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Autore: Alepotterhead    15/01/2014    3 recensioni
Mags è l'adorabile ottantenne che tutti abbiamo conosciuto, ma anche lei è una vincitrice. O meglio una sopravvissuta.
Ecco a voi i Noni Hunger Games. Gli Hunger Games di Mags.
Dal capitolo 9
“Tributi prendete posizione”
La voce mi fa sobbalzare e la pedana si solleva leggermente, le ante del tubo che la circondano si aprono. Guardo il pacificatore alle mie spalle, non si muove di mezzo millimetro. Prendo un respiro profondo e faccio i due passi che mi separano dalla piattaforma, sento le gambe di gelatina. Prendo posizione come mi è stato detto.
“Cinque secondi rimanenti alla partenza”
Conto mentalmente… Cinque… Quattro… Tre… Due… Uno…Ci siamo.
Le porte si chiudono e la piattaforma inizia lentamente a sollevarsi.
Si apre una botola sopra la mi testa e una cascata di luce piove su di me.
Ci siamo davvero.
All’inizio non riesco a distinguere ciò che mi circonda, appena mi abituo alla luce, rimango senza fiato.
È un paesaggio incredibile."
Genere: Avventura, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mags, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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E anche quest’anno la Mietitura si è svolta, che i settantaquattresimi Hunger Games possano finalmente iniziare.

I due poveri sventurati a cui devo fare da mentore quest'anno sono evidentemente terrorizzati a morte, anche se hanno tentato di mascherarlo quando le telecamere li hanno inquadrati. Strategia. Lo fanno perché gli è stato insegnato così.

Sono saliti sul palco raccogliendo tutto il loro coraggio, sono saliti sul treno con tutta la loro paura.

Così si devono comportare i tributi favoriti. Coloro che hanno paura, soccombono. Coloro che rifiutano l’allenamento extra, soccombono. Coloro che non fanno ciò che viene ordinato loro, soccombono.

Il mio problema è che non riesco a non affezionarmi troppo, vedo sempre il lato umano, quello che uccide o deve essere ucciso, quello che, in sostanza, rende una persona tale. Coi ragazzi ho sempre avuto un legame speciale, ma dopo più di sessant’anni in cui faccio da mentore è troppo difficile lasciali andare, perderli sempre o quasi, come rientrare di nuovo nell'Arena, mentre tutto quello che desideri è dimenticare, cancellare le cicatrici, eliminare i ricordi che dopo anni e anni ti attanagliano le viscere e ti consumano la ragione…per ciò lascio che siano i mentori più giovani a istruirli e a prepararli psicologicamente, se mai si può essere preparati per una cosa del genere.

In fondo sono una povera ottantenne, cosa potrebbero mai chiedermi? Cosa mai potrebbero volere che insegnassi loro? Pensano che ormai sia arrivata al punto di non capire più nulla, pensano che sia inutile.

Loro non capiscono, nessuno di loro capisce, nessuno che non sia stato nell’Arena può capire: il senso di colpa, la paura, l’ansia, l'orrore che non ti abbandonano mai. Non esiste parola in grado di descrivere tutto questo. Non importa che tu sia un favorito o che sia più grosso o furbo degli altri, perché è la paura che vince, che è più forte di tutto e ti schiaccia senza alcuna pietà.

Come è possibile spiegare che devi uccidere? Uccidere se vuoi vivere? Uccidere lacera l’anima*, vale la pena uccidere e vivere se poi rischi di perdere te stesso, cadere a pezzi? Sei pronto per assumerti i rischi che un’azione del genere comporta? Non si può dire questo a due ragazzini intimoriti, puoi però stargli vicino, supportarli, credere in loro quando nemmeno loro stessi ci credono più, puoi mostrare che tu ci sei, sei lì, per loro, non con vane e vuote parole, ma fisicamente.

Sono anni che non dico più niente, semplicemente perché non è necessario e perché non ho niente da dire, non sono matta, non sono malata, sono stanca, sono preoccupata per i ragazzi che anche quest’anno moriranno, sono…
“Mags!” la voce di Finnick interrompe il mio sproloquio mentale. Sapevo di non potermi nascondere per sempre in quella carrozza del treno, soprattutto sapevo di non potermi nascondere per sempre da lui.

“Ehi Mags eccoti! Ti stavamo cercando ” e mi lancia uno dei suoi sorrisi smaglianti, di quelli che abbagliano gli abitanti di Capitol City, ma che ormai io ho imparato a leggere come il tentativo di nascondere qualcosa di più grande, qualcosa di vero e autentico, qualcosa che doveva essere tenuto nascosto per evitare che ti venisse portato via, in questo caso l’angoscia degli Hunger Games, l’orrore dietro la spettacolarizzazione.

Dietro di lui fanno capolino i due nuovi tributi del Distretto Quattro e una morsa mi attanaglia il cuore, il ragazzo non può avere più di tredici anni, magro, con ricci color sabbia e con gli occhi color del mare pieni di puro panico, la ragazza deve avere quindici anni, lacrime silenziose le solcano il viso e le finiscono tra i lisci capelli chiari, lentiggini le punteggiano le guance e ciò che vedo nei suoi occhi verdi è la cosa peggiore che potessi leggervi… non paura, non ansia, non terrore, ma rassegnazione… questa ragazza ha già accettato il fatto di non tornare a casa, di non poter tornare, è convinta di non riuscire a farcela, la guardo con fare incoraggiante ed è tutto ciò che posso fare per lei.

“Ti stavamo cercando per guardare tutti assieme i filmati delle mietiture negli altri Distretti”. Detesto guardare le mietiture, Finnick lo sa, ma sa anche che è nostro dovere e allora tanto vale farlo tutti insieme una volta sola e togliersi il pensiero. Anni e anni e ancora non mi sono abituata a essere trascinata ogni anno di nuovo davanti alle luci della ribalta e assistere completamente impotente alla mietitura, essere portata come un bagaglio poco gradito sul treno con i trubuti, ogni volta è doloroso, ogni volta mi sembra di essere tornata un tributo. E se è orrendo per me, immagino per i ragazzi.

Le mietiture sono una cosa già terribile di per sé, ma mandarle in onda in diretta è praticamente una cosa disumana, tutti gli occhi su di te nel tuo momento di maggior debolezza pronto a uso e consumo degli avvoltoi che se ne stanno appollaiati nelle loro lussuose e sicure case, tutto questo mi ricorda sempre quando da piccola andavo in barca con mio papà e la sua rete era sempre piena di tanti pesciolini: a me sembravano bellissimi, colorati, guizzanti, ma in realtà erano terrorizzati, tentavano di scappare, ma non potevano, erano in una rete più grande e forte di loro.

Lentamente mi alzo e mi incammino dietro a Finnick, ci dirigiamo nella cabina in cui ci attendono anche altri mentori, già comodamente seduti in attesa, appena arriviamo accendono il mega schermo, ci sediamo in silenzio e guardiamo: dal Distretto Uno e Due ragazzi palesemente allenati e apparentemente sicuri di sé, addirittura il ragazzo del Due, Cato, si offre volontario, niente di speciale per i Distretti che possono permetterselo. Per il resto sfilano una serie di ragazzi più o meno grandi, più o meno minacciosi, più o meno sicuri, più o meno terrorizzati. Mi alzo e mi sposto ancora più vicino ai miei due tributi, cercando di essere la loro nonna, che capisce e non fa domande, cerco di sopperire alle mancanze che già oggi hanno dovuto subire.

Intanto la mietitura continua: l’immagine di una dolcissima e minuscola bambina di dodici anni che campeggia sullo schermo sotto il numero undici mi fa stare male, è troppo piccola, troppo delicata, sta salendo sul palco, ha pelle scura e un sorriso in volto, cosa? Ci vedo bene? È davvero un sorriso, è un sorriso triste, ma pur sempre un sorriso. Sarà stata anche piccola, ma ha più coraggio di quasi tutte le persone che conosco, questo strappa un mezzo sorriso anche a me.

Siamo quasi alla fine, Distretto Dodici, inquadratura su un’altra dodicenne, con due carinissime treccine bionde e poi l’urlo straziante e disperato “Mi offro volontaria! Mi offro volontaria come tributo!”, la sorella senza alcuna ombra di dubbio.


E i miei demoni ritornano a distanza di sessantacinque anni. Non vedo più lo schermo, sono in mezzo alla gente del Distretto Quattro, sono i Noni Hunger Games e sento il nome di mia sorella. Il nome mi penetra nelle orecchie, nella pelle, nelle ossa, arriva al cuore e inizia a farlo sanguinare. Lì in quel momento non c’è scelta, nessun’altra opzione è tollerabile, faccio l’unica cosa possibile per salvare l’unica di cui mi importi davvero, “Mi offro volontaria! Mi offro volontaria come tributo!”.








*“uccidere lacera l’anima” è una frase tratta da “Harry Potter e il principe mezzosangue” quando si parla di horcrux

  
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