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Autore: Evilcassy    16/12/2013    4 recensioni
Odino le accarezzò la guancia morbida e lei voltò appena il viso per baciargli il palmo: “Frigga di Fjörgynn. Frigga, la mia sposa. Frigga, Regina di Asgard.” Mormorò piano Odino, come se quei titoli li stesse assaporando, trovandoli finalmente tangibili: “Frigga, la stella più splendente al centro del cielo.”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Frigga, Odino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Al Centro del Cielo

 

 

Al Centro del Cielo

 

Terza Stella: Mintaka

 

 

 

Loki era stato per Frigga il figlio che l'aveva completata. Più bisognoso di presenza ed attenzioni del suo irruento fratello, più delicato nei modi e nelle espressioni. Ciò che Thor pretendeva con urla e capricci lui chiedeva con un braccino teso e gli occhioni verdi imploranti. Quello che il primo rompeva nella sua furia ludica, il secondo raccoglieva goffamente. Thor si addormentava di schianto, paonazzo per le corse e le risate mentre Loki si beava del silenzio e della tranquillità delle carezze materne.

E quando Thor aveva iniziato a vantarsi della sua forza ed aveva cominciato a palesare l'arroganza degna di un guerriero asgardiano, Frigga aveva preso la mano di Loki e l'aveva condotto tra le mura sicure della biblioteca. "Perché siamo qui, madre?"

"Per addestrarti ad essere il migliore."

Lui scrollò la testa infastidito: "L'avete già il figlio migliore, perché perdere tempo con me?"

"Non fingere di essere lo sciocco che non sei. Tuo fratello ha ereditato da tuo padre la forza e la..."

"Stupidità?"

"LOKI! Come osi...!"

Piegando la testa di lato, si era esibito in uno dei suoi sguardi furbescamente pentiti: "Non era mia intenzione mancare di rispetto a padre." Si era affrettato a pigolare: "Tuttavia non posso capacitarmi che Thor abbia ereditato da te questa sua prerogativa."

Rifilandogli un buffetto sulla guancia Frigga lo avvisò di non ripetere mai più una cosa simile: "Tuo fratello non è stupido. Avete due caratteri, due corpi, due grandi doni diversi: eppure avrete lo stesso, identico destino da compiere."

"E il mio grande dono, quale sarebbe? Perdonami madre, ma non riesco proprio a comprendere." Frigga si era seduta su un seggio e aveva fatto cenno a Loki di prendere posto in quello di fronte al suo. Poi aveva alzato la mano e l'aveva aperta: sul palmo candido, una piccola sfera di luce verdognola prese forma, allungandosi e schiacciandosi, sino a formare un piccolo serpentello che guizzava tra le sue dita. Loki lo fissava rapito: "Ciò che scorre nelle mie vene è anche nelle tue. Ed è un dono prezioso, forse molto di più della forza bruta, ma non tutti avranno la fortuna di comprenderlo."

Loki allungò la mano sfiorando il serpente luminescente. L'apparizione si avvolse lentamente tra le sue dita sottili, risalì il dorso e poi il polso, sotto il suo sguardo incantato  e quello compiaciuto di Frigga. "Se lo vorrai, ti insegnerò tutto il mio sapere. Che, ti posso assicurare, non si limita semplicemente ad evocare figure evanescenti. Vuoi?"

Loki aveva guardato l’apparizione, poi sua madre, poi di nuovo il piccolo serpente. Ed infine aveva sorriso.

 

Quando entrò nelle sue stanze Frigga gli restituì lo sguardo attraverso il riflesso della specchiera, fermandosi un attimo dallo spazzolarsi i capelli e rivolgendogli un breve sorriso: "Il mio Re sembra stanco e provato."

"Lo è." Odino si sedette su una poltrona vicina alla loggia aperta e la guardò sciogliersi l'ultima treccia, domandandosi da quando aveva iniziato a trovare i suoi movimenti talmente famigliari da non subirne più il fascino. Un tempo bastava intravedere la spalla di Frigga attraverso le trasparenze dei suoi abiti da camera per cadere preda della frenesia. Ora, lei che si scioglieva i capelli davanti allo specchio era semplicemente l'emblema della tranquillità della sera, l'arrivo di un sonno ristoratore troppo breve per essere davvero tale. Era tempo di riposarsi davvero, di chiudere gli occhi e non essere più l'onnipresente e onnipotente Odino.

"Ho scelto." Annunciò improvvisamente, e la mano di Frigga fremette e si abbassò per appoggiare la spazzola sul ripiano di marmo. Poi la Regina si voltò lentamente e restò in attesa che Odino proseguisse: "È tempo che Thor sia Re."

"Quindi hai scelto lui per prendere il tuo posto alla guida di Asgard: ne sono felice."

"Non mi sembri sorpresa, e ti conosco abbastanza per capire che non ne sei completamente d'accordo."

"Sapevo che questa sarebbe stata la tua decisione finale. Siete fatti della stessa stoffa e comprendi meglio le sue azioni ed i suoi pensieri. Ne sono felice, davvero; lo sarei stata in ogni caso. Ed in ogni caso ne sarei stata spaventata. Se tu avessi scelto Loki, Thor avrebbe incenerito mezza Asgard per il disappunto. Lo scorno di Loki sarà meno palese, ma più radicato, temo."

"Se ne farà una ragione. Thor è il maggiore e il più forte, il popolo lo ama."

"Son certa che tu non l'abbia scelto solo perché grande avventore di locande. Tuttavia è anche impulsivo, impaziente, sovente iracondo. Avrà bisogno di suo fratello, che lo aiuti a riflettere e ne mitighi le intemperanze."

"I pregi ed i difetti di uno compensano quelli dell'altro. Nessuno dei due potrebbe governare da solo." Concorda Odino. "Quanto a noi..."

"Finalmente potrai cadere nel tuo sonno senza temere per il tuo risveglio." La Regina sorrise, raggiunse Odino e si sedette al suo fianco posando la mano sulla sua ed intrecciandone le dita. "Il tuo spirito si rinfrancherà e troverai nuova forza e nuovo vigore."

"Lo spero. Dovrò passare ancora del tempo accanto alla mia energica Regina, non voglio attardare il suo veloce passo." Si scambiarono un sorriso, e rivolsero i loro sguardi al di là della balaustra dorata della loggia.

"Mi mancherà questa vista. Dopo tutto questo tempo, trovo la notte di Agard è una vista che mi meraviglia." Sospirò Frigga. "Hai già pensato a dove dimoreremo?"

"Questo è compito tuo. Pensavo volessi tornare a Fjörgynn, ti è sempre mancata la tua terra!"

"Passare il tramonto della mia vita nel luogo che ne ha visto l'alba? Sarebbe dolce, non lo nego. Ma a quel posto mi riporta alla memoria anche ricordi tristi. Meritiamo una dimora che ci rassereni, non che ci incupisca. Fensalir, che te ne pare? È tranquillo e vicino comunque alla Capitale. Nel caso ai nostri figli occorra aiuto..."

Ad Odino scappò uno sbuffo quasi ilare: "Pensi già ai nipoti, nevvero? Non hai tutti i torti, con Lady Sif sempre più vicina a Thor."

Lei scrollò le spalle: "Sono eccessivamente amici, non credo che Thor possa volerla in sposa. Ne apprezza la spada e la lealtà, ma non vedo altro nel suo sguardo. Quanto a Loki, invece, non sembra reputare nessuna fanciulla alla sua altezza; me ne rammarico, ma sono sicura che presto o tardi cambierà idea."

"Fensalir." Mormorò Odino. "Approvo questa scelta. Mi hai seguito attraverso guerre e difficoltà nelle mie stagioni migliori, ed io ti seguirò in un tranquillo autunno."

Ma gli occhi di Frigga erano persi altrove, nell'angolo di cielo buio alla vista di Odino.

 

 

Il figlio che aveva avuto senza il dolore del parto si era rivelato quello che più le aveva inflitto sofferenza.

Composta, senza più la sfumatura di un sorriso né il barlume irriverente negli occhi celesti, Frigga era diventata l'ombra della Regina energica e vivace che era sempre stata. Presenziava ai banchetti solo per onore all'etichetta, ma restandone sempre in disparte, dileguandosi presto e senza mai attendere Odino.

E passava molto tempo in solitudine, persa tra il dedalo di corridoi e stanze del Palazzo, segretamente concentrata a scandagliare ostinatamente l'Universo con la sua magia.

"Sì, cerco lui." Aveva ammesso, una notte senza luna in cui Odino l'aveva sorpresa. "Lo cerco per dare a mio figlio almeno un funerale."

Odino non aveva aggiunto nulla. Le aveva sfiorato la guancia, trovandola umida, in una ruvida carezza e se ne era andato quando lei gliel'aveva chiesto.

 

 

Era stata la prima ad essere avvisata, quando Loki era tornato in ceppi e catene. E per la prima volta in tutta la sua vita, Frigga era corsa da Odino per implorarlo.

"Ti rendi conto della gravità dei suoi crimini, vero?"

"Non li nego. ti chiedo di non punirlo. Solo, se la vita che hai condiviso con me è valsa qualcosa, ti chiedo di non ucciderlo."

"Frigga...!"

"Non puoi uccidere nostro figlio."

Odino aveva scosso la testa: "Non è nostro figlio, non le è mai stato."

"Un tempo ti dissi che si è madre o non lo si è, e che quando si è madre lo si resta per tutta la vita. Sono stata la madre di Loki, e nonostante tutto il suo astio e la sua rabbia, nonostante le sue colpe ed il suo tradimento, lo sono ancora. Lo sarò sempre. Non uccidere mio figlio, Odino."

Il volto accigliato del Re si era infine disteso in un'espressione stanca. Aveva posato Gugnir e le aveva stretto le mani tra le sue: "Tra le mie colpe più grandi c'è quella di averti caricato la mia Regina di un fardello troppo grande. Possiedi spalle forti, ma il peso è stato troppo logorante, ed ora temo che se seguissi ciò che la logica e la legge mi indicano di fare, questo peso le sfonderebbe e schiaccerebbe il tuo cuore. Non condannerò a morte Loki."

"Ti ringrazio."

"Ma non posso permettere che tu gli faccia ancora da madre. Devi liberarti da questo peso, Frigga, e concentrarti sul figlio che ci ha reso orgogliosi. Thor è un uomo, ormai, ed è pronto al Trono. Ha bisogno anch'egli di sua madre, e più meritevole delle sue attenzioni. Non voglio che tu scendera nelle prigioni a fare visita a Loki, ma ti permetterò ancora una volta di incrociare il suo sguardo: capirai così chi è egli veramente, e potrai allontanarlo dal tuo cuore."

"Chi sono io per andare contro al volere di Odino?" Frigga aveva distolto gli occhi e, senza aggiungere altro, aveva lasciato la stanza.

 

 

 

Aveva dato ordine che Frigga indossasse i suoi abiti nuziali, ed aveva vegliato tutta notte la salma composta nella perfezione del suo sonno, accanto a Thor. Erano stati a lungo in silenzio, ed infine il Re aveva domandato al figlio se provasse più rabbia o rammarico.

Thor aveva stretto i pugni e contratto la mascella, ed infine aveva sussurrato: "Dolore, padre. Ora sento solo quello."

"Comprendo. La rabbia arriverà." Si avvicinò alla barca argentata in cui era adagiata la Regina. Le accarezzò la guancia gelida ed aggiustò una ciocca di capelli color miele sul cuscino. Fu colpito improvvisamente dalla consapevolezza che non sarebbero più stati spazzolati al termine di una giornata, che non le avrebbe più parlato guardando il suo riflesso nello specchio della sua camera né che avrebbero dimorato mai a Fensalir.

Che quello che avevano vissuto insieme era stata una lunghissima, burrascosa estate che non sarebbe mai terminata in un mite autunno.

Quelle labbra serrate non si sarebbero più increspate in una smorfia di disappunto né stese in un sorriso. Ed i suoi occhi celesti non avrebbero più scorto nulla al di là del buio assoluto.

Frigga sarebbe stata ricordata come una sposa fedele, una madre tenera, una Regina energica, eppure prima di tutto era una donna che tesseva la magia e la trapuntava di segreti. Ne aveva avuti, anche per lui, e li lasciava trapelare nelle parole o in una sfumatura dello sguardo celeste.

A volte Odino era stato tentato di interrogarla, di chiederle cosa si celasse dietro a quelle mezze frasi o alle sue espressioni accorte.

Ma aveva sempre rimandato. Accecato dalla sua consueta presenza la dava per scontata e certa. Eterna. Frigga ci sarebbe sempre stata, tra le colline verdi del Fensalir, a vegliarlo nel suo sonno e ad accogliere il suo risveglio con le guance colorate dall'emozione.

Odino lasciò scivolare le dita lungo la stoffa trapuntata delle vesti, aggiustò la spada che le era stata posata in grembo e raccolse il sottile velo ancora piegato ai suoi piedi, per stenderlo e ricoprila. Fuori dalla vetrata le prime luci dell'alba irroravano la stanza di una fioca luce rosata. "La rabbia arriverà" ripetè a Thor, sentendola già contaminare il suo cuore e renderlo ancora più pesante. "Tienila cara. Ti occorrerà tutta, se vorrai vendicare tua madre."

 

 

Sotto lo sguardo di una città in lutto, di famiglie spezzate e rovine ancora fumanti, la barca argentata di Frigga era scivolata per prima lungo i canali cittadini. Aveva accolto le onde del fiume seguendone il moto dolcemente, ed era stata seguita da un corteo di altre piccole barche, meno ricche e meno decorate, ma accompagnate sempre dai medesimi canti atoni e dalle stesse lacrime.

Gugnir era stata per Odino improvvisamente pesante da tenere dritta, e ancora di più da sollevare e battere a terra, per il segnale agli arcieri.

E dopo la prima freccia scoccata, che aveva acceso la barca Reale, il cielo di Asgard era stato solcato da altre centinaia, migliaia di strali infuocati.

La vecchia Eir pensò che non ne vedeva così tante morti tutte insieme dai tempi del Morbo. Alzò la mano lasciò che le dita torte dall'artrite lasciassero andare la sua sfera opalescente, il suo omaggio ai caduti, ed il nuovo rammarico di un altro lutto a cui essere sopravvissuta andò a fare compagnia agli altri che l'avevano preceduto.

La barca della Regina oltrepassò il limite del Bifrost e restò per un istante sospesa nel vuoto, prima che la vampa si cristallizzasse improvvisamente librandosi verso il centro del Cielo in una scia azzurra di nuove, splendide stelle.

 

 

Il Re ha dato ordine che la ricostruzione proceda velocemente, eppure non sopporta il rumore dei lavori. Tiene le porte della Sala del Trono sbarrate e le finestre coperte da pesanti tendaggi che a malapena lasciano filtrare la luce del giorno.

Ora è suo il tempo dell'attesa, e seduto sul Trono riesce finalmente a capire quanto possa essere stato angosciante per Frigga.

Anche lei faceva tacere ogni rumore? Anche lei soffriva la luce del sole?

No, il cuore di Frigga non era mai contaminato dalla rabbia sorda e folle né dal dolore di un lutto. Ma doveva comunque essere stata ancora più forte di quanto già non pensasse, per non essersi consumata come una candela.

Una guardia aprì appena il portone di ingresso alla Sala e si prostrò davanti ai gradini del trono: "Giungo ora da Svartalfheim, Sire. Porto notizie."

"Parla."

"Abbiamo trovato un corpo."

Odino chiude l'unico occhio per non vedere la guardia annuire: "Loki." Si alza e muove i passi stanchi attorno al trono, dando le spalle alla Guardia. "I tuoi servigi saranno ricompensati. Vai ora."

Non sente la guardia rispondere né muoversi. Odino ne apprezza il rispetto del suo bisogno di silenzio.

Quando però si volta nuovamente la trova in piedi, ancora al suo posto, con la lancia appoggiata a terra e l'elmo in mano.

"Ho detto che puoi andare, o vi è altro?"

La guardia ha un sorriso affilato e gli occhi verdi.

Odino ci impiega un secondo in più del dovuto a riconoscerli.

 

 

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E come direbbe Loki: Ta-daaaan! È finita, finalmente, e ho lasciato il finale il sospeso per il semplice fatto che ognuno si può fare tranquillamente il proprio 'film' mentale su dove sia finito il Vecchio Orbo. Personalmente, credo sia stato infilato insieme all'Aether dentro alla 'scatolina' che Sif porta dal Collezionista. Tipo Kinder Sorpresa.

Grazie a chi ha letto e partecipato a questa storia.

Commenti e critiche (Purché costruttive) sono sempre accettatissime.

Grazie ancora e sia sempre Lode ad Odino. No, non il Disperso. L'altro. ;)

EC.

 

E dimenticavo, come sempre, di segnalarvi il mio ask, nel caso qualcuno avesse domande, curiosità o semplicemente volesse fare due chiacchiere: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos

 

 

   
 
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