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Autore: Kia85    22/12/2013    12 recensioni
Liverpool 1961. Quando John Lennon riceve in regalo cento sterline, non pensa molto prima di chiedere al suo amico Paul McCartney di unirsi a lui in un viaggio all’insegna dell’avventura, un viaggio che cambierà la loro vita, la loro amicizia e li preparerà a essere Beatles.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon , Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ultimo capitolo per kiki e tutte le volte che mi ha incoraggiato.

 

Ticket to Paris

 

Capitolo 16: “Insieme

 

Il mattino seguente il risveglio di John non fu molto diverso da quello del giorno prima, eppure la sensazione che stava provando era lievemente differente. Una sensazione che assomigliava molto a quando gli veniva una sbronza euforica, di quelle che fanno sentire onnipotenti e più felici che mai, ma nello stesso momento aveva il vantaggio di non dover affrontare alcuno stordimento  che gli impediva di capire le nozioni più banali e soprattutto gli effetti decisamente spiacevoli del dopo-sbornia. Insomma era euforico, ma ben consapevole di ciò che era successo e continuava a succedere.

Per esempio, John capiva che non aveva alcuna voglia di aprire gli occhi. Mormorò distrattamente, mentre scacciava la sua coscienza che cercava in qualunque modo di svegliarlo quando lui, invece, non era ancora pronto per affrontare un nuovo giorno. Era così difficile per lei capire che John voleva solo restare lì, con gli occhi chiusi, nel calore del letto?

Nel calore di Paul.

Paul.

Paul era l'altra cosa che John capiva. Paul era il motivo per cui il risveglio di quella mattina era stato diverso. Con gli occhi chiusi e abbracciato a lui, John poteva ancora rivedere e rivivere la miriade di emozioni provate nella notte appena trascorsa. John si strinse a lui inconsapevolmente e quando la luce che illuminava la camera divenne troppo forte, tanto che John poteva vederla riverberare sulle sue palpebre, il ragazzo decise finalmente di aprire gli occhi.

Il suo cuore balzò improvvisamente in gola: la visione era la stessa del giorno precedente, ma molto più emozionante per i ricordi che suscitava.

Le ciocche scure dei capelli di Paul che gli solleticavano il naso, erano arruffate e sparse sul cuscino, risaltando in un contrasto perfetto con il bianco della federa. Gli piaceva che i capelli di Paul fossero così scuri, almeno avevano un colore ben preciso, al contrario dei suoi che non si capiva bene che colore avessero, come se rispecchiassero John, John che era un’unica incertezza. Paul no, Paul era il suo completo opposto, Paul era determinazione.

Era una cosa che John non aveva mai notato prima d’ora, quanto gli piacessero i suoi capelli, neanche la sera prima, quando aveva invertito le loro posizioni e Paul era finito, ridendo, con la testa sul cuscino, o quando John aveva nascosto il viso nel collo del ragazzo e la sua mano si era chiusa nei capelli di Paul, scompigliandoli ancor di più.

A quei ricordi John sospirò, sfiorando la spalla del ragazzo con le labbra e scivolando poi sul collo, lasciando una scia di baci sul suo percorso. La sua mano accarezzò il petto nudo di Paul, allargandosi all'altezza del cuore e attirandolo a sé. Paul mormorò un verso indistinto e profondo e John sorrise malefico perché voleva svegliare Paul, voleva essere la causa del suo risveglio, del suo dolce, eccitante risveglio. La bocca di John dedicò tutte le sue attenzioni al collo del giovane e il suo naso sfiorò la parte dietro l'orecchio inspirando a fondo il suo odore, che era una fragranza inebriante, l'odore di Paul unito a quello di John. Fragranza perfetta. John indugiò nella sua opera fino a quando Paul non si mosse, segno evidente che si stava svegliando una volta per tutte. 

Il ragazzo si stiracchiò un po’, cercando di non sciogliere l’abbraccio di John, anzi lo consolidò maggiormente, portando una mano sul braccio di John e afferrandolo per evitare che si spostasse.

Ora che finalmente anche Paul era sveglio, John non sapeva cosa dire né fare. Cosa puoi dire al tuo migliore amico dopo aver trascorso insieme a lui una notte come quella? Non poteva semplicemente comportarsi come se non fosse accaduto nulla. Non lo desiderava affatto, anzi, lui voleva parlarne, voleva parlarne con Paul per sempre. E la verità era che c'erano così tante cose da dirgli, che John rimase semplicemente in silenzio, concedendo la prima mossa a Paul.

"Ciao, John."

Ecco. Questo poteva essere un buon inizio, e John sorrise fra sé pensando che anche la parola più semplice e sì, banale, sembrava tanto speciale pronunciata da Paul.

Come il nome di John. John non era mai stato così bello e importante come quando durante quella notte era stato sulla bocca di Paul, sussurrato ad ogni sua carezza, unito ai suoi gemiti quando John aveva spinto in lui, e infine dipinto con le tonalità dell’estasi nel momento del piacere estremo.

"Ciao, Paul." gli disse, avvicinando le labbra al suo orecchio.

Il suo respiro accarezzò la pelle sensibile del suo viso, arrivando a sfiorare il collo ove causò un brivido che percorse tutta la schiena di Paul: questa era premuta contro il petto di John, una schiena forte e larga che si era inarcata con movimenti sinuosi quando John l’aveva fatto suo, quando aveva sollevato e l’aveva circondato con le sue gambe, le stesse che ora erano intrecciate con quelle di John.

John percepì perfettamente il brivido, coinvolse anche il suo corpo e fu alimentato ulteriormente da quelle immagini che proprio non avevano intenzione di lasciarlo in pace. Non che gli dispiacesse, in fondo John sapeva di essersi addentrato in qualcosa da cui non poteva più né voleva tornare indietro.  

“Come ti senti?” chiese poi, decidendo che fosse una domanda opportuna da fare in una situazione del genere.

Paul ridacchiò, prima di voltarsi verso John e rispondere, “Mi fa male il culo.”

“Davvero?” esclamò lui, ridendo insieme a Paul, “A me sembra che tu stia più che bene.”

Sembrava così, il sorriso di Paul era più che genuino, il colorito del suo viso era leggermente arrossato, e il battito del suo cuore era regolare e intenso, tutte cose che indicavano quanto stesse bene.

“Beh, da fuori non si capisce. So sopportare il dolore molto bene e in silenzio, io.” esclamò rivolgendogli un occhiolino piuttosto eloquente.

John aggrottò la fronte, perplesso, “Stai forse insinuando che io invece non sia in grado di farlo?”

“Se tu l’hai dedotto, allora vuol dire che c’è un po’ di verità. Ricordi quando siamo arrivati a Calais, la rissa al pub? Quanto ti sei lamentato per un insignificante occhio nero?”

“Questa sarebbe la gratitudine per aver difeso il tuo onore.” sbottò John, offeso.

Paul rise e lo fece sdraiare sulla schiena, appoggiando il proprio petto sulla sua spalla: “Non è questo il punto. Il punto è che io tollero di più il dolore. Prova a immaginare questa notte a ruoli invertiti. Non oso pensare alle lamentele.”

John storse le labbra, riflettendo sulle parole di Paul. Lui era stato bravissimo, non un singolo ripensamento gli aveva attraversato la mente, neanche quando sul suo viso era apparsa una smorfia di dolore, perché tutto ciò che voleva era stare con John e il resto non aveva alcuna importanza. Tuttavia John sapeva di essere cambiato ora, desiderando fare cose che prima non avrebbero neanche potuto sfiorare i suoi pensieri più audaci. Grazie a Paul, sapeva che poteva lasciarsi andare a nuove esperienze e l’esperienza più allettante ora, era proprio Paul.

“Allora perché non mi metti alla prova?”  

“Adesso?”

“Sì, perché no?” gli chiese John, afferrandogli il viso con una mano per avvicinarlo a sé e baciarlo.

Paul si concesse di godere quel bacio per qualche istante, prima che il terribile pensiero di quella giornata lo sopraffacesse.

“E’ una tentazione irresistibile, John, ma dobbiamo partire ora, o forse preferisci che la nostra amica salga per buttarci fuori e ci trovi in situazioni compromettenti?”

John sbuffò, consapevole del fatto che Paul avesse ragione. Eppure non voleva lasciarlo andare, voleva passare tutta la giornata in quel letto, con Paul.

“Perché non restiamo qui?”

“A letto?” domandò Paul divertito.

“A Parigi.”

Paul sospirò abbandonando la testa sul petto di John, lasciando che lui gli accarezzasse la schiena gentilmente.

“Pensaci, perché dovremmo tornare? Qui possiamo avere quello che vogliamo, trovare un lavoro, vivere insieme…imparare il francese!”

La risata di Paul fu soffocata contro la pelle calda del petto di John, “Oh sì, non vedo l’ora.”

"Se lo volessimo davvero, potrebbe diventare possibile." continuò John e la sua voce assunse le tinte della rassegnazione.

Paul sollevò il capo per osservare la sua espressione sconsolata ed era evidente che come Paul, John non pensava davvero di restare in quella città. Certo, l'idea era allettante ma a Liverpool li aspettavano le loro famiglie, a cui John e Paul volevano molto bene. E li aspettavano anche i Beatles e tutto ciò che sarebbe scaturito da quel gruppo. Il futuro era ancora un'incognita per Paul, ma di una cosa era certo. John sarebbe stato accanto a lui. Sarebbero stati insieme e insieme potevano arrivare lontano, molto lontano.

Così si chinò avvicinandosi al viso del ragazzo e lo baciò dolcemente, aspettando che John ricambiasse come segno che un po' di malinconia fosse sparita.

"Lo sai, vero, che a Liverpool o a Parigi, le cose non cambieranno? Sarò sempre quell'idiota che hai baciato nella piccola stanza di una stupida pensione."

"Potrò continuare a baciarti anche a Liverpool?"

"Solo se lo vorrai davvero."

"Lo voglio. Davvero."

Paul gli sorrise e il suo sorriso gli fece venire il batticuore. Era qualcosa che John non aveva mai provato. Non si era mai visto John Lennon arrossire per un semplice sorriso, da parte di un ragazzo per di più.

Per questo, sapeva di cosa si trattasse, un sentimento nobile e sconvolgente, quello che John non pensava potesse mai provare, davvero, in quel modo che occupava tutti i suoi pensieri, accompagnava tutte le sue parole e i suoi gesti.

In quel modo che John desiderava ardentemente dirlo a Paul, prima che quel viaggio finisse.

“C’è un’altra cosa che voglio, sai?” esclamò John, facendo scorrere le sue mani sulle sue spalle.

“Ah sì, cosa?” domandò incuriosito.

“Io…” iniziò, la voce tremava, ma lui era sicuro che poteva farcela, soprattutto se continuava a guardare negli occhi dell’altro ragazzo, “Paul, io ti…”

“Cazzo!” esclamò all’improvviso Paul, alzandosi dal letto e controllando l’orologio sul comodino, “Hai visto che ore sono?”

“Ma-?”

“E’ tardissimo, John! Se non ci diamo una mossa, non riusciremo mai a prendere il treno delle 10.”

“Paul?” cercò di chiamarlo John, ma Paul sembrava aver sviluppato un’improvvisa incapacità di ascoltare la voce di John.

“Dobbiamo ancora sistemare gli zaini.” disse il ragazzo, recuperando i suoi vestiti sparsi per la stanza, “E prendere da mangiare per il viaggio. Non ce la faremo mai.”

John si alzò in piedi e cercò di fermare e calmare l’agitato Paul, ma questi sparì improvvisamente nel bagno, lasciando John solo nella stanza.

Cos’era successo? Perché Paul era fuggito in quel modo?

John davvero non riusciva a capire. Era pronto per rivolgergli le parole più importanti di tutta la sua vita, nonostante avesse paura che Paul potesse reagire male. Forse non proprio male, ma di certo non si aspettava che gli saltasse con le braccia al collo, urlandogli che ricambiava totalmente quello che provava lui.

Invece Paul no, Paul gli aveva impedito perfino di parlare per qualche motivo, e ora John era lì, in piedi, con il suo cuore in mano, rosso e caldo e palpitante.

Ma John non si sarebbe arreso. Doveva ancora arrivare il giorno in cui John avrebbe gettato la spugna davanti a qualcosa che risultava essere più difficile del previsto.

****

Alla fine riuscirono a prendere in tempo il treno.

Il viaggio di ritorno verso Calais fu più rapido dell'andata. Sicuramente era dovuto al fatto che avessero preso un treno, piuttosto che affidarsi al non sempre affidabile autostop. Ma John sentiva che in qualche modo il tempo, crudele, aveva deciso di scorrere più velocemente quel giorno. Le sue membra stanche furono grate, ma il suo cuore batté irrequieto, suggerendogli che lasciare Parigi era la cosa più stupida che stesse facendo. Ne sentiva già la mancanza.

Salutare Parigi non fu facile. John dovette ammettere che quella città l’avesse colpito direttamente al cuore. Era esattamente il luogo in cui gli sarebbe piaciuto vivere un giorno, ogni via di quella città sussurrava parole di arte e di amore, le due essenze che costituivano l’anima di John.

Certo, Paul aveva contribuito notevolmente a farlo innamorare di Parigi. D’ora in poi, ogni luogo della città avrebbe ricordato a John un momento ben specifico di quel viaggio con Paul. Paul, che ora dormiva tranquillamente con la testa sulla sua spalla. Erano sul treno per Calais, lì dove avrebbero preso nuovamente il traghetto per raggiungere la terra natia, sperando che Paul non si sentisse male come all’andata. Era uno dei motivi per cui John aveva consigliato a Paul di dormire un po’ prima della traversata. Con il corpo più riposato, avrebbe affrontato meglio la parte più difficile del viaggio.  Poi da Dover avrebbero preso un altro treno per Liverpool, consumando così le ultime sterline rimaste a John.

Il respiro di Paul gli sfiorava il collo, facendolo rabbrividire e riportandolo in un istante a quella mattina, nel letto insieme al ragazzo.

John aveva raccolto tutto il coraggio che aveva per convincersi a dire quelle due semplici parole a Paul. Tuttavia lui non aveva voluto sentirle. John era certo che Paul avesse capito, cosa stesse per dirgli. Era evidente, glielo si leggeva in faccia. Paul era sempre stato un libro aperto per lui, e ora lo era ancor di più. Paul doveva aver visto quel sentimento sul volto di John e gli aveva impedito di trasformarlo in parole e quindi, in qualcosa di molto più concreto, in vibrazioni dell’aria che lo avrebbero accarezzato e fatto rabbrividire.

Non capiva però perché non le volesse sentire. Insomma, non era come se gli stesse per dire “ti odio, ti detesto, vai a quel paese”. No, dannazione! Stava per donargli le parole più difficili che John avesse mai rivolto ad anima viva. E Paul, invece, gli aveva sbattuto la porta in faccia.

Ma John doveva dirglielo, prima di arrivare a Liverpool, per fargli sapere che quello che era successo era qualcosa di molto caro a lui, che John avrebbe fatto di tutto per far funzionare questa nuova intesa, questo dolce e intenso scambio di sentimenti.

Appoggiando il capo al finestrino, John sospirò e lasciò che il suo sguardo si perdesse nelle campagne francesi. La giornata era bellissima e chissà, forse avrebbero potuto anche passare la traversata della Manica sul ponte di coperta, con l’aria fresca dell’oceano che scompigliava i capelli.

Quando salirono sul traghetto, Paul sembrava stare bene, John lo notò con piacere. Decisero di affacciarsi alla ringhiera di prua, per godere del panorama prima che il sole tramontasse e loro non potessero vedere nient’altro che oscurità. Alle loro spalle, la Francia, quella terra magica che John non pensava potesse essere così speciale, né che potesse avvicinarlo ancor di più a Paul. Davanti a sé, l’Inghilterra, la sua casa, lì dove tutto era iniziato con Paul. E al suo fianco, lui, Paul.

Paul che John non si stancava mai di guardare, Paul che a ogni sguardo gli causava un piccolo sussulto al cuore. Come poteva John essere così preso da lui, come poteva non essere in grado di distogliere lo sguardo da qualcosa che non fosse lo stesso Paul? Non era proprio come se John non l’avesse mai visto bene. John conosceva tutto di Paul: le sue guance rotonde, il naso dalla forma corretta, l’arco perfetto delle sopracciglia, i grandi occhi maliziosi e dolci, il modo in cui la barba di qualche giorno decorava il contorno delle sue labbra soffici…tutto era così familiare per John, eppure ora, ad ogni sguardo era come se John lo vedesse per la prima volta.

Dio, Paul accendeva così tanti sentimenti in lui che John davvero non poteva dare altro nome a questo incredibile miscuglio. Quel nome con la A, quel nome che tutti cercano ossessivamente e solo pochi sono così fortunati da trovare. E John, John il fortunato, l’aveva trovato.

“Paul?”

Il ragazzo si voltò verso di lui, guardandolo con un sorriso tranquillo sul volto, “Mh?”

“Devo dirti una cosa.”

L’espressione di Paul cambiò drasticamente, trasformandosi in un istante in qualcosa di tanto affettuoso quanto sofferente. Certo, lui sapeva cosa voleva dire John. Lo sapeva da quella mattina. L’aveva percepito quando aveva visto gli occhi di John brillare nei suoi, e solo Dio sapeva quanto Paul avesse sempre desiderato sentirgliele pronunciare di fronte a lui. Tuttavia, in qualche modo, Paul era consapevole che non fosse giusto. Non era così che dovevano andare le cose.

“John, so cosa vuoi dire, ma ti prego, non farlo.” gli rispose, lasciandolo totalmente a bocca aperta.

“Perché?” domandò perplesso, con un pizzico di delusione che contorse i suoi lineamenti.

“Perché non puoi dirlo ora, qui, come se tutto ciò che è accaduto fosse stata solo colpa di Parigi e del viaggio. " gli spiegò, abbassando il capo, "Come se non lo pensasse il vero John.”

“Non è colpa del viaggio.” protestò vivacemente John, sollevando nuovamente la sua testa, dopo avergli afferrato il mento, “Lo sai che non è così.”

“Allora dimmelo quando saremo a Liverpool, dimmelo in un luogo a noi caro, lì dove entrambi apparterremo per sempre. Altrimenti sarà come se lo volessi lasciare alle tue spalle, fuori dalla nostra vita.”

John lo guardò, senza poter nascondere il suo disappunto, e nonostante ciò, poteva capire l’obiezione di Paul e si ritrovò a condividerla. Era vero, in fondo, questo sentimento non era così nuovo e non era certamente nato a Parigi, non apparteneva a quel viaggio. Apparteneva a loro e loro appartenevano a quella cittadina un po’ nauseante, un po’ malridotta e decisamente non affascinante come Parigi, ma era sempre casa.

“D’accordo.”

Paul gli sorrise riconoscente, prima di voltarsi per guardare nuovamente l’orizzonte di fronte a loro.

“Ma…” continuò John, avvicinandosi a lui, tanto da potergli sussurrare all’orecchio, “Quando lo dirò, tu cosa risponderai?”

Paul ridacchiò e nonostante il freddo, John giurò che fosse anche arrossito lievemente.

“La stessa cosa, ovviamente.”

John sentì il cuore sussultare nel suo petto. Aveva pensato che forse la cosa avrebbe potuto spaventare Paul, renderlo insicuro, forse avrebbe pensato che confessarlo a parole fosse troppo per loro.

Ora, invece, scopriva che non era così e Paul condivideva quelle parole, le sentiva tanto quanto John e come lui, era pronto a donargliele. Nel luogo più giusto, però.

John sorrise, prima che il pensiero successivo lo facesse ridere sommessamente.

“Cosa?” chiese Paul, voltandosi a guardarlo incuriosito.

“Scusa, ma non è come se l'avessimo già detto?”

Paul si unì a lui, ma ben presto le risate scemarono e il giovane guardò a lungo John negli occhi. 

“In realtà, l’abbiamo solo intuito, John. Sentirlo dire è diverso. È sempre diverso.” gli spiegò serio, prima di afferrargli la mano e stringerla con forza, “Promettimi che me lo dirai comunque.”

“Certo.” esclamò John, rassicurandolo dolcemente e facendo intrecciare le loro dita, nonostante il timore che qualcuno potesse vederli, “Certo che te lo dirò.”

Paul annuì, più a se stesso che a John, rincuorato dalla sua stretta e dal coinvolgimento della sua voce. Poi, a malincuore, lasciò andare la sua mano e incrociò le braccia sulla ringhiera, abbassandosi per appoggiarci il mento.

“Allora, che dici?” disse con un sospiro, “Siamo pronti per tornare alla nostra vita di sempre?”

John lo osservò, pensando a fondo alla domanda. No, non era pronto. Non era fottutamente pronto per tutto ciò che avrebbero trovato. Dopotutto, c'erano ancora tante domande a cui rispondere, domande che si avvicinavano inesorabilmente, come loro si stavano avvicinando alle bianche scogliere di Dover.

Domande che coinvolgevano tutte le persone a loro vicine, le loro famiglie, le loro ragazze, i loro amici, il loro gruppo…

No, John non sapeva cosa li avrebbe aspettati, una volta tornati a casa. Sapeva solo poche cose.

Sapeva che sarebbe stato qualcosa di grandioso.

Sapeva che l'avrebbe vissuto con Paul.

E a quel pensiero, un dolce sorriso si allargò sulle sue labbra e John non poté fare a meno di allungare una mano, per scompigliare affettuosamente i capelli di Paul.

 “No, ma sono pronto per una nuova vita con i Beatles e con te.”

Era la fine di un viaggio, ma ancor più importante, era l'inizio di una nuova grande avventura. Insieme.

 

 

Fine

 

Note dell’autrice: non pensavo davvero di arrivare a questo momento, ma ce l’ho fatta. Yeah. È sempre un po’ triste finire una long, ma sono anche felice perché l’ho completata. :D

Grazie a kiki, naturalmente, per aver corretto la storia e sopportato le mie paturnie.

Grazie a chi ha seguito la storia con affetto e ha recensito e inserito la storia tra le preferite.

Grazie anche a chi ha seguito in silenzio, se voleste commentare alla fine, mi farebbe piacere.

Prossimo progetto? Pensavo una long AU, che però deve essere progettata molto bene, e intanto pensavo a una oneshot natalizia e la 30 OTP challenge.

Spero che l’ultimo capitolo vi sia piaciuto. J Qui trovate un collage con le foto di Parigi che ho fatto per la pagina Two of us: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=512743678824968&set=a.332931313472873.70075.332778433488161&type=1&theater¬if_t=like

A presto e Buon Natale.

Kia85

   
 
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