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Autore: Yoan Seiyryu    08/01/2014    4 recensioni
[Partecipa al Contest Mirrors indetto da Annabelle Liz Meyers]
Loki prigioniero e ha modo di studiare se stesso attraverso il proprio riflesso nel momento in cui si trova da solo nella gabbia costruita per Hulk.
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Guardarsi allo specchio è il primo passo per conoscere se stessi, per entrare in contatto con la propria natura. Ma cosa succede se lo fai nel momento in cui non puoi più tornare indietro? Il sorriso si disfà come un temporale appena cessato e le palpebre ricadono lente sugli occhi, come a voler coprire quello sguardo che a stento io stesso riesco a sopportare.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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One-shot partecipante al Contest 'Mirrors'. 
Pacchetto Quafflepocking: Lenzuola, Bugie, Amore. 






I've turned into a Monster



 
 
 
 
 
 
Prima o poi tutti dobbiamo fare i conti con noi stessi, anche quando crediamo di poter fuggire dalle nostre ombre. Quand’è che ci soffermiamo a pensare sulle nostre azioni passate, che riflettiamo su ciò che siamo diventati? Quando siamo soli, quando non possiamo arrestare il flusso incessante dei pensieri.
Ed è questo il momento in cui sono più solo, chiuso all’interno di pareti di vetro da cui non mi è possibile uscire. Sono osservato costantemente dagli agenti dello S.H.I.E.L.D. che muoiono di paura ogni volta che punto lo sguardo verso le telecamere di sorveglianza: posso immaginare i loro sussulti nel momento in cui incrociano i miei occhi. Loro possono vedermi, possono controllarmi, ma non sono io ad avere paura.
Intreccio le mani dietro la schiena e in un solo istante mi accorgo del riflesso sulla parete di vetro, riesco ad incontrare i miei occhi verdi, intensi, bugiardi, penetranti. Un sorriso affilato si dipinge sulle labbra e si mescola ad un’immagine di me su cui non mi sono mai soffermato prima. Guardarsi allo specchio è il primo passo per conoscere se stessi, per entrare in contatto con la propria natura. Ma cosa succede se lo fai nel momento in cui non puoi più tornare indietro? Il sorriso si disfà come un temporale appena cessato e le palpebre ricadono lente sugli occhi, come a voler coprire quello sguardo che a stento io stesso riesco a sopportare. Leggo rabbia, odio, rancore. E sono solo, chiuso in gabbia in attesa di compiere la mia mossa, di modo che tutti possano avere timore di me.
 E’ meglio essere temuti, che amati. [1]
Lo ripeto sempre quando mostro qualche tentennamento, perché sì, persino io a volte sono tempestato da dubbi.
E’ meglio essere temuti, che amati.
Pensarlo più volte aiuta a convincermi di ciò che ho fatto e che farò in futuro. Inoltre, chi dovrebbe amarmi? Anzi, chi potrebbe?
Coloro che avrebbero dovuto amarmi non hanno fatto altro che mentire e tessere bugie. Sono a conoscenza dell’appellativo che mi hanno cucito addosso dopo la mia creduta morte: il Dio degli Inganni. Sorrido e stringo i pugni con vigore: proprio loro, gli Asgardiani, hanno avuto il coraggio di definirmi in quel modo?
Odino ha creato l’inganno più grande di tutti, strappandomi dalle mani dei miei veri fratelli consumati sotto il suo odio e togliendomi la possibilità di regnare come giustamente mi sarebbe spettato, trattandomi come una delle sue tante reliquie. Non posso perdonarlo per aver nascosto una simile verità, così come non avrò pietà per coloro che intralceranno il mio cammino.
Lentamente sollevo le palpebre e incontro di nuovo i miei occhi verdi costellati di una nebbia leggera, sono velati di lacrime ma non permetto loro di scivolare. Le intrappolo con determinazione e ricuso ogni possibilità che fuoriescano.
Solo per un attimo ho la sensazione di specchiarmi con il bambino che sono stato, quando le luci della sera calavano su Asgard e mia madre mi donava il bacio della buonanotte. Mi rimboccava le lenzuola profumate di lavanda e mi accarezzava i capelli scuri. Detestavo quel colore così pieno d’ombra, io che ero e anzi sono diverso da tutti gli altri, i quali mostravano con orgoglio la lunga chioma dorata tipica degli Asgardiani.
Lei invece, mia madre, amava accarezzarli con dolcezza e li paragonava al manto della notte mentre i miei occhi brillavano come le stelle del firmamento. Io le credevo, io l’amavo più di ogni altra cosa, soprattutto perché non vi fu mai un solo momento in cui aveva preferito Thor a me.
Ora invece, dopo tutto ciò che ho fatto, sono certo che mi detesti. Questo è l’unico rimpianto che ho, il timore di averla delusa oltremodo. Credevo forse di poter scampare al suo giudizio? Di non essere sottomesso al suo dolore? L’unica persona di cui mi importi davvero è lei ed ora che mi guardo negli occhi so bene quanto stia soffrendo a causa mia, lei che ha cercato di crescermi nel migliore dei modi, l’ho tradita come ho tradito gli altri. Ma di questi altri non mi importa nulla.
Mordo l’interno della guancia e osservo il modo in cui le labbra si piegano in un sogghigno di amarezza. Da quando sono venuto a conoscenza dell’enorme menzogna perpetrata da mio padre sono caduto talmente in basso, nell’oscurità, che rialzarmi vuol dire rinnegare me stesso e la mia natura. Tutto ciò che ho fatto ha un prezzo: spodestare Thor dal trono, tentare di ucciderlo ed esserci quasi riuscito, piegare gli abitanti di Norimberga al mio volere, per quanto sia durato un istante. Ho ucciso, ho versato sangue, ho annullato totalmente la volontà di alcuni. E a questo punto della storia dovrei forse inginocchiarmi e chiedere perdono? Dovrei placare la mia rabbia solo perché mi chiamano mostro? Oh no, non rinnegherò mai la mia natura. Mai, nemmeno davanti alla morte. Nemmeno quando toccherò il fondo e sfiorerò le ombre dell’inferno, ne riemergerò senza tirarmi indietro.
Ho amato e detestato in modo smisurato chi mi ha ingannato con tutto me stesso, lacererò i loro cuori prima ancora che possano solo pensare di fermarmi. Tesserò inganni, cucirò bugie, diventerò re su Midgard e tutti si prostreranno ai miei piedi.
C’è tutto questo nei miei occhi e non ho paura di vederlo. Mi avvicino ancora alla parete di vetro e vi appoggio lentamente il palmo della mano così da guardare meglio nel fondo delle iridi verdi, voglio leggere meglio la mia anima dannata e disperata.
Io sono Loki di Jotun, figlio rinnegato di una razza maledetta, re legittimo di Asgard spodestato per inganno. Assassino, traditore, mostro. Mi compiaccio per ciò che sono diventato.
Avrei continuato a perdermi in quel labirinto di afflizione se solo il mio riflesso non si fosse spezzato all’entrata dell’agente Romanoff nello spazio delimitante la mia gabbia. Perdo il filo dei pensieri e mi concentro su ciò che devo fare per raggiungere la mia vendetta.
 
 







Note: 
[1] Citazione tratta da ‘Il Principe’ di Machiavelli 

 
   
 
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