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Autore: Nocturnia    02/01/2014    3 recensioni
Ha occhi troppo azzurri quel bambino - un mare in tempesta che Edward ha domato infinite volte - pieni di lacrime e vuoti d'ogni speranza.
"Padre?"
"Va tutto bene; non è niente."
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor Kenway, Edward Kenway, Haytham Kenway, Kaniehtì:io (Ziio)
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Connor Kenway, Haytham Kenway e tutti gli altri personaggi appartengono alla Ubisoft e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto

"Alcuni dei nostri figli sono le nostre giustificazioni,

altri sono solo i nostri rimpianti."
- Kahlil Gibran -



Dall'altra parte


1.

Ha occhi troppo azzurri quel bambino - un mare in tempesta che Edward ha domato infinite volte - pieni di lacrime e vuoti d'ogni speranza.
"Padre?"
"Va tutto bene; non è niente."

Menzogna.

Deglutisce il pirata, ma è un grumo di sangue e bile quello che inghiotte, un sibilo frustrato tra i denti socchiusi.

La mia famiglia. Mio figlio. Perché la Confraternita non ci ha protetto? Perché...

Quando Haytham gli stringe le mani - ridicolmente piccole al suo confronto - gli occhi di Edward hanno già perso colore.


2.

A Reginald il bambino piace.
Nonostante sia un maledetto testardo e fin troppo saccente, ha tutte le qualità per essere un perfetto Templare.
Lo osserva ruotare il polso e scivolare sul suo avversario con la grazia di un predatore, una spada in pugno e quel cipiglio contrariato sul volto.

Edward.

Stringe le dita in un pugno chiuso Birch e distoglie lo sguardo, perché quegli occhi - gelidi come certe mattine d'inverno - lo riportano sempre a quella notte.
Lo riportano in una casa che aveva invidiato - odiato? - e al puzzo nauseante della carne bruciata.

"Traditori! Traditori!"

Lo riportano alle parole di Jennifer, al grido infuriato di Edward, al legno che si spezza e a.... tutto.

È per fare ammenda che hai salvato il ragazzino? È per sputare una volta in più sulla tomba di Kenway? È per distruggere tutto quello che è rimasto del suo - del loro - retaggio? È perché....

L'avversario di Haytham cade al suolo con un tonfo sordo - umido - e Reginald fa solo in tempo a vedere lo scintillio d'una lama celata che rientra nella camicia del ragazzo.
Quando ne incrocia lo sguardo - distante, asciutto, feroce - il ricordo lo aggredisce con più violenza di prima.

Assassino.

E tutto prende forma.


3.

Haytham ha imparato ad avere pazienza - se lo è imposto, usando la disciplina come un'arma ben affilata - ma quella donna gliela sta strappando pezzo per pezzo, correndo sugli alberi e deviando i suoi approcci.
"Fermati!" urla nel freddo "Non sono un tuo nemico."
Non rallenta l'indiana e gli rivolge uno sguardo beffardo, scivolando sulla neve come un'ombra.
Quando la trova - e solo perché lei si è fermata - viene accolto da una smorfia irritata.
"Cosa vuoi?"
"Il tuo nome, tanto per cominciare."
"Kaniehtí:io."
Incespica nelle parole Haytham e sospira esasperata l'indiana.
"Ma puoi chiamarmi Ziio."
Nel cielo, un'aquila si alza in volo e lancia il suo primo grido.


4.

È veloce Ziio, una femmina che non conosce catena alcuna.
È veloce e segue un istinto che gli scivola sotto la pelle, l'odore della neve tra i capelli e un rogo annichilente negli occhi.
"Non mi fido di te."
Haytham socchiude le palpebre e la fissa in tralice, su di loro un cielo di piombo e sangue.
"Non sono il nemico."
"L'hai già detto."
"Posso aiutarti con Braddock."
Ziio sposta il peso da un piede all'altro, ascoltando la notte e le sue parole.
"Cosa vuoi in cambio?"
"Che mi porti al Grande Tempio, là, dove dici di aver già visto questi simboli."
L'indiana annuisce impercettibilmente, mormorando qualcosa nella sua lingua nativa.
"Cosa significa?" domanda incuriosito "Quello che hai appena detto... cosa significa?"
Ziio sorride, inclinando il busto in avanti e scoccandogli un'occhiata piena d'incertezza.
"Gli spiriti avevano detto che sarebbe giunta una giovane aquila tra di noi... " sulle sue labbra - nel suo cuore - una profezia a metà "mi chiedo se sia tu quel rapace, Haytham Kenway."
Si era scostata, sfiorandogli i capelli con la punta delle dita.
"Soprattutto, mi chiedo se tu sappia volare più in alto dei lupi. Quei lupi che portano la tua stessa croce; una croce di sangue e avidità, menzogne e potere."
E la foresta gli aveva sussurrato la risposta.


5.

Haytham non conosce bene la grammatica dell'amore - come potrebbe? - e cerca sulle labbra di Ziio le sue infinite declinazioni.
Ne ha visto l'oscurità l'indiana - le incertezze, le ferite ancora aperte - e ha strappato quelle maschere fino alla carne viva, trovando un bambino troppo piccolo intrappolato in un orrore troppo grande.
È stato poi abbandonato quel bambino solo e spaventato, per diventare un giovane rabbioso e idealista.
È cresciuto - si è nascosto - quel ragazzo, credendo d'essere maturato in un adulto consapevole e riflessivo; un perfetto Templare - una cane da guardia efficiente e sicuro.
"Chi sei, Haytham Kenway?"
È nuda Ziio, eppure non teme alcun confronto.
"Quello che vedi; niente di più, niente di meno."
Gli scivola tra le gambe, un fremito inaspettato e la sua bocca giù per l'addome, a cercare una voglia che monta come un mare in tempesta.
"Non è la verità quella che conosci..." e gli strappa un gemito indecente, la lingua a lambirne i contorni già tesi "e forse non lo sarà mai, Haytham Kenway. Ma non è a me che dovrai raccontarla: non oggi, non domani." si lascia poi condurre Ziio e morde per nascondere l'umido di un desiderio sbagliato e irrazionale. "Forse mai."
Tra le sue cosce - in un bacio già amaro -  l'assoluzione di una notte.


6.

Ziio l'ha letto nel fuoco e nella cenere, una profezia che nasce da ossa sbiancate e desideri inconfessabili.

È caduta la giovane aquila.

Si passa una mano sul viso, sfiorando il ventre appena accennato con l'altra.

Giace ora nelle fauci del lupo ed è colata via ogni speranza dalle sue membra torturate e poi lacerate. 

Artiglia la terra e ne butta una manciata nelle fiamme, ottenendo solo una vampata rossastra e scura come una contusione.

Cosa ti è successo, Haytham?

Poi, vede.
Vede un'aquila - più giovane, più forte - e un lupo che ha i suoi occhi - azzurri come il cielo d'inverno, freddi come il metallo appena battuto.
Vede l'aquila strappargli via il cuore con un colpo feroce e disperato, il lupo mordergli il fianco e, infine, morirne.
Eppure...

È felice. Il lupo... è felice.

Solleva le palpebre Ziio e sono le labbra di Haytham quelle che le premono sulla guancia - le sue dita sui fianchi e i suoi segreti sulla bocca.
"Haytham?" mormora con sguardo vacuo "Sei tu?"
Il fuoco si spegne senza nemmeno un lamento.


7.

È stanco Haytham, un uomo che la vita si è divertita a spezzare e poi a buttare tra le fauci della menzogna,
È stanco e mentre seppellisce Holden non può fare a meno di cercare lo sguardo di sua sorella, spento e assente.
"Mi dispiace."
Jennifer lo ignora, le labbra una piega sottile e biancastra sul viso già pallido.
"Se solo avessi saputo, io..."
"Tu cosa?" gli replica gelida "Mi avresti cercato prima? Non saresti diventato un Templare? Avresti vendicato nostro padre? Cosa, Haytham, che non sei stato nemmeno capace di salvare te stesso, uhm?"
"Io non lo sapevo, Jenny." si difende Kenway "Appena ho scoperto che Birch..."
"Quel figlio di puttana ti ha allevato" sibila, avvicinandosi "Ti ha cresciuto e ti ha strappato al Credo, a nostro padre."
"È di questo che stiamo parlando, sorella? Degli Assassini e dei Templari?" replica asciutto Haytham "Di come il mondo debba essere cambiato?"
Scuote la testa Jennifer e pare svuotarsi all'improvviso, piegandosi su se stessa.
"No, Haytham, no. Non mi interessano queste cose e non mi sono mai interessate, ma lui..." e indica la tomba di Holden " lui credeva in te. Come nostro padre." rialza gli occhi, così maledettamente simili ai suoi "Ed ora è solo la terra a poter raccogliere le loro ultime memorie; le loro speranze e il nostro futuro."
Ed è un tramonto di sangue quello che scuote Haytham dal suo torpore.


8.

Le fiamme hanno già smesso di bruciare da tempo - ma quelle del cuore no, oh no, quelle mai - e Haytham cammina in mezzo alla devastazione come un fantasma.
È tornato a Boston solo per scoprire altra cenere e altri rimpianti, tra le dita una piuma e un amuleto.
Intercetta un movimento tra gli alberi - un'aquila che si alza in volo - e qualcosa gli erompe dal centro del petto, un gemito agonico che si perde nel crepuscolo e graffia ogni cosa - ogni ricordo. 

Ziio.

Non è così che gli hanno insegnato - chi poi? Gli Assassini o i Templari? - ma lascia che la rabbia lo divori, abbattendo difese, squarciando logica e razionalità, nutrendosi di sentimenti mutilati per anni.

Holden.

Lascia che lo trasformi in altro, una pelle che si deforma e lo avvolge come un sudario di morte.

Padre.

Cade in ginocchio - la dignità ragazzo, la dignità di noi Templari, era solito dirgli Birch - e scava in quel deserto che è diventata la sua anima, trovando solo sabbia e livore.

Jenny.

Quando Charles lo viene a cercare, non trova altro che l'eco di un dolore che non ha mai smesso di gridare.


9.

Connor ha il suo stesso profilo, eppure non gli si sovrappone mai perfettamente.
Agisce d'impulso e lo fissa con un misto d'attesa e disillusione, un cucciolo che ha smarrito la strada. 
"Church è un obiettivo comune: possiamo collaborare."
"Non mi fido di te."
Haytham lo ignora, ruotando i palmi delle mani verso l'alto e controllando le lame celate.
"Non devi fidarti di me, ma della mia volontà. Quella non ha mai ceduto."
"Neppure con mia madre?"
Un sorriso gli sfiora le labbra ancora prima che abbia il tempo d'accorgersene.


10.

C'è davvero questa grande differenza tra Assassini e Templari?
Non ci sono forse traditori da entrambe le parti?
Non massacrate e uccidete e imponete la vostra legge ovunque andiate?
Davvero siete così diversi da non toccarvi mai?
Connor sospira nell'aria gelida dell'alba e fruga nello sguardo di un uomo che dice di essere suo padre.
È tuo padre. gli sussurra una voce nella sua testa Non lo vedi? Gli stessi gesti, la stessa mimica autoritaria, lo stesso profilo dritto e regolare.
"Siamo arrivati." annuncia poi Haytham, squadrandolo con quei suoi occhi impenetrabili "Quella è la nave di Church."
E la clessidra del vostro tempo aveva appena compiuto il suo ultimo giro.


11.

"Se vi è convinzione non vi è dubbio. Questo fa un Grande Maestro Templare. Questo è il nostro credo."

Charles non l'ha guardato negli occhi mentre lo diceva, ma Haytham non ne ha avuto bisogno per leggere il disprezzo nella sua voce.

"Forse. Oppure la certezza appartiene solo agli sciocchi e ai bambini."

China il capo Haytham e gli sembra di sgretolarsi dall'interno, detriti e macerie di un uomo sconfitto - solo.

"Mi dispiace non essere stato un buon Maestro, Charles."

L'Ordine, la Confraternita, suo padre, Ziio, Connor... pezzi d'un disegno inafferrabile e lontano; frammenti di un cuore che non ha lasciato altro che una carcassa annerita.

"Mi dispiace."

Ha poco tempo Haytham e lo passa ricordando il sorriso di suo padre, la sicurezza fumosa di Londra e le mani di Ziio tra i suoi capelli.
Lo passa sentendoselo strappare dal petto, grano dopo grano, una dimensione che ormai non gli appartiene più.

"Chi sei, Haytham Kenway?"

Un traditore vorrebbe rispondere ora a Ziio un uomo che non crede più in niente. Un inganno che è stato spacciato per verità e un simbolo già caduto. Un padre che non ha mai saputo di esserlo - come esserlo. Un figlio perduto, un amore mai vissuto; un bambino che non è sopravvissuto all'inverno di quella che chiamano Vita.

I cannoni ruggiscono come bocche affamate nell'aere e l'esplosione gli riempie le orecchie.

È il momento.

E il cielo vomita lacrime che non piangerà mai.


12.

Fort George puzza di fumo e sangue, un odore dolciastro e secco che gli asciuga la gola.
Connor digrigna i denti e cerca Lee con la protervia di un cane rabbioso, nella mente lo spettro del tradimento di Washington.

"E queste cosa sono?"
"Corrispondenza privata."
"Ah, davvero?" aveva replicato Haytham "Guarda caso si parla proprio del villaggio di Kanatahséton e del suo attacco. Siete stato per caso voi a ordinarlo, Washington?"

"Non è qui." mormora una voce nella pioggia "Se ne è andato e con lui l'amuleto."

Padre.

"Ma ci siete voi..." e Connor non abbassa lo sguardo, inclinando poi il mento verso la spalla "ed è più che sufficiente."

E Haytham sorride alla morte con quel che resta del suo cuore.


13.

Non ci sono molte cose che puoi donare a un figlio che non hai mai conosciuto - che hai però amato con una forza inaspettata e assoluta.
Haytham le ha racchiuse tutte in quel suo diario segreto, un lascito e un monito: una verità che Ziio gli aveva profetizzato molto tempo prima.
Ha combattuto numerose battaglie in vita e in morte spera che almeno qualcuna gli sia risparmiata, perché, al di là del suo aspetto, è terribilmente stanco.
Stanco di lottare, stanco di parlare, stanco di sperare.
Si accanisce su Connor con la brutalità dei disperati - di chi sa che oltre non c'è più niente per cui rialzarsi - e sfoga tutta quella rabbia repressa per anni.
Lo colpisce - si colpiscono - per farsi male e quando lo rovescia a terra, il suo rantolo soffocato è nascosto dal suono dei cannoni.

Uccidilo!

Preme sulla trachea e incide la pelle morbida del collo, percependo il respiro asimmetrico di Connor sfilacciarsi sotto le sue dita.

Uccidilo!

Uccidilo, e che tutto sia finito.
Uccidilo, perché siete maledetti voi Kenway, pirati e poi traditori e infine assassini.
Uccidilo, e concediti l'onore di morire da Templare; l'onore di rendere tuo figlio un vero Assassino.
Uccidilo, perché la sofferenza ha già scavato fosse aperte e tombe che aspettano solo di chiudersi.

Uccidilo!

Lo scatto della lama celata è l'ultima cosa che sente.


14.

Non ha fatto male.
La lama si è infilata nel suo collo con un suono leggero, quasi uno sbuffo d'aria.

O è quello che ti vuoi raccontare?

Non ha barcollato - non ha ceduto - Haytham ed è scivolato sulle ginocchia - nel fango e nel sangue - con la grazia di un vero guerriero.
"Non implorerò il tuo perdono."
"Lo so."
"Non ti chiederò scusa."
"So anche questo."
"Ma sono orgoglioso di te."
Connor si tiene il fianco, dove la ferita va allargandosi con una velocità preoccupante.
"Dovevo ucciderti molto tempo fa."
Un sorriso stentato, l'orgoglio malsano di chi ha perso eppure vinto, e di Haytham rimangono solo spazi troppo brevi e occhi che hanno visto oltre.
A Connor, il torpore desolante della sconfitta.


15.

Connor vorrebbe dire di essersene andato subito.
Vorrebbe dire di aver reagito da Assassino quale è, ma sarebbe solo una misera menzogna.
Ha fissato il corpo di suo padre per quelli che devono essere stati minuti, ma che a lui sono parse ore cariche d'angoscia e rumori terrificanti nella loro potenza. 
Si è spostato solo quando i cannoni hanno divorato Fort George  - boati che sono risuonati vuoti, nell'anima come nella mente - e il mare si è preso anche l'ultimo legame con il suo passato.
Ha consegnato poi il suo messaggio d'addio all'aria fredda di New York, in punta di lingua e con le parole del suo popolo tra le labbra.

"Addio, padre."

Il silenzio è l'unica cosa che gli abbia risposto.


16.

Connor si sveglia ancora nel mezzo della notte - non ha mai smesso, a dire la verità.
Quando succede - ed è più spesso di quanto lui stesso voglia ammettere - cerca il buio della foresta e l'albero più alto, cosicché il cielo sia un po' meno lontano; cosicché loro siamo un po' meno lontani.
Osserva le stelle e cerca una risposta, un disegno che sembra però già tracciato nel sangue e nella perdita.
Tra le mani non stringe nulla, se non un passato che ha bruciato per non avere più memoria - perché la memoria fa male e sanguina a ogni ricordo.
Le dita si muovono nel vento e cercano fantasmi senza più voce e senza più colore.

"Alcune volte mi sono chiesto come sarebbe stato se fossi rimasto con tua madre."

La voce di Haytham è un mormorio nelle orecchie, un sussurro pacato che si sovrappone alla promessa fatta ad Achilles.

"Dovrai ucciderli tutti."
"Lo so."
"Anche tuo padre."
"Lo farò."
"Lo dici adesso, ma quando verrà il momento ne sarai davvero in grado?"

Chiude gli occhi Connor e lascia che l'alba trovi il suo volto stanco.
Chiude gli occhi e sotto le palpebre - per un brevissimo attimo - si permette di sognare: di inseguire quella libertà per la quale lotta da sempre, ma che a lui è costata ogni cosa.
Quando li riapre, la realtà assume i contorni di un'aquila sfacciata e indomita, che nulla - nulla - ha mai potuto abbattere; neppure il suo dolore.



Nota dell'autrice: Haytham è un nome che deriva dall'arabo e significa "giovane aquila".


   
 
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