Libri > Le Cronache di Narnia
Ricorda la storia  |      
Autore: _Fedra_    19/12/2013    5 recensioni
Spin-off dedicato al personaggio di Jane Potter, per conoscerla meglio e scoprire il suo passato, dalla scoperta dei suoi poteri magici fino all'amicizia con i Pevensie.
"Piacere, mi chiamo Jane Potter.
Molti si stupiscono nel venire a conoscenza che il famoso Harry Potter, colui che ha sconfitto Lord Voldemort quando era ancora in fasce, abbia una sorella gemella.
In effetti, fino all’alba dei miei undici anni, non lo sapevo neanche io."
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
The diary of Jane

~
 
by _Fedra_ efp


 
 
 
 
 
 
Piacere, mi chiamo Jane Potter.
Molti si stupiscono nel venire a conoscenza che il famoso Harry Potter, colui che ha sconfitto Lord Voldemort quando era ancora in fasce, abbia una sorella gemella.
In effetti, fino all’alba dei miei undici anni, non lo sapevo neanche io.
Sono stata cresciuta dai Collins, la mia famiglia adottiva.
Quando arrivai a casa loro, la mattina dopo che Voldemort aveva ucciso i miei veri genitori, mia madre Wendy aveva da poco abortito per la terza volta nell’arco di poco tempo e mio fratello Dennis, che allora aveva cinque anni, era molto triste, perché gli avevano detto che non avrebbe mai avuto un fratellino.
Gli feci proprio una bella sorpresa quando, all’alba della festa di Ognissanti, Minerva McGranitt mi lasciò davanti all’ospedale dove lavora mio padre Albert.
Anche dopo aver scoperto le mie vere origini e i miei straordinari poteri magici, mi sono sempre sentita parte della famiglia Collins, cognome che tra l’altro mi viene riconosciuto giuridicamente nel mondo babbano.
Sono stati loro, in fondo, a crescermi sin da piccolissima.
Per me, Wendy e Albert saranno sempre mamma e papà, anche se di tanto in tanto avverto una specie di vuoto dentro di me, come se percepissi una presenza invisibile provenire dal mio passato, a metà strada tra il sogno e l’ombra.
Viviamo tutti insieme a Finchley, un paesino di campagna a una ventina di chilometri da Londra, in una grande casa circondata da un enorme prato verde.
Ho sempre preferito la campagna alla città, specie i paesini come il mio, così ricchi di magia.
Sì, Finchley ha vantato per molti secoli la presenza di una piccola comunità di maghi e streghe, protetti dal potente feudatario della contea, che risiedeva in una grande dimora che ancora oggi sovrasta le nostre basse case con i mattoni rossi dall’alto della collina.
Quando la sua famiglia si estinse, però, i miei simili uscirono allo scoperto e furono sterminati senza pietà dagli abitanti babbani, che li bruciarono su una pira issata nella piazza principale, proprio dove ora sorge la fontana con le aiuole.
In fondo, erano tempi diversi, in cui lo Statuto di Segretezza non era ancora entrato in vigore.
 
I primi dieci anni della mia vita sono stati abbastanza sereni.
Quando ho compiuto il mio quinto compleanno, il regalo più bello è stato sicuramente quello di mamma Wendy, che poco prima della torta ha annunciato a tutta la famiglia che presto sarebbe arrivata una sorellina.
Pochi mesi dopo è nata Cecilia, una bambola di porcellana con una folta criniera rosso fuoco.
È impossibile descrivere la gioia che ci ha travolti in quel periodo.
Io ero la più emozionata di tutti: finalmente avrei potuto fare la sorella grande!
Allora, il dubbio di essere diversa dai miei fratelli non mi sfiorava neppure.
Ero sicura che gli occhi verdi e i folti capelli corvini sempre in disordine fossero l’eredità lasciata dal mio bisnonno paterno, che a quanto pareva mi somigliava molto.
Anche Dennis ha gli occhi verdi, ma di una sfumatura diversa dalla mia, più vicini al celeste.
I miei, invece, sono di una tonalità intensa, scintillante come uno smeraldo.
La stessa che avrei incontrato poco tempo prima di compiere undici anni.
Quel periodo non risulta tra quelli che ricordo con piacere.
Allora non ero proprio lo scricciolo di adesso.
A dirla tutta, ero abbastanza rotondetta e portavo l’apparecchio per i denti.
La cosa mi dava così tanta insicurezza, da sfogarla con un carattere terribilmente suscettibile.
Ero sempre imbronciata e mi piaceva fare a botte con i miei coetanei.
A completare il quadretto, un bel giorno mio padre ha avuto la bella idea di spedirmi da un famoso oculista di Londra, che mi ha diagnosticato una miopia da talpa.
Il che significava una cosa sola: occhiali.
Volevo morire!
Papà mi ha trascinato dall’ottico in seduta stante.
È stato lì che ho rivisto per la prima volta mio fratello Harry.
Stavo provando un paio di occhiali particolarmente brutti (tondi come due fondi di bottiglia), quando di colpo ho alzato lo sguardo e ho incontrato due occhi identici ai miei, cerchiati da due lenti rotonde tenute insieme da una quantità esagerata di nastro adesivo.
Splendevano come due smeraldi al disotto di una corta frangetta corvina e arruffata.
Era vestito con abiti smessi e stinti, di due taglie più grandi.
La donna che lo accompagnava era molto diversa da mamma Wendy.
Era alta e ossuta, con le labbra strette in un’espressione di puro disprezzo.
Subito, ho provato un’antipatia viscerale per quella coppia così male assortita.
Senza contare che quel ragazzino mi sembrava anche un po’ tonto.
La signora che lo accompagnava gli ha comprato un nuovo paio di occhiali rotondi, i più brutti e meno costosi che c’erano; poi se n’è andata frettolosamente, senza neanche salutare il commesso.
 
È passato quasi un mese prima che rivedessi di nuovo il ragazzino dagli occhi smeraldo, questa volta dietro le sbarre arrugginite della nostra prigione.
Non so di preciso che cosa mi ha portato a tutto questo.
Forse il fatto di essere stata semplicemente imprudente nell’attardarmi troppo a danza la sera in cui sono stata rapita, o il semplice fatto che la signora Horner, che avrebbe dovuto riaccompagnarmi a casa, andasse così di fretta da non fermarsi ad aspettare che oltrepassassi il cancello verniciato di fresco, ignorando la donna ammantata di nero che stava acquattata nell’ombra della via.
O forse era solo il destino che aveva deciso così.
In fondo, anche se i Collins mi avessero segregata a vita nel mondo babbano (che, tra l’altro, non mi dispiaceva poi così tanto), non sarei riuscita a nascondere a lungo quell’inesorabile cambiamento che stava avvenendo dentro di me.
E no, non era il semplice fatto che stessi diventando una signorina.
Attorno a me, stavano accadendo cose sempre più strade.
Una mattina a scuola, per esempio, mi sono ritrovata in cima al canestro del mini-basket.
Non so come diavolo ho fatto ad arrivare a quattro metri di altezza senza neanche saltare.
Ero ancora più terrorizzata del maestro di ginnastica, che continuava a ordinarmi di scendere.
Come se ne fossi capace!
Alla fine, mi hanno dovuta tirare giù con una scala, con il rischio di travolgere un paio di bidelli.
Senza contare che i miei occhiali venivano colpiti senza pietà dagli incidenti più assurdi, che li mandavano puntualmente in pezzi.
La prima volta, ho immaginato che durante la notte avessi avuto un incubo e avessi colpito con un pugno il ripiano del comodino, scaraventandoli a terra.
La seconda sono semplicemente spariti nel nulla, nel senso che un attimo prima erano sulla mensola del bagno, proprio sotto i miei occhi, e un attimo dopo non c’erano più.
Ma come spiegare tutte le altre?
Cosa è successo davvero quella volta che sono andati in mille pezzi da un momento all’altro?
O di quella in cui si sono letteralmente sciolti tra le mie dita, come se fossero stati fatti di melassa?
Odio viscerale per gli occhiali o meno, la sera del 6 dicembre 2001, mentre stavo per fare ingresso in casa mia dopo una lunga lezione di danza, ho trovato qualcuno ad aspettarmi.
Quel qualcuno che (mi è bastata una sola occhiata per capirlo) voleva me e me sola.
Era una donna piccola e magra, dalla pelle bianca come quella di un fantasma e i lunghi capelli neri e lisci che le arrivavano fino alla vita.
Era completamente vestita di nero, dal lungo vestito elegante che le arrivava fin quasi ai piedi ai robusti guanti di velluto che le fasciavano i gomiti.
Ma la cosa che mi ha spaventato più di tutte erano gli occhi, scuri, enormi, dilatati da un’avida follia.
Non sapevo come, ma io conoscevo bene quella donna.
E la prima parola che mi è venuta in mente per descriverla è stata: strega.
E non una strega qualunque.
Lei era Alhena Black, la Strega Suprema, proprio quella di cui avevo letto pochi giorni prima su un famoso libro di Roald Dahl, uno dei miei scrittori preferiti; quella che in quegli ultimi anni aveva fatto sparire decine di bambini in tutta l’Inghilterra senza che la polizia riuscisse mai a catturarla.
Avevo seguito con attenzione i notiziari che raccontavano i particolari raccapriccianti di quelle sparizioni, prima che mamma Wendy mi allontanasse scrupolosamente dalla radio o dal televisore.
Continuavano a parlare di un pazzo omicida, ma nessuno avrebbe mai pensato che si trattasse di una strega, anche quando la verità era così evidente.
E io ero la sua prossima vittima.
Non sono riuscita a scappare, è stata molto più rapida di quanto osassi immaginare.
Un attimo prima mi trovavo davanti a casa mia, con la strada debolmente illuminata dalla luce dei lampioni, e un attimo dopo mi sono risvegliata in una piccola cella puzzolente, distesa su un umido pagliericcio roso dai topi.
Accanto a me, c’era di nuovo il ragazzino dagli occhi verdi.
E qui notai un particolare che la volta precedente mi era sfuggito.
La sua corta frangetta nera, infatti, si era leggermente spostata di lato, rivelando una lunga cicatrice a forma di saetta appena sopra l’occhio destro, così sottile e definita che sembrava quasi che qualcuno gliela avesse disegnata con un taglierino.
–Chi sei? – gli ho chiesto spaventata.
–Mi chiamo Harry Potter. E tu?
–Jane Collins, tanto piacere. Perché diavolo hai quella cicatrice sulla fronte?
Non sono riuscita a sapere molto da lui, dal momento che era talmente terrorizzato da non riuscire a parlare.
Fatto sta che, qualche minuto dopo, la Strega Suprema è entrata nella nostra cella e ci ha trascinati in una grande stanza che si trovava al piano superiore di quello che sembrava un grande chalet nascosto nel folto di una foresta.
E lì abbiamo saputo la verità.
Con mio sommo stupore, quella pazza squilibrata ci ha rivelato che siamo fratelli gemelli, figli di Lily e James Potter, uccisi da Lord Voldemort, e che Harry, ancora in fasce, è riuscito a sopravvivere all’Anatema Che Uccide, che è rimbalzato contro lo stregone, annientandolo.
Ci ha parlato di quanto era potente Voldemort all’epoca, delle orde di maghi e streghe che erano al suo servizio e di quanto lei fosse in assoluto la sua serva più devota, l’unica che ha resistito dopo la sua caduta, proseguendo la sua epurazione di maghi nati in famiglie babbane.
Per questo ci aveva rapiti: ora che i nostri poteri si sarebbero risvegliati, la nostra morte avrebbe finalmente vendicato Lord Voldemort.
Poi non ricordo esattamente che cosa è successo.
Forse è stata solo la paura che mi paralizzava o uno slancio disperato di sopravvivenza nel momento in cui ho capito che saremmo stati uccisi come topi.
Ho avvertito subito una forza incredibile che si sprigionava da tutti i miei pori, seguita da una luce accecante che si è abbattuta contro il petto della Strega Suprema, abbattendola come un insetto spiaccicato sul muro.
Con il cuore in gola, ho afferrato Harry per un polso e siamo scappati via nella notte, perdendoci nella foresta, fino a quando qualcosa di molto grosso è emerso dagli alberi, portandoci in salvo: Hagrid, il guardiacaccia di Hogwarts, la scuola di magia dove saremmo andati qualche mese dopo, nonché colui che sarebbe diventato uno dei nostri più grandi amici.
 
Quella che è seguita è stata forse una delle notti più lunghe della mia vita.
Hagrid ci ha portati al sicuro a casa mia, dove i miei genitori, o meglio coloro che credevo tali, si sono decisi a dirmi la verità.
Cecilia, che ignorava come stessero le cose, è scoppiata in un pianto disperato, mentre Dennis, che aveva mantenuto il segreto per tutti quegli anni, si è messo in disparte, fissando assorto il pavimento del soggiorno.
Incredibilmente, la mia reazione non è stata poi così tragica come mi aspettavo.
Mi sembrava di essere in un sogno, osservando dall’alto la vita di un’altra persona, una certa Jane Potter.
Anche negli anni successivi, io non mi sarei mai sentita pienamente una Potter.
Ho preferito di gran lunga coltivare l’illusione di appartenere alla famiglia Collins e che Harry fosse semplicemente un amico molto speciale.
In fondo, era lui quello popolare, dei due gemelli.
Era stato lui a sconfiggere Voldemort, non io.
Era stato per lui che Lily Evans, la mia vera madre, era morta, proteggendolo con il suo amore, non me.
Io me ne stavo beatamente a dormire nella mia culla, ignara della tragedia che stava esplodendo attorno a me.
Era un po’ nella mia indole, quella di cascare sempre in piedi.
A differenza di Harry, che era stato spedito a vivere dai nostri zii, i Dursley, che gli rendevano la vita un inferno e odiavano a morte la magia, io avevo vissuto i miei primi dieci anni e mezzo di vita in mezzo al verde, assieme a una famiglia che mi aveva amata sin dal primo momento e che mi accettava per quello che ero, anche dopo aver scoperto che ero una strega.
Sei speciale, ecco che cosa mi aveva detto subito papà Albert, colui che si reputa la persona più razionale del mondo.
Ecco, questo per me è stato il vero amore dato da un genitore.
Da come mi descrivevano i Potter, ho sempre avuto l’impressione che non mi considerassero molto come figlia.
Al centro dei loro discorsi, della loro vita e, con il sacrificio di Lily, persino della loro morte, era Harry il centro di tutto.
Mai una volta mi sono sentita nominata da loro, come se quella notte non ci fossi stata anche io a vederli morire.
No, Voldemort voleva Harry; l’importante era salvare lui, non me.
Ecco perché quella notte non ho pianto: anche se nel mondo magico mi chiamano tutti con il mio vero cognome, sono e resterò per sempre una Collins.
E i miei genitori, quelli che mi hanno scelta, sono ben contenti di tutto ciò, anche se hanno accettato con entusiasmo l’idea che andassi a studiare a Hogwarts.
Si sono persino offerti di dare ospitalità a Harry, dal momento che i suoi zii, evidentemente delusi dal fatto che la Strega Suprema non lo avesse fatto a pezzi, non ne volevano più sapere di lui.
Ne abbiamo discusso a lungo, quella notte, specie dopo l’arrivo di Silente, il nostro futuro Preside.
Di maghi così, credevo che ne esistessero solo nelle illustrazioni dei libri.
Albus Silente, l’unico mago che Voldemort non ha mai osato sfidare apertamente, è un uomo anziano, alto, con la lunga barba argentea e il cappello a punta.
È estremamente saggio e conosce un sacco di incantesimi che io non avrei neppure osato immaginare.
E devo ammettere che è anche dotato di un certo senso dell’umorismo.
Anche lui ha un debole più per Harry che per me, si intende.
Anche quando siamo arrivati a scuola, era Harry quello che stava sempre nel suo ufficio a confidarsi con lui.
Pazienza, visto che anche io, nel mio piccolo, avrei trovato il mio punto fermo tra i professori di Hogwarts, l’ultimo che mio fratello avesse osato immaginare: Severus Piton, l’insegnante di Pozioni.
Lui e Harry si sono odiati dal primo giorno in cui abbiamo messo piede a scuola, ma in un modo così viscerale che per un certo periodo del primo anno ho temuto che il professore stesse tentando di ucciderlo.
Per fortuna, mi ero sbagliata.
Piton, nonostante l’aspetto assolutamente repellente, con il suo lungo naso adunco e i capelli unti, è davvero la persona più straordinaria che abbia mai conosciuto.
Nonostante non sopporti Harry, dal momento che gli ricorda nostro padre James (con cui, a quanto pare, non andava molto d’accordo), il professore ci tiene veramente a noi.
Quando in primo anno Voldemort, ridotto a un relitto ma pur sempre letale, è riuscito a penetrare all’interno delle mura di Hogwarts, lui ha fatto di tutto per proteggerci.
Nonostante Harry rimedi spesso punizioni e rimproveri da parte sua (non a torto, dal momento che a Pozioni è davvero una frana!), quando ci troviamo veramente nei guai, lui è il primo a difenderci, anche a costo di mettere a repentaglio la sua reputazione.
Fa parte del personaggio che si è costruito attorno, il fatto di risultare odioso con tutti, compreso il fatto di essere il Direttore della Casa di Serpeverde, avversaria storica di noi Grifondoro.
 
Non che io e Harry non andiamo d’accordo, anzi!
Lui è il mio punto di riferimento in questo mondo affascinante e pericoloso in cui siamo stati catapultati improvvisamente.
Credo che, senza di lui, non andrei da nessuna parte.
Dopo essere sopravvissuti alla Strega Suprema, ci siamo trovati ad affrontare avventure e pericoli inimmaginabili.
La notte della sua caduta, infatti, Voldemort non è stato annientato del tutto, ma continua ad aggirarsi simile a uno spettro, privo di qualsiasi cosa che possa somigliare a un corpo, ed è proprio questo a renderlo così pericoloso.
Non sappiamo infatti come catturarlo o annientarlo e per di più, proprio grazie a questa forma, egli può tornare quando meno ce lo aspettiamo, possedendo altre persone e oggetti assolutamente insospettabili.
Durante il nostro primo anno, per esempio, si era impossessato del professor Raptor, il nostro insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure, spuntandogli dalla nuca come un mostruoso Giano bifronte.
L’anno successivo, è riuscito a introdursi nuovamente all’interno della scuola celato tra le pagine di un comunissimo diario.
Insomma, per me e per Harry, ormai rassegnati al fatto di essere nelle sue mire, non ci è restato che unirci e combatterlo.
Ormai credo che sia lo scopo della mia vita, quello di respingere le Arti Oscure.
Non le sopporto, a tal punto di sentirmi male quando un mago oscuro si trova nelle immediate vicinanze.
Non sto scherzando.
Ecco come, proprio quest’anno, sono riuscita a smascherare un impostore che si era introdotto tra le mura di Hogwarts, anche se, a causa del mio eccessivo buonismo, sono arrivata troppo tardi, quando quell’essere spregevole aveva già consegnato Harry nelle mani di Voldemort.
Sì, proprio quella notte, la prima in cui io e mio fratello siamo stati di nuovo divisi, l’uno senza l’altra, Lord Voldemort è riuscito a tornare.
Ora non so che cosa accadrà, ma avverto un grande cambiamento che sta per stravolgere di nuovo tutto quello che conosco.
Non so per quale motivo, forse proprio per il fatto che siamo gemelli, tra me e Harry esiste un legame profondissimo, che va al di là di qualunque barriera.
Siamo molto simili, sia fisicamente che nel nostro carattere estremamente litigioso, e per questo non riusciamo a vivere l’uno senza l’altra.
Ci confidiamo sempre tutto: gioie, dolori, sogni, speranze e paure.
Nessuno dei due si muove se l’altra non è al suo fianco, pronta ad aiutarlo al momento del bisogno.
Siamo indivisibili, due anime complementari nate lo stesso giorno, da un feto che improvvisamente ha deciso di dividersi in due.
Abbiamo la stessa anima, la stessa essenza.
Morirei, se sapessi che dovrei stare lontana da lui, o che litigassimo senza la speranza di riconciliarci.
Tante volte ho temuto per la sua vita e lui ha fatto lo stesso per la mia.
È come se fossimo uno l’angelo custode dell’altra.
Dal mio canto, io non ho cicatrici brucianti sulla fronte o altri poteri extra che gli ha lasciato Voldemort, ma in compenso sono dotata di altri piccoli segreti, come per esempio quello di poter percepire la presenza di un mago oscuro nel raggio di pochi metri (il che, vista la frequenza con cui il nostro nemico usa le spie, è di vitale importanza) e il dono di prevedere il futuro.
È così che abbiamo salvato Edmund.
Per quasi quindici anni, è stato tenuto prigioniero dalla Strega Suprema e neanche lui sa dirci perché.
Lo teneva sepolto vivo nella sua villa di Cambridge, dove ha ucciso numerose delle sue vittime.
Sì, anche dopo il suo fallimento nel tentare di ucciderci, Alhena Black ha continuato a coltivare i suoi sogni di sterminio di quella parte dell’umanità da lei considerata troppo poco magica.
All’inizio del mio quarto anno, ovvero quasi un anno fa, quella donna orribile è tornata a rapire i figli dei Babbani, che rispuntavano fuori ormai morti dopo mesi.
Susan Pevensie, una delle mie amiche più care, ha preso molto a cuore la questione, visto che la Strega Suprema le aveva già portato via un fratello, David.
Era sempre molto tesa e spaventata, proprio come me, che nello stesso tempo cercavo di indagare sulla sicario di turno inviato a Hogwarts per uccidere Harry.
È stato proprio in quel periodo che ho cominciato a sognare Edmund.
Compariva a intervalli di tempo regolari, una volta al mese circa, chiedendomi disperatamente aiuto.
Io non avevo la minima idea di chi fosse, né perché si stesse rivolgendo proprio a me.
Quando l’abbiamo portato in salvo a Hogwarts, pallido e febbricitante, non ero neanche pienamente sicura che fosse stata davvero sua intenzione quella di chiamarmi.
Fatto sta che, proprio la notte in cui Harry è stato consegnato nelle mani di Voldemort, io e altri miei amici, tra cui Susan, ci siamo trovati di nuovo prigionieri della Strega Suprema.
Ed è stato proprio quella notte che ho sentito Edmund gridare dalla sua cella.
Quel grido, per quanto spaventoso e straziante, è bastato a salvargli la vita.
Abbiamo forzato la serratura della sua prigione e lo abbiamo portato con noi.
Povero Ed!
La sua è una storia terribile, da film dell’orrore.
Quando ha ripreso i sensi, diverse ore dopo averlo portato in salvo, ci ha raccontato di non avere assolutamente idea di chi fosse, né perché la Strega Suprema (morta poche ore dopo la nostra fuga, sicuramente per mano di Voldemort) ce l’avesse tanto con lui.
Alla fine, la famiglia di Susan, già di per sé molto allargata, ha deciso di adottarlo.
Ora vive con loro.
 
Mi chiedo spesso come stia, qui dall’Austria.
Sono quasi due settimane infatti con non ho notizie di lui, né di Harry.
Non appena è finita la scuola, Silente ha scritto alla mia famiglia, raccomandandosi che lasciassimo l’Inghilterra per un po’.
Da quello che ho capito, non eravamo al sicuro.
Non lo era neanche Harry.
Mi domando allora perché non gli ha permesso di partire con noi, come ha sempre fatto negli ultimi tre anni.
Mi limito a fidarmi del mio vecchio.
Seguendo alla lettera i suoi ordini, siamo andati nella località più babbana possibile, il che significa che non ho la possibilità di inviare gufi ai miei amici, in particolar modo ai Pevensie, Ron e Hermione, e l’idea di spedirgli Ulisse, il mio pegaso (un regalo di Hagrid per i miei dodici anni!) mi sembra un tantino dispendiosa.
Confidavo nel fatto di riuscire a contattare Susan e Hermione per telefono, ma quelle due imbranate lo tengono sempre staccato!
Per fortuna, domani chiuderemo le valige e torneremo finalmente in Inghilterra.
Non che l’idea di trovarmi in un paese piegato in due dalla paura con un pazzo assassino che mi dà la caccia mi alletti un granché, ma si dà il caso che quel paese è la mia casa.
Ormai ho accettato pienamente il fatto di essere una strega, una strega destinata a combattere le forze del male.
Lo so, sembra un po’ scontata come frase, ma è così che stanno le cose.
Non vedo l’ora di riabbracciare Hermione e Susan.
Anche Ron, il mio primo amore, mi manca, anche se la nostra amicizia non sarà mai più quella di prima, non dopo che gli ho confidato i miei sentimenti.
Sono molto curiosa di sapere come sta Edmund, se si trova bene con la nuova famiglia e se ha già comperato le cose per il suo primo anno a Hogwarts.
E poi c’è Harry, il mio adoratissimo fratellone, che mi manca più di tutti.
So che ci aspetta un anno difficile e non oso pensare che cosa affronteremo.
L’importante è arrivarci insieme, come abbiamo sempre fatto.



Angolo me

Ciao a tutti! :)
Era da tempo che volevo scrivere una storia intermedia tra i primi due capitoli della mia fanfiction e ora, dopo parecchi ripensamenti, eccola qua, tutta per voi!
Spero che anche questa breve storia vi piaccia come le altre (tra l'altro, ho La profezia perduta che necessita di recensioni, qualora abbiate voglia di curiosare).
Che ne dite di Lily Collins nelle vesti di Jane?
Ho sempre pensato che si somigliassero...
Aspetto vostri pareri, belli o brutti che siano!
Un bacio e a presto!

F.


 
 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Le Cronache di Narnia / Vai alla pagina dell'autore: _Fedra_