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Autore: TheHeartIsALonelyHunter    09/12/2013    5 recensioni
Scorpius Malfoy le teneva ferma la testa con fare maligno, quasi crudele, mentre con l’altra mano percuoteva il corpo minuto e indifeso.
Un gemito.
Il corpo della ragazza sotto di lui si contorceva affannosamente, come alla ricerca di una via di scampo, un qualsiasi modo per uscire da quella situazione, qualsiasi modo per poter scappare.
Due gemiti.
Non le era mai piaciuto essere domata, Scorpius lo ricordava bene.
Anche quando era piccola e lui non era altro che un impudente ragazzino (o meglio, così lo chiamava lei), come quanto lui tentava di avvicinarsi per accarezzare il suo pelo ritto di gatta selvatica e lui lo osservava bieca con ferocia.
[Sesta classificata e vincitrice del Premio Categoria nel contest "Ossessioni e vetri infranti-II edizione" indetto da Mary Black sul forum di EFP]
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nuova generazione
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Nickname sul forum: TheHeartIsALonelyHunter
Nickname su EFP: TheHeartIsALonelyHunter
Titolo della storia: There's no salvation (for me and you)
Pacchetto scelto/coppia: Pacchetto 1, Coppia Lily LunaxScorpius
Rating: Arancione
Contesto: Nuova Generazione
Genere: Introspettivo, Drammatico, Dark
Note/avvertimenti:  Violenza, Tematiche delicate, contenuti forti
Introduzione: (non lunghissima, non sciupatemi la storia: giusto qualcosa per 
stuzzicarmi!): Scorpius Malfoy le teneva ferma la testa con fare maligno, quasi crudele, mentre con l’altra mano percuoteva il corpo minuto e indifeso.
Un gemito.
Il corpo della ragazza sotto di lui si contorceva affannosamente, come alla ricerca di una via di scampo, un qualsiasi modo per uscire da quella situazione, qualsiasi modo per poter scappare.
Due gemiti.
Non le era mai piaciuto essere domata, Scorpius lo ricordava bene.
Anche quando era piccola e lui non era altro che un impudente ragazzino (o meglio, così lo chiamava lei), come quanto lui tentava di avvicinarsi per 
accarezzare il suo pelo ritto di gatta selvatica e lei lo osservava bieca con ferocia.

 

Scorpius Malfoy le teneva ferma la testa con fare maligno, quasi crudele, mentre con l’altra mano percuoteva il corpo minuto e indifeso.
Un gemito.
Il corpo della ragazza sotto di lui si contorceva affannosamente, come alla ricerca di una via di scampo, un qualsiasi modo per uscire da quella situazione, qualsiasi modo per poter scappare.
Due gemiti.
Non le era mai piaciuto essere domata, Scorpius lo ricordava bene.
Anche quando era piccola e lui non era altro che un impudente ragazzino (o meglio, così lo chiamava lei), come quanto lui tentava di avvicinarsi per accarezzare il suo pelo ritto di gatta selvatica e lui lo osservava bieca con ferocia.
Tre gemiti.
Aveva aspettato a lungo, troppo a lungo, cullandosi nell’illusione che presto avrebbe trovato la forza di reagire, di rispondere con la ferocia e il trasporto con cui lei agiva. L’illusione che un giorno sarebbe riuscito a renderle pan per focaccia, quando mai ci era riuscito in dieci anni di matrimonio.
Quattro gemiti.
Non che Scorpius Malfoy fosse un tale pazzo da pensare di poter, un giorno, picchiare Lily Luna.
Era una persona molto razionale, che non si era mai perso in congetture romantiche o smancerie simili.
Il suo mondo era sostenuto da solide colonne, il suo palazzo aveva solide mura che lo difendevano dall’attacco esterno.
Cinque gemiti.
Eppure per lei era completamente impazzito.
Non poteva negarlo, non poteva ammetterlo, né a sé stesso né a qualunque altro essere vivente che ci fosse sulla faccia della Terra.
Ma per quella ragazza dai capelli rossi, rossi come il fuoco che le bruciava dentro, per quella gatta selvatica, Scorpius Hyperion Malfoy era andato letteralmente fuori di testa.
Lily gli puntò la bacchetta (spuntata fuori da chissà quale piega degli short neri) al collo, lo sguardo che lo trapassava crudelmente.
Scorpius non tolse le mani dal suo petto ormai ricoperto di lividi, mentre la ragazza continuava a fissarlo e lui si perdeva in quella contemplazione, rimirava quelle iridi scure, annegava dolcemente nel mare che era quella passione, quell’amore che sentiva ribollire dentro di sé per lei e per tutto ciò che era lei. Annegava sapendo di non aver speranza di salvarsi. Eppure non era così spiacevole sentirsi senza fiato.
“Lo sai che potrei ucciderti, vero?” bisbigliò la ragazza, tagliente, fredda e sicura.
Perché questo lei era sempre stata.
Tagliente, fredda, sicura.
Non c’era stata azione che non avesse compiuto, nella sua dissoluta e grave vita, senza una premeditazione, non c’era stato sguardo che gli avesse lanciato che non fosse stato di semplice e crudele indifferenza, non c’era parola che avesse pronunciato verso di lui che non lo trafiggesse come la lama di un coltello, che non lo rendesse sempre più debole a quelle ingiurie e ai mille insulti che lei gli rivolgeva senza pietà, che non minasse sempre più la sua salute mentale.
Scorpius chiuse gli occhi, tentando di ignorare quello sguardo tanto amato e tanto odiato.
Lo sguardo che aveva popolato di incubi le sue notti e che l’aveva indebolito lentamente fino a  distruggerlo. Lo sguardo che l’aveva trasformato in un mostro, il mostro che era arrivata a comportarsi come lei, con la forza bruta, con la violenza e con la triste consapevolezza che lei era riuscita nel suo malefico intento: l’aveva massacrato lentamente, l’aveva lasciato sobbollire nel dolore, nella paura di cadere, da un momento all’altro, e l’aveva trasformato in un bieco e violento uomo, l’aveva modellato a suo piacere, come un ragno che tesse la sua tela e lì attrae le sue vittime innocenti.
E cos’era lui, dunque, se non la vittima innocente di una crudele strega, cos’era se non l’insetto che era caduto in trappola, il topo che era stato mangiato dal gatto dopo giorni di paziente e sapiente progettazione?
Perché Scorpius lo sapeva, e lo sapeva anche Lily che ora gli puntava, crudele, la bacchetta alla gola con un sorriso deliziato che gli fece orrore, che quella macchinazione era iniziata sin dal primo giorno in cui la gatta l’aveva visto, rintanato solo soletto nella sua tana, alla disperata ricerca di un modo per scampare da una trappola mortale che, non appena avesse messo il musetto fuori dalla tana, era pronta a scattare.
E Scorpius non sapeva che, mentre tentava cautamente di allontanarsi da un’altra delle tante insidie che la sua vita presentava, stava giusto per cadere dritto dritto in un’altra delle tante tagliole.
 
“Malfoy, torna qui!” urlò James Sirius Potter agitando la bacchetta crudelmente.
Scorpius corse lungo la strada quasi zoppicando, sfiancato dal dolore alle gambe e alla testa.
Il sapore metallico di sangue in bocca gli causava nausea, ma il ragazzo non poteva frenare la fuoriuscita del liquido dal labbro destro che era completamente spaccato.
“Facciamola finita, lurido traditore!” gridò a ruota del fratello Albus Severus.
Anche lui agitò la bacchetta gridando, con tutta la forza che aveva nei polmoni, “CRUCIO!” e di nuovo Scorpius si piegò in due dal dolore, mentre il suo urlo di agonia faceva sogghignare i due torturatori.
James lo colpì con la scarpa alla schiena, e il biondo cadde carponi sul terreno, mentre boccheggiava tentando di riprendere aria. Il dolore al petto si intensificò quando Albus urlò, per la seconda volta “CRUCIO!”.
Stavolta Scorpius non resistette e cadde definitivamente sul terreno verde, urlando ancora più forte delle volte precedenti e richiudendo le mani intorno all’erba per tentare di calmare l’orrido dolore.
Il suo cuore batteva ad un ritmo forsennato, e il rumore che produceva gli arrivava alle tempie.
La sua mente si oscurò, i suoi occhi si riempirono di quiete e trasparenti lacrime.
Insieme al rosso vermiglio del  sangue, ora sul suo viso scorreva il bianco candido di una lacrima silenziosa, di un momento rubato, di un istante perduto. Di una vita che sempre più velocemente scivolava via.
Scorpius Hyperion Malfoy stava morendo.
Albus lo prese per il colletto senza riguardo, con una brutalità tale che al biondo servì qualche istante per riprendere fiato. E dire che quel ragazzo che ora lo stava torturando crudelmente era il figlio del grande Harry Potter.
Albus rivolse un sorriso compiaciuto al fratello, annuendo silenziosamente come a voler ufficializzare un tacito accordo.
“È ora”, dicevano quegli occhi velenosi, gli occhi che ora lo uccidevano prima della Maledizione che stava per pronunciare il fratello.
Perché Scorpius lo sapeva, da quando li aveva incontrati sapeva che sarebbe andata a finire così.
Il suo corpo steso sul verde prato davanti Hogwarts.
Il suo sangue che colorava cupamente il terreno scuro.
Le sue dita strette come in una preghiera, una richiesta d’aiuto, una qualche, flebile speranza.
E James e Albus che sorridevano soddisfatti, osservando quel cadavere senza più vita.
I loro visi finalmente felici, i loro cuori finalmente sazi.
“Una faida tra famiglie”, avevano definito loro quella loro rivalità nei suoi confronti, “un modo per vendicare nostro padre” continuavano.
Ma Scorpius non trovava altra parola per quella situazione se non “odio”.
L’odio che ora infervorava il viso di James mentre gli puntava la bacchetta al collo, mentre ora apriva la bocca con aria trionfa, e l’odio che lo avrebbe ucciso.
Possibile che nessuno li avesse già beccati? Possibile che nessuno si fosse accorto dei segni sulla sua pelle, del dolore dei suoi occhi, delle mille ferite che costellavano il suo corpo e che, ogni volta, si richiudevano più difficilmente?
Probabilmente nessuno aveva pensato a quei due.
E come avrebbero potuto, in fondo? Scorpius non era certo visto come un debole, Albus e James non erano di sicuri i classici bulletti.
Eppure, da qualche parte, in una remota parte del proprio cuore, Albus e James erano due bulletti e Scorpius un debole.
Un debole che ora stava per soccombere.
“Avada Ked…”
Il ragazzo non terminò la frase: prima che potesse pronunciare quelle ultime e risolutive quattro lettere, James Sirius Potter cadde al posto suo sul terreno, il viso contratto in un’espressione di stupore, i suoi occhi spalancati.
Era stato Schiantato da qualcuno.
Scorpius non ebbe tempo di voltarsi per guardare in viso il suo salvatore: Albus lo aveva già tramortito con un colpo ben assestato.
 
Perché tu? chiedeva il suo cuore.
Perché noi? domandava implorante.
Cosa aveva fatto per meritarsi quella salvezza quando, in realtà, lo sapevano entrambi, non c’era salvezza per uno come lui?
La morte da cui lei l’aveva salvato non era altro che il preludio, il preludio di un Inferno di ossessione e passione bruciante, il preludio del dolore che, per tutta la vita, Scorpius avrebbe provato.
Perché io? chiedevano i suoi occhi, appannati di umide lacrime come quel giorno di tanti anni prima in cui Lily Luna non l’aveva salvato dalla morte: l’aveva semplicemente ritardata.
 
Quando si era svegliato, nell’Infermeria di Hogwarts, la prima cosa che aveva percepito era stato il dolore al labbro e la testa che ancora doleva orrendamente.
La sua vista era appannata e il suo sguardo vagava per la stanza senza davvero vedere qualcosa.
La prima cosa che percepì fu la mano che stringeva la sua, il contatto piacevole di una calda presenza, di qualcuno che finalmente non gli si rivolgeva con parole colme di veleno o di disprezzo, di qualcuno che non lo guardava dall’alto in basso, di qualcuno che non lo giudicava per il cognome.
Il viso incorniciato da capelli rossi gli sorrise affabile, con una tale gentilezza e un tale affetto che Scorpius non poté trattenersi dal sorridere anche lui, beato in quella visione, in quel sorriso candido e tanto dolce da parere quasi quello di un angelo.
“Stai tranquillo…” gli sussurrò la ragazza, passandogli una mano sulla fronte con fare confortante.
“Nessuno ti farà più del male”. Dopo quelle parole, dopo quella visione, Scorpius Malfoy non poté più fare a meno di Lily Luna Potter.
 
Lei l’aveva salvato, lei gli aveva risparmiato la vita solo per poi renderla tanto orrida che più e più volte Scorpius aveva sperato fosse semplicemente un orrido incubo, uno dei tanti che popolavano la sua mente.
Lei gli aveva dato un po’ di pace, l’aveva protetto con la sua presenza angelica solo per morderlo nell’intimo, solo per azzannarlo nel segreto, solo per trafiggerlo al cuore senza pietà quando il mondo non li osservava.
Lei l’aveva reso finalmente sereno, aveva allontanato tutti quelli che gli volevano del male, aveva stretto la sua mano nei momenti di difficoltà solo per poi ritrarre quella mano e allontanarsi sempre di più, rendendolo folle di gelosia e passione.
Lily lo osservava ancora più crudele, la gattina era pronta a graffiare senza pietà.
E Scorpius aveva solo tante domande nel cuore, solo tanto buio, solo tanto dolore.
Scorpius non era mai stato innamorato di lei.
 
Scorpius era sempre più convinto che quella ragazza fosse un angelo, il SUO angelo venuto a salvarlo, il suo piccolo paradiso, l’unica che potesse renderlo felice, con la sua unica presenza, con quel viso tempestato di fastidiose lentiggini e i suoi morbidi capelli rossi.
Il suo cuore vagava con devozione verso quella che gli sembrava quasi una dea, il suo amore diventava lentamente venerazione, e lui pareva non accorgersi di stare idolatrando un’immagine e non una persona.
Quello che Lily rappresentava non era quello che era, ma al tempo Scorpius era solo un ragazzino ingenuo che la vita non aveva ancora temprato, non abbastanza, almeno.
Aveva vissuto dolori che nessuno della sua età non aveva mai provato, aveva sentito la morte incombere su di lui, aveva udito un “Avada Kedavra” detto a mezza voce e mai terminato, ma non era, evidentemente, abbastanza esperto per capire che nella vita non si smette mai di soffrire.
E quella temporanea gioia non era che un doloroso inizio, un modo per renderlo ancora più infelice in seguito.
Perché avrebbe rimpianto per tutta la vita quella felicità passeggera e effimera.
 
Ma come? pareva chiedere lei con evidente ironia.
Eppure un tempo gli era corso dietro come un cagnolino corre dietro a una palla, con l’istintività tipica di un’azione abitudinaria.
Lo so, lo so, rispondeva il suo cervello nervosamente, sapeva di essere stato tanto sciocco da credere che amare fosse semplicemente provare qualcosa di forte verso una persona, vedere del buono nel suo cuore, aggrapparsi a lei con la speranza di poter avere un po’ di felicità.
Perché era per questo che Scorpius l’aveva sposata: per cos’altro, altrimenti? Sperava nella felicità, lui, sperava che Lily fosse quella giusta per dargliela, per renderlo finalmente e definitivamente un uomo contento della sua vita.
Perché non era felicità quella che provava tutti i giorni nel cuore prima di incontrare lei, non era altro che semplice indifferenza: indifferenza per un mondo che lo rifiutava, indifferenza per delle persone che lo trattavano male, indifferenza per tutto ciò che lo circondava. Si rifugiava dietro uno spesso e alto muro di ghiaccio per non fare entrare il mondo, perché il mondo non era mai stato misericordioso con lui e non gli aveva mai concesso pietà. Nessuno aveva mai potuto superare quel muro, neppure suo padre, che lo squadrava freddamente e che non aveva mai davvero provato ad amarlo, come non aveva mai provato ad amare Asteria.
Forse era proprio da Draco che aveva preso, chi poteva saperlo…
Non era null’altro, il suo mondo era solo calcolo, gestione, decisioni, e il tentativo costante di non attirare i guai, sebbene i guai venissero spontaneamente da lui.
Dopo il suo arrivo, Scorpius era stato felice. O meglio, si era illuso di essere felice: l’affetto di Lily non bastava a farlo star meglio, il suo dolce e amorevole sostegno non poteva soddisfarlo totalmente.
E quell’Avada Kedavra da cui l’aveva salvato, Scorpius lo vedeva, era sulle sue labbra in quel momento, pronto ad uscire, pronto a porre fine a una vita che era stata solo un vetro rotto, incrinato, un vetro troppo separato dal resto dello specchio, un vetro lontano dalla sua naturale sistemazione.
 
La ragazza gli stringeva la mano dolcemente, con un sorriso così candido dipinto sul viso che Scorpius avrebbe voluto quasi stringerla a sé ancora più stretta, baciarla come mai l’aveva baciata, passare le sue mani tra i capelli rossi e inebriarsi del suo dolce profumo.
Ma più e più volte, quando si era avvicinato anche solo di qualche centimetro, Lily gli aveva posato la mano sulla bocca con fare delicato e gli aveva chiesto, il tono lievemente insicuro e allo stesso tempo deciso:
“Aspettiamo, tesoro…”
E lui ogni volta aspettava, sorridendo ogni volta di meno e pensando tra sé e sé che prima o poi quella ragazza l’avrebbe fatto impazzire.
E ogni volta il pensiero tornava sempre meno sarcastico.
 
Perché, Lily? chiedevano i suoi occhi.
Perché tutto quell’odio verso di lui, prima da parte dei suoi fratelli, ora da parte sua?
Perché lo odiavano tanto, perché rispolveravano avvenimenti che appartenevano a un passato tanto lontano quanto ancora vivo nei cuori dei giovani Potter?
Perché, quando lui stesso non voleva, non POTEVA nemmeno immaginare di fare del male a quei ragazzi?
O a lei?
Perché, quando lui non avrebbe mai neppure voluto ricominciare quella guerra, aveva dovuto lei stessa, quella gatta selvatica dal viso d’angelo, spingerlo a combattere?
Perché, se lei gli aveva fatto tanto di quel male che lui era ancora intento a leccarsi le ferite, Scorpius non era riuscito, in nessun modo, a farla andare via?
 
Lo spettacolo che si aspettava di trovare nella camera da letto era completamente diverso, ma d’altronde Scorpius era talmente emozionato in quel momento che mai, MAI avrebbe creduto che ciò che più temeva sarebbe successo.
La ragazza lo aspettava in vestaglia da notte, una vestaglia rosa che le arrivava fino alle caviglie e scopriva i piedini minuti simili a quelli di una ballerina.
Lui si era avvicinato tremante come un pulcino bagnato, ma serrando i pugni con uno scatto di virile determinazione: aveva aspettato a lungo quel momento, e ora, finalmente, lei poteva essere sua.
Quando era stato a pochi centimetri da lei, la mano già pronta a togliere quella vestaglia, il cuore che batteva impazzito nel petto, la ragazza gli aveva posato una mano sul petto, e l’aveva fermato.
Poi aveva sorriso dolcemente, uno dei suoi tanti sorrisi angelici, uno dei tanti a cui Scorpius non poteva resistere. Il ragazzo si era avvicinato con decisione e subito dopo, un dolore orrido l’aveva piegato in due.
Lily sorrise di quel sorriso che poi Scorpius avrebbe imparato a vedere ogni giorno, aveva fissato il suo viso sofferente con una tale soddisfazione e un tale divertimento che il ragazzo si era spaventato.
Quel viso angelico divenne improvvisamente un viso demoniaco, le mani che tante volte l’avevano confortato le mani della sua carnefice.
Da quel momento, Scorpius Malfoy avrebbe desiderato di non vedere mai, mai quel sorriso comparire sul viso di Lily.
“Crucio” sussurrò lei, con un tono così freddo e atono che Scorpius credette o volette credete che quella non fosse Lily, no, non poteva essere la SUA Lily.
Ma non c’era stato tempo di riflettere: la casa si era riempita delle sue urla disumane e delle risate sadiche di sua moglie.
 
Quello erano e sarebbero stati loro per sempre: ossessioni e vetri infranti.
Illusioni di poter essere fatti l’uno per l’altro, quando in realtà l’incompatibilità trapelava da ogni azione, ogni sguardo, ogni battito più veloce.
Illusioni di appartenersi come un vetro appartiene alla specchiera, illusioni di essere finalmente uniti, di aver ritrovato finalmente il frammento che li avrebbe completati per sempre.
Illusioni di poter andare avanti, di poter continuare con quella farsa che era il loro amore e il loro matrimonio.
O meglio, quella era illusione sua, perché aveva creduto di amare quella creatura perversa e dannatamente malvagia.
Illusione di Lily, perché aveva creduto, con i dolori che gli aveva causato, di poter continuare una faida che era ormai terminata da tempo e di poter così provare un qualche piacere, un qualche soddisfacimento al suo desiderio di libertà.
Era sempre stata costretta in un ruolo che non le era mai piaciuto, Lily, e per tutta la vita, con tutte le sue azioni scellerate e deliberatamente rivolte a lui, aveva tentato di scrollarselo di dosso: lei non era una brava ragazza, non lo era mai stata. Era una gatta, crudele e spietata, una macchina per uccidere che non era mai stata collaudata e che aveva trovato la sua preda perfetta quando, tanto tempo prima, aveva condannato i suoi fratelli all’ergastolo ad Azkaban.
E Scorpius che aveva creduto che l’avesse fatto per lui… No, Lily non era così buona da volere il bene degli altri: era il suo, di bene, che le interessava. E quando l’aveva salvato aveva semplicemente iniziato un processo che li aveva portati a quel punto: lui era totalmente sottomesso a lei e lei, forte anche di quel legame che li aveva uniti (Scorpius avrebbe potuto ora definirlo un vero e proprio “patto con il diavolo”), aveva approfittato della sua debolezza per far del ragazzo tutto ciò che voleva: torture, ferite… Tutto nel tentativo di sentirsi, finalmente, libera da quella sensazione opprimente di prigionia, prigionia nella gabbia che era la sua smania di vedere le persone soffrire.
Se suo padre o qualcun altro avesse intuito, se qualcuno avesse capito quale legame si fosse formato tra i due, Scorpius non lo sapeva: certo era che, più di una volta, nelle giornate sofferenti che seguivano alle violente notti, Draco era venuto a trovarlo, tutte le volte sempre più angosciato mentre osservava suo figlio appassire dentro lentamente, e senza poter fare altro che rivolgergli poche e concitate parole mentre lui fissava il vuoto davanti a sé e rispondeva meccanicamente.
Scorpius provava a difendersi, oh, certo che sì.
Ma la verità era che non riusciva a colpirla, e mai ci sarebbe riuscito: quella donna un tempo lo aveva abbracciato con affetto e l’aveva fatto sorridere quando il mondo, intorno, diventava scuro.
Ora era lei l’artefice di quel buio, ora era lei la carnefice e non i suoi fratelli.
E la cosa peggiore era che lui l’aveva anche sposata.
Che stupido ingenuo a credere alle tante parole che gli aveva rivolto, tutte atte a irretirlo sempre di più e a impedirgli di rispondere come avrebbe voluto: era inerme davanti a lei, non poteva fare nulla.
Perché Scorpius era ancora innamorato.
Era innamorato di quella ragazzina innocente che era stata.
 
“Crucio…” la donna lo colpì per l’ennesima volta, e Scorpius si contorse sul pavimento mordendosi le labbra per non urlare di dolore: non le avrebbe dato quella soddisfazione, non le avrebbe mai permesso di vederlo soffrire più di quanto già soffrisse.
Questa volta l’incantesimo fu però così potente che le sue labbra sanguinarono per lo sforzo di trattenere quell’urlo prepotente.
Lily si avvicinò a lui e si chinò sul suo viso ormai segnato dalle tante ferite di quelle ultimi notti infernali.
Il viso della giovane non lasciava trapelare espressione, il suo sorriso non esprimeva nulla se non una leggera indifferenza, una sorta di tacita disapprovazione.
Scorpius approfittò di quella pausa per tentare di immettere aria nei polmoni, ma a ogni movimento del petto si sentiva bruciare dentro, come se avesse avuto una palla di fuoco al posto della cassa toracica.
Lily gli prese il viso senza ritegno, con una tale violenza che il ragazzo chiuse gli occhi per un istante.
“Perché non mi dà soddisfazione?” sentì sussurrare la ragazza, che lo osservava truce.
Possibile che non capisse?
Possibile che fosse così insensibile?
Possibile che non si rendesse conto di quanto inutile e stupida fosse quella situazione?
Lui rimase zitto, ma i suoi occhi rimasero a fissarla aperti e lucidi di lacrime.
Poi lei si era rialzata e aveva urlato, con potenza:
“CRUCIO!!”
Stavolta non era riuscito a trattenere l’urlo. Ma Lily non aveva sorriso.
 
Illusa.
Credere che quel dolore che gli faceva provare sarebbe bastato a renderla, finalmente, soddisfatta e a farle passare la brama che si sentiva in petto di uccidere.
Ma tutto ciò che aveva fatto era servito solo a renderla maggiore, e a trasformarla nel mostro che ora era: un mostro assetato di sangue dalla mente contorta e dannatamente desiderosa di pronunciare, finalmente, quell’Incantesimo che sarebbe stato definitivo e duraturo.
Quell’Avada Kedavra che tanto agognava…
Era da quando era una bambina che aveva sempre sentito quella parte violenta nell’anima, ma era riuscita a tenerla a bada.
Solo nell’età adolescenziale aveva iniziato a sentirla spingere con prepotenza per poter uscire, per poter parlare e agire, e solo allora si era accorta che nulla, nulla poteva fermarla.
E sebbene inizialmente ne era stata terrorizzata, successivamente non era più riuscita a farne a meno: lei si nutriva della sua rabbia e della sua frustrazione e la trasformava in furia omicida, in desiderio assassino, in passione così bruciante che rasentava la pazzia.
Era pazza, lo sapeva, ma cosa poteva importare? Aveva sperato fino all’ultimo che il riversare quella furia su un’altra persona l’avrebbe potuta aiutare, l’avrebbe potuta liberare di quella presenza oscura che coabitava nel suo cuore.
Aveva sperato che Scorpius…
Aveva creduto che sarebbero bastate due o tre notti, qualche Maledizione senza Perdono e poi tutto sarebbe finito.
Ma non era mai finita.
E non sarebbe mai finita, ora Lily lo sapeva. Finchè la sua vittima non fosse morta sotto il suo stesso Incantesimo.
 
“Solitamente è il contrario…” sussurrò Scorpius, il viso a terra e il sangue che colava lentamente sul pavimento freddo.
Lily lo osservava senza pronunziare verbo, fredda e distaccata come non mai.
“Solitamente è il marito che picchia la moglie…” si ritrovò a dire, un sorriso sardonico sul viso. Che situazione buffa, che era, la loro.
La ragazza però non parve trovarci nulla di divertente.
“Picchiami, allora” disse a mezza voce, un tono così sicuro che per un istante Scorpius ne fu terrorizzato. Ma ancora più terrorizzato quando si rese conto che diceva sul serio.
Il ragazzo alzò lievemente la testa dal pavimento, ignorando una fitta alla tempia che gli fece serrare gli occhi.
Lily era in piedi davanti a lui, la bacchetta stretta in pugno e pronta a colpire ancora, il viso contratto in una smorfia di delusione, gli occhi distanti, da lui e da tutto il mondo.
Pareva non curarsi della sua sofferenza, pareva non capire quel dolore che da tempo lo opprimeva.
Un mostro, ecco cos’era lei.
Un mostro che aveva amato.
“Sai che non potrei mai farlo…” rispose lui, le lacrime che, lentamente, salivano agli occhi.
Lei non disse nulla. Che cosa importava, in fondo, a lei? Cosa le importava di quanto male stava causando, a sé stessa e a lui? E dire che per un certo tempo le era quasi piaciuto farlo…
Ora non provava altro che freddezza nel vederlo contorcersi a terra e soccombere sotto i suoi colpi sempre più frequenti. Non provava altro che rabbia, cieca e folle rabbia.
Perché sapeva che non sarebbe mai riuscita a liberarsi di quella smania assassina.
Perché sapeva che la volta successiva avrebbe voluto di più.
Perché sapeva che non poteva disintossicarsi da quel piacere maniacale.
Quasi desiderava che lui la picchiasse, che lui la trattasse male, che la percuotesse come lei percuoteva lui.
Sì, sarebbe stato tutto molto più semplice.
Agli occhi del mondo, lei sarebbe stata la povera vittima e non lui, lei l’innocente fanciulla e lui il maniaco.
Era così irritante quel suo non rispondere mai, quel suo subire passivo, quel suo non fare nulla. Avrebbe preferito cento, mille volte che lui la picchiasse, che ci provasse, almeno, tutto tranne quel silenzio.
Codardo, pensava con una punta di disprezzo. Codarda, si diceva, mentre lo malmenava senza lasciargli modo di difendersi. Era così facile colpire chi era indifeso…
Gli puntò la bacchetta alla testa. Lui non reagì e non controbatté.
“Se domani chiami di nuovo il San Mungo ti uccido”. Era un’affermazione.
E non era affatto scherzosa.
 
Scorpius chiuse gli occhi.
Lo sapeva.
L’aveva sempre saputo, in fondo.
Non sarebbe potuto morire in modo migliore, forse: per mano della donna che amava.
O meglio, della donna che aveva creduto di amare.
Cos’altro avrebbe potuto fare, in fondo?
Sperare nella sua guarigione, sperare in quella redenzione che l’ha convinto a rimanere al suo fianco dopo notti di torture e incubi?
Illudersi, perché è questo che stavano facendo sia lui che lei, che Lily possa guarire?
Non si cura un pazzo, o meglio, non si cura con tanta facilità.
Bisogna pazientare, attendere abbassando la testa a ogni sua follia, lasciar correre e pregare Dio che la ragione torni a illuminarlo.
Scorpius aspettava da dieci anni.
E ormai era stanco di lottare.
Stanco di quella vita.
Stanco di quelle notti.
Stanco di dover morire ogni giorno di più, lentamente, dolorosamente, mentre l’apatia e la freddezza per il mondo lo abbracciavano nella loro morsa.
Stanco di non potersene andare, appesantito da quel corpo ricoperto di cicatrici e ferite mai rimarginate.
Stanco di dover aspettare.
Stanco di doversi illudere.
“Fallo” sussurrò molto semplicemente alla ragazza sotto di lui.
Poi chiuse gli occhi.
Eccolo lì, quindici anni dopo.
A farsi uccidere dalla ragazza che un tempo l’aveva salvato.
Andare all’Inferno per mano di un angelo.
Sacrificarsi per un bene superiore, in fondo.
Perché sebbene sapeva, e lo sapeva benissimo anche Lily, che quell’azione le sarebbe costato l’ergastolo ad Azkaban, almeno la sua morte lo avrebbe soddisfatto abbastanza da farla tornare la ragazza che gli sorrideva con dolcezza e che aveva persino timore di un bacio a stampo.
O almeno sperava.
Se c’era anche una sola possibilità di far tornare quella ragazza, Scorpius avrebbe fatto di tutto per riaverla.
Peccato che, al suo ritorno, lui non ci sarebbe stato nella sua vita.
Lily aprì lentamente la bocca.
Per la prima volta da quando la conosceva, Scorpius ebbe quasi l’impressione che avesse paura.
Ma sapeva l’incantesimo, sapeva a cosa avrebbe condotto, più che mai consapevole delle conseguenze.
L’uomo sorrise al pensiero che aveva cercato per tutta la vita di scappare alla tela a cui il ragno l’aveva portato, che aveva tentato di scostare quell’Incanto tante volte, che aveva provato a non ricadere in quel circolo vizioso in cui Albus e James prima di lei l’avevano condotto…
E ora ci era cascato di nuovo.
Perché in fondo, Scorpius lo sapeva, al destino non si sfugge.
E se il suo destino era morire per quell’Anatema, ucciso dalla sorella dei suoi boia precedenti, allora lui non avrebbe fatto nulla per impedirlo: molto meglio che aspettare la vecchiaia e morire nel proprio letto mentre Lily lo malmenava senza pietà, o magari lasciarsi uccidere lentamente da quelle ferite che brillavano ancora sulla sua pelle, sotto la camicia e  pantaloni.
Meglio che morire nel dolore e agonizzando.
Meglio che vivere sapendo di essere diventato un mostro come lei.
Meglio che vivere temendo ogni giorno che quella Maledizione potesse colpirlo da un momento all’altro.
Che strani disegni che ha il Fato…
Che crudele che era la vita, a volte…
Scorpius quasi avrebbe voluto piangere.
Morire così giovane…
Ma non voleva darle quella soddisfazione, non voleva che lo vedesse morire con le lacrime agli occhi.
Sarebbe morto a testa alta e fieramente, senza gridare né invocare la pietà della sua carnefice.
Sarebbe morto sapendo di aver fatto la cosa giusta, senza rimpianti, perché in fondo sapevano entrambi che non ci sarebbe stata un’altra possibilità per loro.
Sarebbe morto ingiustamente, ma almeno sarebbe morto.
Avrebbe smesso di soffrire…
Libero.
Finalmente libero.
Guardò quella che un tempo era stata la sua Lily indugiare un istante.
E il suo ultimo, amaro pensiero fu che neanche all’Inferno l’avrebbe avuta.
Avada Kedavra.
 
Le parole le passano addosso senza nemmeno scalfirla.
Ha ucciso un uomo…
Quella bastarda…
Era una Potter…
Chissà come sta ora il suo povero padre…
Un’altra che ci ricade…
I suoi fratelli non erano già ad Azkaban?
Qualche giornalista sprovveduto o forse troppo audace tenta una domanda, le si avvicina cauto, ma lei non risponde.
Avanza senza vedere la folla che la circonda, cammina ignorando le lacrime di sua madre che le corre dietro, che tenta di riparare alla sentenza del giudice gridando “Dev’esserci un errore!” e urlando “La mia bambina!”.
Ma sia Ginny che suo padre sanno benissimo che non c’è nessuno errore.
Ai loro occhi lei ha semplicemente portato a termine il lavoro svolto dai tuoi fratelli.
Ha ucciso per vendetta verso i Malfoy, o forse l’ha fatto per difendersi. Da cosa, poi, non lo sa neanche lei. Come si potrebbe pensare che Scorpius fosse un violento? Era uno dei ragazzi più indifesi e dolci che tu avessi mai incontrato, lui, con quel dolce sorriso e i suoi modi garbati e premurosi.
E lo ha ucciso…
“Come ci si sente a pronunciare quelle due parole, eh, Lily?”
Malissimo, vorrebbe dire.
Ma non parla.
“Come ti sei sentita ad uccidere quel bastardo di Malfoy?”
Non era un bastardo, vorrebbe urlare.
Ma la voce resta bloccata in gola.
“Una vera soddisfazione, vero Lil?”
James inspira profondamente, finalmente soddisfatto.
“Ora la famiglia Malfoy è distrutta”.
Anche la nostra, vorrebbe aggiungere.
E quella distruzione è stata sancita da due Maledizioni senza Perdono.
La prima è stata quella che lui e Albus avrebbero detto, se lei non si fosse intromessa. Quella che ha messo alla luce tutto il male che avevano fatto a un povero ragazzo innocente, quella che li ha spediti ad Azkaban.
La seconda è stata quella che, a mezza voce, ha sussurrato lei meno di due mesi prima. Quella che tuttavia non ha mai fatto scoprire tutto ciò che aveva fatto a lui, tutto il dolore che gli aveva causato, quella che l’ha spedita a far compagnia ai suoi fratelli.
Lily si stringe nelle ginocchia e non dice nulla.
Avada Kedavra.
Con due semplici parole ha ucciso.
E si rimprovera per essersi illusa che bastasse quell’Incantesimo per liberarla da quella smania omicida quando per lei, lo sapeva bene anche Scorpius, non c’era salvezza.
Nessuna salvezza per noi.
Sin da quando erano nati erano stati destinati a quel destino: lui la morte e lei la prigione. E sebbene avessero tentato, chi in un modo, chi in un altro, di cambiare quella condizione, nulla aveva potuto opporsi al Fato e alla potenza di quelle due parole.
Niente e nessuno poteva salvarli.
Forse, pensa Lily in quel momento, avrebbero potuto salvarsi a vicenda.
Forse avrebbero potuto trovare un’altra soluzione.
Forse avrebbero potuto trovare l’uno nelle braccia dell’altro la felicità e la gioia.
Ma era stata troppo opportunista e crudele per accorgersi di ciò che perdeva usando quel ragazzo come una semplice cava da laboratorio.
E ora era troppo tardi per guardare indietro.
 
Can you hear heaven cry 
Tears of an angel 
(Tears of an angel, RyanDan)

Note d'autrice:
Perdono.
è la mia prima fic dark, è la mia prima fic in cui tento una cosa del genere, la prima fic che mi sconvolge scrivere, insomma, questa è la fiction della prima volta (NON in quel senso).
Non avrei mai creduto di scrivere qualcosa del genere, davvero...
Ci ho impiegato molto a scriverla e inoltre questo è il mio primo esperimento con una cosa del genere, è stata una sfida, davvero.
La citazione finale viene dalla canzone "Tears of an angel" che, sebbene non c'entri nulla con la storia, credo stesse bene come finale. Spero vi piaccia e che la troviate sufficientemente "Ossessiva".
è una cosa davvero strana, me ne rendo conto da sola, perchè la tortura che viene compiuta è sia psicologica che corporea, ma volevo fare qualcosa di 
originale e nuovo. Non credo qualcuno abbia mai scritto una cosa simile (ma chi lo sa? In fondo questo non è proprio il mio genere...) e dunque ci ho provato 
io. Non so davvero come ci sia riuscita e... Spero apprezziate almeno lo sforzo che ci ho messo nello scrivere.
Ultima nota: il passaggio alla fine da passato a presente è voluto, assolutamente.
  
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