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Autore: The Odd Storyteller    31/12/2013    7 recensioni
Quante volte ci lamentiamo della nostra noiosa routine giornaliera? Quante volte ci sentiamo annoiati e svogliati? Quante volte ci siamo alzati dal letto con l'unico intento di tirare un pugno in faccia a chi ci ha svegliato?
Per farvi conoscere delle persone che stanno peggio di noi e stemperare le tensioni della giornata ecco a voi un interessante documentario sulla giornata tipo del truzzo qualunque!
Genere: Demenziale, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1: Del Risveglio

Buongiorno, cari (te)le(spe)tt(at)ori! Il nostro racconto comincia alle ore 7.09 del giorno xx/xx/20xx. Dirigendoci con molta cautela verso la stanza dove giace il nostro protagonista, e parlando a voce bassa (anzi, bassissima, mi raccomando!) possiamo vederlo addormentato sul suo letto in una posa talmente plastica da sfidare persino le leggi della geometria euclidea. Manca davvero poco al risveglio; ma lui non lo sa, continua placidamente a dormire con un rivolo di bava che cola dall’angolo della bocca curvata in un sorriso semi-ebete, perso in chissà quale sogno. Probabilmente uno molto bello, data l’espressione grottesca dell’intero suo viso – come sappiamo tutti, durante il sonno i maschi regrediscono a uno stato pre-Homo Sapiens o addirittura Neanderthalensis, collocabile forse ai primordi dell’Homo Erectus, al contrario delle donne il cui volto si fa sereno e angelico – e dalla già citata bocca sorridente; trattandosi però di un ragazzo adolescente dell’età di sedici anni e di conseguenza completamente assoggettato al più colossale cancan di ormoni che essere umano possa mai sperimentare, non credo di allontanarmi troppo dal vero ipotizzando un coinvolgimento di un qualsiasi esponente del sesso a lui opposto in un qualsiasi momento di un qualsiasi atto che la comprenda in una qualsiasi posizione in un qualsiasi stato diverso dal “totalmente vestita”. Insomma, avete capito.

"Driiiiiiiiin!!"

"Mmmmhhhhhhggggggrrrrrr…"

Ohibò! Ecco che la sveglia compie il suo dovere trillando allegramente per destare il nostro protagonista, il quale si lancia in un’invettiva dal contenuto non del tutto chiaro contro di essa; in questo caso, però, mi sento in dovere di solidarizzare con lui.

"Gionataaaaaan! Svegliatiiiiii!!"

Eccola! Restando attentamente in disparte, facciamo conoscenza della gentile genitrice del nostro protagonista. Protagonista che, come avrete intuito, ha un nome che potrebbe essere frutto della grande fantasia di una persona che si sia lanciata in spericolate sperimentazioni di stampo postmoderno. O, più semplicemente, di una persona stupida.

"GIONATAN!! ALZA QUEL TUO DANNATO CULO DAL LETTO!!!"

Credo che il lettore abbia ormai scelto quale delle due interpretazioni possibili sopraelencate sia anche la più probabile. Ma non lasciamoci distrarre dalla madre del protagonista! Possiamo infatti ammirare Gionatan (che, per carità di lingua, d’ora in poi mi obbligherò a chiamare Jonathan) mentre si lancia in uno sbadiglio così profondo che sembra voler ingoiare più aria possibile prima che finisca, talmente profondo che si provoca involontariamente un fastidioso crampo alla mascella.

"Awww!! Aaaaaaawwwwww!!"

Il dolore fortunatamente ha anche un effetto positivo, eliminando dal nostro eroe pressoché ogni residuo di sonno e desiderio di accoccolarsi sotto delle calde e comode e morbidissime coperte per tornare a dormire; eccolo mentre si siede e sbatte le ciglia con un’espressione che tradisce tutto il sonno che ancora lo opprime. Guarda la sveglia – 7.12 – e decide finalmente di appoggiare prima un piede poi l’altro per terra; ecco che finalmente si china in avanti, flette le gambe e suuuu!, si innalza in piedi pronto per una nuova giornata di grande fatica e profondo impegno; ed ecco che, appoggiando un piede davanti all’altro, si dirige verso il bagno e, raggiunta la tazza, vi si lascia andare a peso morto, abbassandosi nel frattempo pantaloni e mutande con un unico secco gesto che non sembrava decisamente in grado di fare, data la vitalità di un bradipo sciancato imbottito di valium; ed eccolo mentre si libera delle scorie che il suo corpo ha prodotto nelle ultime ore, con un’espressione ebete simile a quella notturna – espressione stranamente affezionata al suo viso – e vari rumori di sottofondo che lascio alla vostra immaginazione. Dopo un tempo ragionevolmente lungo il Nostro finisce l’evacuazione generale, agguanta senza guardare con la mano destra un po’ di carta igienica e la utilizza per il fine per cui è stata pensata nonché prodotta; si alza e gira la leva dello sciacquone, perdendo lo sguardo nella pinna marrone che affonda lentamente ma vorticosamente e inesorabilmente nel temibile Maelstrom che si è creato con l’azione della sua mano, sapendo cosa prova un demiurgo, in grado con il gesto di una mano tanto di creare quanto di distruggere.

Ma anche il demiurgo più potente si sporca le mani, ed essendo il nostro Johnny decisamente meno potente di molti altri demiurghi veri o immaginari, e anzi probabilmente ignorando persino il significato della parola “demiurgo” ammettendo pure che ne conosca l’esistenza, si vede costretto dalle circostanze e dal buon costume a lavarsi entrambe le estremità degli arti anteriori, per poi tuffare il suo viso in quelle stesse mani appena mondate da qualsiasi lordura umana e non, al fine di mondare pure quello usando quel derivato di grasso animale – spesso associato alla civiltà, nonostante lo utilizzassero i barbari galli ma non i colti e raffinati romani – noto alle masse con il termine di “sapone”. Terminato il processo immerge il suo viso questa volta in soffici panni asciutti, arrossandosi il viso e arruffandosi i pochi capelli ribelli che si rifiutano di adeguarsi alle regole del nero casco Lego di capelli che il Nostro mantiene sulla testa, e poi finalmente si dirige famelico verso l’oggetto dell’ultima necessità umana fondamentale per la sopravvivenza che ancora non ha soddisfatto, c’est à dire il cibo (naturalmente considerando come valida anche una soddisfazione di uno dei suddetti bisogni che sia solamente illusoria), pronto a ingollare qualsiasi cosa capiti nel raggio del suo sguardo e possa essere appetibile a un paffuto bambino particolarmente ingordo di zuccheri e grassi –  così come probabilmente ha stabilito la nostra evoluzione, essendo questo tipo di cibo particolarmente utile alla sopravvivenza in casi di scarsità di viveri; però l’evoluzione è tarata su un periodo ormai fortunatamente o sfortunatamente passato e lontano, e questo istinto si sta rivelando più che altro un poderoso alleato tanto dei capitalisti delle ditte di merendine quanto del sig. Diabete e della sig.ra Morte – e robe simili; apre la dispensa e si getta con il sempre presente sguardo ebete su ogni confezione di plastica a portata di zampa – che cambino colore o nome o quantità e tipo di ingredienti non fa alcuna differenza – per poi spalancare con un gesto trionfale il frigorifero talmente pieno che sembra voler sputare sul nostro eroe per fargli fare la stessa ingloriosa fine dell’Imperatore Barbarossa, e subito dopo abbrancare con decisione un bottiglione di Coca-Cola ancora sigillato.

Essendo finalmente entrato in possesso degli ingredienti fondamentali per una sana colazione vitaminica all’italo-americana, calcia vigorosamente una sedia e ci si lascia andare con la stessa eleganza di poco fa sulla tazza del suo bagno, chiudendo nel frattempo l’anta del frigorifero usandola come perno per sedersi – un’operazione che sembra aver richiesto diversi anni di pratica, data l’estrema fluidità del gesto nonostante l’evidente sua pericolosità – per potersi poi lanciare sul carburante che lo sosterrà nella impegnativa giornata odierna ma che probabilmente lo porterà anche più rapidamente all'incontro con la gentile sig.ra Morte, a cui già prima accennavo; carburante che viene divorato in modo rapido, efficace e famelico, tanto che in neanche due minuti giacciono sul tavolo i poveri resti degli involucri dilaniati come da una mina antiuomo e il bottiglione di Coca-Cola pieno solo a metà, mentre il Nostro è stravaccato in un momento di estatica e beata contemplazione dei santi e beati del Paradiso dei Lipidi, in cui scorrono fiumi di lardo fuso, piovono gocce di trigliceridi e crescono storti steli di grassi insaturi, manifestando la sua compiaciuta soddisfazione con un poderoso e possente rutto. È in questa condizione di beato trasporto che sua madre fa gentilmente irruzione dentro la cucina, e vedendo la sua indegna prole nello stato di cui sopra esplode in un impetuoso

"Ancora fai colazione con quella roba? Ma che cos’hai nel cervello, una scimmia ubriaca?"

a cui il nostro risponde con un prevedibile quanto poco furbo

"Se tu non le compravi non le mangiavo"

seguito da un ironico

"Cos’è, se ti compravo un pannolino con stronzo incluso ti mangiavi pure quello?"

al quale segue un temerario

"Nono lo lasciavo a voi…"

la cui ovvia risposta è un efficace ceffone portato con una precisione chirurgica sulla guancia destra con il dorso della mano destra, altro gesto che sembra avvenire abbastanza di frequente data la mirabile maestria con cui è stato compiuto.

"Non osare mangiare quella roba, capito stronzetto? Sennò vedi come ti concio"

ed è con questa battuta che esce di scena, varcando a passo di marcia l’uscio della cucina verso ignote faccende domestiche. Faccende che non ci riguardano, essendo il protagonista il nostro caro Jonathan; il quale, dopo essersi ripreso dal micidiale uppercut, sembra voler inviare telepaticamente alla madre una serie di improperi degni del sergente maggiore dei Marines di un certo vecchio film, anche se l’effettiva riuscita di un simile e portentoso evento sarebbe più che altro un pretesto per nuove e probabilmente letali odiate azioni di odiata ultra-violenza da parte dell’odiata genitrice.

Con un’espressione della faccia che urla tutto quello che la bocca si limita solo a borbottare, il Nostro procede dapprima a riposizionare il bottiglione nel luogo appropriato e poi a gettare nell’immondizia i residui del lauto banchetto, per poi dirigersi con passo altalenante verso il bagno, suo prossimo obiettivo, una volta raggiunto il quale acchiappa malamente lo spazzolino e dopo averne esageratamente coperto le setole con il dentifricio lo caccia con un impeto all’interno della sua cavità orale, cominciando poi a strofinarsi con foga i denti, utile a ripulirli da qualsiasi seppur minimo residuo di cibo oltre che a sfogar il montante nervosismo. Riesce per nostra fortuna in entrambi i suoi intenti, in particolare nel secondo e più indiretto; ma questo anche grazie al fatto di essere perfettamente consapevole di non stare preparandosi per la scuola, bensì per una giornata di fancazzismo più puro. L’idea lo esalta a tal punto che la bocca gli si allarga sempre più in un ghigno, malevolmente compiaciuto per la propria scaltrezza per un piano che aveva già applicato numerose volte in passato, ovvero scrivere qualche scusa a caso falsificando la firma della madre sul libretto; ed è con questi pensieri che il nostro si sveste del pigiama, per poi rivestirsi con degli indumenti che per una qualunque persona dotata non di buongusto, ma quantomeno non daltonica, parrebbero perlomeno bizzarri, ovvero: scarpe Adidas bianche senza lacci; calzini spaiati (uno verde a righe nere, uno rosso a righe azzurre); jeans larghissimi, con la vita talmente bassa da mostrare dieci centimetri buoni di boxer bianchi con la scritta ARMANI, così bassa nonostante una evidente e grossolana cintura che, oltre a essere palesemente falsa, evidentemente sembra non fare neanche bene il suo lavoro; maglietta rossa di D&G aderente fino all’inverosimile; e una felpa, un caleidoscopio di colori probabilmente in grado di far cadere per terra sbavando e mordendo nella foga di un attacco epilettico chiunque posi incautamente lo sguardo su di essa.

Una volta finita la solenne vestizione si controlla attentamente allo specchio, con uno sguardo che nelle sue intenzioni dovrebbe forse essere un incrocio tra quello di Jules mentre catechizza Brett e quello di Eric intento ad abbracciare Tin Tin – anche se il Nostro non ha la minima idea di chi essi siano – ma che di fatto finisce per offrire un'involontaria notevole interpretazione del parimenti a lui sconosciuto Frank-N-Furter; per poi passare a pose da macho degne di Rocky mentre prova i suoi nuovi regali.

Signori, ciascuno accresce la propria autostima nutrendo il proprio ego o, come direbbe qualcun altro, compiendo gesti o azioni che corrispondano al e fortifichino il proprio sé ideale: certo non possiamo biasimarlo! Inoltre, sfido chiunque di voi a negare di aver mai fatto una cosa del genere. Su, siate sinceri con voi stessi. Tra l’altro, va detto, queste sono osservazioni compiute nella più totale violazione della privacy, azione che non è proprio proprio buona e giusta.

Ma lasciamo da parte tali dissertazioni e torniamo al nostro eroe, che ha finalmente concluso di essere il più figo della città, acchiappa la maniglia e irrompe fuori dalla stanza aprendo la porta con quello che lui ritiene essere l’atteggiamento di puro stile gangster del ghetto; si dirige poi verso lo zaino, contenente tutto il necessario per affrontare la dura giornata, e cioè portafoglio pieno di soldi, pacchetti di sigarette, accendino, preservativi, iPod, cellulare, chiavi, occhiali da sole e libri...no, libri no...lo abbranca e se lo posiziona sulla spalla destra, proseguendo nella sua andatura ondeggiante verso il sempre più vicino uscio di casa, con lo stesso beato trasporto di una pia anima cristiana mentre attraversa i cancelli del Paradiso.



A.A.: Salve a tutti! In attesa di proseguire con la Commedia, vi pubblico il primo capitolo di questa storia. Se vi piace la manderò avanti!

Buon anno nuovo!

  
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