Sentii qualcuno bussare alla porta, cercai di ignorare i battiti le prime volte, poi capii che quella persona non avrebbe smesso fino a che non gli avessi dato il permesso di entrare.
 «Chi è?» chiesi sospirando.
 «La sposa mi farebbe il piacere di aprirmi?» conoscevo fin troppo bene quella voce, mi alzai dal letto e mi diressi alla porta, girai la chiave e aprii.
 Mentre Viggo entrava nella stanza, mi sdraiai di nuovo a letto. Lo sentii camminare un paio di volte da una parte all'altra della camera. Osservava il casino che avevo lasciato la sera prima, bottiglie di vino vuote, vestiti buttati alla rinfusa ovunque e, ovviamente, quello che avrei dovuto indossare di lì a poche ore, per il nostro matrimonio. Uno spreco di soldi, a parer mio, perché mai una persona dovrebbe spendere centinaia di dollari solo per un abito che mette solo una volta in tutta la sua vita? Avrei potuto benissimo camminare verso l'altare con indosso i miei soliti jeans e una maglietta piuttosto elegante. Ma, l'uomo che ora camminava avanti e indietro osservando il mio casino, era stato così convincente, che alla fine avevo comprato l'abito.
 «Ti ho convinto a comprare quell'abito!» amava dire davanti ai nostri amici appena l'argomento "matrimonio" veniva fuori.
 Io annuivo, cercando di sembrare convincente per non destare sospetti, ma in realtà avrei voluto dire:«O costretto?»
 Almeno l'avevo scelto io, il solo lato positivo.
 «Credevo che le mogli fossero ordinate.» mi disse, sedendosi sul bordo del letto.
 «Non chiamarmi così.» brontolai.
 «Scusa.» si alzò dal letto e andò alla finestra. Lo seguii con lo sguardo.
 Si appoggiò allo stipite della portafinestra e guardò fuori sospirando. Sapevo benissimo cosa stava pensando, perché lo pensavo anche io. Sospirai a mia volta.
 «Viggo?» mormorai talmente piano che pensai che non mi avesse sentito.
 «Mh?»
 «Hai paura?» guardai il soffitto e il suo strano motivo geometrico.
 Viggo si girò e mi guardò. Sentii il suo sguardo su di me, ma non osavo staccare gli occhi dai tanti rombi che si intersecavano sopra la mia testa.
 «Io sì.» rispose infine.
 «Sei sicuro di volerlo fare?» un mio difetto? Le mille domande, una dopo l'altra, a raffica, solo per sapere la verità.
 Esitò un attimo, poi si avvicinò al mio letto, ci salì e venne a sdraiarsi vicino a me.
 Le sue labbra erano a pochi millimetri dal mio orecchio.
 «Sì, e tu?» quando parlò mi fece il solletico.
 Sì, sì e sì, ma non sapevo come dirlo.
 Viggo si alzò su un gomito e mi guardò. In quel momento il mio sguardo incrociò il suo e lui mi sorrise. Istintivamente gli sorrisi anche io.
 «Sicurissimo.»
 «Sei il marito perfetto.» si spostò fino a baciarmi lievemente sulle labbra. «Orlando.»
 «Anche tu lo sei, Viggo.»




 


 Dedicata a C, una mia grande amica. Spero che questa piccola storia vi piaccia, scritta solo perché non avevo nulla da fare e perché era da un po' che volevo scrivere qualcosa del genere. 

 Marga regalerà caramelle a tutti quelli che faranno una piccola recensione e a tutti quelli a cui piacerà e sorrideranno leggendo la fine.