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Autore: VahalaSly    12/01/2014    4 recensioni
Tra una più che incasinata famiglia, due amiche che non si rivolgono la parola a vicenda e la sua incapacità di formare una frase di senso compiuto davanti al ragazzo che le piace, Amanda non desidera altro che un po' di tranquillità.
Ma quando quello che riteneva un amico le si rivolterà contro, scatenando una reazione a catena di problemi, Amanda si ritroverà a doversi appoggiare all'ultima persona che si sarebbe potuta immaginare...
/Attenzione: è presente romance tra un minore e un adulto/
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Breathe Into Me

Capitolo Primo:
L'inizio

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"Se sai di non sapere, sai già molto"

Amanda scarabocchiò la frase sul quaderno, poi si fermò a rileggerla. Avere Socrate come insegnante sarebbe una pacchia, decise, domandandosi perché i suoi professori non adottassero quella filosofia. Con rammarico, si rese conto che nemmeno in quel caso sarebbe stata la prima della classe.

Non riuscì a non voltarsi per l'ennesima volta verso Paolo, seduto accanto a lei, al momento concentrato a digitare furiosamente sul suo cellulare, ridacchiando di tanto in tanto. Si chiese cosa o chi lo stesse facendo sorridere in quel modo. Lei non ci era mai riuscita.

In realtà, era già tanto se riusciva a salutarlo la mattina senza arrossire fino alle radici dei capelli, cosa che capitava praticamente ogni volta. Sapeva di essere ridicola – era la prima ad essere imbarazzata dal proprio comportamento – eppure non ci poteva fare niente. Con quegli occhioni blu e il fisico sportivo, Amanda era convinta Paolo fosse uno dei ragazzi più belli della scuola. Era stata la sua sagacia comunque a colpirla e, spesso, si ritrovava ad ascoltarlo ammirata mentre leggeva un suo tema davanti alla classe, o esponeva un capitolo di storia con quel suo tono perennemente allegro.

"Amanda?" la richiamò una voce, riportandola immediatamente alla realtà. Sollevò lo sguardo, cercando di ignorare i sogghigni dei suoi compagni di classe alle sue spalle, e vide il professor Navarra che la osservava con attesa, chiaramente aspettando una risposta.

"Mi scusi, potrebbe ripetere la domanda?" chiese Amanda, scatenando una nuova ondata di risolini. La ragazza arrossì lievemente, sforzandosi di mantenere un'espressione impassibile, ma il professore si limitò a sorriderle pazientemente, voltandosi poi verso Paolo "Credo che il tuo cellulare rimarrà fermo dov'è anche se non lo controlli ogni due minuti, Paolo" disse, attirando finalmente l'attenzione del ragazzo su di sé, che si affrettò a poggiare il telefono sotto il banco.

“Tornando a noi” fece poi il professore, concentrandosi nuovamente su Amanda “Vorrei sapere se ricordi chi è il principale testimone della filosofia di Socrate”

Amanda non dovette stare troppo a pensarci “E'... è Platone” disse, felice di ricordare ancora la lezione precedente “Ha scritto trentasei dialoghi su Socrate”

L'uomo la guardò con approvazione, un gentile sorriso che incurvava le sue labbra “Sì, è giusto” disse, tornando verso la lavagna “Ed è proprio di Platone che parleremo in questa e nelle prossime lezioni. Vi conviene prestare attenzione, perché nel compito in classe della prossima settimana potrebbero esserci delle domande al riguardo...”

Qualcosa colpì Amanda alla nuca, strappandole un'esclamazione di dolore. Si voltò alla sua destra, dove pochi tavoli più in là sedeva Giulia che la guardava con trepidazione.

Che c'è? Mimò, controllando che il professore non la vedesse nuovamente distratta. Giulia gesticolò verso la sedia di Amanda, indicando qualcosa ai suoi piedi.

Amanda si chinò, raccogliendo un bigliettino accartocciato.

E' una mia impressione o oggi Mr. Cheesy è più sexy del solito?

Amanda sospirò divertita, scribacchiando velocemente una risposta (Per te ogni giorno è più sexy!) poi le rilanciò il foglietto di carta.

Mr. Cheesy era il soprannome che Giulia aveva affibbiato al professor Navarra il primo giorno di scuola, poiché affermava che doveva essere certamente gustoso come una Cheesecake. Amanda non aveva mai trovato niente da obbiettare.

Il primo punto a favore del professore era, sicuramente, la sua giovane età. Non dimostrava più di trent'anni, in effetti spesso veniva scambiato per uno studente. Più che l'aspetto fisico, erano i suoi modi di fare a dare questa impressione: era amichevole, informale e, molto spesso, anche piuttosto confusionario. Inutile specificare che tutti lo adoravano.

Non pochi avevano poi manifestato una forte attrazione verso l'uomo e, con enorme imbarazzo da parte di Amanda, lei non era esclusa.

Osservandolo, comunque, non poté biasimarsi. Il professor Navarra era un uomo alto, sicuramente sopra il metro e ottanta, con il fisico da sportivo. Aveva ricci capelli castano cioccolato, che non sembravano mai voler stare al loro posto, e occhi di un grigio così cristallino da far pensare fosse un effetto artificiale.

Era solito indossare camice scure, spesso complete di una cravatta a tinta unita, a cui arrotolava le maniche fin sopra i gomiti, probabilmente per salvaguardarle dalla sottile polvere di gesso che sembrava ricoprire l'intero edificio scolastico.

Sì, il professore era oggettivamente un bell'uomo, ma erano l'entusiasmo che metteva nell'insegnamento e il suo carisma i sui veri punti forti. A dirla tutta, Amanda era proprio convinta che sarebbe stato impossibile non prendersi una cotta colossale per uno così.

La gomma la colpì più forte in testa questa volta, rimbalzandole sulla tempia e cadendo a terra. Giulia la guardava impaziente, indicando il bigliettino accanto ad Amanda, che giaceva lì ignorato da almeno cinque minuti.

Io dico solo ad alta voce quello che pensi anche tu ;)”

Amanda le lanciò un'occhiata scettica, scandendo “Ma davvero?!” con le labbra, anche se conosceva benissimo la risposta.

Giulia sembrava saperlo a sua volta, poiché annuì vivacemente, scuotendo così l'enorme massa di capelli ricci sul suo capo. Erano sempre stati tanti, ma da quando aveva rinunciato al suo naturale color biondo in favore del rosso sembravano essersi moltiplicati a dismisura.

Il professor Navarra in quel momento passò accanto all'amica, osservandola lievemente perplesso mentre continuava a spiegare Platone. Con un pesante sospiro, Amanda afferrò la penna e cominciò a prendere appunti.


 

Giulia raggiunse Amanda con un balzo, afferrando frettolosa i libri sul banco di quest'ultima e aiutandola a sistemarli nello zaino “Uno penserebbe che dopo dodici anni di carriera scolastica tu abbia imparato a prepararti da sola la cartella”

Amanda sbuffò, cercando l'astuccio nel ripiano sotto il tavolo “Solo perché non mi lancio fuori dalla porta appena suona la campanella, non vuol dire che non sia capace di mettere dei libri in una borsa. Prendo solo le cose con più calma”

“Tutta questa calma prima o poi ti farà perdere l'autobus”

“Come se fosse mai possibile. L'ultima volta è arrivato con quaranta minuti di ritardo, stavo cominciando a farci la muffa su quella panchina” disse, afferrando l'elastico che aveva attorno al polso e usandolo per legarsi i capelli in una coda disordinata “E poi, potrei sempre farmela a piedi. Casa mia non è così distante”

Giulia le lanciò un'occhiata scettica “Dieci chilometri, che saranno mai. Io faccio fatica perfino ad arrivare fino alla porta di casa”

“Ma a te non viene a prenderti tuo padre in macchina?”

“Appunto”

Amanda ridacchiò, chiudendo finalmente lo zaino e mettendoselo in spalla “Beh, a me camminare non dispiace. E' rilassante”

L'amica si limitò a scuotere piano la testa, borbottando qualcosa di vagamente simile a “Se lo dici tu....” e affrettandosi verso l'uscita, lanciando un'ultima occhiata alla classe. Amanda fece automaticamente lo stesso, controllando di non aver dimenticato niente. In quattro anni di superiori, aveva lasciato più roba in classe di quanta ne avesse riportata a casa.

“Com'è andato a te il compito? Io ero un po' indecisa sulla domanda cinque, ma alla fine ho risposto Federico d'Asburgo. Insomma, quello lì c'entrava sempre qualcosa, no? Tra lui e Carlo V, o forse era IV? Vabbé, quello. Anyway, non so chi sia il più fastidioso. Sempre in mezzo, tipo il prezzemolo”

Amanda corrucciò lievemente le sopracciglia “Ma non era mica Ferdinando d'Asburgo?”

Giulia la fissò per qualche secondo, poi spalancò gli occhi “SHIT!” esclamò, facendo voltare un paio di studenti intenti a chiacchierare verso di lei, con espressione confusa “Federico era quello della scorsa verifica! Ahhhh, sono morta”

Amanda le diede una pacca sulla spalla con fare consolatorio “Se ti fa stare meglio, io ho confuso le date della Guerra Dei Trent'anni. L'ho spostata di una cinquantina d'anni nel futuro”

Giulia non sembrò comunque prestarle attenzione, troppo occupata a borbottare tra sé “Ma inventarsi dei nuovi nomi no, eh? Federico, Francesco, Ferdinando. Fantasia zero”

In quel momento qualcuno le toccò una spalla, facendola voltare. Michela le sorrideva entusiasta, le mani dietro la schiena “Indovina chi è stata invitata da Edoardo ad uscire?” disse, il tono di voce così alto che Amanda temette potesse rompersi qualche corda vocale. Giulia le lanciò un'occhiata, poi si allontanò veloce. Per quanto Amanda ci provasse, non riusciva proprio a far andare d'accordo le due ragazze: mentre Michela trovava Giulia troppo strana, con tutte quelle sue fisse per personaggi di vari telefilm e il suo strambo modo di parlare (“Tutti parliamo inglese qui, siamo ad un linguistico! Non c'è bisogno di mettersi in mostra usando un termine inglese ogni due frasi”), Giulia credeva che Michela, parole sue, avesse bisogno di un bel trattamento contro l'acidità.

Amanda da parte sua voleva bene ad entrambe allo stesso modo. Conosceva Michela da praticamente una vita, erano cresciute insieme e i loro padri erano andati nella stessa scuola; quella che per Giulia era acidità, in realtà era solamente estrema sincerità, qualità di Michela che Amanda apprezzava molto. Giulia d'altra parte era arrivata all'inizio dell'anno scolastico precedente da un'altra scuola, ma le due ragazze avevano subito legato. Poiché Michela era in una sezione diversa da quella di Giulia e Amanda, quest'ultima riusciva a frequentare entrambe le ragazze senza troppe difficoltà, anche se continuava a sperare che un giorno le sue due amiche riuscissero a superare i loro pregiudizi e provassero almeno a scambiarsi due frasi senza scannarsi. Non ci sperava troppo, comunque.

Amanda guardò con allegria Michela quasi saltellare sul posto per l'eccitazione “Quando te lo ha chiesto?” le domandò interessata, incamminandosi con l'amica verso la fermata dell'autobus. Michela sospirò, spostandosi una lunga ciocca di capelli castani dietro l'orecchio “Qualche minuto fa. Mi stava aspettando fuori dalla classe”

“Era ora che si svegliasse” disse sincera Amanda. Era difficile che qualcuno non notasse Michela, con le sue lunghe gambe affusolate e degli spiazzanti occhi azzurri. La ragazza era di una grazia disarmante, quasi ingiusta. Se c'era qualcuno che aveva ricevuto delle preferenze il giorno in cui era stata distribuita la bellezza, quella era lei.

“Ha detto che passa a prendermi questa sera alle nove. Spero che mia madre si sia ricordata di ritirarmi il mio vestito in lavanderia”

“Quello rosso dici?”

Michela annuì, lo sguardo ancora sognante “Non è un po' troppo...” cominciò Amanda.

“Elegante? Ci ho pensato anche io, ma dopotutto non mi aspetto certo di andare a mangiare in un fast-food, se capisci cosa intendo”

Amanda stava per dire corto, ma lasciò perdere. Non era di certo la persona giusta per dare questi genere di pareri, considerato che tutta la sua esperienza sui ragazzi si basava su quanto vedeva nei film.

“Spero che mi compri dei fiori. Credi che mi comprerà dei fiori?” domandò Michela, continuando prima che l'altra avesse il tempo di rispondere “Probabilmente sì. Quando usciva con Francesca Rosati sembra che le lasciasse una rosa sotto casa tutte le mattine”

“Sembra piuttosto impegnativo”

“E romantico. Sarà meglio per lui farlo anche con me, non ho intenzione di sentirmi meno importante della Rosati. Ha preso almeno cinque chili negli ultimi mesi, l'hai notato? Non mi meraviglia che Edoardo l'abbia lasciata”

Ok, Amanda doveva dare almeno un poco di credito a Giulia. La sincerità di Michela tendeva ad essere... condita con una spruzzatina di acidume.

Le due ragazze si sedettero sulla panchina della fermata, posando lo zaino ai loro piedi. Fortunatamente, pochissimi studenti utilizzavano quella fermata. La maggior parte prendeva l'autobus che andava in direzione opposta, perciò Michela e Amanda trovavano sempre posto per sedersi. Se tutto fosse andato come sperato, comunque, presto Michela avrebbe avuto la macchina ed entrambe avrebbero potuto smettere di prendere l'autobus che anche quel giorno, sorpresa sorpresa, era in ritardo.

Amanda alzò lo sguardo, notando Paolo che chiacchierava con un paio di amici dall'altro lato della strada e, quando questo si voltò nella sua direzione, sollevò la mano in segno di saluto. Il ragazzo ricambiò con un cenno della testa, tornando poi a concentrarsi sui due ragazzi davanti a lui.

A Michela non sfuggì lo scambio “Ah, Amanda. Non perdere tempo con quel perdente! Puoi avere di molto meglio”

La ragazza arrossì lievemente, abbassando lo sguardo “E' solo un mio compagno di classe, niente di più” borbottò, amareggiata da quanto fosse vera quella frase.

Fu più che sollevata quando finalmente l'autobus si fermò davanti a loro, aprendo le porte per farle entrare. Domani gli parlerò, decise mentre il mezzo ripartiva, osservando Paolo farsi sempre più lontano, fino a scomparire dalla sua visuale. Domani lo farò.
 

 

“Sono a casa!” esclamò Amanda aprendo la porta con la spalla, mentre cercava di rimettere le chiavi nella tasca esterna dello zaino. Quando nessuno le rispose, si guardò attorno con fare incerto, entrando in casa “Roby?”

Dei passi frettolosi risuonarono dal piano di sopra, seguiti dal suono di acqua che scorre. Amanda sospirò, poi salì le scale con passo pesante, fermandosi davanti alla porta del bagno “Roberta?” chiamò ancora “Sono io. Dai, aprimi”

Il rumore dell'acqua si arrestò. Con uno scatto, la porta del bagno venne aperta e davanti ad Amanda comparve una piccola bambina dai lunghi capelli biondi, con il viso completamente impiastricciato.

Amanda si chinò, guardandola negli occhi “Quante volte abbiamo detto che non bisogna giocare con i trucchi di mamma? Lo sai che non vuole”

La bambina annuì, abbassando lo sguardo pieno di vergogna. Amanda le diede un piccolo buffetto sul naso “Dai, vieni che ci ripuliamo” disse, poi la prese in braccio e la sollevò, facendola sedere sulla lavatrice. Prese un po' di carta igienica e la bagnò sotto il getto d'acqua del lavandino – anch'esso ricoperto di rossetto e matita – poi la strofinò delicatamente sul viso di Roberta, cercando di eliminare tutte le tracce di trucco.

“Chi eri questa volta, Cenerentola?” domandò Amanda, cercando di risollevarle il morale. Lo sguardo di Roberta si illuminò all'istante “No, Rapunzel!” esclamò felice “Lo abbiamo guardato oggi a scuola. Ha i capelli lunghissimi e i vestiti tutti colorati! E poi esce dalla torre scivolando con i capelli e va a cercare le lanterne insieme a un ragazzo, un cavallo e un camaleonte!”

“E anche lei indossa tutto questo rossetto?” chiese Amanda ridacchiando e prendendo altra carta. La bambina sembrò pensarci per qualche secondo “Beh, no. Però io non ho né i capelli così lunghi come i suoi, né i suoi vestiti. Qualcosa dovevo aggiungerlo”

Amanda ringraziò silenziosamente che non fossero state le scarpe della madre; l'ultima volta che le aveva messe era quasi capitolata giù dalle scale.

“Perché non prendi i miei di trucchi? Lo sai che puoi farlo” disse la ragazza, frugando in cerca dello sgrassante nello scaffale sotto il lavandino. Non appena lo trovò ne spruzzò un'abbondante quantità nel lavello, poi prese a strofinare.

“Ma tu ne hai così pochi! Quelli della mamma sono molti di più. Perché non posso usare i suoi?” si lamentò la bambina, abbassando le braccia con fare frustrato.

“Su, Roby, non fare così. Lo sai che alla mamma non piace che si tocchino le sue cose. Vuoi che si arrabbi?” un lampo di paura passò nello sguardo della piccola, e Amanda si pentì subito delle sue parole “Tranquilla, rimetteremo tutto a posto. Non si accorgerà di niente” le promise, dandole un lieve bacio sulla fronte. Roberta sorrise felice, poi strinse le braccia attorno al collo di Amanda “Sei la sorella migliore del mondo”

“Questo non è possibile” disse le ragazza, sciogliendosi dall'abbraccio della bambina “Perché la migliore del mondo è proprio davanti a me”

Roberta ridacchiò, poi saltò giù dalla lavatrice “La tavola l'ho già apparecchiata” disse con orgoglio “Però ai bicchieri non ci sono arrivata nemmeno oggi”

Amanda studiò attentamente la sorella, fingendo di misurarla “Visto la velocità con cui stai crescendo, non dubito che è solo questione di settimane!” decretò infine, sorridendo all'espressione soddisfatta della sorella “Ora va a lavarti le mani in cucina, che io qui finisco di pulire, poi ti preparo la pasta al pesto, ti va?”

La bambina saltellò contenta “Oh sì, ti prego!” esclamò, per poi lanciarsi verso la porta del bagno, correndo fuori nel corridoio. Amanda ridacchiò di nuovo, aprendo l'acqua e eliminando le ultime traccie di rossetto dalla ceramica.

Buttò tutta la carta igienica nel water, poi raggiunse la sorella al piano di sotto. Quella era già seduta al suo posto, che giocava con la sua bambola preferita. A quanto sembrava, in quel momento le stava facendo fare il bagno in un'immaginaria vasca da bagno, che era, in effetti, un piatto fondo.

“Ho apparecchiato anche per papà. Forse oggi viene a pranzo” disse Roberta, indicando il quarto piatto sulla tavola. Amanda si sforzò di sorridere “Forse” concordò, sapendo benissimo che era assai improbabile. Il padre di Amanda era un uomo d'affari, uno di quelli che si vedono sempre nei classici film per adolescenti e, come tale, passava ben poco tempo a casa. Se spendeva quel tempo a lavoro o nel letto di qualche sua amante, questa era tutta un'altra questione. Amanda comunque preferiva così, odiava la sua presenza; non era tanto il fatto che sembrasse appena cosciente di avere una famiglia, né il suo tradire ripetutamente la moglie, quanto la completa noncuranza con cui lo faceva, senza nemmeno sforzarsi di inventare delle scuse decenti quando – e se – rientrava alle cinque del mattino. Tutti sapevano la verità, anche la madre di Amanda stessa, ma questa preferiva semplicemente fingere di credere a tutte le bugie del marito, andando la sera a bere con le amiche e Dio sapeva solo cos'altro. La ragazza non se la sentiva comunque di spiegare tutto ciò a sua sorella, ma preferiva invece inventare sempre delle scusanti per il comportamento dei suoi genitori. Sapeva che molto probabilmente Roberta sapeva la verità, o almeno una parte di essa, ma questa sembrava felice di ascoltare le rassicurazioni di Amanda, che continuava a ripetersi che sei anni erano troppo pochi per essere consapevole di quanto profondamente incasinata è la propria famiglia.

Mangiarono in silenzio, poi Roberta aiutò Amanda a sparecchiare, coprendo come d'abitudine il piatto pieno della madre con della carta trasparente e riponendolo in frigo. Quando ebbero finito, entrambe si ritirarono nella propria stanza, non prima però che Amanda promettesse di aiutare la sorella con i compiti quel pomeriggio.

Quando finalmente fu sola, la ragazza si lanciò sul letto, cadendo di faccia sul cuscino. Stava quasi per cedere al sonno, quando il suo cellulare vibrò prepotente, destandola dallo stato di dormiveglia in cui era caduta. Cercò di tirarlo fuori dalla tasca, ma alla fine si arrese e con un grugnito, si sdraiò di schiena, sfilando il cellulare dai pantaloni.

C'era un nuovo messaggio, da Michela: Controlla la tua pagina Facebook, IMMEDIATAMENTE!!!

Amanda si sollevò a sedere, leggermente confusa. Non fece comunque in tempo a posare le gambe a terra che il suo cellulare vibrò nuovamente. Un altro messaggio, questa volta da Giulia: Forse è meglio se entri su fb. Quell'idiota è morto.

L'agitazione prese il posto della confusione, e la ragazza si affettò ad accendere il suo portatile. Continuò a battere il piede con nervosismo sul pavimento mentre lo schermo si illuminava con pigrizia, il segnale della batteria quasi scarica che lampeggiava insistente.

Quando finalmente fu acceso, Amanda digitò frettolosamente l'indirizzo del sito web. Tre notifiche e cinque messaggi. C'era decisamente qualcosa che non andava, la sua pagina Facebook in genere era quasi completamente inattiva.

Decisa di cominciare dalle notifiche.

Mirco Toris ha scritto sulla tua bacheca”

Amanda corrucciò le sopracciglia. Mirco era un ragazzo della quarta D, la stessa classe di Michela. Causa la sua timidezza, o più probabilmente la sua mania di portare le carte dei Pokemon ovunque andasse, il ragazzo era piuttosto isolato.

Era stato per caso che lui e Amanda avevano fatto quella che potrebbe essere generosamente definita amicizia, finché la sera prima lui non l'aveva invitata ad uscire. Lei aveva accettato, leggermente a disagio, ma si era detta che sarebbe stato scortese rifiutare. Così aveva portato Roberta a casa di una sua amica e si era preparata per uscire. Si era resa conto del suo errore solo quando lui a fine serata si era sporto per baciarla e lei, d'istinto, si era ritirata indietro. L'espressione gentile sul viso di lui era cambiata istantaneamente, trasformandosi in una maschera di rabbia. Amanda ricordava ancora la paura che aveva avuto per qualche secondo, la paura di quello che una persona con quello sguardo avrebbe potuto fare, ma per sua fortuna lui infine si era semplicemente limitato a girarsi ed andarsene senza degnarla di una parola.

Fu con agitazione che la ragazza aprì la sua bacheca, il post di Mirco subito in primo piano. Lo lesse con disgusto, sentendo le viscere che si stringevano in una morsa d'acciaio.

Sei una troia! Per colpa tua mi sono preso lo scolo! Mi fai schifo, non farti più vedere!”

Rilesse il post più volte, chiedendosi per quale motivo avesse scritto una cosa del genere. Fu sopraffatta da una marea di emozioni: ripugnanza, paura, dolore, rabbia. Non sapeva cosa fare, era paralizzata.

Si rese conto con orrore che, nonostante fosse stato pubblicato meno di venti minuti prima, l'intera scuola sembrava averlo già commentato. Provò a leggerne alcuni, ma smise quando un forte senso di nausea la assalì. Erano tutti irrisori e pieni di disgusto.

Afferrò frettolosamente il mouse e cancellò il post, ma presto cominciarono a comparire nuove notifiche di messaggi privati. Non aveva più bisogno di controllare per sapere cosa dicevano, così in uno scatto chiuse lo schermo del computer, allontanandolo da sé. Poi, abbracciando il cuscino, scoppiò in lacrime.




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