cmq sia, sorpassando questa piccola parentesi..  Che mi dite di questo nuovo capitolo?
Perché Lexie stava piangendo cosi disperatamente? Voi lo avete capito? Diciamo che dopo questo capitolo si entra davvero in scena.. xD 

E come sempre.. ringrazio tutti voi.. tuttttttiiii.. anche i lettori silenziosi che giorno dopo giorno aumentano sempre di più :)
Spero di ricevere le vostre notizie con qualche recensione U.U


Un bacione
Krystal

   
 
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