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Autore: Kuno84    20/01/2014    4 recensioni
"Ne era uscito indenne e anche, in un certo senso, più ricco. Più ricco di insegnamenti ed esperienze, meno ingenuo rispetto al Ryoga Hibiki di solo pochi giorni prima, lo sprovveduto che aveva messo in serio pericolo tutte le loro vite." Ryoga all'indomani di una lunga avventura, posto di fronte ai propri sentimenti. E alle proprie responsabilità.
Spinoff di "Prigioniera del Karma" di Laila.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akari Unryu, Ryoga Hibiki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ritorno al porcile
 
 
Ambientazione e personaggi appartengono a Rumiko Takahashi. Ulteriori credits sono d’obbligo, dato che questa storia è ispirata alla fanfiction Prigioniera del Karma di Laila: è una sorta di “what if” ma si svolge dopo il suo ultimo capitolo… diciamo allora che è un epilogo “non canonico”, uno dei tanti possibili. Buona lettura!
 
 
Il risveglio fu dolce e graduale, come non ne ricordava da tanto tempo.
 
La luce del giorno premeva sulle sue palpebre pigramente sigillate, ma Ryoga volle concedersi qualche altro momento di quella pace interiore. Si sentiva cullare da un movimento ritmico e costante, come se si trovasse a bordo di un treno, anche se era piuttosto sicuro di aver cominciato il viaggio a piedi; piuttosto che indagare su tale singolarità, decise di godersi la sensazione piacevole e indugiare nei propri pensieri.
 
Poteva concederselo, del resto, ora che il peggio era alle spalle.
 
Era stata una lunga avventura, ma ne era uscito indenne e anche, in un certo senso, più ricco.
 
Più ricco di insegnamenti ed esperienze, meno ingenuo rispetto al Ryoga Hibiki di solo pochi giorni prima, lo sprovveduto che aveva messo in serio pericolo tutte le loro vite.
 
Il suo egoismo lo aveva abbagliato, era stato così intento a costruirsi il mondo perfetto con Akari e giocare a fare l’uomo adulto da non accorgersi di quanto quel castello di carte fosse pericolante e frutto, al contrario, dell’immaturità più totale.
 
Eppure non aveva più sedici anni, anzi credeva che i tempi delle liti e dei rancori, dei triangoli e delle gelosie, fossero ormai terminati. O almeno voleva che per lui fosse così: solo per questo aveva deciso di sposare la donna che amava, anche se le cose non erano andate a buon fine. Solo per questo aveva… Soppresse una fitta, ricordando: solo per questo aveva messo a repentaglio l’esistenza stessa di Akane.
 
Già, bell’uomo adulto che era diventato. La parte dell’eroe che salva la situazione, come al solito, era andata a Ranma.
 
Mentre io sono rimasto il vecchio Ryoga Hibiki, il sognatore senza speranza.
 
D’un tratto non ebbe più voglia di crogiolarsi nelle riflessioni. Aprì le palpebre, ma per un attimo ebbe la sensazione di stare ancora sognando: altrimenti per quale motivo la sua visuale sarebbe stata interamente occupata da una stoffa di colore rosso?
 
Proprio in quel momento, uno scossone lo colse di sorpresa ed ebbe modo di osservarla ancor più da vicino.
 
– Ahio!
 
– Scusa, colpa mia.
 
La voce, inconfondibile, lo riportò del tutto alla realtà. Non ce ne sarebbe stato bisogno, ma un codino gli solleticò la punta del naso, dandogli l’ulteriore conferma.
 
Cosa stava succedendo? Cercò di ricordare… l’ultima cosa in ordine di tempo che gli venne in mente fu il suo rivale di sempre che gli indicava alla propria destra “un disco volante”, e lui che si voltava dandogli le spalle per verificare l’avvistamento. Ah sì, e anche un dolore intenso alla nuca…
 
– Ranma! Si può sapere che diamine ti è saltato in testa?! – protestò cercando di divincolarsi, solo per scoprire che braccia e gambe erano immobilizzate.
 
– Uffa, stai calmo! Sei stato tu a chiedere il mio aiuto, ricordi?
 
– Io ricordo solamente di averti chiesto di accompagnarmi! Questo non spiega perché tu mi abbia legato mani e piedi e preso in groppa come un sacco di patate! Mettimi giù!
 
Saotome obbedì fin troppo celermente, lasciando la presa e condannandolo a una zuccata contro il suolo.
 
Il dolore fu consistente, ma l’ira ancora di più. Con grande forza di volontà scattò all’istante in piedi, nonostante l’equilibrio precario.
 
– Ascoltami bene, Ryoga. – sibilò il suo interlocutore, incrociando le braccia. – Io ci ho provato a guidarti come si fa con le persone normali, ma dopo la dodicesima volta che hai imboccato la direzione sbagliata non mi hai proprio lasciato altra scelta.
 
– Cioè quella di colpirmi a tradimento! Non lo perdi mai il vizio di prenderti gioco di me!
 
Provò a liberarsi dalle funi, ma un pugno sulla testa lo riportò a terra e lo fece desistere. Ryoga pensò che il karma lo stesse punendo per la sua sconsideratezza passata, anche se secondo lui quel contrappasso era fin troppo crudele.
 
– Ryoga, datti un contegno! Non vedi che stiamo dando spettacolo? – gli disse il dannato col codino, indicando un paio di passanti che prontamente si voltarono e si allontanarono.
 
– Già. Perché portarmi in giro così conciato, invece, non avrà attirato l’attenzione di nessuno! – protestò, cercando di recuperare almeno una posizione seduta.
 
– Quante storie. E poi non ti sei ancora reso conto che intanto siamo arrivati a destinazione?
 
A destinazione? Quale destinazione?
 
Alzò lo sguardo. Le abitazioni della zona avevano un aspetto in qualche modo familiare. E quella alle spalle di Saotome sembrava proprio casa sua!
 
Lo era e non gli era mai sembrata così bella. Forse era per il sole alto nel cielo che la illuminava con tutto il suo vigore, forse perché Ryoga sapeva che dentro non l’avrebbe trovata vuota e silenziosa come in ben altri tempi, ma qualcuno sarebbe stato pronto ad accoglierlo.
 
Akari…
 
Come se avesse udito il suo pensiero, la ragazza aprì proprio in quell’istante la porta d’ingresso. Più probabilmente lui e Ranma avevano sbraitato a voce un po’ troppo alta, ma Ryoga preferì dar credito alla motivazione più romantica.
 
– Ryoga, sei tornato! – lo vide subito e gli corse incontro.
 
Volle imitarla, ma si dimenticò di essere ancora legato e cadde di nuovo.
 
Non gli importava, nessuno l’avrebbe fermato. Riprese la sua marcia come meglio poteva, strascicandosi sul terreno finché non ebbe annullato la distanza che li separava.
 
– Bau! Bauuu!
 
Biancanera, però, era stata più rapida. Gli balzò addosso e cominciò a fargli le feste.
 
– Buona! Stai buona! – la sua situazione gli impedì di sottrarsi alle numerose leccate.
 
Quando poté finalmente riaprire gli occhi, si sentì davvero un miracolato che avesse appena riacquistato la vista.
 
In effetti osservata dal basso verso l’alto, con il sole alle spalle, Akari era ancora più angelica del solito.
 
– Oh, Ryoga! Io e il nonno non avevamo tue notizie da giorni, ero così in pensiero!
 
Da giorni? Già, non si era più messo in contatto con lei da quando le aveva telefonato da casa Tendo. Quando ancora stavano cercando una soluzione, nientemeno prima di scoprire che si sarebbero dovuti recare ad Hakodate. Come poteva essere stato così sconsiderato? Anche questo doveva assolutamente cambiare.
 
– Akari, mi dispiace, non volevo farti stare in pena! Lascia che implori in ginocchio il tuo perdono!
 
– Su, non c’è bisogno di fare il melodramma. – s’intromise Ranma, accovacciandosi di fianco a lui. – E comunque non direi proprio “in ginocchio”, attualmente stai strisciando più come un verme. O al massimo, se vogliamo, un salamino insaccato. Se i salamini sapessero strisciare, certo.
 
– Tu! Ti decidi a toglierti dai pie… – s’interruppe, realizzando in ritardo tutta la portata della frase della sua amata. – Aspetta, Akari! Vuoi dire che tuo nonno è in casa con te?!
 
Se n’era completamente scordato. E dire che era stato proprio lui ad avere l’idea della lettera con la foto per spingere l’anziano parente a seppellire l’ascia di guerra e recarsi da loro.
 
Non osava nemmeno immaginare come potesse essere stato il confronto tra nonno e nipote, del resto stava a lui aiutare Akari in un momento così difficile e delicato, o essere almeno al suo fianco.
 
E invece nel momento del bisogno era stato irraggiungibile, dall’altra parte del Giappone!
 
Come reazione alle sue parole, gli occhi di Akari si erano immediatamente inumiditi di lacrime.
 
– Sì, mio nonno. Gli sarebbe sicuramente piaciuto essere qui con me ad accoglierti. Lui… lui adorava così tanto la luce del primo mattino… – La ragazza non riuscì a proseguire, scossa dai singhiozzi.
 
Un’incudine immaginaria lo travolse in pieno. Davanti agli occhi di Ryoga si misero a scorrere immagini di Akari e suo nonno che litigavano aspramente, di quest’ultimo che si portava affannato le mani al petto, del fragile cuore del vecchietto che cedeva.
 
Invece di crescere, lui aveva continuato a sognare. E probabilmente proprio per questo suo comportamento qualcun altro non avrebbe più potuto aprire gli occhi.
 
***
 
– Aaaah, che bella dormita! Buongiorno, piccola mia!
 
– Ma che buongiorno e buongiorno, nonno! È già l’ora di pranzo! – lo corresse asciugandosi con un fazzolettino nuove lacrime di frustrazione, che le erano venute scorgendo l’adorato consanguineo scendere finalmente di sotto a salutare i nuovi arrivati in camicia da notte e vestaglia.
 
Da mattiniero qual era, con l’età era diventato un tale pelandrone!
 
Ma non doveva rattristarsi per sciocchezze del genere. Oggi era un giorno felice, lo era sempre quando Ryoga tornava da lei o comunque ritrovava la via di casa.
 
E poi, da quando mi sono chiarita col nonno, mi sento davvero più serena.
 
La tavola era imbandita a festa e si respirava un’aria piuttosto vivace. Mentre il nonno prendeva posto, tirandosi su le maniche del pigiamone, notò che Katsunishiki aveva già occupato la posizione a capotavola e grugniva felice, mentre il suo amato si era seduto a fianco del proprio migliore amico, colui che aveva certamente reso più facile quella riunione di famiglia.
 
– Sono così contenta che si sia trattenuto a pranzo da noi. Non sapevo proprio come ringraziarla, signor Ranma. – espresse ad alta voce la propria gratitudine, sedendosi a sua volta di fronte a lui, alla destra del nonno.
 
– Per così poco, ai tempi delle medie lo riportavo a casa ogni volta che si perdeva. Vale a dire tutti i giorni. – rispose il suo interlocutore con un grande sorriso, dando una pacca pesante sulla spalla del caro Ryoga, stranamente non molto entusiasta. – Pensa che, per non correre rischi col nostro “piccione viaggiatore”, siamo partiti da casa Tendo alle prime luci dell’alba.
 
– Lo vede? Ryoga è davvero fortunato ad averla come amico. Lei è premuroso come un maiale!
 
– Uhm, grazie Akari. Credo.
 
– Piuttosto… Ryoga, stai bene? Non hai ancora toccato cibo. – notò preoccupata.
 
– Sarebbe più facile se qualcuno si decidesse a slegarmi, una buona volta! – replicò lui a voce alta.
 
Forse troppo alta, perché quel gesto gli aveva fatto guadagnare tutta l’attenzione del nonno, che tossì rumorosamente.
 
Solo ora Akari faceva caso al fatto che l’anziano parente avesse scelto proprio il posto di fronte a lui, andando a formare uno strano faccia a faccia tra i due uomini più importanti della sua vita.
 
– Ragazzo, mettiamo subito le carte in tavola. Ho scoperto tutta la verità riguardo ad Akane.
 
Proprio mentre il signor Ranma stava finendo di liberarlo dai lacci, Ryoga sembrò sbiancare come un cencio. Forse era solo una sua impressione o forse prima aveva avuto ragione, il viaggio l’aveva stancato più del dovuto.
 
– Co-come ha detto?
 
– Ma sì, Akari mi ha confessato che la piccina non è veramente vostra figlia. Anche se non sareste comunque riusciti a ingannarmi, non sono ancora così rimbambito!
 
– Aaah, quello! – Ryoga cominciò a ridere in modo un po’ innaturale. – Ah ah ah, oggi è proprio il giorno degli equivoci! Prima avevo creduto che… e adesso pensavo che lei intendesse…
 
Il signor Ranma gli impedì di proseguire, rifilandogli una forte gomitata.
 
– Mi hai fatto male! – Ryoga diede un pugno al suo caro amico.
 
– Tu me ne hai fatto di più ora! – L’altro lo restituì con gli interessi. Akari non comprendeva bene, ma doveva trattarsi di una di quelle particolari complicità tra amici maschi.
 
Il nonno aveva l’aria ancora più confusa, così pensò di dargli una spiegazione.
 
– È che anche una nostra conoscente si chiama Akane. Ma non si tratta di una persona qualunque. – I due ragazzi si arrestarono e deglutirono contemporaneamente. – È la fidanzata del signor Ranma.
 
Katsunishiki grugnì profondamente, per farle capire che voleva una seconda porzione. Lo servì, poi tornò con lo sguardo agli altri commensali.
 
– In ogni caso – riprese il nonno – Akari mi ha anche detto che i genitori della bambina ti hanno contattato, mi auguro sia andato tutto bene.
 
– Assolutamente. – disse il caro Ryoga. – Ho riportato Akane alla sua famiglia legittima, ed erano tutti molto contenti.
 
– Sì, posso confermare. – annuì il signor Ranma con uno sguardo strano, quasi sornione.
 
– Sei stato così responsabile, Ryoga! – non poté proprio evitare di aggiungere, sinceramente ammirata.
 
– Responsabile? Non è esattamente l’aggettivo che sceglierei io, per descrivere qualcuno che non esita a sfruttare una trovatella per una messinscena ai danni di un povero vecchio.
 
– Nonno!
 
– Che cosa? Non sto dicendo nulla di strano. Davvero, Akari, a volte non sai guardare in faccia la realtà. E poi a te è forse sembrato normale il comportamento del ‘tuo caro Ryoga’, quando giorni fa ha portato via con sé la bimba senza dirci niente?
 
– Eh? Ryoga, che cosa significa? – disse il signor Ranma.
 
– Parlo della sera in cui sono venuto a trovare la mia nipotina. E lui non c’era. – riprese il nonno, con tono accusatorio. – Era uscito senza avvisare Akari e mi risulta che non sia tornato fino a notte tarda.
 
– Sei ingiusto. – si sentì in dovere di prendere le difese dell’uomo che amava. – Devi sapere che il povero Ryoga soffre di problemi di orientamento e non è raro per lui perdersi anche per qualche ora, perfino qui in cortile.
 
– È così? Davvero affidabile, l’uomo che hai scelto di sposare. – bofonchiò l’anziano. – Uno che può lasciarti tutta sola senza preavviso in qualunque momento!
 
Akari stentava a credere a ciò che stava udendo. Eppure pensava che le cose fossero state chiarite, che il nonno avesse ormai accettato Ryoga nella famiglia.
 
Ma forse certe questioni non possono aggiustarsi di punto in bianco.
 
– Io… mi dispiace. – replicò finalmente Ryoga, con lo sguardo basso. – Quella sera Akari era uscita a fare una breve passeggiata con Katsunishiki, e nel frattempo è venuta a trovarmi… – alzò un momento gli occhi in direzione del signor Ranma – …una mia lontana parente, che mi ha invitato fuori a bere qualcosa.
 
– E dopo? – lo incalzò il nonno.
 
– Dopo – Ryoga continuò a fissare le posate, mentre parlava – ho fatto le sue stesse considerazioni, che non fosse giusto usare la piccola Akane per risolvere i miei problemi, quando c’era sicuramente qualcuno che stava in pensiero per lei. Sono tornato a casa, deciso a non perdere altro tempo, ma Akari era già a letto e dormiva. E giuro, non mi sono minimamente accorto che la stanza degli ospiti fosse occupata. Ho preso la bimba con me e ho lasciato sul comodino una lettera dove ho spiegato cos’avevo intenzione di fare. Il giorno dopo ho anche telefo…
 
– Una lettera per non farci stare in pensiero, questo sì che è un gesto davvero responsabile. Suppongo che invece l’idea di parlarne faccia a faccia con Akari non sia stata minimamente presa in considerazione!
 
– Adesso basta, nonno! Anche i migliori maiali possono essere impulsivi, a volte! E tu piuttosto vuoi fargli il terzo grado ancora per molto?
 
Lo sguardo dell’anziano si addolcì.
 
– Piccola mia, voglio solo la tua felicità.
 
Ascoltandolo, si ricordò di quanto il nonno fosse fragile, sotto l’apparenza burbera.
 
– Lo so. Ma ti ho già detto che l’ho trovata. Qui con Ryoga.
 
– È vero, me l’hai detto. Perdonami, non volevo darti l’impressione sbagliata: non ce l’ho con lui, anzi non sono neanche più contrario alla vostra unione.
 
Ryoga rialzò il capo, fissando il nonno a bocca spalancata.
 
– Ma – si affrettò ad aggiungere quest’ultimo, puntando l’indice verso di lui mentre manteneva il contatto visivo – voglio che tu faccia tutto il possibile e anche di più per rendere davvero felice la mia nipotina. Basta segreti, basta bugie, basta inganni, basta colpi di testa. Se mi assicuri questo, allora potrò affidarti Akari a cuor leggero.
 
Ansimava un poco, forse lo sforzo di quella discussione era stato eccessivo per la sua età.
 
Ryoga si alzò in piedi, con aria determinata.
 
– Io glielo prometto, signore. – si batté la mano sul petto. – Sul mio onore di artista marziale.
 
Il nonno rispose con un sorriso.
 
– Mi sta bene. – e di colpo riprese a dedicarsi al suo piatto, con fare pimpante. – Ora che mi sento più sicuro, non ho motivo di trattenermi in casa. Dopo pranzo, Akari cara, potresti aiutarmi a fare il bagaglio? – mentre proferiva quelle parole, le fece l’occhiolino.
 
Ci mancò poco che cadesse dalla sedia.
 
Oh, nonno, sei sempre il solito furbacchione!
 
***
 
Davvero non riusciva a crederci, quello sprovveduto di Ryoga non cessava mai di sorprenderlo.
 
E così non era riuscito a parlare a quattrocchi con Akari, neppure quando si era trattato di portarle via la loro ‘figlia adottiva’. Che imbranato! E che santa lei, a sopportare un simile piantagrane.
 
Glielo aveva anche detto di persona, una mezz’ora prima.
 
“Sei un tale fortunello! Tra Akane e Akari non so con chi ti è andata più di lusso, in questa storia!”
 
Chiaramente stava cercando di stuzzicarlo, dopotutto avvertiva su di sé la responsabilità di verificare che il girovago avesse imparato sul serio la lezione. Anche con le cattive, se si fosse rivelato necessario.
 
E invece Ryoga non gli aveva nemmeno risposto a tono.
 
“Hai ragione. Avrei davvero potuto rovinare tutto, stavolta. Con entrambe.”
 
Ranma non poteva nascondere, almeno non a se stesso, di essersi un po’ irrigidito sentendo quelle parole. Ryoga si era affrettato a specificare che l’unica donna della sua vita era Akari, solo che teneva tantissimo a non perdere l’amicizia di Akane. Lui aveva replicato che la cosa non lo riguardava, che non era certo geloso.
 
Già, certe abitudini sono dure a morire.
 
Poi Ryoga lo aveva pregato di lasciarlo da solo e si era diretto nell’altra stanza, dove stava Akari.
 
Le aveva detto che doveva parlarle e… questo era quanto. E quel quanto risaliva, appunto, a una mezz’ora prima.
 
Gli si stavano addormentando le gambe a furia di aspettare accovacciato in quella posizione, ma se si fosse mosso, Umisenken o no, il girovago avrebbe immediatamente scoperto il suo nascondiglio.
 
Akari sembrava più paziente, come se fosse ormai abituata a certe attese.
 
A dirla tutta, quei due ragazzi impacciati gli ricordavano qualcuno.
 
– Akari, ascolta, io…
 
– Ryoga! – esclamò lei in contemporanea. – Oh, scusa, ti ho interrotto. Cosa stavi per dirmi?
 
– N-no, niente, parla prima tu. Eh eh eh. – ridacchiò quello scemo, massaggiandosi la nuca.
 
– Ecco, volevo chiederti scusa. Sono stata molto scorretta con te.
 
– Eh? – Ryoga non fu l’unico a essere sorpreso.
 
– Eri talmente entusiasta dell’idea che avevi avuto per farmi rappacificare con mio nonno che non me la sono sentita di dirtelo, però io non ero altrettanto convinta. Non fraintendermi, ho adorato fin dal primo momento la piccola Akane, ma… sentivo al tempo stesso che non poteva funzionare, non poteva risolvere come per magia il nostro problema. Non solo col nonno, ma anche tra noi.
 
– Cosa…
 
– Per favore, ormai lasciami continuare, altrimenti non credo troverò di nuovo il coraggio. La verità… la verità è che ti sei attribuito la colpa di ogni cosa e hai fatto di tutto per salvare il nostro rapporto, ma non era tua, non è mai stata tua. La colpa è soltanto mia!
 
– Questo non è…
 
– Ryoga, sono io che ti ho messo troppa pressione addosso, fin dal principio, e poi quando sono scappata di casa per venire a vivere da te non ho fatto che peggiorare le cose. Come se non bastasse, ti sei subito assunto tutta la responsabilità del fatto che non riuscivamo a – Akari arrossì visibilmente, incespicando con le parole – ad avere figli. 
 
Ranma si sentì a sua volta a disagio. Non credeva che il discorso avrebbe preso quella piega, né era sua intenzione fare la parte dello spione in questioni così intime. Aveva conosciuto fin troppi dettagli quando, nei panni di “Rumiko”, si era dovuto sorbire tutte le confidenze di Ryoga.
 
Meccanicamente attese diversi secondi, prima di riprendere a prestare attenzione allo sfogo di Akari.
 
– …il nonno, prima, ha detto una cosa saggia. Basta con le bugie e gli inganni. E io sono stata disonesta, col nonno e soprattutto con te, perché non ti ho mai confidato le mie ansie. La stessa presenza della piccola Akane mi ricordava ogni momento la nostra “recita” e mi faceva sentire a disagio, eppure non ti ho detto niente. Tu non meriti questo, tu sei un ragazzo così bravo e onesto. Così devoto e integerrimo. Così…
 
– Nooo! – L’urlo non arrivò del tutto inaspettato alle sue orecchie.
 
– Ryoga! Che cosa…
 
– Non posso ascoltare oltre! – il girovago si coprì le orecchie con le mani e cominciò a scuotere la testa, evidentemente travolto da un’ondata di rimorso. – Akari, io non sono così, tu non mi conosci affatto! Tuo nonno ha ragione, sono un irresponsabile che non farà altro che renderti infelice! Non sono onesto, sono… sono io ad aver tradito la tua fiducia!
 
Akari si portò le mani sul viso.
 
– In che senso? Non mi dirai che c’è… un’altra?
 
– Cosa? No, no, non intendevo questo! – Ryoga si sbracciò. – È che… come faccio a spiegarlo, da dove posso cominciare?
 
Akari gli prese dolcemente una mano.
 
– Parlami pure, ti prometto che non ti interromperò più. Che ti ascolterò fino alla fine.
 
A quel contatto, lui sembrò calmarsi.
 
Evidentemente era davvero il giorno delle sorprese. Nemmeno a questo evento Ranma sentì che avrebbe mai potuto credere, se non vi stesse assistendo di persona, eppure successe. Ryoga vuotò il sacco, raccontò ogni cosa e pure con dovizia di particolari. Dell’hula-hoop magico, della trasformazione di Akane, di Yuriko, di tutto quanto.
 
Perfino dei sentimenti che aveva provato in passato per la sua fidanzata e del fatto che l’aveva ingannata usando le sembianze di P-chan.
 
Doveva concederglielo, stava mostrando un bel po’ di fegato.
 
– Non credo ci sia altro da aggiungere, ora sai anche tu come sono andate le cose. – concluse. – E hai finalmente potuto constatare quale razza di verme io sia in realtà. Una persona inaffidabile, indegna di passare la vita assieme a te… Addio!
 
Si voltò di scatto e s’incamminò verso la porta.
 
Sembrava che quel tontolone stesse facendo sul serio. Ranma pensò per un attimo di uscire dal suo nascondiglio e intercettarlo, poi si tranquillizzò vedendolo prendere la direzione sbagliata e aprire con solennità le ante dell’armadio.
 
– Ma… cosa ci fanno tutti questi vestiti appesi alla porta?
 
– Ryoga, non andare via! Ti prego, non lasciarmi! – Akari lo raggiunse alle spalle e lo strinse in un forte abbraccio, come per impedirgli di scappare di nuovo.
 
Non che lui sia in grado di riuscirci…
 
– Ma Akari, come puoi voler stare ancora con me, con tutto ciò che ti ho tenuto nascosto?
 
– Adesso me ne hai parlato, no? – Akari lo spinse a girarsi e a guardarla in faccia. – E non dev’essere stato affatto facile raccontarmelo, tra l’altro si tratta di una storia talmente fuori dal comune.
 
– Tu però mi credi?
 
– Certo che ti credo, Ryoga. Ho ancora fiducia in te. E ho sbagliato anche in questo, ti ho attribuito tante di quelle doti da non fare mai cenno alle tue debolezze. Ma ne ero ben consapevole, tutti noi possediamo sia le une che le altre: forse la verità è che abbiamo commesso entrambi diversi errori, dopotutto è normale, siamo solo esseri umani. Non possiamo essere perfetti come i maiali!
 
A quell’ultima uscita, Ryoga cominciò a ridere. Akari seguì quasi subito il suo esempio, contagiata dall’improvviso scoppio di ilarità.
 
– Questo vuol dire – riprese lei, con aria più serena – che rimarrai?
 
– Solo se mi permetterai di ricominciare dall’inizio, Akari Unryu. Di aprirti davvero il mio cuore e di farti conoscere il vero Ryoga, sperando che… tu possa provare amore anche per questo povero sognatore.
 
– A dire il vero credo che sarà molto facile. – Akari lo abbracciò di nuovo, sorridendo. – Ma sempre che anche questo nuovo Ryoga sia disposto a conoscere e accettare la vera me. Affare fatto?
 
– A una condizione. – disse Ryoga, con tono galvanizzato. – Che un giorno mi permetterai di riprovarci, e di chiederti ancora una volta di diventare… Akari Hibiki.
 
Ullallà. L’hai capito, il caro P-chan?
 
Per incredibile che fosse, quella vicenda l’aveva veramente fatto maturare. E Ranma non si nascose di essere felice della cosa, d’altro canto anche un artista marziale tosto come lui aveva un debole per il lieto fine.
 
Non poté trattenersi dal fare un fischio di approvazione. Quello fu il suo errore.
 
– Ma cosa… Ranmaaa! Sei stato qui tutto il tempo! Ma io ti ammazzo!
 
Mentre vedeva il suo rivale scagliarsi contro di lui, Ranma pensò che invece certe cose erano destinate a rimanere sempre uguali.


 
***
 
Ancora grazie a Laila per avermi dilettato e poi ispirato con la sua storia, dandomi così modo di scrivere sul pairing Ryoga/Akari, per cui ho da sempre un debole. Altra fonte d’ispirazione è stata la storia “The gift” di Gary Kleppe, nella quale Ryoga si fa più onesto nei confronti della giovane Unryu. E un altro ringraziamento sentitissimo va a Moira, per aver betaletto la prima stesura di questa one-shot.
La gag di Ryoga che “non tocca cibo” è rielaborata da una simile usata dalla Takahashi in “Inuyasha”, non mi piace attingere dagli altri ma sentivo che in questo caso particolare ci stava fin troppo bene :)

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