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Autore: TheShippinator    09/01/2014    1 recensioni
• Doctor!Blaine/Companion!Kurt •
Il Dottore e il suo Companion, Kurt, continuano il loro viaggio nello spazio e nel tempo, finendo, questa volta, in Grecia. Scoprono che il villaggio dove hanno trovato alloggio è in guerra con una Fiera che, a quanto pare, avrebbe ucciso due giovani. I paesani vogliono vendetta, ma al Dottore questa storia non convince...
(Parte della Serie "Travel With Me", omonima ff precedente alla presente. Non è obbligatorio averla letta, prima di questa, ma sarebbe meglio. • FF già conclusa, divisa in sole due parti per questioni di ordine •)
Genere: Avventura, Comico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry, Shelby Corcoran | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Cross-over, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Travel With Me'
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Bentornati! Eccoci qui con la seconda parte della OS (e a vederla pubblicata, poi, non è che sembrasse poi così lunga, ma chissenefrega! Meglio così!)! Riusciranno a salvare Rachel da giudizi affrettati e condanne ingiuste? Rachel si farà salvare? Kurt riuscirà a digerire il latte di capra? Scopritelo leggendo!

-

«Credi che dovremmo dirlo ai genitori?» domandò Kurt, ripiegando la propria tunica e posandola sull'unica sedia presente nella stanza che i due dividevano alla locanda di Shelby.
«Intendi i genitori di Jesse, il padre di Brody o la madre di Rachel?» domandò il Dottore, sdraiato sul proprio letto ed intento a giocherellare con il suo cacciavite sonico.
Kurt si affrettò ad infilarsi sotto le coperte, fintantoché il Dottore era distratto: nessuno dei due aveva pensato a portarsi dietro un pigiama.
«Beh... sì. No. Insomma... non lo so. Sarebbe giusto che lo sapessero, dopotutto sono i loro genitori, ma se i ragazzi hanno ritenuto opportuno andarsene perchè loro non riuscivano a capirli, chi siamo noi per andare contro il loro volere?» domandò il Dottore a sua volta, pensieroso, voltandosi verso Kurt e scrutandolo, forse alla ricerca di un parere anche da parte sua.
Kurt si tirò su bene il lenzuolo ruvido fino al mento, fissando il soffitto.
«Io penso che... la madre di Jesse dovrebbe saperlo. Per il padre di Brody... a casa mia, ho conosciuto tante persone come lui. Scorbutiche, insofferenti... hai sentito Rachel, gli diceva che doveva trovarsi una buona moglie, perchè le relazioni con altri uomini erano "roba da Atenesi che hanno da mangiare e possono permettersi di fare quello che vogliono".» rispose Kurt, voltandosi sul fianco, per poter osservare il Dottore. «Se glielo dicessimo, sarebbe anche capace di andarlo a cercare, io credo. Hanno deciso di scappare perchè qui non stavano bene.»
Il Dottore rimase in silenzio, pensieroso, per qualche istante.
«E Shelby?» domandò di nuovo, osservando l'altro.
«Beh... non so se possiamo fare qualcosa per lei. Devi dirmelo tu, questo.» rispose Kurt.
Il Dottore annuì, con un sospiro.
«Il tipo di modifica mnemonica che hanno compiuto è sicuramente di facile risoluzione -vedi, i ricordi non si possono cancellare, ma si possono nascondere-, però non so se sia meglio far ricordare a Shelby che ha una figlia o farle scoprire che la suddetta figlia è colei che il villaggio vuole uccidere.»
Entrambi tacquero per qualche secondo, ma fu Kurt il primo a rompere il silenzio.
«È un bel casino, eh? » domandò, azzardando una mezza risatina.
«Già...» rispose il Dottore, con un piccolo sorriso. «Dai, dobbiamo dormire. Domani sarà una giornata impegnativa.»
«Buona notte, Dottore.» disse piano Kurt, annuendo.
«Buona notte, Kurt.» rispose il Dottore, che si rigirò sul letto, senza chiudere gli occhi.
Aveva bisogno di pensare.

Kurt non digeriva il latte di capra. Non lo digeriva e basta, avrebbe dovuto arrendersi a non berlo, piuttosto che passare l'intera mattina a rischiare di rimetterlo sul bordo della strada.
Lui ed il Dottore non avevano più parlato di raccontare o meno ai genitori dei ragazzi che fine avessero fatto i loro figli, ma il Dottore aveva uno sguardo assorto, concentrato, e Kurt supponeva che avesse preso una decisione.
Nel pomeriggio, subito dopo pranzo, si diressero nel bosco. La loro intenzione era quella di cercare nuovamente Rachel, ma non la trovarono da nessuna parte. Il Dottore decise, quindi, di addentrarsi nella foresta. Non camminarono molto, prima di trovarsi davanti un fiumiciattolo poco profondo, ma abbastanza fastidioso. Kurt suggerì di utilizzare delle grandi pietre lì vicino e farle rotolare nel fiume, così da permettere ad entrambi di attraversarlo passandoci sopra e senza bagnarsi troppo.
Mentre stavano facendo rotolare l'ultima pietra ed il Dottore andava avanti per farla arrivare in fondo alla fila di sassi, Kurt si decise a parlare.
«Cos'hai deciso di fare, alla fine?» chiese con noncuranza, portandosi in bilico su due pietre, piegato in avanti e con le mani impegnate a far rotolare la pietra verso il Dottore. Le dita erano ormai congelate, ma non poteva importargli di meno.
«Non so, ho sempre pensato che trovarmi una bella villetta su una delle lune di Giove sarebbe stato carino. Trascorrere i miei ultimi giorni lì... non troppi, non mi piace stare fermo troppo a lungo.» affermò il Dottore, afferrando la pietra che Kurt gli passava e facendola rotolare più avanti. Era sistemato nella sua stessa posizione, ma aveva deciso che senza scarpe era più comodo. Aveva legato i lacci delle stesse e se le era poggiate attorno al collo.
Kurt sollevò le iridi al cielo, increspando le labbra con vago disappunto.
«Sai che non intendevo quello.» disse semplicemente, raddrizzandosi e portandosi le mani ai reni, stiracchiandosi la schiena.
«Beh... credo che, fra tutti, l'unica che abbia davvero il diritto di sapere della figlia, sia Shelby. Se i due ragazzi non volevano che i genitori sapessero nulla di loro, chi siamo noi per ignorare i loro desideri? Posso sistemare la memoria di Shelby e lei ricorderà da sé di Rachel. Vieni, avanti.» disse alla fine il Dottore, sistemando il sasso e superando definitivamente il fiume. Kurt gli fu subito dietro, quindi si fermarono un attimo a guardarsi intorno.
«Penso che sia una buona decisione.» disse alla fine Kurt, guardando verso l'alto ed esaminando la cima di un albero. «Credi che dovremmo dire a Rachel delle nostre intenzioni?»
Il Dottore fissò a sua volta la cima dell'albero esaminata da Kurt.
«Penso che non sarà necessario...» disse piano il Dottore, mentre un'ombra abbandonava il suo posto in cima all'albero e saltava a quello dopo con un'agilità tale da non far nemmeno muovere una foglia.
«Che... cos'è?» domandò Kurt, arretrando di un passo, spaventato.
«Chi è. È Rachel. Ci ha sentiti.» rispose il Dottore, facendo cenno a ragazzo di fare marcia indietro e tornare al fiume. Rachel non si sarebbe fatta avvicinare, quest'oggi.

Passarono due giorni, prima che il Dottore avesse la possibilità di avvicinarsi a Shelby abbastanza da parlarle da solo.
«Che cosa deve farmi vedere? Ci sono problemi con i letti?» chiese la donna, entrando nella camera dei due e guardandosi intorno.
«No, i letti sono a posto, meravigliosi!» esclamò il Dottore, battendo le mani entusiasticamente e voltandosi. Senza farsi notare, estrasse il proprio Cacciavite Sonico dalla tasca segreta all'interno della tunica.
«Le coperte, in effetti, sono un po' ruvide...» borbottò Kurt, grattandosi il collo irritato, a causa della sua pelle delicata.
«Le mie coperte sono fatte con la migliore...» cominciò Shelby, incrociando le braccia al petto. Non riuscì a finire la sua frase, perchè il Dottore si voltò di nuovo e la interruppe.
«Ne siamo sicuri, Shelby!» esclamò lui, puntandole il Cacciavite Sonico alla fronte, proprio al centro. La donna incrociò gli occhi, per fissare l'aggeggio. Le sue labbra si separarono lievemente, a causa della sorpresa.
«Che cos'è?» domandò lei, fissando alternativamente il Dottore, Kurt e il Cacciavite Sonico.
«Un... Cacciavite?» rispose il Dottore, con una sorta di incognita, probabilmente non del tutto certo che il cacciavite fosse già stato inventato.
«Vite? Ha a che fare con il vino?» domandò la donna, inclinando il capo verso destra.
«No.. Non ha importanza. È un oggetto sonico, quindi fa cose soniche, molto potenti... cose da dei. Ma non siamo dei. Okay? Ora devo sistemare una cosa che c'è nella vostra testa.» spiegò il Dottore, mentre Kurt, sollevava un sopracciglio, incerto sul fatto che lui stesse usando le parole esatte.
«No, fermatevi, fermatevi!» si lamentò subito Shelby, portando le mani avanti, con i palmi rivolti a lui. «Se non siete un Dio, come siete entrato in possesso di un manufatto che compie prodigi di entità divina?»
Il Dottore sbatté le palpebre, scambiando un'occhiata con un perplesso Kurt.
«Siamo... messaggeri di Apollo! Il dio ha ritenuto che la vostra intelligenza fosse adeguata a rivelare le sue parole al popolo dei mortali. Noi... ehm... siamo qui per infondere la luce del dio nella vostra mente, Shelby. Siete... fortunata?» disse in fretta Kurt, fingendosi entusiasta e pomposo, adocchiando però il Dottore come a chiedergli un consenso. Ottenne qualche cenno di incoraggiamento ed un paio di occhiolini entusiasti.
«Il Divino Apollo mi ha... scelta? Anche se non sono una dei suoi numerosi Oracoli? Oh, gli Dei hanno sempre un occhio di riguardo per chi è così devoto alla loro benevolenza! Se solo mi aveste detto chi eravate, vi avrei concesso la mia stanza o anche due, anziché una!» esclamò Shelby, arrossendo emozionata ed allargando le braccia, chiudendo gli occhi. «Possa il vostro operato aprire la mia mente al Divino Apollo!»
Il Dottore la osservò, mentre Kurt si portava al suo fianco.
«Geniale... Assolutamente geniale, Kurt! Kurt Hummel... sapevo che avevo fatto una giusta scelta, quando ho deciso di portarti con me!» esclamò il Dottore sottovoce, puntando nuovamente il Cacciavite Sonico alla fronte della donna.
Kurt incrociò le braccia e sollevò un sopracciglio.
«Ricordatelo, ad avventura finita. È la seconda volta che faccio funzionare le cose. Prima con lo sgambetto a quell'Omino Verde, ora questo... Tre, se contiamo che ho convinto Rachel a parlarci.» si pavoneggiò Kurt, mentre il Dottore muoveva il Cacciavite lungo tutto il cranio della donna. Quello emetteva uno strano ronzio acuto e traballante, al quale ormai il ragazzo si era abituato.
«La vanità non ti porterà mai da nessuna parte, mio adorabile Kurt.» commentò il Dottore, lanciandogli un'occhiata divertita.
«Mi ha portato ai vertici della piramide sociale, tra i dipendenti di Vogue.com!» ribatté Kurt, ridacchiando, per poi osservare Shelby.
Stava aggrottando le sopracciglia ed il Dottore aveva smesso di badare a lui. Era piuttosto concentrato e si vedeva che stava facendo qualcosa di potenzialmente pericoloso. Il ronzio del Cacciavite si interruppe un paio di volte, poi tacque del tutto e, quasi contemporaneamente, il Dottore si portò in avanti. Kurt non fece nemmeno in tempo a chiedersi perchè, che il corpo svenuto della locandiera era ben stretto tra le braccia del Signore del Tempo.
«Deve riposare, è stato un lavoro piuttosto duro, per la sua mente provata. Quando si sarà svegliata, potremo verificare l'attendibilità dei suoi ricordi.»
Insieme, la fecero sdraiare sul letto di Kurt, quindi si sistemarono su quello del Dottore in attesa del suo risveglio.

Ci vollero un paio d'ore, prima che Shelby riprendesse conoscenza e, quando lo fece, non fu piacevole.
Prima di tutto, minacciò di cacciarli via in quanto "infedeli, mentitori ed aggressori", quindi volle sapere perchè si trovava lì.
Il Dottore aveva appena finito di raccontarle una balla in merito ad un suo calo di pressione, ormai certo che il tentativo di farle ricordare tutto fosse andato storto, quando lo sguardo della donna di fece all'improvviso vacuo.
«Shelby?» la chiamò il Signore del Tempo, toccandola prudentemente sulla spalla. Estrasse il Cacciavite Sonico, sonicandole nuovamente la testa, quindi lo ritirò in fretta.
«Che le succede?» domandò in fretta Kurt, lo sguardo che volava dal Dottore a Shelby.
«I ricordi. Probabilmente, il ricordo di Rachel si è presentato all'improvviso a causa di un'associazione mentale legata a qualcosa che abbiamo detto ed ora la sua mente sta... cercando le informazioni relative a Rachel. Le sta cercando dappertutto, all'interno del suo cervello, ed ora che io le ho sbloccate, lei riesce a trovarle. La sua mente sta andando in sovraccarico, ecco perchè Shelby si è... "spenta".» spiegò il Dottore, indicandola e girandole attorno, come un cucciolo incuriosito da un giocattolo nuovo.
All'improvviso, la donna sbattè le palpebre e si guardò intorno.
«Rachel?» domandò, sollevando le iridi e fissandole su Kurt. «Dov'è Rachel? Ricordo... di averla salutata che era in braccio a suo padre e poi più nulla... Non è più tornato? Si è portato via la mia... bambina?»
La voce della donna era intrisa di panico ed amore. Continuava a guardarsi intorno, preoccupata, cercando quella che, nei suoi ricordi, non era più che una bambina con gli occhi grandi ed i capelli lunghi intrecciati sulla nuca, le mani sporche di terra ed i piedi nudi che scalpicciavano sul pavimento della locanda. Sembrava aver rimosso le informazioni relative all'Arpia che aveva apparentemente ucciso due ragazzi di quel villaggio, o, quantomeno, non sembrava associarla alla sua Rachel.
«Shelby, dovete calmarvi. Questo sarà un po' strano, per voi, ma dovete capire che non c'era... alternativa. La vostra mente era stata messa in stand-by e io l'ho sbloccata.» spiegò il Dottore, sotto lo sguardo confuso della donna.
«Che cos'è questo stand-by di cui parlate?» domandò lei, tornando a voltarsi. «Dov'è Rachel?»
Il Dottore sollevò gli occhi al soffitto, emettendo un mugolio di frustrazione.
«Se mai ho ritenuto la tua generazione obsoleta e primitiva, Kurt, ti chiedo davvero scusa. Ma come facevano a comunicare in quest'epoca, senza un vocabolario moderno?» chiese il Dottore, più a sé stesso che a Kurt, il quale fissava stranito il Signore del Tempo. «Allora... la vostra mente è stata... congelata. Non nel senso che aveva freddo. Era bloccata. Alcuni vostri ricordi sono stati congelati così che voi non poteste trovarli. Io li ho scongelati ed ora siete in grado di ricordarvi di Rachel.»
Il Dottore continuò a spiegare e Kurt dovette insistere più volte affinché Shelby lo lasciasse finire e tornasse seduta, invece che correre fuori alla ricerca della sua "bambina". La donna pianse, si arrabbiò, urlò e maledì i suoi compaesani a gran voce, nonostante il Signore del Tempo tentasse in tutti i modi di non rendere udibili le sue grida.
Le spiegò che ciò che le stavano rivelando doveva rimanere segreto, che Rachel era innocente e le disse anche il perchè. Shelby non ci mise molto ad accettare la loro versione dei fatti, ma pretese, in cambio del suo silenzio, di poter finalmente incontrare la figlia.
«Dobbiamo trovarla, prima. Abbiamo perso le sue tracce ieri, ma sono abbastanza certo che se lei verrà con noi, Shelby, sarà più facile convincerla a farsi vedere.» disse il Dottore, sorridendo e porgendo la mano alla locandiera.

«State attenta, Shelby, non vorrei che vi faceste male...!» disse piano Kurt, fermando l'avanzata della donna, prima che il suo sandalo si posasse su un sasso traballante che, di certo, l'avrebbe fatta inciampare.
«Oh, grazie mio caro Kurt, siete sempre così premuroso...» sussurrò Shelby, in risposta, abbassando lo sguardo solo qualche secondo, il tempo di trovare un sentiero più sicuro, prima di tornare a scrutare verso l'alto. Era, nel profondo, sicuramente convinta di dover guardare in alto per poter scorgere la figlia... E non aveva poi così torto.
«Perchè l'avete portata qui?» domandò una voce poco lontana, inequivocabilmente proveniente da uno degli alberi alla loro sinistra.
Kurt ed il Dottore si voltarono in quella direzione, mentre Shelby avanzava spedita fino ad uno dei tronchi.
«Rachel? Bambina mia?» esclamò la donna a voce alta, guardandosi attorno preoccupata. Aveva gli occhi lucidi ed era sicuramente prossima a piangere.
«Meritava di sapere, almeno lei. Non c'era motivo per il quale a lei fosse negato il ricordo di sua figlia.» disse il Dottore, osservando fisso Shelby. Non c'era ombra di felicità sul suo volto, solo una sorta di malinconia pensierosa. Il Dottore stava pensando a qualcuno, probabilmente.
Kurt si chiese se, da qualche parte, lui avesse una moglie e dei figli ed il pensiero che potesse essere così, inspiegabilmente, lo turbò.
«Non avrebbe dovuto... ora è in pericolo... ora siamo in pericolo entrambe!» esclamò Rachel dall'alto. Un fruscio delle foglie in cima all'albero fu l'unico segnale del suo spostamento, insieme ad una lieve folata di vento caldo.
In un battito di palpebre, Kurt si ritrovò non più a fissare Shelby che posava la mano sul tronco dell'albero, persa, bensì Shelby che si copriva la bocca per trattenere i singhiozzi dati dalla vista della figlia, una giovane donna dagli occhi lucidi a sua volta.
«Mi dispiace, madre...» sussurrò Rachel, prima che la donna le andasse incontro e quasi la travolgesse con il proprio corpo, per la fretta di avvolgere il suo con le braccia.
Si strinsero per alcuni minuti e Shelby pianse. Rachel teneva strette le palpebre, occhi chiusi e labbra pressate forte tra loro. Non si fece scappare una lacrima né un gemito, ma le sue ciglia erano umide e gli occhi lucidi, quando si separarono.
«Adesso... che cosa pensate di fare? L'avete messa nuovamente a parte del segreto ed adesso è vostro compito proteggerla.» esclamò Rachel, Shelby che le stringeva una mano tra le sue. I suoi grandi occhi castani erano fissi sul Dottore, quasi avesse riconosciuto in lui l'autorità della coppia che aveva davanti.
«Se Shelby non parlerà e manterrà il segreto, non sarà in pericolo!» esclamò il Dottore, deciso.
«No!» esclamò la locandiera, facendo voltare tutti verso di lei. «Non me ne resterò in silenzio a fissare mia figlia che viene attaccata, ferita ed insultata da quei bruti, che Zeus li fulmini!»
Rachel sollevò le sopracciglia e sgranò gli occhi in un'espressione omicida, nei confronti del Dottore. Quello tentennò, scambiando un'occhiata con Kurt, che si schiarì la gola e fece mezzo passo avanti.
«Se... se posso... Perchè non vendete la locanda e vi trasferite in qualche altra città, dove nessuno sia in grado di riconoscere Rachel per quello che è? Stareste insieme, entrambe, e se Rachel riesce a contenere le sue "capacità", non dovrebbe avere grandi problemi ad integrarsi.» suggerì Kurt, con un'alzata di spalle.
Shelby aggrottò le sopracciglia.
«Vendere la locanda? Ma... è tutto ciò che possiedo... È la mia casa...» sussurrò lei, voltandosi verso Rachel con espressione addolorata e supplicante, quasi cercasse in lei una soluzione.
«Non devi andartene, madre. Il Dottore ti dirà cosa fare, vero?» rispose Rachel, osservando la madre e voltandosi solo un istante a fissare il Signore del Tempo, che sembrava preso in contropiede.
Eh no, a questo proprio non aveva pensato. Mettere Shelby a parte del segreto la esponeva ovviamente ad un pericolo che, per quanto inferiore a quello che solitamente lui era solito affrontare, poteva essere distruttivo per lei. Se i paesani avessero scoperto che lei era la madre di Rachel e che le faceva visita, l'avrebbero punita "in nome degli dei".
Il Dottore iniziò a passeggiare avanti ed indietro, gesticolando e mormorando tra sé, mentre Kurt lo fissava in disparte, cercando di capire che cosa gli passasse per la testa . Ad un certo punto, una delle sue mani si mosse nella sua direzione e poi in quella di Rachel e Shelby, mentre lui si allontanava spedito verso un sentiero che conduceva al lato della montagna.
«Dove sta andando?» chiese Shelby, rivolta a Kurt.
Il ragazzo scosse il capo, affrettandosi a seguirlo.
«Non ne ho idea...» rispose soltanto, mentre Rachel si guardava i piedi, indecisa tra il prendere il volo o il proseguire in quel modo. Sembrò decidere che non era il caso di far alzare il vento, quindi cominciò a camminare in fretta dietro a Kurt ed alla madre.
Non fecero in tempo a raggiungere il Dottore, perchè camminava troppo in fretta, correva quasi! Kurt era ancora distante, quando le sue orecchie percepirono il familiare suono della sirena del TARDIS.
«Dottore!» esclamò lui, cominciando a correre, mentre il panico prendeva il sopravvento nel suo cuore. «DOTTORE!!»
Gridò, con quanto fiato aveva in corpo, perchè il Dottore se ne stava andando via con il TARDIS e lo stava lasciando indietro.
Perchè lo stava lasciando indietro?
Kurt iniziò ad ansimare, completamente in preda al panico e con la testa che gli girava. Era disperso. Era ufficialmente disperso nello spazio e del tempo, abbandonato e senza nessuna possibilità di tornare a casa sua. Sempre che ci fosse ancora una casa.
«Kurt! Che succede?» domandò Rachel, quando raggiunse Kurt, che camminava in circolo, agitato e con le mani tra i capelli, proprio davanti alla nicchia nella parete dove avevano nascosto la cabina telefonica blu al loro arrivo.
«Sono... stato lasciando indietro. Il Dottore mi ha lasciato indietro! DOTTORE, TORNA SUBITO QUI O GIURO CHE LI TAGLIERO' TUTTI, I TUOI STUPIDI PAPILLON!» gridò di nuovo verso il cielo, passandosi poi le mani sul viso e respirando profondamente.
Aveva bisogno di riflettere. Il Dottore non se ne sarebbe mai andato lasciandolo indietro, non senza dargli una spiegazione. L'avrebbe preso da parte, gli avrebbe spiegato il suo piano, poi se ne sarebbe andato e lui avrebbe saputo che tra poco l'avrebbe visto ritornare con la sua nave spaziotemporale blu e quella rumorosa, fastidiosa sirena, che perfino ora gli perforava i timpani.
La sirena.
Kurt si voltò, proprio mentre Shelby, che era rimasta indietro, sbucava dal bordo della foresta e raggiungeva la figlia.
Sia lei che Rachel rimasero imbambolate a fissare un punto alle spalle di Kurt, poco lontano dalla nicchia nella montagna.
«Cosa? Che succede?» domandò Kurt, strofinandosi energicamente i palmi delle mani sugli occhi arrossati. Ci volle solo un secondo perchè si accorgesse davvero di cosa stava succedendo.
Spalancò le palpebre e sollevò le sopracciglia, quindi si voltò, perchè il suono della sirena del TARDIS non se lo stava immaginando.
La cabina telefonica blu si stava materializzando di nuovo lì, davanti a lui, anche se non nella nicchia dove ormai si era abituato a vederla.
Un lieve calore si espanse nel suo petto, una sensazione come di speranza e di sollievo. Allora non l'aveva lasciato indietro, non era perso nello spazio e nel tempo per sempre. Poteva ancora tornare... tornare dove?
«Dottore! Esci da lì!» esclamò, non appena il rumore fu cessato.
Il Signore del Tempo non se lo fece ripetere, anche se probabilmente non aveva nemmeno sentito le minacce di Kurt. La porta del TARDIS si aprì ed il Dottore ne uscì tutto sorridente, le braccia sollevate verso l'alto.
«Tutto risolto! Tutto sistemato!» esclamò, mentre Kurt gli andava incontro con l'indice proteso.
Il sorriso svanì dalle labbra dell'uomo, mentre Kurt gli si avvicinava al viso, premendo quasi l'indice sulla punta del suo naso. Lo fissò negli occhi con i suoi arrossati e lucidi, serio e dal respiro traballante per lo spavento preso.
«Non ti azzardare... e dico NON ti azzardare mai più a... lasciarmi indietro. Mai.» disse Kurt con una voce bassa che, per qualche ragione, impressionò il Dottore più di quanto avrebbe fatto se avesse urlato.
«Non ti ho lasciato indietro... ti ho lasciato avanti, mentre io tornavo indietro per sistemare una faccenda. Non ti lascerò mai indietro, fidati di me.» sussurrò il Dottore in risposta, sollevando le proprie mani ed avvolgendo i polsi di Kurt con le dita. Abbassò le sue braccia e gli sorrise, anche se Kurt non ricambiò, ostinato nel suo mostrarsi furioso. Si fece, comunque, da parte, annuendo lievemente. Il Dottore lasciò andare uno dei suoi polsi, ma tenne l'altro stretto mollemente tra le dita.
«Mie care signore, se volete seguirmi vi condurrò ad Atene, dove una locanda nuova di zecca aspetta solo l'arrivo di qualcuno che cominci a gestirla assieme alla sua splendida ed adorabile figlia!» esclamò il Dottore, sorridendo alle due donne.
Loro si scambiarono un'occhiata, senza pronunciare parola. Sembrava che non avessero ancora superato la comparsa improvvisa del TARDIS.
Il Dottore si voltò, pensieroso, adocchiando la soglia della cabina blu.
«Oh, lei? Ehm... è la mia macchina spaziotemporale. Siamo... viaggiatori del tempo, ricordate? Viaggiamo con questa. Oh, avanti, non sono la prima forma di vita extra terrestre che vedete, giusto? Rachel, tu sei una Veela, Shelby, tu... sei sua madre...» il Dottore portò avanti le mani, indicando la donna e la ragazza, con le sopracciglia sollevate in un'espressione buffa, quasi volesse mostrare che la spiegazione al perchè una cabina blu si fosse appena materializzata davanti a loro fosse palese.
«Avete detto che c'è una locanda...?» domandò timidamente, alla fine, Shelby.
Il Dottore annuì, sorridendo e battendo le mani.
«C'è! Sarete sorpresa di notare la somiglianza con la vostra attuale locanda e sapete perchè lo sarete? Perchè ho passato un intero pomeriggio a spiegare esattamente in che posizione sistemare ogni singola stanza all'architetto, infatti ho un leggero languorino e penso che tra poco andrò ad aprire quel pacco di biscotti che abbiamo comprato settimana scorsa...» si voltò verso Kurt, indicando il TARDIS. «Hai presente? Quelli con le nocciole Ghartoniane... Assomigliano un po' ai pistacchi.»
Spiegò, voltandosi verso Rachel e Shelby, che si guardarono perplesse.
Il Dottore rimase a fissarle, poi osservò Kurt, il quale scosse piano il capo e lo invitò a continuare con un cenno della mano. L'uomo aprì la bocca, ma Rachel lo interruppe prima.
«Dottore, state dicendo che avete fatto costruire una locanda per mia madre... in un pomeriggio?» domandò Rachel, spalancando gli occhi.
Il Dottore sollevò i suoi al cielo, ridendo.
«Certo che no! Ho dato disposizioni di costruirla circa due o tre mesi fa e dovrebbe essere pronta, ormai. Se volete accomodarvi, vi accompagnerò ad Atene in un batter d'occhio.» continuò il Signore del Tempo, facendosi da parte e piegandosi in un inchino ad indicare la porta aperta del TARDIS.
Sollevò la testa, adocchiando il Compagno.
«Kurt...» disse solamente, facendo sobbalzare il ragazzo, che si piegò in fretta in un inchino incerto. Il Dottore annuì, compiaciuto.
Shelby e Rachel si guardarono un istante.
«Madre...» cominciò Rachel, ma Shelby la interruppe scuotendo il capo e le mani.
«No, non provarci, Rachel. Io e te siamo rimaste separate per alcuni anni e lo so che tecnicamente è così che dovrebbe essere, ma... io ti amo, tesoro. Sei mia figlia e se per stare con te devo lasciare il villaggio, allora così sia.» disse semplicemente Shelby.
Rachel sorrise ed annuì, quindi sospirò.
«Dottore, mi promettete che andrà tutto bene? Saremo al sicuro?» chiese lei, voltandosi verso la madre e stringendo piano la sua mano.
«Finchè terrete un basso profilo, perchè qualcosa dovrebbe andare storto?» rispose lui. «E a proposito di storto... la schiena comincia a farmi male...»
Rachel rise e Shelby avanzò, posando le mani una sulla spalla del Dottore e una su quella di Kurt.
«Vi devo tutto.» disse semplicemente, mentre il Dottore prendeva le sue dita tra le proprie e l'accompagnava oltre la soglia del TARDIS.
Rachel cominciò a camminare verso Kurt, che già aveva teso una mano nella sua direzione, quando un forte fruscio fece voltare entrambi.
«Che vi avevo detto? Sono in combutta con l'assassina e hanno rapito Shelby!» esclamò una voce maschile. Nel giro di pochi secondi, dalla foresta spuntarono diverse figure, armate di armi rudimentali. Erano gli stessi uomini con i quali il Dottore e Kurt avevano discusso, quando avevano salvato Rachel la prima volta che l'avevano vista.
Sembravano tutti furiosi e, dalle condizioni dei loro vestiti e dei loro capelli, era chiaro che li avevano silenziosamente seguiti o, comunque, raggiunti in fretta senza badare alle foglie e ai rami che s'impigliavano dappertutto.
«No! È un equivoco! Rachel, sbrigati!» esclamò Kurt, tenendosi alla soglia del TARDIS con una mano, mentre tendeva l'altra alla Veela. La ragazza lo guardò con uno sguardo disperato e desideroso, quindi scosse il capo.
«Badate a mia madre.» disse solamente, facendo dietrofront.
«No!» esclamò Kurt, mentre Rachel gli dava le spalle e sollevava le mani. Rivolse la punta delle dita verso l'alto e le piegò quasi fossero degli artigli. Non la vedeva in faccia, ma poté giurare che avesse sollevato le labbra in modo da mostrare i denti a quegli uomini, visto che qualche secondo dopo un verso acuto e vibrante, come lo strillo di un'aquila, spezzò il silenzio e fece lievemente arretrare gli uomini. La sorpresa durò solo pochi secondi, abbastanza da permettere a Rachel di evocare una colonna di vento che la sollevò in aria. Il corpo venne sfigurato dalla comparsa di un paio di ali squamose, che vennero subito gonfiate dall'aria calda che la spinse in avanti. Alcune palle di fuoco, lanciate dalle mani di Rachel, colpirono il terreno di fronte ad un paio di uomini, bruciando la terra e qualche ciuffo d'erba. «Catturiamola!» esclamò all'improvviso uno dei paesani.
«Chiudi la porta, Kurt, si parte!» esclamò invece il Dottore all'interno del TARDIS. Probabilmente, era stato troppo impegnato ad aiutare Shelby a comprendere perchè la cabina fosse più grande all'interno, per assicurarsi di cosa stesse succedendo lì fuori.
«No, Dottore, fermo!» esclamò Kurt, voltandosi e sporgendosi all'interno del TARDIS.
Troppo tardi. Il Dottore aveva già abbassato la leva e un grosso scossone fece cadere Kurt in avanti, sul pavimento della cabina. La porta si chiuse con uno schianto, e la sirena cominciò a suonare, riempiendo le orecchie del ragazzo assieme alle grida furiose di Shelby.

«Niente panico, niente panico! Hai detto che è andata verso il fiume, vero?» domandò il Dottore, correndo intorno al pannello dei comandi, mentre il TARDIS gemeva e sobbalzava.
«Sì!» esclamò Kurt, concitato, reggendosi ad un palo e tenendo Shelby saldamente con la mano libera, visto che la donna non riusciva a trovare una sua stabilità.
«E quegli uomini la stavano seguendo?» domandò di nuovo il Dottore, sollevando un paio di leve e premendo alcuni bottoni.
«Sì, Dottore, sì!!» ripeté Kurt, spazientito.
«Bene. Quando te lo dico io apri la porta del Tardis, ok?» domandò il Dottore, indicando la porta con una mano e girando freneticamente una manovella in senso antiorario con l'altra.
Kurt annuì, semplicemente.
Continuarono a vorticare e il TARDIS non smise nemmeno per un minuto di sobbalzare e rischiare di farli cadere tutti. Shelby tentava di parlare, ma probabilmente era troppo confusa e preoccupata per riuscire ad elaborare delle frasi di senso compiuto.
Ad un certo punto, il Dottore premette un grosso bottone blu ed il TARDIS smise di vorticare. La Sirena, d'altro canto, tornò a suonare forte.
«Apri la porta!» esclamò il Dottore, indicando freneticamente l'entrata della cabina. «La porta, la porta!!»
Kurt si precipitò verso la porta del TARDIS, spalancandola e gridando per lo spavento.
Qualche istante dopo, stava ruzzolando sul pavimento con Rachel -ancora dotata di artigli, becco ed ali- spalmata addosso.
«Rachel!» esclamò Kurt, sconvolto, per poi avvolgerla con le braccia e lasciarsi andare ad un sospiro di sollievo.
«Rachel!» sospirò Shelby, correndo verso di loro mentre la Veela tornava di aspetto Umano, e gettandosi in ginocchio. Li avvolse entrambi con le braccia, ma solo perchè Kurt era ancora troppo scosso per spostarsi.
«Chiudi chiudi chiudi chiudi chiudi!!!» gridò il Dottore, superandoli tutti e gettandosi verso la porta. Schivò una lancia per pura fortuna, anche se quella andò a conficcarsi nella colonna del pannello dei comandi, quindi chiuse la porta con uno schianto e vi si appoggiò con le spalle.
«Tutti uguali, voi Umani, da quando Vespasiano ha deciso che non gli piacevano i cardini! Dove pensate di essere, al Colosseo??? Bisogna sempre chiudere le porte, a meno che non sia necessario lasciarle aperte, in quel caso mai, mai chiudere le porte.» esclamò il Signore del Tempo, ansimando per la corsa. Abbassò finalmente le iridi verso le tre figure che si stavano abbracciando sul pavimento e che, ora, ridevano anche dei suoi sproloqui. Rachel e Shelby, chiaramente, non avevano capito nulla a proposito del Colosseo. Kurt, invece, si era lasciato andare con la schiena nuovamente sul pavimento e le braccia distese perpendicolari al corpo. Una risata rilassata fuoriuscì dalle sue labbra, piegate in un sorriso.
Ce l'avevano fatta, Rachel era salva.

«Rachel, tesoro... sei sicura? Pensavo che saremmo state insieme, ora...» disse piano Shelby, abbracciando la figlia seduta di fianco a lei, la bancone della nuova locanda.
Era davvero identica a quella che aveva al villaggio, il Dottore non aveva mentito. Era anche più bella e le coperte, in qualche modo, sembravano più raffinate di quelle che possedeva prima. Le stoviglie erano di una fattura pregiata, anche se su alcune erano attaccati dei piccoli pezzetti di quella che poteva essere pergamena, bianca e sottile come mai l'aveva vista. Sopra a questi pezzetti di "pergamena" erano scritti simboli che lei non conosceva, ma le piaceva la loro forma, quindi aveva deciso di lasciarli lì.
«Voglio cercare i miei padri, madre. Devo sapere se sanno dove sono le mie sorelle. Se sono vive, voglio poterle salvare... sarò di ritorno presto. Ora che vi so qui al sicuro, senza quegli uomini pericolosi intorno tutto il giorno, ho finalmente la possibilità di andarle a cercare senza la paura di non rivedervi più... Posso essere di ritorno anche solo tra pochi minuti, lo sapete?» aggiunse Rachel, sorridendo e facendo sorridere anche Shelby.
«Lo so, è che... se ti succedesse qualcosa...» disse piano la donna, strofinando la propria mano contro il braccio della figlia.
«Non mi succederà niente, finchè ci sarà il Dottore.» sentenziò sicura la Veela. «E Kurt.»
Shelby annuì, quindi si slanciò in avanti, per abbracciarla nuovamente.
Poco oltre la soglia della locanda, il Dottore e Kurt osservavano la scena tra le due donne, ognuno perso nei propri pensieri.
«Quindi.. Rachel ha deciso di accettare la tua proposta?» chiese Kurt, le braccia incrociate davanti al petto e una strana espressione sorpresa sul viso.
«Beh, non appartiene propriamente a questo posto, no? Immagino che le possa fare bene viaggiare un po' e poi tornare qui e dedicarsi ad una vita tranquilla. Non è Umana, non è Pura come i suoi padri... non ha una vera casa. Scoprirà chi è e cosa vuole, se vivrà un po' la vita che avrebbe vissuto se fosse nata maschio.» spiegò il Dottore, le mani infilate in tasca con noncuranza.
Si erano entrambi cambiati e, tra poco, avrebbero consegnato anche a Rachel abiti più consoni.
«Immagino che sia vero...» disse piano Kurt, voltandosi verso il Dottore e restando a fissarlo per qualche istante.
«Sono pronta!»
La voce di Rachel lo distrasse, obbligandolo a voltarsi verso di lei. Le rivolse un grande sorriso e le tese la mano, mentre il Dottore si avvicinava a Shelby, che aveva seguito la figlia per salutarla.
«Abbiate cura della mia bambina. Promettete che me la riporterete...» disse la donna, seria, per poi andare incontro al Signore del Tempo e stringerlo tra le braccia. «... come avete già fatto una volta.»
«Ve la riporterò di nuovo.» sussurrò il Dottore, voltandosi solo per sfiorare con le labbra la tempia della locandiera, quindi sciolse l'abbraccio e fece un buffo inchino in direzione della porta. «Se la nostra nuova ospite vuole seguirmi...!»
Rachel e Kurt risero. Salutarono un'ultima volta Shelby, quindi varcarono la soglia del TARDIS.

-

Doom! Doo doo doo doom! Doo doo doo doom! Doo doo doo... DOO WEE OOOOOO! *Whovians intensify*
Eccoci qua con la seconda parte! Non ho ancora deciso ufficialmente quale delle numerose storyline che ho già delineato avrà nascita, adesso, anche se penso di non avere molte alternative... Quindi anticipo che nella prossima OS, probabilmente, farà capolino Sam!
Vi lascio il link della mia Pagina d'Autore su fb (Cliccate pure qui)!
Se volete contattarmi potete farlo anche su Twitter (The Shippinator), su Tumblr (TheShippinator (Ship All The Characters!)) e su Ask (Andy TheShippinator)

Un bacio e alla prossima!
Andy <3

  
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