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Autore: 13Sonne    18/05/2008    6 recensioni
"Moriremo tutti. Vero. Allora perchè non scommetterci sopra?"
Undici concorrenti in un videogioco dove la morte è sempre dietro l'angolo: in sottofondo, il continuo parlare di due speaker annoiati e sarcastici.
"Scommettiamo che sarà il gioco più venduto dell'anno?"
Genere: Generale, Dark, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Happy Game

<< -Salve a tutti, tesorini coperti di profumato caramello zuccheroso. Con una carica di allegria che tanto mi fa venir voglia di affogarmi in una piscina di miele vi do il benvenuto alla prima giornata di questo nuovo, fantastico videogioco. Ancora non abbiamo deciso il nome, ma siamo felici lo stesso, vero? La voce che sentite appartiene a me, Goth. Si, lo so, è un nome ridicolo, ma ho sempre sospettato che i miei genitori facessero parte di un complotto ordito per rendere la mia vita miserabile.- >>
 

Non riusciva a capire: quella voce apparteneva ad un maschio o ad una femmina? Il nome non dava un aiuto a rispondere a quella domanda, e la voce era strana: o era un po’ mascolina oppure fin troppo femminile, non riusciva bene a capire.
Non che per Shadi cambiasse davvero qualcosa: maschio o femmina che fosse, se avesse voluto gli sarebbe comunque bastato un semplice gesto per far cadere quel… Goth ai suoi piedi. Goth come chiunque altro.
Si guardò di nuovo allo specchio, cercando di vedere se c’era qualcosa che non andava nel suo aspetto: controllò ogni centimetro di stoffa alla ricerca di un qualche granello di polvere, si accertò che i suoi capelli fossero ancora lucidi e perfettamente pettinati, e quando finalmente decise di essere ad un livello accettabile di bellezza ammiccò al proprio riflesso.
Irresistibile. Shadi sillabò la parola, lentamente, senza però emettere un suono: era ir-re-si-sti-bi-le.
 

<< -Io sono Los, e non so voi ma mi sto già annoiando.- >>
<< -Los, oltre a fare evidentemente parte del suddetto complotto, è anche il secondo speaker di questo gioco. Insieme commenteremo, parleremo e guarderemo tutto ciò che accade.- >>

 

Bambole. Ninon si ritrovava in un negozio di bambole.
Milioni di occhi di vetro la fissavano. Pietre di ogni colore, verde, blu, marrone, incastonate in un freddo involucro candido come la neve coperto con deliziosi vestitini di pregiata fattura. Piccoli contenitori vuoti che l’osservavano, con un fragile sorriso dipinto in rosso scarlatto.
Ninon, tenendo per mano il suo orsacchiotto, si avvicinò ad uno scaffale, attirata da una bambola in particolare. Aveva i capelli neri- come lei. Gli occhi blu- come lei. La pelle bianca- come lei.
La bambina posò una mano sulla guancia della bambola, trasmettendole il suo calore- poi la buttò a terra, seguendo la traiettoria di ogni singolo pezzo di porcellana.
L’unica spiegazione che decise di dare al suo orsacchiotto, per spiegare quello strano comportamento, fu che lei era la regina delle bambole. Lei poteva farlo, e lo aveva dimostrato.
Strinse l’orsacchiotto al petto, chinandosi di fronte ai cocci della bambola, e cominciò a raccoglierli uno per uno.


<< -Noi vediamo ognuno di voi, ovunque esso sia. Noi siamo onniscienti. In questo gioco, noi siamo Dio.- >>
 

Corey sorrise ascoltando la frase del secondo speaker- Los. ‘In questo gioco, noi siamo Dio ’.
Era vero per loro come era vero per tutti: nei giochi chiunque poteva essere chiunque.
Ecco perché i videogiochi erano così amati: perché si poteva essere qualcun altro. Quello era l’unico modo in cui Corey potesse essere importante, temuto.
Non che nella realtà virtuale il suo aspetto fisico fosse cambiato, era sempre un debole bambino di undici anni. Tuttavia quello era il suo posto, il suo habitat naturale: sapeva cosa fare e come agire.
Aveva solo bisogno di comprare le attrezzature adatte e di collegarsi al programma: due operazioni che probabilmente avrebbero richiesto un giorno di gioco.
Alla fine di quel giorno, però, tutti avrebbero cominciato a tenere in considerazione quel debole bambino di undici anni.
 

<< -…Certo, Los. Ad ogni modo, noi non possiamo intervenire mai.- >>
<< -Come Dio.- >>
<< -Vorrei approfittare di questo momento per ricordare che avendo firmato il contratto avete accettato di non farci causa. Grazie per l’attenzione.- >>

 

Meredith era troppo occupata ad essere sicura che i suoi biondi capelli color del grano baciato dal sole del mattino di una candida giornata di primavera fossero morbidi e setosi per ascoltare una sola parola di ciò che stavano dicendo i due speaker.
La risoluzione grafica di quel gioco era splendida: riportava con precisione la perfezione delle sue curve, il candore della sua pelle, riusciva persino a ricreare il blu ‘mare profondo e tempestoso a mezzanotte mentre un faro lo illumina in lontananza’ dei suoi occhi.
Sorrise, cercando di mostrarsi timida ma al contempo noncurante: mentre tutte le altre ragazze, al suo posto, sarebbero andate in giro a vantarsi di quel meraviglioso corpo, lei invece si comportava in modo diverso. Lei era matura, intelligente, ma totalmente incompresa, sempre oggetto delle prese in giro delle sue amiche perché invidiose del suo corpo perfetto.
Nessuna la capiva; ecco perché lei doveva vincere quel gioco. Doveva riscattarsi, doveva far valere i suoi diritti, doveva dimostrare di essere davvero diversa dalle altre.
Camminò verso la porta, prendendo un pacchetto di sigarette dai suoi sicuramente anti-conformisti pantaloni a vita bassa, e cominciò a pianificare i suoi movimenti per i giorni a venire.
 

<< -Le regole sono semplici: l’ultimo che sopravvive vince. I partecipanti possono tentare di uccidere gli altri, ma è stancante, inutile e fin troppo noioso. Dovete sapere che le probabilità che accadano incidenti mortali sono state alzate di brutto: in poche parole, se nessuno va in giro ad uccidere gli altri dovrebbe esserci una media di due morti a giornata. Come vedete è inutile sprecare energie in questo modo, perché fra, uuuh… cinque giorni di gioco più o meno dovrebbe essere tutto finito. Rilassatevi e divertitevi.- >>
 

Oliver e Nicolas erano comodamente seduti su un divanetto di un pub desolatamente vuoto, assorbendo passivamente le informazioni che uno degli speaker – Los, se non si sbagliavano – stava dando.
Non avevano bisogno di parlare, per capirsi. Forse perché erano gemelli, oppure perché, nella loro vita, non si erano mai separati per più di cinque minuti: certo era che la maggior parte delle volte pensavano le stesse cose nello stesso momento.
In quell’istante, ad esempio, non avevano neanche dovuto guardarsi per decidere che le prime ore di quella giornata andavano spese nell’ozio più totale. Certo, Nicolas era giunto a quella conclusione convincendosi che in realtà avrebbe pensato ad un piano per vincere mentre Oliver cercava solo di godersi quella pace prima che il fratello lo spingesse a fare qualcosa di stupido e pericoloso, ma ciò che importava era il risultato: e come al solito, anche percorrendo diverse strade, quello era lo stesso.
 

<< -A parte l’ovvia incapacità di fare le tabelline del mio collega, vorrei solo aggiungere che essere in un videogioco non vi libera da bisogni quali, ad esempio, mangiare o dormire. Partite con una riserva iniziale di 500 monete, una somma soddisfacente di crediti che probabilmente si esaurirà più o meno il secondo giorno.- >>
<< -A meno che non decidiate di dormire sotto un ponte e mangiare spazzatura.->>

 
Celia sorrideva ascoltando le parole degli speaker. Quella specie di vacanza dal lavoro la rendeva felice; era davvero tutto più divertente oppure era solo la sua immaginazione?
Non le importava, non tanto quanto ordinare un gelato. Sapeva che non ne avrebbe sentito il gusto, ma – forse grazie all’eccellente grafica – le coppe in fotografia erano semplicemente irresistibili.
Avrebbe speso delle monete per niente, però come poteva resistere?
Il gelataio – un NPG, personaggio non giocante – era in quel momento occupato, ma per Celia non era un problema. La semplice idea che il giorno dopo non avrebbe dovuto andare al lavoro rendeva tutto più leggero, in un qualche modo. Semplice.
 

<< -Per guadagnare monete basta trovare un lavoro, fare qualcosa di utile nella città e così via. L’affitto delle camere è giornaliero, ed avete un massimo di due giorni di ritardo sul pagamento. ->>
<< -Il resto potete pure scoprirlo da soli, buona giocata e divertiteci.- >>

 

Daniel era estasiato al pensiero di poter passare due giorni senza far nulla. Certo, avrebbe dovuto lavorare, ma quanto poteva essere duro il lavoro in un videogioco? Al massimo noioso.
Gli piaceva pensare che quella nuova esperienza potesse dargli l’ispirazione per un nuovo libro: non aveva mai venduto dei best seller, ma almeno aveva i soldi per mangiare.
Il problema era che i soldi stavano diminuendo in fretta, e presto avrebbe dovuto chiedere dei prestiti per poter sopravvivere: quindi o vinceva il videogioco, sperando che il premio fosse in denaro, o riprendeva l’ispirazione.
Ma d’altronde Daniel era un ottimista. Se non vinceva e non superava il suo blocco dello scrittore, almeno avrebbe vissuto una bella esperienza prima di potersi impiccare.
 

<< -Un ultima cosa…- >>
<< -Aah, basta! Hanno capito, possono andare avanti da soli!- >>

 

Gwen non era particolarmente felice di essere li. Certo, vincere era sempre bello, e se il premio poi era in denaro la cosa si faceva anche interessante, ma non gli erano mai interessati i videogiochi. A parte per venderli, ma quello era un altro conto.
Il vero motivo per cui si trovava lì era suo marito: neanche i due figli, suo marito.
Perché sapeva che era inaffidabile, come sapeva che non tutte le ragazze che adoravano i videogiochi erano così brutte: quindi, essendo lei dell’idea che un tradimento rimane un tradimento anche se virtuale, voleva essere presente per ucciderlo sia via gioco che in realtà.
Quello non voleva comunque dire che doveva sprecare quella interessante esperienza, e poi doveva tenersi in allenamento: avrebbe avuto bisogno di crediti, e la cassa del negozio ne era spaventosamente piena…
 

<< -Un ultima cosa. Potrete scommettere su chi sopravvivrà fino alla fine o su chi sarà il prossimo a morire. La seconda opzione, in caso di vincita, vi darà l’occasione di accumulare crediti, mentre la prima vi darà una parte del premio finale. E ora, Los, so che scalpiti: dai inizio al gioco.- >>
 

Sid era in un negozio di vestiti. Ironico, considerando che era da una settimana che era vestito allo stesso modo.
Non importava. D’altronde non era di vestiti puliti che aveva bisogno.
Uscì dal negozio e si guardò attorno, cercando il primo vicolo scuro in cui rintanarsi: di solito quelli si andavano a cacciare nei posti peggiori, quindi aveva più possibilità di trovarne uno se cominciava a cercarlo da lì.
C’era anche la probabilità che non ci fossero. Sid ebbe un brivido al solo pensiero, stringendosi così tanto il braccio destro da piantarci le unghie.
Certo che c’erano- nell’annuncio dicevano che il gioco riproduceva fedelmente la realtà, quindi un pusher c’era di sicuro. Ci doveva essere.
D’altronde che male poteva fargli? Era vero che aveva deciso di partecipare al gioco per tentare di smettere, ma era realtà virtuale, quindi non si avvelenava davvero. Non poteva fargli male.
Quella sarebbe stata l’ultima pillola, poi si sarebbe pulito. Sì, si sarebbe pulito- però aveva maledettamente bisogno di quell’ultima dose.

 
<< -Era ora. Le scommesse sono aperte: signori, faites vos jeux.- >>
 

Faites votre jeux: per Dodger non c’era una citazione più azzeccata.
Si trovava in quello che era il suo paradiso e il suo inferno insieme: una sala giochi. Un’enorme e abbastanza vuota sala giochi, a parte per i croupier.
Con un sorriso da un orecchio all’altro ed il braccio destro che, da solo, si era mosso a prendere una moneta, Dodger capì che molto probabilmente sarebbe morto in quel posto- o avrebbe vinto in quel posto.
Si fermò, ragionando: perché doveva sprecare i suoi soldi in quel modo? Era in un videogioco e quindi vinceva solamente crediti- senza contare che, andiamo, quante volte gli sarebbe capitato ancora di trovarsi in una realtà virtuale? Avrebbe dovuto godersi quella esperienza, no?
Scosse la testa, inserì la monetina nella slot-machine ed abbassò la leva, gridando di gioia quando poi uscirono tre monetine.

(-*O*-)

Nota d'Autore: Allez, mon petite! Chi vincerà mai? Chi sarà il primo a dire addio alla storia? Ma soprattutto, qualcuno mi sa dire chi è mai la Mary Sue? Ho sentito che si è intrufolata nel mio scritto e non riesco a trovarla- OH MY GOD! T-T

  
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