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Autore: 13Sonne    03/06/2008    2 recensioni
"Moriremo tutti. Vero. Allora perchè non scommetterci sopra?"
Undici concorrenti in un videogioco dove la morte è sempre dietro l'angolo: in sottofondo, il continuo parlare di due speaker annoiati e sarcastici.
"Scommettiamo che sarà il gioco più venduto dell'anno?"
Genere: Generale, Dark, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Layer 01: Sweets

<< -Sono passate due ore dall’inizio del gioco e nessuno è ancora morto.- >>
<< -Sai, Los, non posso credere che tu ti stia attualmente impegnando a fare qualcosa. Anche se questo qualcosa è un continuo ed inquietante messaggio inviato ogni mezz’ora per ricordare ai videogiocatori che la morte è dietro l’angolo.- >>
<< -Attualmente sto ricordando alla morte che in teoria dovrebbe essere dietro l’angolo. Se tutto continua con questa calma dovranno almeno degnarsi di portarci dei dolci.- >>


Sentendo questo Shadi si fermò in mezzo alla strada, sorridendo con fare malizioso.

“Oh, se vi annoiate così tanto posso venire a farvi una visitina.”

Che strane, le coincidenze della vita- anche Shadi, in quel momento, si stava annoiando immensamente.
Fece un occhiolino prima di mimare con le labbra un bacio che, in teoria, era rivolto ai due speaker ma che in realtà fu recepito da un NPG: Shadi non notò nemmeno l’aria di disgusto sul volto dell’uomo, occupato com’era ad aspettare una risposta.
Bisognava dire che se il personaggio non giocante avesse reagito in maniera positiva Shadi sarebbe stato felice lo stesso: d’altronde l’importante era essere in compagnia.


<< -Alla tua età avevo la decenza di ubriacarmi prima di provarci con una persona che conoscevo appena.- >>
<< -Ai tuoi tempi provarci era stringere la mano a qualcuno. Comunque, io ci farei anche un pensierino ma purtroppo non sono gay.- >>
<< -Uh, forse mi sbaglio Los, ma credo di averti visto fare delle avanches a dei ragazzi, ad alcune feste.- >>
<< -Mi piacerebbe disquisire con te sulla sottile linea fra ‘omosessualità’ e ‘ubriaco da far schifo’, però mi sono reso conto che mi è venuta voglia di dolci.- >>

 
“E noi non vogliamo mica che il bambino nasca con una voglia a forma di millefoglie, vero?”

Dodger si rese conto troppo tardi che la battuta non l’aveva solo pensata.
Per pochi secondi si bloccò, braccio a mezz’aria e volto congelato in una smorfia di disappunto – la fortuna, che all’inizio gli aveva sorriso, aveva deciso di abbandonarlo nelle seguenti giocate che aveva fatto arrivando al punto che i suoi crediti si erano dimezzati - , quasi temendo che dalle finestre del casinò entrassero delle guardie dell’FBI. Passati cinque secondi di assoluta tranquillità Dodger si ricordò che bene o male di vincere al videogioco gli importava poco più di nulla: inserì quindi la moneta nella slot machine e ritornò a pregare la dea bendata per un misero jackpot.

 
<< -Quell’uomo è appena diventato il mio mito.- >>
<< -Sai, Goth, sono spaventato. Intendo dire, siamo entrati in contatto con solo due personaggi e tutti e due non erano normali. Non credo sia un caso.- >>
<< -Certo, in realtà è un complotto per distogliere la nostra attenzione dall’assassinio dei Kennedy.- >>
<< -Io mi riferivo più al fatto che forse le selezioni sono state fatte un po’ a caso, ma anche questa teoria è carina.- >>
<< -Comunque, per quanto riguarda il… ragazzino posso dire che non fosse normale, ma cos’hai contro il mio idolo?- >>
<< -Il ragazzino, che penso d’ora in poi chiamerò ‘sgualdrinella’…- >>
<< -Stai gia cominciando bene, complimenti.->>
<< -…bhè, la sgualdrinella è, per l’appunto, una sgualdrinella. Il tizio con il cappello da Al Capone, invece, ha evidentemente un problema. Intendo dire, posso capire se stesse giocando con un videogioco, ma è da due ore che sta spendendo soldi in una stupida slot-machine.- >>

 
Gwen si bloccò sul posto, chiudendo gli occhi mentre la sua mente assorbiva l’ultima frase, quasi avvelenandola dentro- perché di ‘tizi con il cappello alla Al Capone’ c’è n’erano tanti, ma l’unico che aveva anche il vizio del gioco d’azzardo era Dodger. Suo marito.
Per pochi istanti le venne da strillare, gridare, prendere a pugni un povero NPG innocente per sapere dove fosse l’uomo che aveva avuto la sfortuna di sposare- poi si calmò.
D’altronde i crediti erano solo di Dodger, cosa le interessava se si stava riducendo sul lastrico?
Quindi, rilassata, si voltò e ritornò a cercare un NPG dal portafogli abbastanza gonfio.

 
<< -E comunque tutto questo passa in secondo piano rispetto al fatto che voglio mangiare un dolce.- >>
<< -Los, siamo in un videogioco. Non sentiamo il sapore delle cose, perché dovresti sprecare il tuo tempo cercando qualcosa da mangiare?- >>
<< -Prima di tutto a portarmi il dolce sarà un cameriere, secondo non vedo cosa ci sia di male a volere qualcosa di buono. Intendo dire, lo fa anche la signorina ‘ehi ehi ehi è strepitoso essere vivi!’, perché non posso farlo io?- >>

 
Celia aggrottò la fronte, perplessa, ingoiando a fatica quell’ultimo boccone di gelato.

“State, uh, parlando di me?”

 
<< -Ebbene si, signorina che mangia il gelato da qualcosa come due ore. È sempre lo stesso o ne hai presi altri dieci?- >>

 
La donna aprì e chiuse la bocca, arrossendo per l’imbarazzo. Non le sembrava di aver fatto qualcosa di male ma i due non sembravano della stessa opinione- e se avevano ragione loro allora come poteva giustificarsi? Il suo non era altro che un atto di golosità e d’altronde era vero che non si sentiva nemmeno il gusto, quindi era stata solamente una sciocca a fare qualcosa che aveva infastidito i due ragazzi per niente…

 
<< -Rilassati, Los non ti sta prendendo in giro. Lo vuole davvero sapere.- >>
<< -Ho fame.- >>
<< -Sei peggio di un neonato.- >>

 
Daniel non poteva lamentarsi. Il posto era carino, gli NPG erano diversi e interessanti ed i due speaker riuscivano a far passare il tempo in modo divertente. L’unico problema era che a volte si interrompevano per un po’ di tempo per poi riprendere con quella che sembrava una risposta ad una domanda che solo loro avevano sentito. Probabilmente parlavano con uno degli altri personaggi, ma comunque era irritante.
Nel corso del suo peregrinare era entrato in contatto con tre altri PG. Li si riconosceva perché avevano qualcosa di diverso- in un qualche modo erano più luminosi.
Bhè, i tre personaggi che aveva incontrato erano parecchio strani. In ordine cronologico la prima era stata una bambina con in mano un orsacchiotto: aveva dei vestiti da bambolina e in generale sembrava una piccola vampira.
Poteva essere una protagonista perfetta per un suo libro: le storia di una bambina eternamente giovane che vaga per il mondo succhiando il sangue di chi la fa star male. Peccato che, come tutte le grandi storie, sicuramente uno scrittore più bravo di lui l’aveva già scritta.
Il secondo che aveva incontrato era un ragazzo dall’aria dimessa che correva avanti e indietro per le vie più scure della città alla ricerca di qualcosa- non si accorse nemmeno di averlo urtato da quanto era disperato.
Il terzo, invece, era un altro bambino. Per qualche secondo Daniel aveva ragionato sulla possibilità di andare a salutarlo, ma il ragazzino era troppo occupato a costruire qualcosa per dargli un minimo di attenzione.
Aveva poi continuato a girare per la città fino a quel momento, in cui, nascosto dietro ad un albero, stava osservando un’altra giocatrice.
Non era bella - era carina, se piaceva il tipo – ma era comunque interessante perché, molto probabilmente, era la ragazza con cui i due speaker avevano parlato fino a prima. La prova era il fatto che stesse mangiando un gelato.
Cosa fare, quindi? Andare a presentarsi o rimanere nell’ombra? In quel momento Daniel non aveva voglia di scegliere.


<< -Voglio solo una fetta di torta, non è una richiesta così terribile.- >>
<< -Puoi andartela a prendere.- >>
<< -Per togliere così il lavoro al cameriere?- >>

 
“Adesso basta!”

Meredith, nella sua rabbia, pensava che strillando si sarebbe mostrata maleducata eppure sensata.
Si ricompose, spostando una ciocca dei suoi biondi capelli color ‘oro che riluce grazie ad un raggio di sole al tramonto’ dietro l’orecchio, e con un’espressione fredda ma furiosa riprese a parlare.

“Per quanto ancora volete parlare di quelle cazzate? Eh? Eh? Concentratevi su di me! Io sono il fulcro dell’azione, non i dolci ne la ragazzina che mangia il gelato! Io!”

Ogni parola era piena di velenoso odio, ma le apparivano così perfette che di sicuro i due speaker si sarebbero vergognati di loro stessi e le avrebbero chiesto scusa.

 
<< -Gne gne gne!- >>
<< -E voglio i giocattoli! I giocattoli! VOGLIO I GIOCATTOLI!- >>
<< -E invece no invece no invece no, bu-HA!- >>


La ragazza sgranò i suoi meravigliosi occhi color del cielo in una notte di tempesta, scandalizzata eppure con espressione di sufficienza mentre si rendeva conto che non le avevano dato ragione e che anzi la stavano persino prendendo in giro.
Ma certo, era ovvio: loro, come gli altri, erano solo invidiosi della sua intelligenza e bellezza e incredibile forza, nonché contro il suo diverso stile di vita. Non riuscivano ad accettare che potesse esserci qualcuno superiore a loro, erano spaventati dalla sua suprema perfezione.

“Ah si?! Bhè… uh… la ragazza del gelato è morta! Morta! Perché lei è gioiosa e allegra e le persone come lei sono noiose e muoiono subito perché non sanno sopravvivere da sole!”

Soddisfatta di se stessa e della sua arguzia, Meredith fece un sorriso di trionfo e si voltò, cercando un posto dove manifestare la sua sicuramente anticonformista passione per gli alcolici.

 
<< -Temo che sia morto il cameriere, altro ché.- >>
<< -Distraiti cantando qualcosa, Los.- >>
<< -Voglia di sentire la mia meravigliosa voce?- >>
<< -No, speranza che tu non possa più sprecarla per le tue inutili richieste da bambino viziato.- >>

 
Oliver non stava realmente ascoltando ciò che i due speaker stavano dicendo: era troppo occupato ad essere sicuro che Nicolas stesse svolgendo esattamente ciò che aveva chiesto.
La verità era che Nicolas non era riuscito a pensare a nessun piano per vincere, in quelle due ore, per cui lui e il gemello avevano solamente vagato per la città fino a raggiungere un circo.
Nicolas, così come il fratello, odiava gli spettacoli degli animali e un contorto piano aveva preso forma nella mente di Oliver.
Avevano rubato un camion e uno dopo l’altro avevano caricando gli animali: c’era però da dire che non si fidavano a mettere gli orsi con i cavalli – a dire il vero ancora erano sorpresi dal fatto che ci fossero gli orsi – , ed avevano quindi deciso di fare due viaggi. Nel primo avevano liberato gli orsi, i leoni ed i lupi.
Stavano- o, per essere più sinceri, Nicolas stava cercando di far salire l’elefante (che avevano deciso di mettere assieme ai cavalli) nel camion quando Oliver si accorse che una bambina li stava guardando.
La prima reazione fu quella di scappare, ma si rese conto che se il fratello l’avesse poi ritrovato l’avrebbe ucciso con le sue mani: decise quindi che avrebbe zittito la bambina con le buone.

“Ciao piccola!”

Il sorriso che si era dipinto sul volto di Oliver era così gentile da essere sicuramente falso: la bambina, comunque, continuò a non muoversi.
Il ragazzo aggrottò la fronte, sorpreso dalla mancanza di reazioni, ma non si scoraggiò e continuò a cercare un modo per liberarsi di lei.
Ebbe improvvisamente l’illuminazione: alle bambine piacevano i cavalli, no? Poteva regalargliene uno, così avrebbe comprato il suo silenzio e liberato uno di quei poveri animali in un colpo solo.

“Ti piacciono i cavalli?”
 

<< -Ti piacciono, vero? Allora dai, entra nel camion… ti farò vedere il mio pony…- >>
<< -Questa è la prima volta in tanti anni che mi sorprendi, Los.- >>
<< -Non pensavi avessi un pony?- >>

 
Oliver continuò a sorridere, nascondendo con maestria il fatto che stava recitando mentalmente un rosario di insulti.
La bambina strinse a se l’orsetto, senza però dire nulla.

“Piantala di provarci con le bambine e aiutami, Ollie!”

Oliver alzò gli occhi al cielo, lasciando perdere la bambina e il sorriso falso ma concentrandosi subito sul fratello che, a quanto pareva, senza il suo aiuto non riusciva nemmeno a tenere a bada un elefante.

“Hai bisogno di uno stramaledetto schema per capire come spingere qualcosa all’interno di un camion?”

L’unico motivo per cui Nicolas non si era avventato sul gemello appena sentita la risposta era l’enorme elefante che ad ogni suo tentativo di spingerlo sul camion diventava sempre più nervoso- imbizzarrendo, fra l’altro, anche i cavalli.

“Perché non ci provi tu, se ti sembra così tanto semplice?! Forza, l’elefante sta scalpitando!”

 
<< -Sento che tutto il tempo in cui siamo rimasti qui sta finalmente per avere un senso.- >>
<< -Mi dispiace fartelo notare, ma siamo qui da due ore.- >>
<< -Due ore senza una torta sono due ore che non valgono la pena vivere, Goth.- >>
<< -In un secondo capisco come deve essere stato il momento più felice della tua vita, ed improvvisamente mi sento triste.- >>

 
Ninon osservò i due fratelli mentre litigavano, stringendo a se il suo orsacchiotto.
C’era una sorta di accordo dietro quel litigare- dietro il loro modo di agire. Lo si poteva capire ad occhi chiusi che i due erano legati in modo speciale.
Forse era perché erano fratelli, o forse era una prerogativa dei gemelli: lei non lo poteva sapere, perché era figlia unica.
La dinamica fra i fratelli le faceva capire che c’era sempre un ordine, dietro le azioni: anche quelle che sembravano più caotiche ed incomprensibili erano governate da qualcosa.
Tutto era ordine e non le piaceva, perché voleva dire che qualcuno aveva gia deciso tutto. Solo lei poteva decidere come andavano le cose- solo lei era la regina.

Al negozio di bambole aveva preso un viso di porcellana.
Mentre i due fratelli litigavano, cercando di tenere sotto controllo gli animali, Ninon prese la testa dalla tasca. L’osservò, analizzando la perfezione di quel lavoro ancora non finito: le fessure per gli occhi vuoti, le labbra sbavate, le guance tinte di un pallido rosa- un piccolo oggetto che rimaneva fuori dalla convenzione.
Lo gettò a terra, contro un sasso, e si permise di sorridere nell’osservare il tragitto scomposto e imprevedibile di ogni coccio di porcellana.

 
<< -Ah!- >>
<< -Cos’era quel rumore? Ci siamo persi qualcosa? Ehi?- >>

 
I gemelli sentirono il fragore – era come il rumore di un piatto che si rompeva – ma non ebbero il tempo di cercarne la causa: l’elefante ed i cavalli si erano spaventati e i due fecero appena in tempo ad abbassarsi per evitare un puledro che saltò sopra di loro.
Presto l’elefante e i restanti cavalli avrebbero seguito l’esempio del primo: intuendo il pericolo i fratelli scattarono da terra e corsero ad appiattirsi contro un muro, prendendo la bambina al volo.

 
<< -L’unico modo per salvarsi è dire per tre volte ‘jumanji’!- >>
<< -Eh?- >>
<< -La  tua ignoranza mi perplime, Los.- >>

 
La ricerca di Sid era andata a buon fine: aveva fra le mani due pillole di una droga che si vendeva solo nel videogioco (Zathura, se non si sbagliava) e dell’eroina rosa- non aveva abbastanza soldi per l’eroina bianca, ma aveva deciso di provare una delle migliori almeno per una volta nella vita.
Era eccitato come un bambino con dei nuovi giochi. Aveva solo bisogno di trovare un angolo tranquillo per provarli e poi…

 
<< -Dà la precedenza.- >>

 
…stavano parlando con lui?
Sid alzò lo sguardo dall’eroina per guardarsi attorno, cercando di capire a che cosa si stessero riferendo: da una parte la strada continuava ad essere tranquilla, mentre alla sinistra c’era un qualcosa che si stava avvicinando.
Socchiuse gli occhi, tentando di mettere a fuoco l’immagine: quel qualcosa era sempre più vicino e- ed ovviamente non poteva essere vero.
Cavalli e un elefante, certo. Probabilmente la droga che il pusher gli aveva dato aveva effetto a contatto.
C’era qualcosa che non andava in quelle allucinazioni, però. Da che ricordava  gli allucinogeni creavano immagini, come dire, ‘piatte’, come se fossero disegnate su un foglio, mentre quelle che stava guardando erano tridimensionali. Sembravano davvero reali.
Sid scosse la testa: ovvio che sembrassero reali, era in un videogioco. Probabilmente il grafico del videogioco non aveva mai provato l’LSD o un semplice fungo allucinogeno.

 
<< -Non capisco se ha dei riflessi molto lenti o cosa.- >>
<< -Bisogna ammettere che non si vedono tutti i giorni elefanti e cavalli per la strada.- >>
<< -Perché finire in una realtà virtuale è una cosa da tutti i giorni?- >>


Se anche i due speaker vedevano quella mandria impazzita allora…
Sid fece uno scatto all’indietro, finendo però per inciampare e cadere a terra: appena in tempo, comunque, per evitare cavalli ed elefanti impazziti ed aver salva la vita al costo- dell’eroina, che finì sbriciolata sotto gli zoccoli degli animali.

Cacciò un urlo e cominciò a scavare, nel vano tentativo di dividere i granelli d’eroina da quelli di terra.


<< -Deprimente.- >>
<< -I drogati sono deprimenti.- >>
<< -Però fa pena.- >>
<< -Dubito te ne farà ancora quando comincerà a dare di matto per una dose.- >>
<< -Già, sarà insopportabile quando andrà in giro a strillare ‘voglio un dolce!’… Ops, devo aver avuto un piccolo lapsus.- >>
 


Dodger non riusciva a capire che diavolo stesse succedendo- perché qualcosa stava sicuramente succedendo, lo si capiva dall’emozione nelle voci dei due speaker.
Parlavano in modo spezzettato, frammentario… e Santo Cielo, avevano davvero nominato elefanti e cavalli?
Scosse la testa, inserendo una monetina nella slot machine. Di sicuro non erano problemi suoi, in fondo lui era all’interno di un casinò: a meno che non fosse una mandria di cavalli d’azzardo, li non sarebbero potuto sicuramente entrare.
Fu dopo queste ultime parole famose che un muro alla sinistra di Dodger cedette sotto la forza di un elefante.
 

<< -Oh, andiamo! Neanche fosse fatto di paglia!- >>
<< -I tre porcellini avrebbero dovuto costruirlo di mattoni.- >>
<< -Si, poi sul tetto avrebbero dovuto metterci dei cecchini con kalashnikov...- >>
<< -“E il lupo cattivo mangiò piombo”.- >>


Dodger perse secondi preziosi a convincersi che quei cavalli e quell’elefante non fosse solo frutto della sua immaginazione malata: subito dopo prese i crediti, portandosi in piedi sullo sgabello, e con la forza che solo la disperazione poteva dare fece un salto all’indietro atterrando in ginocchio- appena in tempo per vedere gli animali distruggere la lunga fila di slot-machine su cui stava giocando fino a prima.
 

<< -Se fosse davvero così allora non riesco a capire perché nell’esercito non hanno continuato ad usare elefanti e cavalli.- >>


Dodger strabuzzò gli occhi più volte, cercando di capire se fosse stata solo la sua mente malata a fargli quello scherzo: la lunga fila di slot-machine distrutte gli confermò che tutto era successo.
Si rialzò, ancora piuttosto circospetto- e solo in quel momento si accorse che nelle macerie c’erano tutti i crediti che poveri malati di gioco d’azzardo avevano perso.
Prima sorrise, pensando fosse solo un sogno: poi, vedendo che i soldi continuavano ad essere di fronte a lui, esplose in un grido di gioia.

“JACKPOT!”
 

<< -Ho gia detto che quell’uomo è il mio mito?- >>
<< -La cosa divertente è che raccoglie i soldi e ritorna a giocare allegramente.- >>
<< -Non ho detto che è sveglio, ho detto che è il mio mito.- >>


Gwen non ebbe bisogno di chiedere per capire chi fosse l’idiota di cui stavano parlando.
Per la seconda volta in venti minuti le venne voglia di strillare e picchiare un povero NPG innocente, ma fortunatamente per i passanti fu distratta da delle grida.
Lei non era mai stata una di quelle persone che si precipitano a salvare le povere vittime indifese, quindi si guardò bene dal fare qualcosa di più di guardarsi attorno: quando poi vide che la persona in pericolo era una ragazza dai capelli biondi che scappava da una mandria di cavalli capitanati da un elefante, Gwen decise che l’unica cosa da fare era ignorare il tutto e mettersi al riparo.
Sfortunatamente per lei, però, la ragazza aveva deciso che Gwen doveva essere il suo ‘principe azzurro’- il che voleva dire che stava correndo verso di lei, portandosi appresso tutto il circo.


<< -Due al prezzo di uno, Los.- >>
<< -Persino meglio di quanto sperassi!- >>


Corey alzò lo sguardo dai suoi esperimenti, chiedendosi cosa fosse quel rumore infernale, solo per trovarsi di fronte ad una delle più strane immagini che potessero capitare- e che comunque non riuscì a sorprenderlo.
Un elefante e una mandria di cavalli che inseguivano una bella ragazza era un clichè. Certo, l’elefante e la mandria di cavalli di solito erano mostri, ma comunque la scena era piuttosto normale: l’unica aggiunta degna di nota era una donna che stava per essere investita da tutto il resto del quadretto.
Sapeva che quelle due erano sicuramente due giocatrici (si riconoscevano grazie ad uno strano chiarore che gli NPG non avevano) e che quindi la loro morte era solo un lato positivo per lui- però aveva alcuni piccoli ‘gadget’ che doveva provare e quello poteva essere il momento perfetto.
Corey prese la pistola che stava cercando di costruire da tutto il giorno: non era ancora perfetta, mancavano molte funzioni e Corey doveva ancora lavorare su alcuni piccoli codici, ma sparava già alcuni colpi e bisognava vedere se la potenza era effettivamente controllabile.
Impostò in fretta i proiettili su ‘non perforanti’ e mirò alle due ragazze.


Gwen era pronta ad essere investita da ogni tipo di animale quando qualcosa la colpì, facendola volare fuori dalla traiettoria- precisamente contro un muro, ma quelli erano particolari irrilevanti.
Stava bene- stava incomprensibilmente bene, per una che in quel momento avrebbe dovuto essere una poltiglia di sangue e ossa. 

“Lo sapevo che mi sarei salvata! Il mio destino è vincere questo videogioco, e non potrò morire fino a quando non esaudirò il mio sogno!”

Purtroppo anche la ragazza stava bene.

 

Meredith era sicura che sarebbe sopravvissuta, eppure in quel momento era sorpresa della sua abilità nel sopravvivere ai danni: a quanto pareva, infatti, era stata capace di modificare la realtà virtuale con la sola volontà riuscendo ad imporsi di volare.
Fiera ma modesta, Meredith sorrise alla donna quasi avvenente come lei che era seduta poco distante.

“Oh, mi dispiace così tanto averla messa in pericolo di vita! Stia tranquilla, ora me ne vado e la lascio sola!” 

Si alzò, con grazie eppure con decisione, continuando a sorridere alla donna che, dal canto suo, continuava a guardarla in modo strano.
Probabilmente aveva visto le sue straordinarie doti e non sapeva se essere spaventata o se idolatrarla, ma Meredith era sicura che appena si fosse voltata l’avrebbe fermata.

“Certo, ovviamente so che tu stai per fermarmi perché sicuramente vuoi essere mia discepola, giusto?”

Gwen pensò seriamente di rispondere con un ‘vade retro puttana!’, ma poi decise di limitarsi alla più chiara ed eloquente occhiata di disgusto. 

<< -Otto persone su undici sono sopravvissute.- >>
<< -Forse il Tristo Mietitore sta perdendo qualche colpo.- >>
<< -So solo che se non ne uccide qualcuno potrei perdere la mia fiducia verso il genere umano.- >>


Shadi stava usando tutte le sue armi: il sorriso, le parole più dolci che una donna poteva sognare, un miscuglio di movimenti sensuali e gentili carezze ed, ovviamente, il suo bell’aspetto. Le barriere della ragazza stavano quasi per cedere (era al punto in cui ormai lei replicava alle sue frasi con parole di pari malizia) quando una mandria di cavalli e un elefante la investirono.


<< -Olè!- >> 


Il ragazzo rimase ad osservare il punto vuoto in cui fino a poco tempo prima c’era la ragazza, troppo scioccato per cambiare posizione- o anche solo per abbassare lo sguardo e notare che i suoi pantaloni erano macchiati di sangue. Semplicemente continuò a guardare il vuoto fino a che un altro ragazzo non lo fece ritornare alla realtà con un grido di dolore.
Shadi lo guardò ad occhi sbarrati, ancora troppo stordito per dire qualcosa- e notò che, dopo tutto, quel ragazzo non era poi così tanto male. 


<< -Non ci posso credere!- >>
<< -Neanche io… sai, penso che la sgualdrina, dopotutto, sia da stimare.- >>
<< -Io parlavo del fatto che nove persone su undici siano sopravvissute. Los, santo Cielo…- >>
<< -Però devi ammetterlo, il soprannome ‘la sgualdrina’ è semplicemente perfetto.- >>


Daniel reputava estremamente irritante non sapere di che cosa diavolo stessero parlando i due speaker. Da quello che aveva capito centrava una mandria di cavalli ed un elefante- e doveva essere per forza un messaggio in codice perché, sinceramente, cosa ci faceva un elefante insieme a dei cavalli dentro ad una città?
Era però ovvio che presto li avrebbe visti anche lui: se nove persone su undici li avevano evitati, allora era il suo turno e della ragazza.
La ragazza sembrava piuttosto sorpresa, probabilmente stava ascoltando anche lei i due speaker: Daniel decise quindi di andarle a parlare, giusto per avere un minimo di supporto morale in quel momento.
Aveva appena fatto tre passi verso di lei quando sentì un frastuono alla sua sinistra: si voltò e, allibito, si rese conto che ‘cavalli e un elefante’ non era una frase in codice.


<< -Eeeee strike!- >>
<< -Fuori uno, salvi dieci: media un pochettino bassa, bisogna ammetterlo, ma è pur sempre un modo per cominciare.- >>


Le gambe di Daniel cedettero di schianto, rese deboli dalla nausea. Abbassò lo sguardo, fissando il sangue della ragazza: per un qualche strano motivo sembrava troppo irreale, come se fosse solo un sogno.
La nausea- non aveva senso, non poteva sentire nausea. Era in un videogioco, no? Eppure la testa gli girava e sentiva un crampo allo stomaco, qualcosa che premeva per uscire.
Spostò gli occhi ai propri vestiti, anche loro sporchi di sangue. Daniel sorrise, chiudendo gli occhi- quello non era vero. Non poteva essere vero.
Riaprì gli occhi: il suo corpo fu scosso da un fremito di orrore e cominciò a strillare senza nemmeno rendersene conto.

 

Prima morte: Celia Boyd. Modus operandi: è stata uccisa da una mandria di animali impazziti.
Giocatori rimasti: 10

 

Quando Celia aprì gli occhi si ritrovò in una stanza che tanto assomigliava ad un laboratorio.
Si alzò, togliendosi il casco dalla testa: sapeva che era quello che l’aveva collegata al videogioco e ormai, purtroppo, non ne aveva più bisogno.
Attaccato al suo braccio sinistro c’era una flebo di glucosio. Avevano spiegato che era per nutrire il corpo.
Celia sospirò, staccando l’ago. Anche di quello non ne aveva più bisogno.
Gli occhi le si gonfiarono di pianto quando capì che l’avventura per lei era finita: il giorno dopo avrebbe dovuto andare al lavoro, avrebbe dovuto spiegare ai colleghi perché era assente e- e avrebbe dovuto passare la giornata a fare fotocopie e a sopportare gli scherzi del suo capo.
Si alzò, tenendo lo sguardo basso, e corse verso la porta per uscire- o almeno tentare. Abbassò la maniglia e spinse, tirò- tirò persino una spallata alla porta che non ebbe però effetto.
Alzò lo sguardo e finalmente notò il cartello affisso alla porta.
Che idiota, pensò diventando rossa.

“I concorrenti non possono uscire fino alla fine del gioco…?”

Strabuzzò gli occhi, rileggendo più volte la frase- non poteva uscire. Non poteva tornare a casa e quindi non poteva andare al lavoro!
Sorrise, trattenendosi a fatica dal gridare per la gioia, quindi continuò a leggere: le provviste erano nell’armadio e sugli schermi in fondo alla stanza si poteva vedere e sentire come procedeva il gioco.
Si voltò, cercando con lo sguardo l’armadio e gli schermi- li trovò in fretta. Uno di questi riportava la scritta della sua dipartita, ma sugli altri si potevano vedere gli altri giocatori.
Si sedette sulla sedia di fronte agli schermi e aprì un sacchetto di patatine, senza far niente per trattenere l’enorme sorriso che le andava da un orecchio all’altro.    

  
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