Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Kengha    20/01/2014    10 recensioni
Chap 1: « Celarlo, domarlo, non mostrarlo ». Nascondendo il suo potere forse Elsa sarebbe stata in grado di fuggire dal suo destino? Entrambi ne dubitavano fortemente: prima o poi la profezia si sarebbe avverata e, in qualche modo, ormai era chiaro, la ragazza ne sarebbe rimasta coinvolta.
Chap 2: Le cose erano cambiate tanto velocemente quanto irrimediabilmente e lei era completamente impotente. Sia come regina, che come madre, non poteva fare altro che guardare una delle sue due amate bambine scivolare velocemente all'interno di un baratro.
Chap 3: Per la prima volta in tutta la sua vita, Anna si rese conto della drammaticità nascosta dietro la figura di Olaf. Non era mai stato solo un pupazzo di neve, questo lo aveva sempre saputo. Mai fino a quel momento, tuttavia, si era resa conto del dolore e delle disperate speranze che in realtà esso nascondesse.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Anna, Elsa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buona sera a tutti! Ecco che torno a rompervi le scatole con una nuova storia, vi sono mancata? *si sentono dei grilli in lontananza*
Questa storia non stava in nessun conto, mi è venuta in mente così, qualche giorno fa ed ho deciso di incasinarmi. Avevo accennato ad altre storie, arriveranno anche quelle, per adesso, però, mi concentrerò per almeno un paio di settimane su questa mini-long! :)
E' una storia di tre capitoli che mi è venuta in mente pensando a tre cose della storia che mi hanno fatto riflettere parecchio: la profezia* (ci sarà un appunto alla fine del capitolo a proposito), gli abbracci (quindi un po' il rapporto con la famiglia), Olaf (il significato doloroso dietro un simpatico pupazzo di neve).
I capitoli saranno incentrati su Elsa, i fatti verranno tutti narrati in terza persona, ma come se fossero visti dagli occhi un determinato personaggio. La seguenza dovrebbe essere la seguente:

#1 Il Re;
#2 La Regina;
#3 Anna;

Inizialmente doveva uscire una cosa più breve e meno complicata, prima ancora di questo dovevano essere tre one-shot. Ho deciso di fare un'unica storia perché alla fine tutte queste idee avevano come fatto comune il dolore, la sofferenza e/o l'infanzia perduta di Elsa. (A proposito di questo, il titolo mi piace ben poco, ma non avevo altre idee ç___ç). 
Ho riletto il capitolo molto velocemente, quindi potrebbero esserci errori che non ho notato, mi scuso in anticipo.
Spero di non aver fatto il passo più lungo della gamba e di riuscire a rendere la storia così come mi era venuta in mente.
Un ringraziamento speciale a tutti quelli che leggeranno la storia! 

Besos

 

Lost Childhood
The Ghost of and Old Prophecy


Il re stava finendo di leggere un’altra delle innumerevoli lettere ricevute quella giornata, essendo Arendelle in una posizione geografica favorevole e militarmente ben fornita, erano molti i regni che chiedevano di diventare loro alleati commerciali.
Naturalmente, come sovrano, non poteva che esserne lusingato: tante richieste significavano che Arendelle era un regno forte e dai tesori ambiti, che andava sì protetto, ma anche lasciato crescere; come persona, però, il re era molto stanco e, per quanto amasse il suo popolo, alla fine fu costretto a rimandare la parte conclusiva del suo lavoro al giorno successivo. Congedò tutti i suoi servi e si ritirò lentamente nelle sue stanze dove, sicuramente, la regina lo attendeva già da un bel pezzo.
« Perdonami, ho fatto tardi ». Esordì, chiudendo pesantemente la porta di legno intagliato alle sue spalle.
La donna era allungata sul letto e stava leggendo interessata un libro riguardante la cultura e le usanze di un popolo stabilitosi qualche decennio prima ad un centinaio di miglia a Sud rispetto Arendelle.
« Lettura interessante? » Domandò il re mentre si spogliava dei suoi formali abiti da sovrano, per vestire finalmente quelli da marito. Lei annuì in risposta, sorridendo prima di staccare gli occhi dal libro.
« Me lo ha mandato mia sorella*, Corona riesce ad avere sempre i testi migliori ». Constatò la regina, sistemando accuratamente un nastro all’interno della pagina che stava leggendo, prima di chiudere il tomo e posarlo sul comodino al suo fianco.
« Corona è più grande di Arendelle. E più vecchia. Comunque, con un paio di accordi che firmerò domani, anche noi diventeremo una delle mete commerciali per eccellenza ». Spiegò il re, parlando in maniera quasi seccata della grande svolta che si sarebbe verificata di lì a poche ore.
In quei pochi anni passati assieme, la regina aveva avuto modo di conoscere il suo consorte molto meglio di alcune donne che vivevano con i propri mariti da anni. Lei era una donna sveglia e aveva imparato a distinguere le più piccole sfumature dipinte sul volto di suo marito, anche quella volta le ci erano voluti appena pochi istanti per capire quanto stanco e frustrato egli fosse.
« Perché non ti prendi una pausa? Stavo leggendo proprio poco fa che un’altra caratteristica di questo nuovo piccolo regno sia quella che il re abbia una giornata libera ogni settimana da spendere con i suoi figli, per istruirli e stare con loro ». La donna era seduta al bordo del letto e lo osservava mentre finiva di abbottonare la camicia che usava per la notte.
« Quando avremo dei figli comincerò a prendere in considerazione l’idea ». Ribatté senza voltarsi, la regina sospirò: sapeva che il suo carattere burbero era dovuto semplicemente alla stanchezza e allo stress del fatto che, dopo quasi tre anni di matrimonio, ancora non erano stati in grado di dare alla luce un erede. L’argomento della famiglia era un tasto molto delicato e la donna non aveva fatto altro che aspettare tutto il giorno il momento giusto per dare la grande notizia. Decise che quella era l’occasione perfetta.
« Ti conviene iniziare a prendere l’idea in considerazione il prima possibile ». Disse secca, con un tono fermo e autoritario che non le si addiceva per niente. Sorpreso dal cambio improvviso, il re si voltò verso di lei, guardandola a lungo, cercando qualche segno nel volto impassibile e insolitamente freddo della moglie.
La donna sostenne il suo sguardo per appena qualche secondo prima di lasciar crollare la maschera e aprirsi in un gran sorriso, appena in tempo per il grande annuncio:
« Aspettiamo un bambino ».
Il tempo parve fermarsi.
Il cuore del re fece un paio di capriole, gli rimbalzò violentemente contro la cassa toracica, quasi fino a fargli dolere il petto.
Abbracciò forte sua moglie, baciandola ripetutamente sulle labbra, con un sorriso che non accennava a sparire da sotto i suoi baffi e le lacrime che minacciavano di uscire dai suoi occhi.
Ma non gli importava delle lacrime.
Non gli importava improvvisamente più di nulla, fatta eccezione per la minuscola, preziosissima vita che stava lentamente crescendo nel grembo della sua amata.

La primogenita del re e della regina di Arendelle venne alla luce una burrascosa notte d’inverno: il più rigido che il fiordo avesse mai visto. Il vento ululava e la neve turbinava violenta tra le strade ormai deserte del regno, nemmeno un’anima era sveglia, tra i cittadini.
Al contrario, il castello, stava vedendo il suo momento di massima attività, i domestici non facevano altro che correre da un’ala all’altra della struttura, portando acqua calda, coperte e panni puliti per il bambino che sarebbe nato di lì a poco.
Il re era inquieto, per la prima volta da quando aveva ricevuto la notizia della gravidanza di sua moglie, era ridiventato schivo e solitario, l’energia che l’aveva posseduto per quei mesi era stata sostituita dalla consapevolezza e dalla paura, che si erano abbattute violente e spietate contro di lui.
Poco ancora e sarebbe diventato padre.
Le urla della regina arrivarono alle sue orecchie come un centinaio di coltelli affilati, il momento era sempre più vicino.
Era davvero pronto?
No. Non lo era. Probabilmente non lo sarebbe mai stato.
Passarono minuti, forse ore, in un momento poté giurare che fossero passati anni. Poi finalmente lo sentì.
Un vagito echeggiò tra i corridoi del castello come la più dolce delle melodie ed in quel preciso istante, la tempesta che aveva infuriato per giorni, cessò. Il vento smise di soffiare e la neve di cadere, le nuvole scomparvero e tanto improvvisamente come s’era rabbuiato, il cielo ridivenne sereno.
La mente del re era però troppo occupata e il tempo, in quel momento, era l’ultima delle sue preoccupazioni.
Il maggiordomo era ancora sulla porta del suo studio, pronto per dare l’annuncio, quando il sovrano di Arendelle si precipitò correndo verso la stanza dove era sua moglie, privandolo di ogni occasione.
Non voleva annunci, non voleva parole, voleva solamente poter vedere con i suoi occhi il miracolo a cui la regina aveva appena dato vita.
Entrò col fiatone e, istintivamente, cercò ovunque nella stanza quel minuscolo fagottino che doveva essere suo figlio. La balia di corte, Joanna, gli sorrise dolcemente e mise il bambino tra le sue braccia con estrema delicatezza, come se stesse maneggiando un cristallo.
« E’ una femmina, Vostra Maestà ». Disse la donna mantenendo il sorriso, inchinandosi appena prima di indietreggiare di qualche metro.
Quando il re guardò per la prima volta in quelle pozze cerulee profonde come gli abissi, si sentì rinascere.
In quel momento, stringendo sua figlia tra le braccia, osservando con il sorriso più dolce e fiero la sua pelle candida, i suoi occhioni azzurri e i meravigliosi capelli argentati, seppe con certezza che nulla al mondo contava più della bambina che stava stringendo tra le braccia.
« Avete già pensato un nome, Vostra Maestà? » Domandò educatamente uno dei maggiordomi, guardando con un sorriso il sovrano.
L’uomo sorrise, il sorriso più grande che il suo volto avesse mai visto, più luminoso di tutti quelli rivolti a sua moglie fino a quel momento. Un sorriso dedicato unicamente a sua figlia. Annuì all’uomo, senza staccare però gli occhi dalla sua bambina.
« Lei è la principessa Elsa di Arendelle ». Annunciò solennemente, presto un paio di uomini corsero fuori per dare la grande notizia.
Quando il re camminò verso il letto dove era ancora stesa sua moglie, anch’ella sorridente, strinse Elsa senza toglierle mai gli occhi di dosso.
Perché lei non era un cristallo, era il più bello e raro di tutti i diamanti.

Iniziarono ad accadere cose strane: furono innumerevoli le volte in cui i sovrani ritrovarono la loro bambina che agitava le manine per cercare di afferrare candidi fiocchi di neve provenienti dalla cupoletta della sua culla; altrettante le volte in cui la videro stringere nella bocca ancora senza dentini dei pupazzi che sembravano esser fatti di ghiaccio; infine, cosa più impressionante di tutte, la principessina era sempre fredda. Anche l’estate, anche sotto il sole. E nonostante questo non si ammalava mai.
Per mesi avevano cercato delle soluzioni logiche, razionali. Alla fine, però, si erano dovuti arrendere di fronte all’evidenza.
Elsa aveva dei poteri magici.
Subito dopo la scoperta, il re iniziò a diventare strano, passava ore ed ore in biblioteca ed era tornato cupo come un tempo.
Un giorno di primavera, le sue silenziose ricerche vennero interrotte da una vocina che amava e che ormai aveva imparato a riconoscere.
« Pa-ppa! Io ‘ammino da ‘ola! » La piccola Elsa arrivò correndo in equilibrio piuttosto precario, le braccine aperte in un tentativo di rimanere bilanciata. Il re non riuscì a trattenere un sorriso e la prese in braccio non appena le fu vicino, la lanciò in aria un paio di volte, la bambina urlò di gioia.
« Sei bravissima! E stai crescendo davvero in fretta, tra non molto sarai tu a portare in braccio me ». Le disse con un sorriso, prima di farle una giocosa pernacchia sotto il collo, facendola scoppiare in una meravigliosa risata.
La regina li raggiunse presto e istintivamente gettò un’occhiata ai volumi e ai fogli che suo marito stava leggendo e rileggendo da mesi, ormai. Un sospiro addolorato le uscì incontrollato dalla gola, mentre nella sua testa prendeva il largo un’intuizione.
«Elsa, tesoro, perché non fai vedere quanto sei brava anche a Joanna? Sono sicura che sarà orgogliosissima di te». Propose la regina, sorridendo dolcemente a sua figlia che, appena udito il nome della sua balia, saltò giù dalle ginocchia del padre e corse fuori dalla biblioteca, urlando un “Sììì” pieno di gioia.
« Non correre! » Le urlò dietro il re, la voce colma di apprensione.
«Dovresti stare più tranquillo. È forte ». Disse pacatamente la regina, accomodandosi al suo fianco.
« Lo so ». Annuì il marito, tenendo gli occhi bassi.
« No, non lo sai, altrimenti non ti staresti dannando dietro quelle sciocche leggende! ». Esclamò la donna, il tono di voce improvvisamente altero.
« Sono solo supposizioni ». Tentò di spiegare l’altro.
« Supposizioni?! Sei terrorizzato da questa cosa e stai perdendo tua figlia! Trascorri tutto il giorno chiuso qui dentro e ti stai lasciando sfuggire i suoi momenti più importanti. I suoi primi passi, le sue prime parole. Lascerai davvero che la paura ti porti via da tua figlia? Ti porti via da tutti noi? ». La regina aveva praticamente urlato quelle parole, gli occhi lucidi per via delle lacrime che minacciavano di uscire da un momento all’altro. Con un sospiro rassegnato, la donna riacquistò la sua compostezza e si rimise in piedi.
« Non posso impedirti di avere paura. Ti chiedo solo di non farle questo: non passare le tue paure anche a lei ».

Era una calda giornata di Agosto e il re stava costruendo un pupazzo di neve con Elsa –vicina al suo terzo compleanno- nella sala da ballo. Aveva scoperto che giocare con la neve era un’ottima distrazione per lui e un gran divertimento per la bambina stessa, che poteva dare libero sfogo ai poteri che veniva continuamente esortata a nascondere. Pochi nel castello ne erano a conoscenza. Joanna naturalmente sapeva, dovendo occuparsi della principessina diverse ore al giorno aveva finito per scoprirlo da sé. Dopo aver fatto un voto di silenzio, inevitabilmente la domestica divenne la persona più vicina alla casa reale.
« Vostra Maestà! » La vecchia balia entrò nella sala da ballo ancora piena d’affanno, un sorriso colmo di gioia dipinto sul volto paffuto.
« E’ nata ».
La gioia negli occhi di Elsa quando prese in braccio per la prima volta la sua sorellina era evidente, le si era presentata con un gran sorriso, che non aveva abbandonato il suo volto pallido nemmeno per un solo istante, mentre i suoi occhi erano persi in quelli verde acqua della neonata dai capelli fulvi.
Per il re e la regina, la visione delle loro bambine per la prima volta insieme fu la cosa più bella a cui ebbero mai assistito.

Anna adorava la sua sorellona. La seguiva ovunque e le chiedeva continuamente di giocare, a volte anche in maniera eccessivamente euforica. Elsa, dal canto suo, sembrava non farvi caso e mai una volta si era dimostrata infastidita o seccata dalle richieste e dalle attenzioni della sorella minore.
Il re aveva scoperto che Anna era solita svegliare Elsa molto presto (alcune volte persino a notte fonda) per chiederle di giocare insieme.
Per  fare un pupazzo di neve.
Il sovrano aveva provato a spiegare alla figlia più piccola che doveva lasciare sua sorella dormire, perché studiava molto e aveva bisogno di riposo, ma non c’era stato alcun verso di farle cambiare abitudini.
Nessuno sapeva, però, che l’ostinazione di Anna sarebbe presto diventata la rovina di sua sorella.
Si sconvolse tutto in una notte, in pochi secondi Elsa si ritrovò nel bel mezzo di un incubo e prima ancora che il sole sorgesse su Arendelle, la mattina seguente, l’infanzia era già stata strappata via brutalmente dalle sue mani.
Il re non aveva potuto fare altro che dare alla maggiore delle sue figlie una nuova camera, dove confinarla, all’unico fine di proteggere sia Anna che lei stessa. La bambina non aveva obbiettato, era sempre stata molto matura, molto obbediente, aveva sempre capito qual era il momento giusto di uscire di scena.
Se mai il re avesse avuto idea di tutto ciò che questo avrebbe creato nella mente della piccola Elsa, probabilmente avrebbe cercato un’altra soluzione. Perché se lei si stava trasformando in un essere così fragile, era soprattutto colpa sua.
In verità, era lui il primo ad avere paura.
Quell’incidente aveva risvegliato in lui vecchi sospetti e vecchi timori. Questa volta silenziosamente condivisi anche dalla moglie.
« Sei davvero convinto? Credi davvero che chiuderla per sempre in una stanza sia l’unico modo per salvarla? » Domandò la regina, sull’orlo del pianto.
« Non dovrà rimanere lì per sempre. Solo fino a quando non sarà in grado di controllare i suoi poteri, non posso lasciare che porti questo fardello ».
« Lei non può essere la persona di cui parla la profezia**. È buona, è altruista, la conosci! »
La regina non trattenne più le lacrime e si abbandonò contro il petto del marito, soffocando a fatica i singhiozzi, stringendo forte la giacca rifinita.
« Proprio per questo, devo fare di tutto per salvarla ».

Tornò nella camera di Elsa la mattina dopo, per trovarla rannicchiata contro una parete, le ginocchia strette al petto, il davanzale della finestra coperto di ghiaccio.
Istintivamente le corse incontro e la prese tra le braccia.
« Stai bene? »  Domandò, guardandola preoccupato.
Elsa scosse la testa, gli occhi blu che guardavano a terra, i piedini che dondolavano nervosamente.
« Sarò io il sovrano dal cuore di ghiaccio, non è vero? Quello di cui parla la profezia ». Biascicò con un filo di voce, alzando finalmente lo sguardo sul padre, cercando una risposta nel volto che per molto tempo le era parso così rassicurante.
La realtà travolse il re come un’onda. La bambina che Elsa era stata fino a qualche giorno prima stava scomparendo rapidamente, per lasciare spazio alla versione spezzata e consapevole di sua figlia.
Il re l’abbracciò forte, cullandola tra le sue braccia per diversi minuti. Se avesse saputo che quello sarebbe stato il loro ultimo abbraccio, prima che la paura prendesse così tanto il largo in Elsa da farle rifiutare un qualsiasi contatto umano, probabilmente l’avrebbe stretta per ore.
« Come sai della profezia? » Domandò l’uomo dolcemente, scostando una ciocca di capelli argentei dietro l’orecchio della bambina.
« Avevo letto la storia di Arendelle qualche mese fa in biblioteca… e ieri notte vi ho sentito discutere ». Confessò la principessa, con un filo di voce. Il re sospirò amaramente, pentendosi di aver parlato probabilmente a voce troppo alta, di essersi illuso che anche la maggiore delle sue figlie stesse dormendo.
« Elsa, voglio che tu sappia una cosa, ascoltami bene perché è importante che tu non lo dimentichi mai ».
La bambina annuì, guardandolo intensamente.
« Tu sei buona. Non avrai mai un cuore di ghiaccio ». La fissò a lungo, tornando per un breve istante alla prima volta in cui l’aveva stretta tra le sue braccia: così piccola, così fragile.
Esattamente com’era in quel momento.

Qualche settimana dopo le regalò un paio di piccoli guanti bianchi, sperando che potessero esserle almeno un po’ di aiuto, le strinse dolcemente una mano e insieme ripeterono una filastrocca importante, attorno la quale avrebbe presto iniziato a girare tutta la vita di Elsa.
« Celarlo, domarlo, non mostrarlo ».
Nascondendo il suo potere forse Elsa sarebbe stata in grado di fuggire dal suo destino?
Entrambi ne dubitavano fortemente: prima o poi la profezia si sarebbe avverata e, in qualche modo, ormai era chiaro, la ragazza ne sarebbe rimasta coinvolta. Ciò che importava, era cercare di rimandare il più a lungo possibile quel momento, facendo guadagnare ad Elsa tempo prezioso.
Pregando che imparasse a controllarsi in fretta


 


*Sorella: Circolava voce, probabilmente una storia messa su dai fans, che la madre di Rapunzel e la madre di Elsa ed Anna fossero sorelle. A prescindere dal fatto che sia vera o meno, l'idea mi piace un sacco, quindi ho deciso di utilizzarla nella storia!

**Profezia: Un'antica profezia dei troll parlava di un sovrano col cuore di ghiaccio che avrebbe portato un inverno perenne ad Arendelle. Secondo questa "versione" della storia, Elsa fugge dal regno perché non vuole essere il sovrano della profezia. Perché è buona. Troviamo riferimenti a questa predizione nelle canzoni "Spring Pageant" e "Life's Too Short", che vi consiglio vivamente di ascoltare! :)
   
 
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