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Autore: lady hawke    21/12/2013    3 recensioni
Tristano Gianduia è un uomo ordinario con un lavoro noioso e per niente speciale, ma ciò non gli impedisce di vivere grandi avventure e di influire sulla Grande Storia in modi inaspettati. Non importa che le cronache non lo citino mai, lui c’è e ogni tanto è bene parlare di lui e di come sconfisse il Temibile Smaug.
Genere: Commedia, Generale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Smaug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Ladyhawke
Fandom: Lo hobbit
Titolo:  Ordinario come un cambio di stagione
Personaggi:  Nuovo personaggio
Riassunto:  Tristano Gianduia è un uomo ordinario con un lavoro noioso e per niente speciale, ma ciò non gli impedisce di vivere grandi avventure e di influire sulla Grande Storia in modi inaspettati. Non importa che le cronache non lo citino mai, lui c’è e ogni tanto è bene parlare di lui e di come sconfisse il Temibile Smaug.
Rating: Per tutti
Word:  2725
Generi:  generale, commedia, parodia
Avvisi: Questa storia uscì dalle chiacchiere mie e di Charme, mentre pensavamo alla perfetta arma per scacciare un drago. Non ho idea del perché a me sia venuto in mente di parlare di un esattore delle tasse molto precisino, ma è accaduto. Non me ne vogliano gli eroi veri, perché li amo, ma è giunta l’ora del riscatto della gente comune.
Note:  Dedicata alle Muse, che mi coccolano e mi vogliono bene come se fossi una piccola bambina bisognosa di affetto. Per chi è riuscito a diventare una parte importante di me in poco tempo, per chi è lontano fisicamente ma vicino nel cuore. Buon Natale da Lokili :3
Beta: Nessuno.








“Perché non sei il tipo dell’eroe, Charlie Brown?”
“Beh… perché suppongo che se non sei il tipo dell’eroe non sei il tipo dell’eroe”
“PIANTALA DI CITARMI SHAKESPEARE”
Schultz.


In un luogo come la Terra di Mezzo è facile parlare di grandi personaggi, di eroi, di guerrieri, o di crudeli entità maligne. Tutte le guerre, tutte le grandi storie partono da uomini, da nani, da hobbit o da elfi che sono piccoli ed insignificanti solo in apparenza, e che poi si dimostrano capaci di grandi cose. 
E gli altri?
Creature normali dalle vite normali ed un po' noiose, che portano avanti mestieri poco gratificanti, ma che lo fanno con estrema dignità. Tra questi c'è il protagonista della nostra storia: Tristano Gianduia. 
Tristano Gianduia non era originario della Terra di Mezzo, ma veniva da una landa assai lontana, chiamata famigliarmente Cuneo. Aveva sognato per anni di vivere magiche avventure, e aveva avuto un'infanzia popolata da creature straordinarie e paesaggi immaginari grandiosi. Poi era cresciuto, si era ingrigito e aveva iniziato un lavoro noioso e monotono, in un ufficio più grigio di lui. Nonostante il suo io bambino fosse ancora vivo in lui, non aveva preso molto bene la proposta del suo capo di diventare esattore ed esecutore di sfratti in giro per il mondo. Era però così che era capitato nella Terra di Mezzo, luogo dal quale, per un motivo o per l'altro, non se ne era mai più andato. 
Era un solitario, aveva pochi amici e lavorava sodo. Era un precisino in tutto, caratteristica che, dicevano, non gli avrebbe mai fatto trovare una moglie. Tristano Gianduia, con i suoi occhialetti di metallo dorato, i suoi calzoni grigi, i suoi stivali consumati e la sua casacca scura non dava molta importanza a queste voci: "Mi piace essere attento, che c'è di male?"
Naturalmente, benché noioso, il suo lavoro lo rendeva spesso antipatico alla gente, ma Tristano era così preciso, attento e scrupoloso, che tutti finivano sempre per arrendersi al suo volere. Per questo il suo capo lo teneva in gran conto, affidandogli i casi più difficili. 
E proprio in questo modo si ritrovò, in un giorno molto ordinario della sua vita, a vivere quella che avrebbe potuto diventare una grande avventura. 
Le commissioni della settimana giungevano invariabilmente il sabato mattina, dando a Tristano il tempo di organizzare i suoi viaggi e i suoi spostamenti con calma e precisione, così come piaceva a lui. Quel sabato mattina trovò un unico incarico per la settimana a venire, e citava un nome che egli, come molti altri, aveva creduto solo leggendario: Erebor, casa del drago Smaug. 
Lesse il fascicolo con attenzione: un enorme drago sputa-fuoco aveva illegalmente occupato un intero regno di nani da più di centosettant'anni seminando il panico e non pagando né affitto, né penali, né niente. Era una missione pericolosa, a quanto leggeva. Smaug era dormiente, ma correva il rischio di svegliarsi da un momento all'altro e si supponeva che non fosse soggetto amante delle trattative. Era un incarico ad altissimo rischio, e per questo alto era anche il compenso. Tristano rilesse bene la missiva, studiò i carteggi e poi s'apprestò a partire. 
"Tristano, ma sei pazzo? Farà di te un arrosto se vai!"
La domenica sera, al Pub Il fante lestofante, in molti tentarono di dissuadere il buon signor Gianduia, e coloro che rimasero zitti lo fecero solo perché erano stati a loro volta sfrattati da lui tempo prima. Si tentò di convincere Tristano in tutti i modi, ma egli non cedette, e il lunedì partì di buon mattino, poco prima del sorgere del sole. 
A questo punto del racconto, tutti gli eroi delle epiche storie che vengono narrate si ritroverebbero in balia di nemici, deviazioni, incontri strani e avventure fantastiche, ma Tristano Gianduia era un uomo comune, per cui non gli capitò niente di interessante. Ruppe il laccio di una scarpa, che sostituì al primo villaggio che incontrò, e dormì nelle locande. Nessuno gli rubò il cavallo, e nessuno gli diede saggi consigli per la sua missione, visto che fu abbastanza furbo da non parlarne con nessuno.
Perciò tutto filò liscio e giunse a Pontelagolungo di venerdì. Lo straniero Tristano non diede spiegazioni del suo arrivo, e non raccontò niente a nessuno. Lavorava sempre sotto copertura, e far sapere al villaggio che avrebbe svegliato un drago mortale che era il loro vicino di casa non sarebbe servito a niente. Si spacciò per un naturalista, e nessuno disse granché, se non: "I forestieri sono sempre strani."
Dormì tranquillo, Tristano, perché anche se si trattava di un enorme drago sputa-fuoco era solo un cliente, e come tale l'avrebbe trattato, ovvero con rispetto e fermezza. Vide l'alba illuminare d'oro il lago, e trovò la cosa di ottimo auspicio. Si vestì con cura, fece una lauta colazione e s'avviò verso Erebor, premurandosi che nessuno potesse seguirlo.
Quando giunse alla grande porta che era stata l'antico ingresso del regno dei nani la trovò ermeticamente chiusa e sprangata: niente di più normale. Chi infrange la legge di solito non ama rendere facili le cose. Tristano Gianduia, armato dei suoi vestiti, di una penna d'oro come i suoi occhiali e di una valigia, fece quello che doveva fare senza indugio, e bussò alla porta. 
Bussò e bussò, fino a che non sentì i cardini cigolanti ruotare su loro stessi. Una piccola fessura della porta si aprì, lasciando entrare un o spiraglio di luce dentro la cupa tana di Smaug. Tristano smosse un po' la porta, e si intrufolò all'interno della casa. 
"Ehilà? C'è nessuno? Mi chiamo Tristano Gianduia e sono un esattore." 
Nessuno rispose, ma una colonna di fumo salì dalle profondità della montagna, avvolgendolo. Doveva essere il drago, e Tristano si apprestò a seguire la scia, per essere guidato fino al padrone di casa. 
Il percorso era piuttosto accidentato; le scale erano rovinate, i passaggi spesso ostacolati da detriti e da quelli che sembravano essere cadaveri carbonizzati.
I vecchi inquilini non apprezzeranno affatto quello che troveranno al loro rientro, pensò Tristano tra sé e sé.
“Signor drago?” chiamò di nuovo. Era affacciato su quella che era stata un’enorme sala del trono, dal pavimento coperto da montagne di monete preziose. In mancanza di risposte, Tristano chiamò ancora, e una valanga d’oro scivolo verso il basso, mostrando l’occhio di un enorme drago sputa-fuoco.
“Ah, ma allora è in casa! Benissimo.” Chiocciò Tristano Gianduia. “Ho temuto che questo posto fosse deserto, e mi sarebbe dispiaciuto dover tornare, è un caso molto importante.”
Il drago si stiracchiò mostrandosi in tutto il suo tremendo terrore, ma Gianduia da Cuneo non ne sembrò poi impressionato.
“Chi siete e come avete fatto ad entrare?” la voce arrivò e avvolse l’uomo come una nuvola di nebbia: era profonda e magnifica.
“Tristano Gianduia, esattore di imposte. Sono entrato bussando, la porta si è aperta ed eccomi qua. Avrei alcune cose da discutere con lei, le spiace?” Tristano non si perse d’animo, prese un plico di pergamene molto molto grande e lo srotolò davanti a sé, lasciando che cadesse nel vuoto dell’altissima sala che si estendeva parecchi metri sotto il camminamento su cui si trovava.  
“Lei deve molti soldi all’Autorità, e su di lei ci sono accuse ben pesanti, sa?”
“Quale Autorità? Chi mai potrebbe mettersi a giudicare me?” Smaug alzò la testa con fare orgoglioso.
“L’Autorità, quella che mi paga lo stipendio e regola un po’ il tutto, in generale.” Tristano inspirò profondamente, poi attaccò con la sua bella tiritera. “Lei è accusato di aver dato lo sfratto ad un intero regno senza autorizzazione, di aver sottratto titoli nobiliari alla famiglia dei Durin di Erebor, di non pagare le tasse dovute da…” Tristano si aggiustò gli occhiali sul naso “da davvero parecchi anni. Abbiamo portato pazienza per un po’, ma nonostante i solleciti e le missive mandate non è cambiato niente. Anzi, lei è accusato di aver incenerito un paio di nostri dipendenti. La sentenza è chiara, lei deve essere sfrattato.”
Fece un sorriso di circostanza, il piccolo esattore; un modo semplice per entrare in contatto con il suo cliente.
Smaug, tralasciata la perplessità iniziale, rise. “E che cosa farai tu, piccolo umano?”
“La costringerò a restituire Erebor a chi l’ha ereditata dai suoi avi.”
“Mai!” la voce di Smaug rimbombò per tutta la sala, mentre la sua coda sbatteva con violenza sulla montagna d’oro.
“Per iniziare, potrebbe pagare le sue tasse. Lo smaltimento dei rifiuti, l’uso dei camini, la manutenzione…”
Smaug era perplesso. Non sentiva odore di paura, in quel piccolo ometto, ma solo un’accecante determinazione. “Camini? Un drago dovrebbe davvero usare camini? Da dove pensi che venga il fuoco, sciocco umano?”
“Ah, non mi interessa da dove lo prende, ma per ogni camino si paga la tassa di proprietà, che lei non ha pagato e che non hanno pagato nemmeno gli eredi dei Durin, essendo stati espropriati, lei capisce…”
“Io abbandonerò mai il mio tesoro.”
“Tecnicamente è il tesoro dei nani…” corresse Tristano.
“Non sono qui a riscattarlo.” Smaug si mosse, girando intorno al punto in cui sostava Tristano. “E di certo se ci provassero farebbero la tua stessa fine.” Il drago soffiò in direzione del piccolo esattore e una nuvola di fuoco lo avvolse. Tristano rimase imperturbabile, anche se il suo documento pieno di accuse svanì in una nuvola di fumo.
“Ci siamo organizzati. Abiti ignifughi, sa?” disse, ridacchiando appena. “E per i documenti…” trafficò con una delle sue tasche, posando la valigia accanto a lui, poi srotolò un nuovo plico. “Ne ho tante copie.” Tossicchiò appena. “Come dicevo, l’ammontare dei suoi debiti è una cifra bella alta, ma non la salverà in ogni caso dallo sfratto, perciò se volesse cortesemente uscire senza destare disturbo negli abitanti di Pontelagolungo…”
“Non ho alcuna intenzione di andarmene da qui, e tu, che a stento potresti essere il mio pranzo,  di certo non potrai cacciarmi.” Il drago aprì le ali e si gonfiò, come a dimostrare che era davvero davvero un grandissimo drago.
“Ho i miei sistemi.” Rispose Tristano, tranquillo, “ma non mi piace usarli, se non le dispiace… preferirei davvero che lei comprendesse la situazione e agisse con coscienza e buonsenso.” Continuava ad essere cortese e a dare del lei, il buon Gianduia, nonostante Smaug avesse dimostrato di avere ben poca cortesia, per lui. Questo non lo sconvolgeva affatto; era abituato alla gente difficile, anche se Smaug non poteva essere catalogato come “gente”.
“COSCIENZA!” tuonò il drago, furioso. “BUONSENSO! Oh, piccolo umano, sei tu che non hai idea di quello a cui stai andando incontro!” con un colpo di coda Smaug colpì una delle colonne portanti del camminamento su cui sostava Tristano, facendolo crollare. Il povero esattore perse l’equilibrio e scivolò giù per metri, finendo per crollare su uno dei cumuli d’oro presenti a Erebor. Il nuovo plico di accuse andò perduto nella confusione e nel parapiglia del momento, e lo stesso fece la valigia.
La faccenda si fa seccante. Pensò Tristano, rimettendosi in piedi, dolorante e acciaccato, pensando al da farsi. Attese che Smaug si avvicinasse di nuovo, pronto a tentare di incenerirlo di nuovo.
“Non mi piace come si sta comportando, ma se è questo ciò che desidera allora vorrà dire che ricorrerò alle maniere meno cortesi.” L’uomo si mise una mano in tasca e ne estrasse un piccolo tubetto, dopodiché glielo spruzzò sul naso. “Ghiaccio secco, dotazione standard per i casi come il suo.”
Smaug fece un balzo indietro non appena venne colpito, andando a sbattere con la testa contro un’altra enorme colonna. Iniziò poi a starnutire forte sempre più forte. Cercò di chiamare a sé il fuoco, ma dalla bocca non gli uscì nulla, se non un po’ di fumo, come avrebbe fatto un cucciolo di pochi mesi. Il drago era a dir poco furioso, e Tristano non aveva difficoltà a comprenderlo, ma questo non lo fece cedere nemmeno un po’. Era pagato per la sua inflessibilità, del resto.
“Ho altro ghiaccio, e se insiste glielo spruzzerò sugli occhi.” Minacciò l’esattore, avanzando. “Ho dei lacci in resina di carbonio che possono mozzare le sue unghie e limare i suoi denti. Se ci tiene a fare pasti solidi, in futuro, le consiglio caldamente di andarsene.”
Il povero Smaug ringhiò, pestò le zampone, tentò di nuovo di incenerire Tristano, ma tutto quello che riuscì a fare fu starnutire e starnutire, mentre l’esattore gli metteva una guinzaglio al collo e lo accompagnava fuori, versò la porta principale di Erebor.
Fu lì, una volta che giunsero alla luce del sole, che innanzi a loro si mostrò una cospicua compagnia di nani e un hobbit. Tutta la compagnia assunse un’espressione assai sconcertata, davanti a quello spettacolo. Erano armati fino ai denti, minacciosi e pronti a battersi contro un terribile mostro. Quello che avevano davanti al naso li coglieva del tutto impreparati.
“Chi siete voi?” tuonò il capo della spedizione in direzione dello sconosciuto.
“Tristano Gianduia da Cuneo, esattore delle imposte.” Si presentò.  “Ho sfrattato il drago che aveva occupato questo regno secondo i termini di legge rilasciati dall’Autorità. E voi?”
“Io sono Thorin Scudosiquercia, questa è la mia compagnia e questa è la mia casa” Rispose il nano, sospettoso, mentre osservava il drago starnutire.
A quelle parole, Tristano si illuminò. “Oh! Ma che fortuna, voi! Proprio voi! Sono felice di potervi dire che il regno è stato liberato or ora. Mi dispiace dell’attesa, ma non pensavamo che Smaug desiderasse installarvisi tanto a lungo.” Si sistemò gli occhialetti sul naso, stringendo la mano a un Thorin davvero annichilito.
“E come avete fatto a catturarlo?” chiese un nano quasi imberbe, curioso.
“Io non… io non…” Smaug starnutì. “Non sono stato catturato!” Sbattè le ali, e cercò di liberarsi. “Io distruggerò tutto e tutti. E mangerò tutti i nani che…” starnutì sette volte “che incontrerò… a partire dagli eredi dei Durin e da Pontelagolungo!”
Tristano diede uno strattone al guinzaglio rudimentale che aveva realizzato, facendo cadere Smaug a terra. “Ve lo consegno, Re sotto la Montagna. Il drago e il regno sono di nuovo vostri.”
Thorin rimase senza parole, e prese in mano la corda di resina di carbonio. “Io… noi…”
Tristano, che non era un eroe ma era un uomo normale, sorrise: “Il difficile sta a voi ora. Fare il re, disfarsi del drago, ricostruire tutto, là dentro. La vostra missione è comunque appena agli inizi. Raccontate di un’epica battaglia, tutti ameranno la vostra storia.”
E incurante dei balbettii della compagnia intera, Tristano Gianduia si avviò verso casa soddisfatto e contento, ma con una gran necessità di fare un bagno e di comprarsi un completo nuovo. Sentì il piccolo Hobbit pigolare qualcosa del tipo “Dunque avete ancora bisogno di me?” e sentì Smaug ululare qualcosa sullo sterminare la stirpe dei Durin, ma non se ne preoccupò. Non aveva interesse di quello che sarebbe accaduto all’usurpatore, e sperava che i nani potessero riprendersi la montagna con agio. Tristano era sempre stato uno che teneva in gran conto la correttezza e la giustizia.
Si stupirono tutti nel vederlo tornare a casa poco dopo, vivo e illeso, e tutti gli chiesero come aveva fatto, ma Tristano non parlò: il suo mestiere esigeva discrezione e segretezza, clausole che lui rispettava volentieri. Mesi dopo giunsero notizie del Re sotto la Montagna, dell’epica uccisione del temibile drago e della riconquista da parte di Thorin Scudodiquercia, e tutti immaginarono che Tristano si fosse salvato grazie alla presenza di un manipolo di nani agguerriti. Tristano sorrise e non disse niente. Agli eroi la gloria, alla gente comune il lavoro di sempre. Non gli dispiaceva, e preferiva così. Gli fu difficile però spiegare cosa contenesse il pesantissimo pacco proveniente da Erebor che gli venne recapitato a casa poco tempo dopo il suo rientro, e si inventò una scusa, perché non avrebbe proprio saputo spiegare come mai l’avido Re Thorin gli avesse reso in dono tanto oro quanto il suo sfortunatamente scarso peso.
Tristano inviò al re un piccolo pensiero di ringraziamento e un piccolo messaggio: con i migliori auguri di un regno lungo e prospero, ecco un tubetto di ghiaccio secco, per ogni drago che vorrà in futuro insidiarvi casa.
Cinque anni dopo fu ospite d’onore al matrimonio del re, anche se di lui non si fa cenno nelle cronache; né in quella di Bilbo, né in quella di Ori.
L’epica impresa di Tristano Gianduia da Cuneo rimase ignota a tutti, ma cambiò le vite di molti in modo ordinario e scontato come fanno i cambi di stagione, ma non per questo meno degno di nota. 
  
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