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Autore: martaparrilla    11/01/2014    10 recensioni
Un tentativo di riappacificazione.
Due donne.
Un ballo.
Tutti conoscono Emma e Regina. E tutti conoscono anche le attrici e sapete bene che entrambe hanno interpretato ruoli di medici in altri telefilm (Miami Madical per Lana e Dottor House per Jennifer). Questo mi ha fatto fantasticare su di loro in camice bianco ed è venuto fuori questo. Niente magia, niente figli, niente mondi alternativi. Solo loro due e la loro tensione sessuale, palpabile in qualunque contesto le si inserisca.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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DANCE WITH ME.

Per tutto il giorno si erano odiate.

Per tutto il giorno avevano tentato di stare lontane l'una dall'altra.

Tutti i giorni ci provavano e l'elettricità che invadeva le sale visite quando si ritrovavano insieme era palpabile perfino per i pazienti.

Regina, sofisticata donna dai capelli corvini e gli occhi neri come la notte. Labbra infuocate arricchite da una cicatrice vistosa quanto affascinante, impossibile non guardarla. Camice sempre rigorosamente aperto anche sopra la divisa blu scura della corsia. Una pantera.

Emma, nuovo acquisto dell'ospedale, specializzanda al secondo anno, trasferita da pochi mesi, era diventata l'oggetto di tortura di Regina. Capelli color del grano, occhi verdi e cristallini, fisico asciutto, gambe lunghe e muscolose. Labbra rosee e sottili, viso pulito.

Erano assolutamente agli antipodi.

Caldo e freddo.

Bianco e nero.

E quando due opposti si trovano nella stessa stanza le conseguenze possono essere devastanti. Un vero e proprio ciclone.

Ma tutti si erano accorti di qualcosa: gli sguardi carichi d'odio andavano ben oltre la sfera lavorativa. Erano andate ben oltre più di una volta, quando le loro mani inavvertitamente si sfioravano durante le emergenze al pronto soccorso scendeva il gelo tra loro.

Emma era stanca di tutto quell'astio. Teneva sempre testa alla sua insegnante ma era stanca di quegli estenuanti tentativi di guerriglia quotidiana.

Le palpitazioni che la assalivano quando lei la guardava, quando le rivolgeva la parola...dovevano avere una fine. Nel bene o nel male. Non poteva sopportare un giorno di più quell'affronto al suo autocontrollo perchè di certo prima o poi sarebbe venuto meno e le conseguenze sarebbero state devastanti.

Regina era letteralmente fuggita dalla trasparenza di quello sguardo che aveva risvegliato in lei sentimenti e sensazioni che ormai credeva sepolti. Gli ultimi secondi nello spogliatoio aveva davvero temuto il peggio. Aveva temuto di non riuscire a fermare le mani che avrebbe voluto toccarla, farle male. Stringerla.

Emma era più che mai decisa a mettere fine a quella tortura. Aveva raggiunto casa di Regina dopo una breve doccia negli spogliatoi dell'ospedale. Doveva purificarsi dal dolore della giornata in quel reparto. E da lei.

Amava il suo lavoro, entrambe lo amavano, ma a fine giornata l'unica cosa che volevano fare era togliersi di dosso la sensazione di morte e sofferenza che aleggiava nei corridoi che percorrevano ininterrottamente durante i turni di 12 ore.

Emma era decisa di fronte alla porta.

Regina beveva un bicchiere di vino rosso sul suo divano bianco, cullata dalla musica.

Il suo momento relax della giornata venne interrotto dal campanello.

Contrariata, raggiunge il pavimento tiepido con i piedi nudi. L'unico rumore era quello della sua sottoveste di seta nera che scivolava sulla sua pelle.

Emma aspettava col petto impegnato in respiri profondi e faticosi. La porta finalmente si apre.

Fulmini tra loro, come al solito.

Jeans aderenti, maglioncino nero con lo scollo a V, stivali ai piedi. Capelli legati in una coda laterale, che lasciava scoperto il collo. Quel collo.

«Swan, che diavolo ci fai qui?».

Voce roca, petto quasi scoperto dalla generosa scollatura. Illegale, decisamente. Era difficile articolare le parole per Emma.

«Avrei bisogno di parlarle».

«Non le sembra un orario poco opportuno?».

«Mai quanto i continui tentativi di sabotare la mia crescita professionale in ospedale».

Regina si sposta lateralmente, facendole un cenno con la mano per entrare.

Emma allinea i piedi uno di fronte all'altro, cercando di mantenere la mente lucida.

Si voltano nel medesimo istante, trovandosi a poca distanza l'una dall'altra.

Regina si morde piano il labbro inferiore, quasi intimidita dalla sua allieva.

Emma improvvisamente aveva la gola secca e tutti i propositi erano andati in fumo dalla figura femminile che aveva di fronte.

«Ha perso la lingua Swan?». Si sposta verso la credenza, per prendere un altro bicchiere. Si muove lentamente, la sottoveste scivola tra i suoi piedi e Emma la segue ipnotizzata.

«La pianti di trattarmi così e ho un nome, mi chiamo Emma. Lei è l'unica che sembra non saperlo».

«Cara non sono una di quei ragazzini che le sbavano dietro. Per quando mi riguarda lei sarà ancora la dottoressa Swan, che le vada bene o no».

Le porge il bicchiere di vino osservando il petto della bionda alzarsi in modo inopportuno.

«Si rilassi Swan, andrà in alcalosi se non la smette di respirare così».

Emma afferra il bicchiere di vino per poi appoggiarlo sul tavolino.

«Mi sta confondendo come al solito. Non voglio vino».

«La confondo?». Oh Regina lo sapeva. Era lo stesso effetto che faceva a lei, ogni volta che la guardava negli occhi.

Emma fece un passo verso di lei.

«Non sono una stupida. So che anche io la confondo e non so come fare per far cambiare questa cosa ma la prego, mi dia tregua. Non riesco a fare bene il mio lavoro se lei mi guarda in quel modo».

«Io non la guardo in nessun modo».

«Non menta con me» era una sfida continua.

«Lei non ha paura di niente vero Swan?».

Emma soffoca una risata, diventata improvvisamente isterica. Non aveva capito niente di lei.

Le parole che seguirono furono una liberazione più che una confessione.

«Io ho paura di tutto, di tutto! Ho paura di quello che sono, di quello che vedo di quello che faccio e soprattutto ho paura di non provare più quello che provo adesso. Adesso che sono qui con te».

Niente poteva essere più chiaro. Le iridi trasparenti della bionda non erano mai state più cristalline. E Regina temeva di affogare in quegli occhi color del mare. Quelle parole le avevano tolto il fiato.

Appoggia lentamente il bicchiere sul tavolino accanto. Una bretellina scivola sul braccio. Emma prontamente la ferma prima che potesse farlo la legittima proprietaria. Regina si blocca continuando a fissare il bicchiere. Le dita della bionda scivolano piano verso il basso e poi di nuovo verso l'alto, rimettendo la bretellina al proprio posto, nella spalla. Il dito indice continua a seguire il profilo del corpo della mora che intanto aveva spostato lo sguardo sul viso di Emma.

«Cosa sta facendo Swan».

«Stai un po' zitta» sussurrava. Regina faceva fatica a deglutire. La mano di Emma raggiunge il viso di Regina, sulla cicatrice del labbro superiore.

«Come ti sei fatta questa cicatrice?».

«Non credo sia affar suo».

Emma sorride sarcastica, socchiuse gli occhi.

«Bella musica, hai buon gusto».

«E' venuta a sentire un po' di musica nel mio salotto? Posso prestarle il cd e metter fine a questa sciocchezza» disse inarcando un sopracciglio.

«Balla con me».

Lo sguardo di Emma era tornato sugli occhi di Regina le cui pupille erano ormai completamente dilatate.

«Che diavolo sta dicendo?».

«Sto dicendo che vorrei finire questa maledetta guerra che non so perchè hai fatto cominciare. E non me ne vado fino a che non mi dai la tua parola che mi tratterai con rispetto».

Le afferra il fianco con la mano sinistra, mentre con la destra percorre tutto il braccio di Regina fino a raggiungere la sua mano. La afferra e Regina non oppone resistenza.

«Ci sta provando con me?».

«Sto cercando un modo di aver un po' di pace. Si può sapere perchè mi odi tanto?».

«Swan, lei è poco perspicace».

Emma la attira a se con forza facendola sbattere contro il proprio corpo. Gli occhi di Regina si stringono a due fessure mentre il respiro si fa accelerato. La mano destra della bionda stretta nella sinistra della mora.

«Sono perspicace quanto basta per sentire la tua tachicardia stringendoti a me».

«Lei sta giocando col fuoco Swan».

«E io credo che tu ti sia già bruciata. Almeno quanto mi sono bruciata io».

Emma avvicina la sua bocca a quella di Regina. Lentamente come a voler studiare la sua preda, fissa i contorni delle sue labbra.

Regina rimane immobile, ammaliata dalla sfrontatezza della sua allieva che sembrava avesse perso ogni genere di inibizione.

Poi sposta leggermente il viso, posando la sua guancia su quella della mora e iniziando a muoversi lentamente, cullata dalla musica in sottofondo. Regina, chissà come, la seguì. La sua mano destra, sulla schiena di Emma, scivolava dall'alto in basso.

«Vedi che se siamo rilassate è tutto più semplice?».

Sussurra Emma al suo orecchio. Regina spinse con forza la sua mano al corpo di Emma che sussultò, per poi stringere il suo maglione tra le mani.

«Dovresti smetterla di giocare» disse Regina con voce tremante

Emma sorrise. Sapeva che non avrebbe resistito. Sapeva che avrebbe perso il controllo ma non voleva correre. Voleva gustare la sua vittoria, gustarsi tutto di quella donna. Esplorava ogni zona della schiena della donna con la mano con cui la teneva stretta, mentre la bocca sfiorava la sua spalla nuda, senza mai toccarla veramente con le labbra. Poi le due gote si allontanarono quanto bastava per avere le labbra a pochi centimetri l'una dall'altra.

«Voglio morire su quella cicatrice. Respirare sulle tue labbra mi fa morire. Anzi, voglio che quelle labbra mi tolgano il respiro».

Fu Regina a vacillare al suono di quelle parole. Emma continuava a rimanere ferma a pochi centimetri da lei e solo il calore al basso ventre che per Regina era diventato insopportabile le fece dire poche semplici parole.

«Toglimelo tu il respiro, Emma».

La distanza tra le due labbra si azzerò. Le lingue presero a combattere prepotentemente, quasi a voler continuare il confronto che tutti i giorni avevano a parole.

La mano di Emma si spostò dal fianco alla nuca della mora, perchè il contatto delle loro labbra non era sufficiente a realizzare il suo desiderio. Le sembrava sempre troppo lontana da lei, dal suo corpo.

Regina dal canto suo voleva solo sentire il suo corpo nudo su quello della donna che la baciava. Le mani superano l'ostacolo del maglione nero che subito raggiunge il pavimento. Emma aveva bisogno di un appiglio, di un piano o di una parete perchè sarebbero sicuramente finite sul pavimento se avesse continuato a premere il suo corpo su quello dell'altra donna, tirandole i capelli per lasciare scoperto il collo.

Poi improvvisamente si fermarono. Fiato corto, palpitazioni, pensieri confusi.

Il desiderio aleggiava in quella stanza. Si lanciavano sguardi infuocati.

Lentamente Emma aprì le zip degli stivali che sfilò continuando a fissare senza ritegno Regina.

Poi passò ai pantaloni.

«Ferma» Intimò la mora.

Le mani di Emma scivolarono sui fianchi.

La mora inclinò piano il capo. Fece un passo verso Emma studiandone i particolari del viso. Fu veloce come un fulmine. Con una mano sganciò il bottone del jeans e con l'altra abbassò la lampo infilando prontamente le mani sotto di essi e attirandola a se.

Con un lungo sospiro sulle labbra di Emma abbassò le mani sui jeans.

«Togli questi inutili pantaloni da questo sedere».

Emma li abbassa, con un sorriso provocante sulle labbra.

«Muoviti».

Regina era impaziente di toccare quelle gambe perfette.

Emma prese i jeans e li fece cadere per terra. Regina si mosse verso di lei.

«No».

Regina si blocca. Emma fece un passo verso di lei e allungò entrambe le mani sulle bretelline della sua sottoveste nera. Le spostò contemporaneamente e quella scivolò per terra, lasciando scoperto il corpo più bello che lei avesse mai visto.

«Ora siamo pari» disse Emma poggiando entrambe le mani sui seni della mora. Quella fremette sotto il suo tocco.

«Non credo che siamo pari» allargò le braccia come a volerla avvolgere prima di allonanare i gancetti del reggiseno, che scivola via.

La bocca di Regina afferrò famelica, un seno di Emma. Lei di rimando, affondò le unghie nella schiena. Trovarono il divano di fianco a loro e caddero su di esso. Regina sopra Emma.

Ghiaccio e fuoco.

Ma il ghiaccio di Regina ben presto si sciolse quando Emma fece vibrare di nuovo le sue corde vocali.

«Ogni volta che la tua bocca si muoveva, desideravo che toccasse il mio corpo. Stavi diventando una tortura Regina».

«E ora lo sei tu per me Swan».

Senza preavviso la mano di Regina era tra le gambe di Emma, a spostare l'ultimo indumento che la copriva. Gemette senza controllo.

«Sono ancora una tortura Swan?».

Emma alzò il busto in avanti afferrando le labbra calde e rosse della mora. Senza controllo.

«La tortura migliore che potessi desiderare».

Regina sorrise compiaciuta. Entrò in lei piano, assaporando ogni cambio d'espressione di Emma. Voleva godersi quella scena in ogni dettaglio.

«Emma...non ho ancora iniziato niente con te -

Il suo nome pronunciato da quelle labbra credettero di farla arrivare al delirio.

Piccoli baci si posarono tra i seni della bionda, e poi in basso, accanto all'ombelico, mentre le dita di Regina ancora si muovevano in lei. Infine raggiunse il suo punto più sensibile e lo assaggiò con la sua lingua.

Pensò che non ci fosse niente di più buono.

Emma premeva le sue mani tra i capelli di Regina, per sentirla più vicina, per avere di più. Ma Regina stava già dando il meglio. Ed era così naturale che non riusciva a credere a quello che stava facendo.

Ma quel frutto proibito era quanto di più bello potesse esserci.

Emma fu invasa da un tremito che la fece gridare. Le dita della mora rimasero ancora in lei per sentire tutto il calore che la donna che giaceva sotto le sue mani potesse sprigionare. Era bellissima.

L'aveva tormentata per tutto quel tempo perchè sapeva che sarebbe stato impossibile staccarsi da lei.

Le labbra si scontrarono di nuovo.

Emma si mise dritta con la schiena con l'aiuto delle braccia per poi riuscire a invertire le posizioni. Regina era seduta sul divano e Emma sedeva sopra di lei. Improvvisamente aveva rallentato la sua folle corsa.

Toccava il corpo della mora lasciando su di esso dei baci delicati che faceva crescere in lei la tensione e il desiderio. Dal collo passò alla spalla, scendendo sui seni e scivolando sul pavimento scese più in basso, sui fianchi e sulle gambe.

Gli slip ancora proteggevano la zona proibita di Regina. Emma esitava, ogni tanto alzava lo sguardo e vedeva una Regina infuriata per il tempo che stava impiegando a mettere la sua bocca nel posto giusto.

«Mi vuoi dire qualcosa Regina?».

Continuava a sfiorarle le gambe e l'interno coscia, sfiorando con le mani gli slip e allontanandosi di nuovo, come per giocare.

«Ti stai divertendo?».

«Da morire».

Tornò sulle sue labbra, succhiando di prepotenza quello inferiore.

«Toglitele ora».

Emma si era messa in ginocchio sul pavimento, le gambe divaricate di Regina di fronte a lei. Con movimenti lenti e precisi, sfilò le mutande, lasciando che le gambe nude sfiorassero le spalle della bionda, che aveva assistito alla scena con sguardo famelico.

«Sei meglio di qualsiasi sogno erotico abbia mai fatto su di te».

Le mani uncinarono le cosce della mora, facendola scivolare verso il bordo del divano e avvicinandole alla bocca di Emma.

Piccoli morsi circondarono quella perfezione. Mani ormai impazienti stringevano le sue cosce.

Poi improvvisamente la lingua di Emma arrivò dentro di lei e Regina non potè far altro che drizzare la schiena senza respiro.

Guardava quella massa di riccioli biondi lavorare tra le sue gambe e le mani finirono la in mezzo, a spingere quella testa dentro di lei.

Emma torturava quel bottoncino con la lingua e con le labbra, mentre una, due e tre dita si fecero strada. Regina non riusciva a trattenere i gemiti e graffiava Emma lasciando dei segni sulla sua schiena e sulle braccia. E avrebbe voluto non smettesse mai. Quella dolce tortura la lasciava senza fiato fino a che la vista si annebbiò e il suo corpo fu percorso da una scarica di piacere incontrollabile.

La bocca di Emma ripercorse a ritroso il corpo della donna fino a raggiungere, di nuovo, la sua bocca, spingendola lateralmente sul divano, fino a farla sdraiare e mettendosi di fianco a lei.

Nonostante la stanchezza per il piacere appena provato, le loro bocche non riuscivano a staccarsi, quasi a cercare ossigeno. Il dito indice di Emma percorreva avanti e indietro il corpo della mora.

«Mi è piaciuto questo ballo con te».

Disse Regina mentre Emma aveva la bocca sul suo seno. Alzò lo sguardo.

«Ne ero convinta».

Disse compiaciuta. Le piaceva quello sguardo. Le piaceva come la guardava e come muoveva le labbra.

«Credo di voler ballare ancora, Emma».

Se poi a questo si aggiungeva la pronuncia del suo nome, la pazzia era assicurata.

«Credo che quelle labbra mi porteranno al manicomio, Regina».

Così, le mani di Regina furono di nuovo tra le gambe di Emma.

 

 

 

  
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