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Autore: MelaChan    18/01/2014    2 recensioni
Non può essere, pensa, è morto. E’ solo l’aria che esce dai cadaveri.
[Piccola Sherlock/Molly spoiler free sulla terza stagione.]
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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NOTE DELLA PIGNA

Buon sabato sera a tutti/e!
So cosa state pensando, “Cavoli! Questa è proprio una sociopatica peggio di Sherlock per non uscire il sabato sera con i suoi amici!” Ebbene sì, lo sono. Ma spero che alcuni di voi apprezzino il fatto che me ne esco con una Sherlock/Molly scritta l’anno scorso (che battuta di cattivo gusto.) che non tiene conto degli avvenimenti della terza stagione.
Detto questo, spero di avervi incuriositi ed invogliati a leggere :)

Ci risentiamo se la shottina vi ha convinti <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Molly fissa lo schermo del cellulare con un groppo in gola, prima di venire risvegliata da Toby che le si è acciambellato in grembo e le sta facendo le fusa, voglioso di coccole. La donna posa il telefono sul comodino e stringe il gatto al proprio petto, immergendo il naso nel suo pelo corto e piangendo silenziosamente. Qualche minuto dopo è costretta a lasciare andare il felino, diventato nervoso, e lancia uno sguardo al cellulare, soffocando una crisi di pianto, le parole ancora impresse nella sua mente.

Mi dispiace, signorina Hooper. MH

 

Si sveglia la mattina dopo, stremata per aver passato tutta la notte a piangere un uomo che non l’ha mai nemmeno considerata al di fuori dell’obitorio, se non per offenderla o prendersi gioco di lei. Ma lei lo amava. Lo amava follemente, nonostante tutti i suoi numerosi difetti. Era bello, intelligente, non smetteva mai di sorprenderla con tutte le sue abilità, che ora non verranno mai più sfruttate. Aveva anche molti vizi, tra cui l’abuso di droghe, ma lei pensava che fosse una conseguenza del suo passato infelice e lo considerava in grado di uscire dalla dipendenza.

Ma evidentemente si sbagliava. Cerca di trattenere le lacrime mentre si trascina a forza fuori dal letto per vestirsi e rendersi presentabile. Quella mattina avrebbe infatti dovuto accertare lei stessa la morte di Sherlock Holmes, l’unico consulente investigativo al mondo, deceduto per overdose di eroina.

Prende un respiro profondo e varca la soglia dell’obitorio, dove Mycroft Holmes la sta aspettando, appoggiato ad un ombrello scuro, il completo scuro coperto da un lungo capotto e con la consueta espressione glaciale.

-Buongiorno, signorina Hooper- la saluta, curvando gli angoli delle labbra in una smorfia contratta che dovrebbe essere un sorriso di convenienza. La guida fino ad uno dei due tavolini di acciaio, sul quale è posato un sacco nero. Molly si avvicina e prende la zip, sussultando per la sensazione di freddo contro i polpastrelli. Sa di chi è il corpo che è nascosto in quel sacco. Sa che non molta probabilità non riuscirà a reggere il colpo di vedere l’uomo che ha sempre amato senza vita. Sa che nonostante sia abituata a vedere cadaveri da tutta la sua vita non riuscirà a vedere il suo. Ma sa che dovrà farlo.

Fa scorrere la zip verso il basso e scopre lentamente il corpo inanimato di Sherlock Holmes, che le causa un leggero rossore in quanto nudo. Non può are a meno di notare il pallore ancora più evidente ed i numerosi lividi all’altezza del gomito sinistro. Molly prende un paio di guanti dal cassetto, ma Mycroft la ferma.

-Non è necessario, è sufficiente una firma sul certificato di morte- le dice, porgendole un foglio ed una biro, che afferra con mano tremante, lasciando un segno che dovrebbe essere una firma. Il maggiore degli Holmes osserva lo scarabocchio ed annuisce, sorridendole brevemente.

-Grazie, signorina Hooper- mette il certificato in una cartellina e poi si avvia verso l’uscita, non prima di aver guardato per un’ultima volta il fratello con un sospiro di rassegnazione. Esce dalla stanza e la lascia sola.

Molly non riesce a staccare gli occhi dalle palpebre chiuse di Sherlock, investita da un’ondata troppo violenta di emozioni da sopportare. Inizia a piangere silenziosamente e si avvicina al corpo, posando una mano su quella dell’uomo, fredda. Sapeva che un giorno o l’altro sarebbe morto, a causa del suo stile di vita troppo pericoloso e dannoso per il suo organismo. Lo sapeva, ma non pensava che quel giorno sarebbe arrivato così presto.

Stringe dolcemente la sua mano, ancora timorosa di un possibile rifiuto da parte dell’altro, e si china sul suo viso. Riesce a sentire il profumo dello shampoo che hanno usato per pulire il corpo, ma nota una piccola nota della sua essenza. Immerge il naso nei suoi riccioli ancora umidi alla radice ed inspira profondamente, riempiendosi la mente di lui e trattenendo il respiro il più possibile per imprimere ogni sfaccettatura del suo odore nella propria memoria. Solleva il viso ed una lacrima cade sul viso di Sherlock, rigandolo. Molly tira su per il naso e si china nuovamente per baciare via la goccia salata. Gli accarezza lo zigomo con le labbra e scende a baciargli le labbra dalla forma particolare che tanto l’hanno fatta sospirare, immaginandosi come sarebbe stato carpirle con le proprie. Sono soffici, lisce, al tatto, ma irrimediabilmente fredde. Si separa da lui  ma non prima che un rantolo la colga, portandola ad accasciarsi sul suo petto.

Entra a contatto con la sua pelle nuda e ciò on fa che altro che accrescere in lei la consapevolezza che il corpo al quale è appoggiato è morto, immobile. Non si rialzerà più, non respirerà più, non parlerà più. Afferra un lembo del sacco nero e lo stringe, per trovare un appiglio per non precipitare nell’oblio. Passata la crisi, lascia andare il tessuto sintetico, le nocche doloranti per la stretta ferrea, e si alza. Osserva il suo volto un’ultima volta, l’espressione fredda e calcolatrice dipinta su di esso. La donna sorride tristemente, ha voluto avere l’ultima parola anche con la morte.

Prende un respiro profondo e prova a non pensare alla reazione di John Watson alla vista del suo migliore amico riverso sul divano con la siringa piantata nella vena, alla consapevolezza di aver fatto tutto per salvarlo ma  senza esserci riuscito, agli attimi che ha passato di fronte a quell’orribile scoperta. Scuote la testa ed afferra la zip, decidendo di aver dato l’ultimo saluto a Sherlock. Gli accarezza ancora una volta la guancia e chiude la cerniera, dandogli la schiena e stringendo le mani a pugno intorno alla cartellina abbandonata sul tavolo. Fa qualche passo verso la porta, afferrando la maniglia, quando sente un lamento provenire dalle sue spalle.

Non può essere, pensa, è morto. E’ solo l’aria che esce dai cadaveri.

Resta qualche attimo a fissare il sacco nero sul tavolo, quindi si volta di nuovo, ma viene fermata da un fruscio, come il rumore di plastica che sfrega contro altra plastica. Questa volta torna nella stanza e rimane congelata sul posto quando nota un movimento. La cerniera è abbassata di qualche centimetro, lasciando intravedere la zazzera corvina di Sherlock. Pochi secondi dopo quest’ultima emerge del tutto, rivelando la figura del consulente investigativo, che respira a fatica. Molly sgrana gli occhi e la bocca, lasciando cadere la cartellina, che sparge i fogli per tutto il pavimento. Attira in questo modo l’attenzione dell’uomo, che si volta verso di lei, le guance rosee e gli ancor appannati ma vivi.

 

 

 

 

La dedico alla mia Watson, a cui tengo più di ogni altra cosa al mondo.

  
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