Storie originali > Comico
Segui la storia  |       
Autore: chya03    10/01/2014    1 recensioni
alcuni adolescenti sono gli unici sopravvissuti a un'apocalisse di zombie che ha invaso la città. lottando per restare vivi, dovranno riuscire a sterminare i non-morti, per quanto l'impresa sembri impossibile.
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Decidiamo di dividerci i compiti. Anna, Enrico e Michela vanno in esplorazione del centro. Io, Martina, Marco e Carlo andiamo a cercare nella zona industriale e Alessio e Tommaso restano di guardia.

La zona industriale è tetra. È un labirinto di fabbriche grigie e auto parcheggiate.

- cerchiamo di muoverci silenziosamente, ok? Nei film gli zombie si nascondono SEMPRE nelle zone industriali. - spiega Marco.

- Oddio, anche tu hai letto Warm Bodies? - precedendo Carlo che aveva appena aperto bocca.

- Sì! poi hai presente quando il generale Grigio scopre R ma Cora minaccia di sparargli se non lo lascia scappare con Julie? Ecco io sa...

- LA PIANTATE DI FANGIRLARE? - si dispera Martina.

- Ok mamma.

Io sono ancora presa a pensare se una persona sopravviverebbe se si lanciasse da un grattacielo in una fontana stagnante, con uno zombie a fargli da materasso. Loro intanto hanno già studiato il percorso da fare.

Sono passate tre ore. TRE ORE. Di continua camminata.

- Martina? - la chiamo

- mh?

- mi porti in braccio?

- Scordatelo.

- Cattiva.

La camminata prosegue così finchè Carlo non chiede se io e Marco ci possiamo allontanare, volendo stare un attimo da solo con Martina.

A questo punto devo star guardando Martina con una faccia così patatosa che fa di tutto per non ridere.

- in che senso? - chiede Marco ridendo – non vorrai mica...

- allontaniamoci, scemo. - lo prendo per un braccio e lo trascino via ridendo.

Siamo da soli da neanche cinque minuti e stiamo già (quasi) litigando.

- mi spieghi perchè non ti fidi di me? - si esaspera lui.

- Non è che non mi fido di te. faccio fatica a fidarmi in generale. È diverso.

- Perchè?

- Dobbiamo parlare proprio di questa cosa?

- Sì!

- no!

- dimmelo!

- Ho imparato a farcela da sola, sempre e comunque, su qualunque cosa, a cavarmela senza l'aiuto di nessuno, e ad abituarmi a non contare mai pienamente su qualcuno, perchè tutti lasciano delle delusioni. Non è colpa tua. È da tempo ormai. Mi capita solo di dare la mia fiducia a chi non se la merita, e ho imparato a fidarmi poco delle persone.

Mi fissa. Distogli gli occhi, cretino. Non mi piace che mi osservino a lungo. Cerco di non guardarlo.

Poi lui lentamente fa scivolare la sua mano verso la mia e dice, a bassa voce:

- di me ti puoi fidare. È una promessa.

Se solo sappia quante persone ho sentito dire così. Tengo lo sguardo fisso a terra, mostrando un'improvviso interesse per i miei anfibi. Lui non mi sembra tanto diverso dagli altri. Forse solo un po'.

- vado a vedere se gli altri due sono pronti.

Scivolo lentamente via dalla sua presa, senza guardarlo o senza voltarmi. Forse lo sto facendo sentire una merda. No ha fatto nulla di male.

Giro l'angolo e faccio rapidamente dietrofront.

- cosa ce? - chiede lui.

- Niente. Non mi andava di interromperli nel bel mezzo di un bacio. Erano pure presi. Non mi sembrava carino. - dico alzando le sopracciglia.

Mi appoggio al muro come prima. Lui sospira e fa lo stesso. Sento che mi fissa ancora. Ti prego, smettila.

Un secondo dopo, Martina e Carlo tornano.

- perchè ci avete messo tanto? - chiede malizioso Marco

- erano dietro l'angolo! - intervengo io.

Io e Martina ci guardiamo e ridiamo. Gli altri due probabilmente pensano che siamo un caso perso.

Poi Carlo alza lo sguardo dal cellulare e ci comunica che l'altro gruppo ha trovato il pezzo mancante. Bello, ora questi tre poveri cristi dovranno sopportarmi per tutta la strada del ritorno.

Resto rannicchiata su un banco, appoggiata al muro, con lo sguardo perso nel vuoto mentre alcuni altri lavorano alla bomba. Sembra passare un'eternità. Osservo l'orologio e inizio a torturarmi le labbra. Una voce mi risveglia dal coma:

- è pronta.

Non so chi l'abbia detto, ho solo voglia di muovermi.

- nella segreteria ci dovrebbero essere dei fogli che spiegano come farla funzionare. Chi va a...

- A DOPO!

Sono già fuori dalla porta, con il fucile in braccio. Da sola.

Sento qualcuno che apre la porta e mi chiama, chiedendomi se sono sicura di voler andare da sola. Rispondo vagamente di sì senza neanche girarmi, e quando la porta è chiusa, continuo a procedere nel corridoio.

Arrivo alla segreteria, sto per aprire le ante del grande armadio di ferro, e faccio un respiro profondo, chiudendo gli occhi e rilassando la mente a quel meritato silenzio.

Un attimo.

Spalanco gli occhi. Ce un tanfo irrespirabile. Mi giro, e li vedo. Sono davanti alla porta, avanzano. A colpo d'occhio mi sembra siano in otto. Tutti hanno gli occhi puntati su di me. In quel momento non ho la forza di fare nulla. Non riesco a muovere le gambe. A malapena tengo il fucile. Non riesco ad urlare, la voce mi si blocca in gola.

Mi costringo a puntare il fucile restando calma, proposito che va a farsi fottere nel giro di cinque secondi.

Indietreggio, sparando a quelli in prima linea, alle teste e alle gambe, sperando di rallentarli.

Si stanno avvicinando pericolosamente. Il corridoio è un vicolo cieco che termina con la porta blindata dell'aula di arte, chiusa a chiave.

Mi accascio contro il muro. Non riesco più a fare nulla. Semplicemente... spero di morire rapidamente, senza soffrire.

Poi la situazione si ribalta. Schizzi di sangue fuoriescono dai corpi. Il resto della squadra è qui. Per me. Oddio.

È tutto finito. I morti viventi sono andati definitivamente. Osservo i miei compagni stremati dalla battaglia. Lo hanno fatto per me. Hanno rischiato la vita per me.

Io, Tommaso e Michela cerchiamo i fogli per far funzionare la bomba, mentre gli altri tornano indietro.

Non potrei essere più felice. È andato tutto bene. Certo, non siamo ancora al sicuro, ma è andato tutto bene. Torniamo indietro, Tommaso reggendo una pila di fogli sgualciti.

Vedo Marco che ci viene incontro. Ha una strana espressione sul viso. Ci comunica una cosa, parlando a fatica. Ci metto un po' a capire il senso della frase che ha appena detto, e quando lo capisco, il mondo mi crolla addosso, lentamente, schiacciandomi. Martina è stata infettata.

 

***

 

- no. Ci deve essere una cura. Dobbiamo solo trovarla.

Non mi rassegno all'idea. Non lei. Perchè proprio lei?

Evito ogni contatto fisico di qualsiasi tipo. Non voglio parlare.

Dopo essermi congedata dal resto del gruppo, entro nella stanza dove sta Martina. è appoggiata al muro e ha il cellulare in mano.

Mi avvicino a lei a grandi passi e la abbraccio.

- starai bene, ok? Andrà tutto bene.

Le dico. La verità è che sto attingendo a tutte le forze possibili e sconosciute per non piangere.

- promettimi che azionerete la bomba. Che fermerete tutto questo.

La guardo negli occhi e, con un fil di voce, le dico:

- lo faremo. è una promessa.

Resto con lei ancora un po, poi esco dalla stanza, emotivamente distrutta. Prendo la mia roba e senza rivolgere la parola a nessuno esco, entro nella classe difronte, butto le mie cose sul pavimento e (finalmente) posso sfogarmi.

Crollo sul pavimento, porto le ginocchia al petto, cercando qualcosa a cui aggrapparmi, a cui credere ora, e trovo solo la promessa fatta a Martina. Bene, il mio chiodo fisso diventerà quello.

So cosa dovranno fare ora, spararle, perchè inevitabilmente lei diventerà uno zombie.

Immobile, attendo in silenzio.

Dopo un po lo sento sento lo sparo. Un fremito mi percorre tutta la spina dorsale e piango. Piango e basta. Devo sfogarmi.

Più tardi sfilo il coltello dalla cintura e lo studio, con gli occhi che pizzicano. La lama è lucidissima, posso vedere il mio riflesso. Faccio scorrere delicatamente l'indice sulla la parte affilata, e sento un bruciore propagarsi pian piano in tutta la mano. Guardo inerme il liquido rosso brillante fuoriuscire dalla piccola ferita, cogliendone ogni minimo particolare. Il taglietto brucia. Non è nulla di che.

Appoggio la testa contro il muro, chiudo gli occhi e gli angoli della mia bocca si sollevano in un sorriso sarcastico. È quasi piacevole. Ti ricorda che il vero dolore è quello. Ti distrae dalla tempesta che hai dentro. Ci passo la mano sopra solo per provocare altro bruciore. l'ho lasciata morire.  come posso anche solo permettermi di dire che quando era in vita ero sua amica?

Sento bussare e la voce di Enrico mi chiede se può entrare. Lo mando via in meno di un secondo. Voglio stare da sola.

Passano due ore circa. Non ho fame né sete. Rimango immobile a fissare il nulla. Ho un bisogno disperato di qualcosa, ma non riesco a capire cosa.

Poi la maniglia si abbassa, la porta si apre e la mia mano in una frazione di secondo è già sul manico del pugnale.

Entra Marco. Lo guardo scettica.

- Esci. - dico.

Mi ignora altamente, cosa che mi fa innervosire, attraversa la stanza e si siede di fianco a me.

- ti ho portato questo – e mi da il suo ipod.

- Grazie – mormoro piano.

Senza dire nulla, mi abbraccia, accarezzandomi i capelli.

- su... va tutto bene...

come tentativo di consolarmi prende un 6. qui non c'è NIENTE che va bene.

- anche Carlo è distrutto. Ma almeno lui sta insieme a noi.

- Io no.

Non riuscirà a farmi uscire.

- quando vuoi... io ci sono.

Poi si alza e se ne va, e io mi infilo gli auricolari.

Abbiamo praticamente gli stessi gusti musicali, quindi non ci metto molto ad imbattermi in Dead dei Myc Chemical Romance, come uno scherzo del destino.

In altri tempi l'avrei ascoltata senza problemi, ma in quel momento, conoscendo il significato delle parole, non mi va proprio.

Poco dopo, il mio stomaco si esibisce in quello che sembra il lamento di una balena morente.

 

***

 

ok, alla fine sono uscita, ma solo perchè ce ne andavamo dalla scuola e raggiungevamo il municipio per recuperare le ultime istruzioni e azionare la bomba. Rimango in silenzio quasi tutto il tempo, Anna e Michela mi stanno vicine, ma non c'è conversazione. Quando arriviamo ci mettiamo a frugare ovunque, e alla fine qualcuno lo trova.

I soliti si mettono a lavorare mentre io sto di guardia alla finestra.

Neanche a dirlo, il solito odore che precede il loro arrivo si fa strada fino ad arrivare alle mie narici. Mi giro di scatto comunicandolo agli altri, e mi dicono che la bomba è pronta, e il miglior luogo dove farla detonare sarebbe in piazza.

- basta premere il tasto blu.

tasto blu. Tasto blu. tasto blu. Devo ricordarmelo.

Decidiamo di uscire da diverse uscite, ognuna che porta alla piazza, dividendoci in gruppi. Marco mi afferra il braccio e con passo svelto ci dirigiamo verso una delle uscite.

In teoria, il gruppo di Tommaso sarebbe arrivato per primo in piazza e avrebbe posizionato e detonato la bomba, ma passati dieci minuti non succede nulla.

Come procedura secondo il piano, tocca a noi.

Io e Marco usciamo dal nascondiglio correndo ma appena girato l'angolo inchiodiamo all'istante. Davanti a noi c'è il più grande esercito di zombie che potete immaginare. Sono ovunque.

- ok, piano di riserva. Io aggiro il municipio, tu usa il ponte principale.

Vedo la bomba in mezzo alla piazza, è in posizione ma non è stata detonata.

- ok. Al tre.

La tensione è al massimo. Sono pronta a correre. Io e lui siamo schiena contro schiena. I nostri cuori battono all'unisono.

Tu-tum.

Tu-tum.

Tu-tum.

Al terzo battito entrambi scattiamo in avanti, correndo.

Ce la faremo. Mi fido di lui.

Corro come non ho mai corso in vita mia, per poco i miei piedi non toccano neanche terra, sento il vento che mi fischia nelle orecchie e mi urlo nella mente “CAZZO, CORRI! STAI ANDANO TROPPO PIANO! VUOI DIVENTARE PAPPA PER ZOMBIE?! CORRI!”

penso di avere un crampo al polpaccio destro, il dolore è lancinante, ma me ne frego e continuo a correre senza rallentare, sparando senza ripensamenti agli individui più vicini.

Sto attraversando il ponte, che da sulla piazza, ma alla fine di quest'ultimo uno zombie possente mi viene incontro.

Ho finito i proiettili. Non ce la farò mai ad aggirarlo senza essere presa. Non posso buttarmi di sotto, visto che dell'acqua rimane solo il ricordo.

Così estraggo il pugnale dalla cintura.

- scusami tanto tesoro, ma ci dobbiamo separare! - dico.

E lo lancio mettendoci tutta la forza e la mira di cui dispongo. La lama si conficca in mezzo agli occhi del morto vivente, che cade pesantemente all'indietro.

arrivo alla bomba e lanciandomi in avanti premo il pulsante con le ultime forze che mi rimangono, scorgendo Marco in lontananza che corre verso me e la bomba.

Il boato è assordante. Viene rilasciato un gas azzurro che faccio di tutto per non respirare, e ogni zombie (per quanto riesco a vedere) viene disintegrato... dissolto in polvere che vola via nell'aria.

Quando tutto si è calmato, sono ancora rannicchiata ai piedi della bomba, quando sento una mano posarsi sulla mia spalla.

Rotolo su un lato e in una frazione di secondo ho il fucile (anche se scarico) puntato davanti a me.

È Marco. Mi prende una mano e mi aiuta ad alzarmi.

Mi guarda dritta negli occhi, fondendo i suoi azzurro ghiaccio incorniciati dalle ciocche dei suoi capelli neri con i miei occhi, più scuri di un buco nero.

Sembra voglia perforarmi l'anima. Con un piccolo sorriso, ansimando per la corsa, mi dice:

- è finito. - mi abbraccia – è tutto finito.

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Comico / Vai alla pagina dell'autore: chya03