NOTE
DELLO
SPELACCHIOTTO
Buonasera
a tutti/e!
Mentre
aspettiamo la terza stagione che ora più che prima
sembra non arrivare mai
l’ispirazione non cala, anzi! Per questo nei piccoli ritagli
di tempo che
riesco a trovarmi tra la traduzione di A Study In Texting e un altro
lavoretto
che ho in mente ho voluto scrivere questa Adlock Parentlock. So cosa
state
pensando, verrete travolti da un mare di OOC, but who cares!
Innanzitutto
voglio ringraziare tutti coloro che leggeranno questo robo (?) e un
grazie
speciale alla mia figliuola NCSP,
che mi regala tante belle IronFrost e Stony da malati psichiatrici da
leggere,
e herion, a cui dedico questa shot
anche se non mi parlerà per giorni data la mia ricaduta
nell’Het.
Comunque,
spero vi piacerà e se volete lasciatemi un commento, ne
sarei davvero felice e grata :)
Posso
venire a sedermi con te sul
divano? SH
Solo
se porti con te delle scuse e una
tazza di the. IA
Sherlock
solleva per un breve momento le
labbra in un sorriso e si allunga sul letto a posare il telefono sul
comodino,
alzandosi e mettendosi la vestaglia sulle spalle. Esce dalla camera e
si dirige
in cucina, prendendo una tazza. Accende il bollitore e prepara la
miscela di
deteinato per la compagna. Si muove in punta di piedi fino allo stipite
della porta
per sbirciare nell’altra stanza, trovando la donna
rannicchiata in posizione
fetale sul divano, avvolta in una coperta. Sospira, mordicchiandosi il
labbro
inferiore, e torna a
finire di prepararle
la bevanda in silenzio. Quindi la prende, assicurandosi che non sia
bollente, e
va nel soggiorno. Si siede sul sofà accanto ad Irene e si
volta ad osservarla,
è visibile solo la folta chioma scura ed un paio di occhi
gonfi e tristi.
-Scusa,
ti ho preparato il the- dice,
sporgendole la tazza.
La
donna emette un lungo sospiro e si
tira faticosamente a sedere, la coperta che le scivola dalle spalle a
rivelare
il suo enorme pancione. Afferra il recipiente, evitando accuratamente
il suo
sguardo, e prende un sorso tirando su con il naso.
-Per
cosa ti stai scusando? Per avermi
preparato il the o cosa?- gli domanda in un sussurro, la voce arrochita
dal
pianto.
-Mi
scuso per essere
uscito di casa senza averti prima
avvertita- ammette lui, abbassando lo sguardo sul pavimento, colpevole.
Irene annuisce
e schiocca la lingua sul palato.
-Sai
cos’è che mi ha fatto star male di
più, Sherlock? Il fatto di non poterti prendere a schiaffi-
soffia con astio,
stringendosi nella coperta. –Oltre al fatto di non sapere
dov’eri, con chi e
quando saresti tornato.-
Il
detective la ascolta e deglutisce,
torturandosi le mani.
-Ero
terrorizzata. Mi sono svegliata da
sola, e questo posso ancora fartelo passare, ma quando non rispondevi
alle
chiamate o ai messaggi mi hai fatto uscire di testa. Non posso uscire a
cercarti, on posso quasi alzarmi dal letto da sola, ero bloccata qui
dentro
impotente e inutile. Non posso nemmeno chiamare
quell’ispettore di polizia o il
dottor Watson perché non ho i loro numeri,
cos’altro avrei potuto fare?- esplode
l’altra, posando la tazza sul tavolino di fronte a loro. Sherlock registra
il movimento e si
morde l’interno guancia, incapace di reggere il suo sguardo.
Sgrana gli occhi
quando sente due braccia stringersi intorno alla sua vita e un
solletico al
collo causato dai suoi capelli.
-Non
farlo mai più. Mai- mormora contro
la spalla dell’uomo, nascondendo il viso ed inspirando
profondamente il suo
odore.
-Mi
dispiace- dice lui, allargando le
braccia ed abbracciandola. Quindi le fa scorrere una mano lungo la
schiena e le
appoggia il mento sulla testa, dopo averle sistemato la coperta sulle
spalle.
-Non
sai come mi sono sentita, Sherlock,
odio sentirmi impotente e non avere il controllo della situazione,
specialmente
ora- aggiunge a donna, cercando inutilmente di trattenere le lacrime.
L’altro
si allontana e le prende il volto tra le mani, asciugandole le lacrime
con i
pollici.
-Sono
qui- dice semplicemente, ma con
tono fermo, riuscendo a calmarla almeno in parte.
-Non
so cosa farei senza di te. Thomas ha
bisogno di un padre che sia presente e si prenda cura di lui, e io ho
bisogno
di un uomo da amare e che mi faccia sentire amata. Tu sei lui-
continua,
guardandolo fisso negli occhi e con la voce rotta dal pianto.
-Sono
qui- ripete Sherlock, posando le
labbra sulle sue e la mano destra sul suo pancione, ricevendo un
calcetto
vivace in risposta.