NOTE
DELLA PIGNA
Buon
sabato sera a tutti/e!
So cosa state pensando, “Cavoli! Questa è
proprio una sociopatica peggio di Sherlock per non uscire il sabato
sera con i
suoi amici!” Ebbene sì, lo sono. Ma spero che
alcuni di voi apprezzino il fatto
che me ne esco con una Sherlock/Molly scritta l’anno scorso
(che battuta di
cattivo gusto.) che non
tiene
conto degli avvenimenti della terza stagione.
Detto questo, spero di avervi
incuriositi ed invogliati a leggere :)
Ci
risentiamo se la shottina vi ha
convinti <3
Molly
fissa lo schermo del cellulare con
un groppo in gola, prima di venire risvegliata da Toby che le si
è
acciambellato in grembo e le sta facendo le fusa, voglioso di coccole.
La donna
posa il telefono sul comodino e stringe il gatto al proprio petto,
immergendo
il naso nel suo pelo corto e piangendo silenziosamente. Qualche minuto
dopo è
costretta a lasciare andare il felino, diventato nervoso, e lancia uno
sguardo
al cellulare, soffocando una crisi di pianto, le parole ancora impresse
nella
sua mente.
Mi
dispiace, signorina Hooper. MH
Si
sveglia la mattina dopo, stremata per
aver passato tutta la notte a piangere un uomo che non l’ha
mai nemmeno
considerata al di fuori dell’obitorio, se non per offenderla
o prendersi gioco
di lei. Ma lei lo amava. Lo amava follemente, nonostante tutti i suoi
numerosi
difetti. Era bello, intelligente, non smetteva mai di sorprenderla con
tutte le
sue abilità, che ora non verranno mai più
sfruttate. Aveva anche molti vizi,
tra cui l’abuso di droghe, ma lei pensava che fosse una
conseguenza del suo
passato infelice e lo considerava in grado di uscire dalla dipendenza.
Ma
evidentemente si sbagliava. Cerca di
trattenere le lacrime mentre si trascina a forza fuori dal letto per
vestirsi e
rendersi presentabile. Quella mattina avrebbe infatti dovuto accertare
lei
stessa la morte di Sherlock Holmes, l’unico consulente
investigativo al mondo,
deceduto per overdose di eroina.
Prende
un respiro profondo e varca la
soglia dell’obitorio, dove Mycroft Holmes la sta aspettando,
appoggiato ad un
ombrello scuro, il completo scuro coperto da un lungo capotto e con la
consueta
espressione glaciale.
-Buongiorno,
signorina Hooper- la
saluta, curvando gli angoli delle labbra in una smorfia contratta che
dovrebbe
essere un sorriso di convenienza. La guida fino ad uno dei due tavolini
di
acciaio, sul quale è posato un sacco nero. Molly si avvicina
e prende la zip,
sussultando per la sensazione di freddo contro i polpastrelli. Sa di
chi è il
corpo che è nascosto in quel sacco. Sa che non molta
probabilità non riuscirà a
reggere il colpo di vedere l’uomo che ha sempre amato senza
vita. Sa che
nonostante sia abituata a vedere cadaveri da tutta la sua vita non
riuscirà a
vedere il suo. Ma sa che dovrà farlo.
Fa
scorrere la zip verso il basso e
scopre lentamente il corpo inanimato di Sherlock Holmes, che le causa
un
leggero rossore in quanto nudo. Non può are a meno di notare
il pallore ancora
più evidente ed i numerosi lividi all’altezza del
gomito sinistro. Molly prende
un paio di guanti dal cassetto, ma Mycroft la ferma.
-Non
è necessario, è sufficiente una
firma sul certificato di morte- le dice, porgendole un foglio ed una
biro, che
afferra con mano tremante, lasciando un segno che dovrebbe essere una
firma. Il
maggiore degli Holmes osserva lo scarabocchio ed annuisce, sorridendole
brevemente.
-Grazie,
signorina Hooper- mette il
certificato in una cartellina e poi si avvia verso l’uscita,
non prima di aver
guardato per un’ultima volta il fratello con un sospiro di
rassegnazione. Esce
dalla stanza e la lascia sola.
Molly
non riesce a staccare gli occhi
dalle palpebre chiuse di Sherlock, investita da un’ondata
troppo violenta di
emozioni da sopportare. Inizia a piangere silenziosamente e si avvicina
al
corpo, posando una mano su quella dell’uomo, fredda. Sapeva
che un giorno o
l’altro sarebbe morto, a causa del suo stile di vita troppo
pericoloso e
dannoso per il suo organismo. Lo sapeva, ma non pensava che quel giorno
sarebbe
arrivato così presto.
Stringe
dolcemente la sua mano, ancora
timorosa di un possibile rifiuto da parte dell’altro, e si
china sul suo viso.
Riesce a sentire il profumo dello shampoo che hanno usato per pulire il
corpo,
ma nota una piccola nota della sua essenza. Immerge il naso nei suoi
riccioli
ancora umidi alla radice ed inspira profondamente, riempiendosi la
mente di lui
e trattenendo il respiro il più possibile per imprimere ogni
sfaccettatura del
suo odore nella propria memoria. Solleva il viso ed una lacrima cade
sul viso
di Sherlock, rigandolo. Molly tira su per il naso e si china nuovamente
per
baciare via la goccia salata. Gli accarezza lo zigomo con le labbra e
scende a
baciargli le labbra dalla forma particolare che tanto l’hanno
fatta sospirare,
immaginandosi come sarebbe stato carpirle con le proprie. Sono soffici,
lisce,
al tatto, ma irrimediabilmente fredde. Si separa da lui
ma non prima che un rantolo la colga, portandola
ad accasciarsi sul suo petto.
Entra
a contatto con la sua pelle nuda e
ciò on fa che altro che accrescere in lei la consapevolezza
che il corpo al
quale è appoggiato è morto, immobile. Non si
rialzerà più, non respirerà
più,
non parlerà più. Afferra un lembo del sacco nero
e lo stringe, per trovare un
appiglio per non precipitare nell’oblio. Passata la crisi,
lascia andare il
tessuto sintetico, le nocche doloranti per la stretta ferrea, e si
alza.
Osserva il suo volto un’ultima volta, l’espressione
fredda e calcolatrice
dipinta su di esso. La donna sorride tristemente, ha voluto avere
l’ultima
parola anche con la morte.
Prende
un respiro profondo e prova a non
pensare alla reazione di John Watson alla vista del suo migliore amico
riverso
sul divano con la siringa piantata nella vena, alla consapevolezza di
aver
fatto tutto per salvarlo ma senza
esserci riuscito, agli attimi che ha passato di fronte a
quell’orribile
scoperta. Scuote la testa ed afferra la zip, decidendo di aver dato
l’ultimo
saluto a Sherlock. Gli accarezza ancora una volta la guancia e chiude
la
cerniera, dandogli la schiena e stringendo le mani a pugno intorno alla
cartellina abbandonata sul tavolo. Fa qualche passo verso la porta,
afferrando
la maniglia, quando sente un lamento provenire dalle sue spalle.
Non
può essere,
pensa, è morto. E’ solo
l’aria che esce
dai cadaveri.
Resta
qualche attimo a fissare il sacco
nero sul tavolo, quindi si volta di nuovo, ma viene fermata da un
fruscio, come
il rumore di plastica che sfrega contro altra plastica. Questa volta
torna
nella stanza e rimane congelata sul posto quando nota un movimento. La
cerniera
è abbassata di qualche centimetro, lasciando intravedere la
zazzera corvina di
Sherlock. Pochi secondi dopo quest’ultima emerge del tutto,
rivelando la figura
del consulente investigativo, che respira a fatica. Molly sgrana gli
occhi e la
bocca, lasciando cadere la cartellina, che sparge i fogli per tutto il
pavimento. Attira in questo modo l’attenzione
dell’uomo, che si volta verso di
lei, le guance rosee e gli ancor appannati ma vivi.
La
dedico alla mia Watson, a cui tengo più di ogni
altra cosa al mondo.