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Autore: 7Morgana7    09/12/2013    4 recensioni
Una clinica in cui i sogni divengono realtà può non essere meravigliosa quanto sembra.
Studiare dall'interno il subconscio di una persona può sembrare un metodo poco ortodosso, ma è certamente efficace.
Ci sono solo alcune regole che bisogna imparare a memoria. Mai abbassare la guardia nel sogno di un bambino, mai registrare un sogno all'insaputa del paziente, MAI rivisitare il proprio sogno o si rischia di preferirlo alla realtà.
Paul è uno studente Londinese con un particolare rapporto con il suo professore e questa non è una storia d'amore, ne un trattato scientifico. Soltanto un sogno.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: George Harrison, John Lennon, Paul McCartney, Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Dedicato alla mia amica Cherry
che mi ha dato il coraggio
per ricominciare a pubblicare.


 

1

Era drammaticamente arrivato quel momento della settimana in cui Paul non solo avrebbe dovuto pensare al passato, quello lo faceva sempre, ma si sarebbe dovuto sforzare di ricordare i dettagli e meditarci su.
Il Dottor Epstein lo accolse nello studio salutandolo in modo studiatamente cordiale che stonava con l’aria confidenziale che assumeva nel chiamarlo per nome. Lo fece accomodare.
-Dunque, Paul, dove siamo arrivati, l’ultima volta?- Un tono di voce calmo e un sorriso incoraggiante.
Dove erano arrivati? Era fin troppo difficile fissare dei punti di riferimento nel suo raccontare. Si era ripetuto all’infinito che tutto era accaduto troppo velocemente, ma di recente si era reso conto che non era così, tutto il contrario, in realtà.
Il susseguirsi dei fatti era avvenuto in modo così lento e doloroso che in quella strana corsa non erano riusciti ad arrivare a nessun tipo di traguardo prima dell’inesorabile fine del tempo disponibile per la gara.
Il loro rapporto era stato fondato su un’arrancare, un rimandare a un imprecisato momento di un futuro così lontano da sembrare impossibile.
“cosa ne sarebbe stato di loro?” era spaventoso e divertente provare a pensarci, ovviamente non se ne poteva parlare.
La leggera ma essenziale modifica che era stato necessario apportare a quella frase procurava al ragazzo un conato di vomito,
“cosa ne era stato di loro?”
-Se vuoi ricominciamo dall’inizio … - Riprovò il dottore.
Paul scosse la testa e allontanò un po’ dalla scrivania la sedia vuota accanto a lui. Doveva esserci sempre un posto vuoto accanto a lui. Questa semiconscia azione diede a Brian Epstein un nuovo spunto.
- Perché l’hai fatto?-
- Cosa …?-
- La sedia … - L’uomo la indicò con un cenno.
-Perché sono un atomo di idrogeno.-
Nel rispondere portò automaticamente una mano a proteggere la tasca dello zaino in cui aveva riposto le cuffie, preziose cuffie.
Il dottore si premette il pollice e l’indice sul ponte del naso e sospirò. Prima di parlare spostò le mani aperte sulla scrivania, nell’atto di prendere un respiro profondo.
- Paul … ascoltami ragazzo mio … - Si impegnò in quell’appellativo affettuoso mentre cercava di sopprimere quel groviglio di nervosismo e rassegnazione, chiamando a se ogni residuo della sua pazienza.
- Io sono qui per aiutarti … tuo padre mi paga per aiutarti … Potresti per favore smetterla di parlarmi ad enigmi?-
Paul taceva e lo guardava fisso. Leggeva l’esasperazione nei suoi occhi e provava pena per il suo dottore: doveva essere davvero tedioso avere a che fare con lui.
Mentre il dottor Epstein proseguiva imperterrito il suo monologo, con nello sguardo la pesante consapevolezza di non essere ascoltato, il ragazzo stava ripercorrendo nella sua testa tutto ciò che secondo il suo interlocutore avrebbe dovuto dire ad alta voce.
Nella speranza e nel timore di potersi in questo modo liberare di quei ricordi, aprì finalmente la bocca e lasciò che le immagini si convertissero in parole.
-Mio padre mi ha ripetuto per un mese, mi ha chiesto ogni giorno come fosse dannatamente possibile che su cinquanta e oltre alunni del professor Lennon io sia l’unico in questa condizione. Secondo lei è normale che non capisca?- 
-Io non sono qui per dare opinioni e non conosco a fondo tuo padre, ma se dovessi magari … Indovinare cosa possa pensare in proposito … magari lui crede, come verrebbe da pensare anche a me in fondo, che potrebbe trattarsi del tuo precedente rapporto con la morte … -
-Io- calmò la voce - non sono qui per parlare di mia madre- gli fece il coro - e gradirei che restasse fuori dalla conversazione-
L’uomo annuì impercettibilmente.
-Allora facciamo così- Brian si appoggiò allo schienale della sedia, accavallando le gambe.
-Cosa pensi che tuo padre non capisca? In cosa non ti senti compreso?- 
-Lui non c’era. Non c’era a scuola, in auto, i pomeriggi a casa o nel parco, lui non c’era, mio padre non c’è mai  stato. Ma anche se ci fosse stato, lui non avrebbe capito. Non solo perché, grazie a Dio, non può vedere nella mia testa, ma perché lui è quel tipo di persona che non c’è nemmeno quando è presente. -
- … Capisco-
-Sul serio?-
-É il mio lavoro-
Ci fu un momento di silenzio, un unico, piccolo istante in cui Paul si sentì compreso.
Stava abbassando la guardia?
- Cos’era … Cos’era lui per te?-
-Mio padre?-
- John Lennon- lo corresse il dottore.
-Era il mio professore.- Si raddrizzò sulla sedia, familiarità e confidenza si erano dissolte prima che potesse rendersene conto, ed era a disagio, di nuovo. Stava fottutamente temporeggiando, voleva davvero stare bene, voleva che quelle cazzo di sedute facessero effetto, ma ogni volta che entrava in quello studio non vedeva l’ora di poter uscire, che tutto quell’essere costretto a esporsi finisse.
-Sì, Paul, tuo e di altri 60 studenti, ma tu sei l’unico a presentarsi qui settimanalmente. Sai cosa voglio dire con questo, vero?-
-Sì- 
- Cos’era John Lennon per te?-
Sembrava davvero che ripetere le domande fosse la sua arma migliore.
-Io lo amavo-
Cosa cazzo…? Riprendere al volo quelle parole e costringersi a ingoiarle sarebbe stata l’esatta mossa da fare. Sì, se fosse stato possibile.
Paul sembrava decisamente più sorpreso e sbigottito dalle proprie parole di quanto non lo fosse il suo interlocutore che, calmo e silenzioso giunse le mani, se le premette contro le labbra e ripeté -Capisco.-
Paul attese un rimprovero, una correzione.
- Suppongo sia molto umano che tenessi a lui in questo modo-
Un altro lampo di comprensione trafisse Paul in modo quasi piacevole.
Se era in questo che consisteva il lavoro di Brian Epstein, bisognava ammettere che ci sapeva fare.
-Come sta andando la scuola, Paul?-
Non serviva mentire, questo tipo di dottore ama fare domande di cui già conosce la risposta, Paul lo sapeva.
-Non lo so. Sto pensando di trovarmi un lavoro, sa, non anneghiamo nell’oro-
-Sono d’accordo con questo.- L’uomo annuì, solenne.
Di nuovo, qualcosa che il ragazzo non si aspettava.
-Sembra molto nobile come decisione … - Oh, ecco che arriva il “ma”… 
-Ma- Eccolo! - Non credo troveresti un lavoro a tempo pieno alla tua età… Potresti proseguire gli studi in parallelo.- 
L’altro sbuffò, poco convinto -Certo…-
Che si aspettava? Nessuno lo avrebbe capito. 

  
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