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Autore: Emily Kingston    06/01/2014    7 recensioni
“Perché te ne sei andata?” sussurra lui, a corto di fiato.
Annabeth allenta leggermente la pressione del pugnale, permettendo al ragazzo di respirare meglio.
“Non potevo abbandonarlo, Percy. Lui è la mia famiglia.”

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Terza classificata al contest 'Extreme Makeover Contest Edition' indetto da M4RT1 sul forum di EFP
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Luke Castellan, Percy Jackson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Alloora, per questo contest mi è stato chiesto di scrivere una What if...? con un 'makeover' assegnatomi dalla giudicia. Il mio makeover era 'E se Annabeth si fosse fatta convincere da Luke a passare dalla parte dei cattivi? Percy sarebbe riuscito a riportarla indietro, o l'amore per Luke sarebbe stato più forte?'. 
Spero che la mia versione di questo 'imprevisto' vi soddisfi, siccome a me la storia piace ma la trovo inadatta per il contest!
Buona lettura, 

Emily :3



Like lovers do


 “Vieni con me,” le aveva detto.
L’aveva guardata dritto negli occhi e aveva abbozzato un sorriso, con la stessa sicurezza di quando, in quelli che sembravano eoni prima, aveva lasciato che lei si rannicchiasse tra le sue braccia e le aveva sussurrato che sarebbe andato tutto bene.
“Vieni con me e cambieremo tutto, Annabeth.”
Lei l’aveva guardato con occhi vitrei, assenti, come in preda a una strana trance.
“Nessun bambino passerà più quello che abbiamo passato noi. A nessun bambino succederà più quel che è capitato a Talia!”
Non erano state le sue parole, quanto il suo sguardo a convincerla. Nei suoi occhi si leggeva la disperazione di una preghiera e Annabeth, in quella disperazione, aveva visto cosa sarebbe stato di Luke senza di lei in quella guerra.
Sarebbe crollato poco a poco nell’oblio, ogni giorno un po’ di più, e alla fine avrebbe inevitabilmente perso tutto. Annabeth non poteva permetterlo. Non poteva permettere che altri, dopo di lui, scegliessero lo stesso destino. ‘Cambieremo tutto’, aveva detto Luke, e lei, guardando in quegli occhi supplicanti, gli aveva creduto.
Nella notte scura aveva accettato la sua mano ed era fuggita con lui dal Campo Mezzosangue, lasciandosi alle spalle tutto quello in cui aveva creduto fino ad allora, senza guardarsi indietro.
Da quel momento era stata tutta discesa. Una fuga in mare aperto sulla Principessa Andromeda, addestramento, studio degli schemi di guerra e lunghe chiacchierate con Luke sul ponte della nave, per sapere quali erano i piani e per contare insieme le stelle. Come da bambini.
 
 Annabeth sospira e si porta le ginocchia al petto, osservando il tramonto che tinge l’orizzonte di rosa e arancio. La nave, sotto di lei, oscilla leggermente; un dondolare lento e confortante, che le ricorda gli abbracci di Talia.
“Sapevo che ti avrei trovata qui,” esclama la voce di Luke alle sue spalle e lei si volta, abbozzando un sorriso.
Il ragazzo si siede accanto a lei, la brezza che gli scompiglia leggermente i capelli biondi, e sospira. 
“È davvero bello qui,” dice, osservando il tramonto. Poi, lentamente, sposta lo sguardo sul profilo di Annabeth.
“Già,” annuisce lei, continuando a guardare dritto davanti  a sé.
Ultimamente le è capitato di fare molti incubi. Sogni terribili in cui uccide i suoi amici del Campo Mezzosangue, mentre Luke e gli altri incendiano ogni cosa.
Sa che succederà, un giorno non lontano, ed è pronta a farlo; è pronta a rispettare la sua scelta. Partecipare al risveglio di Crono e salvare Luke dalla distruzione. Ce la farà, non importa quante volte gli occhi di Percy le faranno visita in sogno, supplicandola di tornare indietro. Ce la farà. È Annabeth Chase, non può non farcela.
“Ho una missione per te,” dice Luke all’improvviso, rompendo il silenzio.
Per la prima volta da quand’è arrivato, Annabeth si gira a guardarlo.
“Cosa devo fare?”
In pochi minuti, Luke le spiega che hanno bisogno dei suoi appunti per un eventuale attacco e che quindi deve intrufolarsi al Campo Mezzosangue per recuperarli.
“Conosci il tuo nemico,” dice con un sorrisetto beffardo e poi, dopo averle scompigliato i capelli come da bambini, la lascia di nuovo da sola sul ponte della nave.
Annabeth guarda per un’ultima volta l’orizzonte, poi, con un sospiro, inizia a elaborare un piano.
 
***
 
 L’ora del coprifuoco è passata da un pezzo e Percy sa che, se qualcuno lo scoprisse, passerà dei guai. Non importa se sei il figlio di uno dei tre Pezzi Grossi, le ramanzine ti toccano comunque e sono pure di quelle peggiori.  
Il più silenziosamente possibile, il ragazzo si avvicina alla cabina numero sei, cercando di ignorare lo sguardo severo della civetta sulla porta. Aggira la casa e si ferma sotto una delle finestre sul retro.
Nonostante siano passate diverse settimane da quando Annabeth se n’è andata, nessuno ha avuto il coraggio di sgombrare la sua camera e cederla a qualche altro figlio di Atena; è sempre lì, immacolata, come se tutti avessero la segreta certezza che Annabeth tornerà.
Cercando di non svegliare nessuno, Percy forza la finestra e s’intrufola dentro.
La stanza è sorprendentemente ordinata, tutto il contrario della sua nella cabina di Poseidone. Nonostante il suo fratellastro Tyson gli faccia visita ogni mese e dia una ripulita, quella casa è sempre un disastro totale.
Sul letto c’è ancora l’armatura che Annabeth ha lasciato lì quando se n’è andata e la scrivania è piena di fogli, raccolti ordinatamente in risme, con sopra appunti di ogni genere.
Con un sospiro, Percy si siede sul letto e si guarda intorno.
Dopo qualche minuto, riesce a immaginare Annabeth che si muove in quella stanza. È come se riuscisse a vederla. Un’ombra di lei che passeggia tra il mobilio, alla ricerca delle sue armi per andare ad allenarsi o di qualche libro difficile, grazie al quale diventerà ancora più intelligente di quanto non sia già.
Senza neanche rendersene conto, Percy si ritrova ad accarezzare l’armatura della ragazza. Sente sotto le dita il metallo freddo e liscio, poi i rilievi delle decorazioni e infine i bordi leggermente taglienti.
Da quando Annabeth se n’è andata, gli capita spesso di intrufolarsi nella casa di Atena e passare ore e ore nella sua stanza, a osservare i titoli dei libri sulle mensole, ad accarezzare le lenzuola del letto o, semplicemente, a immaginare Annabeth seduta alla scrivania, concentrata su qualche lettura o su qualcuna delle sue ‘stupidaggini complicate’.
Per non starsene lì impalato ad affogare nei ricordi, si alza e afferra un libro dallo scaffale: ‘Mostri di Livello V, come riconoscerli e come sconfiggerli’.
Annabeth ha un sacco di queste scartoffie sui mostri mitologici e, per quanto gli costi, Percy deve ammettere che si sono spesso rivelate molto utili nelle loro missioni.
Inizia a sfogliare il libro distrattamente, senza prestare troppa attenzione ai disegni di orrende bestiacce che gli si parano davanti. Poi accade tutto nel giro di pochissimi secondi. Un rumore fuori dalla casa, la finestra che si spalanca e Annabethe che irrompe nella sua stanza.
L’imprevisto è talmente inaspettato, che la ragazza non fa neanche in tempo a voltarsi e andarsene.
“E tu che cosa ci fai qui?!” esclama e Percy sgrana gli occhi.
 
 Il corpo di Annabeth reagisce da solo e, in men che non si dica, Percy si ritrova steso a terra, con le gambe della ragazza che gli bloccano il corpo e il suo pugnale di bronzo celeste puntato alla gola.
“Perché te ne sei andata?” sussurra lui, a corto di fiato.
Annabeth allenta leggermente la pressione del pugnale, permettendo al ragazzo di respirare meglio.
“Non potevo abbandonarlo, Percy. Lui è la mia famiglia.”
“No, Annabeth,” ribatte lui, guardandola. “Qui è la tua famiglia. E lo sai. Diamine, sei la ragazza più intelligente che io conosca e hai fatto una stupidaggine del genere!”
Annabeth stringe le labbra, aumentando di nuovo la pressione della lama sulla pelle abbronzata di Percy. C’è uno strano senso di errore nel farlo, come se le sue mani non dovessero stringere il legno dell’impugnatura, ma quel viso arrabbiato e supplichevole che la sta guardando.
“Non puoi capire, Percy.”
“Non posso capire che lo ami?”
Annabeth sgrana gli occhi, guardandolo come se avesse detto la stupidaggine del secolo. È uno sguardo a cui Percy è abituato e, in un certo senso, nonostante il pugnale puntato alla gola e il fatto che Annabeth li abbia traditi, quello sguardo lo fa sentire a casa, è come se niente fosse cambiato.
Sono solo nell’arena che si allenano nel combattimento e Annabeth, come al solito, l’ha stracciato, lasciandolo senza un minimo di orgoglio a causa dell’imbarazzante sconfitta.
È così, cerca di convincersi, non è cambiato niente. Là sotto, dentro a quegli occhi grigi, c’è sempre la solita Annabeth-sono-la-numero-uno.
Non sa ancora bene come, ma la riporterà indietro. Riavrà la sua Annabeth so-tutto-io, quella che l’aveva abbracciato nella sua stanza, prima di partire per esplorare il Labirinto di Dedalo, quella che lo picchiava in continuazione e lo trattava come fosse un idiota, quella che l’aveva inaspettatamente baciato dentro a una montagna e quella che lo batteva in combattimento, facendogli quasi pensare che sarebbe stata lei a salvare lui, invece che il contrario.
“Tu…” sussurra la ragazza. Poi la sua espressione muta tutto insieme e da stupita diventa furente. “Stupido Testa d’Alghe! Come” pugno “puoi” pugno “pensare” pugno “ una cosa” pugno “del genere!”
Prima che Annabeth lo colpisca con un altro pugno micidiale, Percy riesce ad afferrarle il polso, bloccandole la mano a mezz’aria.
Il  petto della ragazza si alza e si abbassa velocemente e il suo respiro è affannoso per la raffica di colpi appena inferti.
“Guardami, Annabeth,” la supplica Percy. “Guardami e dimmi che non ami Luke.”
Con riluttanza, gli occhi grigi di lei incontrano il suo sguardo.
“Io non amo Luke, lui è come un fratello per me. Solo come un fratello.”
Istintivamente, la mano di Percy cerca quella di Annabeth sul pavimento freddo. Le sfiora con cautela le dita e lei non si ritrae.
“Allora torna,” dice, stringendo quella mano piccola nella sua più grande e calda. “Torna al Campo. Abbiamo bisogno di te. Io ho bisogno di te,” arrossisce e balbetta un po’ sull’ultima frase, ma il suo sguardo non vacilla. “Ti prego…”
I loro sguardi s’incontrano. Il pugnale cade a terra, sul pavimento. La presa di Percy si allenta e Annabeth scoppia in un pianto disperato.
Gli errori di tutte le settimane precedenti le affiorano alla mente, colpendole il petto come una raffica di dolorose stoccate.
“Volevo solo salvarlo,” confessa, abbandonandosi sul petto di Percy. “Lui mi ha salvata quand’eravamo bambini, capisci? Io volevo solo poterlo salvare.”
Il ragazzo le avvolge il busto con le braccia e se la stringe contro il petto così forte che, anche se volesse, Annabeth non se ne potrebbe andare.
È solo in quel momento, avvolta dalle braccia di Percy, che Annabeth capisce che Luke non può essere salvato. Luke ha firmato la sua condanna e l’unico che può farlo tornare indietro è lui stesso, non importa quanto lei ci provi: non potrà mai essere abbastanza forte da non farlo cadere dentro quel baratro.
E se con Luke è come da bambini, con Percy è come da grandi. Le sue mani che la accarezzano dolcemente per consolarla, il suo fiato caldo sui capelli, il battito forte del suo cuore contro il viso.
“Testa d’Alghe,” esordisce lei all’improvviso.
“Sì?”
“Cosa stai toccando, esattamente?”
Percy arrossisce di botto e sposta velocemente la mano dal sedere di Annabeth.
“I-Io non volevo, te lo giuro… Non mi sono reso conto che… Io… Io ti stavo accarezzando la schiena e poi… E poi… Tipregononmiuccidere!” inizia a balbettare e Annabeth riesce a malapena a trattenere una risata. Percy ha ragione: questo per lei è casa.
Mentre Annabeth sorride tra sé, Percy è in attesa della sua condanna a morte.
Probabilmente al prossimo allenamento userà una spada vera, ipotizza. Oppure mi darà in pasto a qualche mostro orribile!
Annabeth alza il viso dal suo petto e lo guarda e, per la seconda volta nella sua vita, invece che un sonoro pugno sul naso, gli arriva un caldo bacio sulle labbra.
È diverso da quello sotto al monte Sant’Elena, è un bacio più lento e reale. Annabeth è lì, sopra di lui, tra le sue braccia, e lo sta baciando e lui può toccarla, perché lei è vera, c’è.
Accarezzandole timidamente la schiena, ricambia il bacio e la sente sorridere sulle sue labbra.
Non importa se Annabeth se n’è andata o se andrà via di nuovo. Non importa se Luke ha il potere di convincerla a cambiare. Non importa, perché adesso Percy sa che lui potrà sempre, costantemente, riportarla indietro.  

 
 
   
 
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