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Autore: Michan_Valentine    28/01/2014    9 recensioni
A due anni dalla battaglia per la salvaguardia del Pianeta, Vincent Valentine si ritira nel villaggio di Kalm senza dire niente ai suoi amici. Ma Yuffie Kisaragi e le questioni irrisolte non tarderanno a fargli visita.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sephiroth, Un po' tutti, Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Advent Children, Contesto generale/vago
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"In this bright future, you can't forget your past."

Sedette alla finestra, piegò la gamba e poggiò il piede sul davanzale; l’artiglio disposto fluidamente sul ginocchio. Fuori le nuvole coprivano il cielo, dandogli una tonalità plumbea. Minacciavano pioggia. All’orizzonte, il tramonto non era che una linea di fuoco dai riverberi rosa e arancio, che illuminava debolmente i tetti spioventi di Kalm. Qualcuno ancora si attardava in piazza, approfittando dei minuti rubati al temporale. L’armaiolo stava chiudendo i battenti come tutte le sere e, come tutte le sere, anche il fornaio stava riponendo le pagnotte invendute, strillando ordini alla figlia. Spostò lo sguardo sulla donna che invece raccoglieva il bucato, attorniata da un bambino di sei, massimo sette anni e da un meticcio di taglia piccola. Madre e figlio.

Non conosceva i loro nomi, ma sapeva che il padre del ragazzino si chiamava Riley ed era morto sul campo di battaglia. Un’altra vittima di Sephiroth; o della Shinra, come preferiva pensare. Il piccolo aveva dato il nome del genitore al bastardino che gli andava sempre dietro, col pelo arruffato e la coda svolazzante, e lo gridava spesso ai quattro venti. La madre non aveva piacere che giocasse col randagio e lo scacciava sempre; ma quello tornava puntualmente. Li osservò rientrare e richiudersi la porta alla spalle, la donna carica di biancheria e lenzuola. Tempo cinque minuti, il ragazzino tornò sull’uscio per allungare qualche leccornia al cane. Una scena che si ripeteva tutte le sere, in una rilassante quotidianità di cui lui era mero spettatore. Come sempre.

Un rombo attraversò il cielo e le nubi si caricarono di bagliori. Sollevò lo sguardo e si soffermò ad osservare le pesanti sfumature di grigio, in attesa della pioggia. In breve i secondi divennero minuti. Perfettamente immobile, chiuse gli occhi una volta. Forse due. Lei era lì ad aspettarlo, sotto l’albero nei pressi di Nibelheim. Non indossava il solito camice bianco e i capelli le ricadevano sulle spalle, liberi dal nastro che portava durante le ore di lavoro. “Se dormi non puoi proteggermi”, gli disse. Sorrideva, inclinando leggermente il capo sotto i raggi troppo intensi del sole… 

Un ronzio, cui ne seguirono altri due. Schiuse le palpebre. Le prime gocce di pioggia si stavano già infrangendo sul davanzale, sul mantello rosso e sull’artiglio dorato, producendo decisi ticchettii. Il sole era invece scomparso e all’orizzonte si scorgeva appena una sfumatura livida più chiara. Si alzò, abbandonò la finestra e si guardò lentamente attorno, cercando per la stanza piccola e scarsamente arredata. Non c’era sul tavolo, non lo vedeva sul comodino. Escludeva di averlo messo nell’armadio; ma addosso non l’aveva. In rapide falcate raggiunse il letto perfettamente in ordine e sollevò il cuscino. Sotto stava il cellulare nero, con l’effige argentata di Cerbero impressa sopra. Lo recuperò e lo schiuse.

Cinque chiamate perse e sei messaggi. Le chiamate erano di Reeve. Probabilmente aveva problemi alla WRO e aveva bisogno di qualcuno che facesse il lavoro sporco. Scorse invece la lista dei messaggi e lesse i vari mittenti. Batté le palpebre. Erano da parte dei suoi amici. Nessuno escluso. Strano che si fossero ricordati tutti allo stesso momento, specie quando erano settimane che non sentiva nemmeno Tifa. Sedette sul margine del letto e aprì il primo di questi.

Da: Reeve Tuesti - Ho provato a contattarti. Ci sono alcune questioni urgenti di cui vorrei parlarti. Ti manderò qualcuno per i dettagli, al momento non posso muovermi dal quartier generale. A presto.

Sospirò. Dirgli di lasciarlo fuori dalle sue questioni urgenti era prettamente inutile. L’avrebbe incastrato, in un modo o nell’altro. Non sapeva ancora come e quando, ma non si faceva illusioni.

Da: Yuffie Kisaragi - Sei una vecchia mummia come Godo. Togliti quelle ragnatele di dosso e rispondi al telefono. Lo sai che il cellulare funziona sia in entrata che in uscita? Non voglio diventare come te in attesa di una chiamata! M-U-M-M-I-A!. 

Scosse leggermente la testa. L’ultima volta le aveva risposto con un “ok” e lei aveva immediatamente replicato con “la tariffa telefonica non va a sillabe, Vince”. Passò al successivo sms.  

Da: Cloud Strife - rispondi ai messaggi

Preciso, chiaro e conciso. Senza punteggiatura o maiuscole; ma che ricordasse erano mesi che Cloud non si faceva sentire. Strano che gli avesse intimato di rispondergli.

Da: Barret Wallace - ciao vinnie. è da tanto che non ci vieni a trovare. quando passi da edge mi porti a cavalluccio? tu sei alto! ah, rispondi ai messaggi!

Marlene. La prima volta che gli era arrivato un messaggio del genere dal cellulare di Barret era stato costretto a rileggerlo tre volte. Piano. Poi, con sollievo, aveva capito che si trattava della bambina. Pigiò su “rispondi” e inviò “Ciao, Marlene”. Il successivo messaggio era da parte di Cid.

Da: Cid Higwind - Ohi, Vince! Che fine hai fatto? Rispondi al cellulare. Yuffie vuole che ti scriva un libretto di istruzioni o un manuale tecnico o chessoio del cazzo da mandarti per corrispondenza. Sapessi almeno dove ti sei andato a ficcare!

L’ultimo messaggio gli svelò infine il mistero.

Da: Tifa Lockheart - Ciao Vincent. Come stai? Quando vuoi passa a trovarci, ci farebbe piacere rivederti. Cloud, Denzel… Marlene, poi, non sta più nella pelle! PS: Yuffie sta tempestando tutti di sms chiedendo di dirti di rispondere al cellulare. Fallo per noi: richiamala.

Richiuse la conchiglia e la poggiò sul letto, chiedendosi da cosa dipendesse così tanta premura. Fuori ormai imperversava l’acquazzone; il cielo plumbeo era attraversato da ragnatele di fulmini e i contorni di Kalm apparivano lugubri, appesantiti dall’acqua. Un improvviso rumore di passi si insinuò fra lo scrosciare e ne richiamò l’attenzione. Erano veloci, decisi e stavano avvicinandosi. Eppure la casa era deserta, se si escludeva lui. Tese i muscoli, si alzò e mise rapidamente mano alla Cerberus, sempre al suo fianco. L’inaspettato -indesiderato- visitatore raggiunse la porta e la spalancò con veemenza l’attimo dopo, accompagnato da un roboante, assordante tuono. 

Yuffie si scapicollò all’interno senza tante cerimonie. Effettuò una leggiadra piroetta e accennò a dire qualcosa - forse la solita manfrina che adoperava per le entrate in scena. Tuttavia prima che potesse dar fiato alle trombe tossì, sputò e si piegò letteralmente in due, mani sulle ginocchia. Batté le palpebre e la osservò, senza mutare di un pelo l’espressione. Era fradicia ed ansimava come un mantice. Doveva essere arrivata di corsa. La ninja gli scoccò un’occhiata e sventolò la mano per aria, quasi stesse scacciando una mosca.

-Non ti… scomodare a… darmi il benvenuto…- fece, fra gli ansimi -Bello, il sacrario. A saperlo avrei… portato un cero.- soggiunse poi, osservando la stanza spoglia.

Tralasciò Cerberus e distese il braccio lungo il fianco. Ora tornava tutto. Reeve, la WRO. E Yuffie coi suoi messaggi. “Ti manderò qualcuno”. E bravo Reeve. Stupido lui che aveva pensato a Cait Sith, invece.

-Come mi hai trovato?-

-Con il mio infallibile Vincedetector, ovviamente.- rispose l’altra, sollevando leggermente il busto ma continuando a tenersi il fianco con una mano -Scherzo. Ho solo seguito la scia di lacrime e disperazione. Più le indicazioni di Marlene. Non sembra, ma sono sotto shock! Tu che prendi casa a Kalm. Una casa vera, intendo. Non una grotta. O una cripta. Una casa! Con le finestre. E il letto.-

Yuffie lo sorpassò, ancora affannata, raggiunse il giaciglio e vi guardò sotto, sollevando il margine inferiore delle coperte.

-Ah-ha!- fece, esultante; poi si ingobbì e lasciò penzolare le braccia -Polvere. Ed io che pensavo di trovarci una bara!- si alzò e allungò le mani verso il mantello -Sono fradicia, me lo presti?-

Si scansò dalla traiettoria.

-Yuffie…-

-Tirchio. Mi hai sentito? Tiiiiir-chio. Tirchio! Faresti bene a rimettere quel coso al suo legittimo posto. Alle finestre starebbe d’incanto. Perlomeno daresti un po’ di colore a questo buco.-

-Yuffie.-

-Cosa?!- sbottò con un balzo, puntandolo con iridi scure.

Il petto ancora le si alzava e le si abbassava spasmodicamente in cerca d’aria.

-Respira.-

Convinta, la ninja trasse profonde boccate d’aria -con la grazia di una partoriente- e per alcuni, vitali istanti restò ferma e -finalmente- zitta. Ne approfittò per analizzarla brevemente. I capelli e i vestiti le si attaccavano addosso e cospicui rivoli d’acqua le scendevano lungo il collo, le braccia e le gambe. Gli sembrò che rabbrividisse, complici l’umidità e la temperatura non proprio estiva. Sospirò. Era un tornado di sciocchezze, parole e movimenti superflui. A volte faticava a starle dietro. Avrebbe dovuto registrarla e riascoltarla poi alla moviola. Cid diceva che per lei ci voleva un foglietto illustrativo, come per i medicinali. Yuffie, dosaggio: “Una volta al giorno prima dei pasti per tre giorni. L’uso prolungato può provocare effetti indesiderati. Tenere fuori dalla portata dei bambini.” Nel suo caso erano passati meno di dieci minuti e già percepiva le prime avvisaglie di emicrania. 

Si allontanò, aprì l’armadio e recuperò un grosso panno di spugna che le allungò con un unico, fluido movimento del braccio. Non aveva ricambi adatti a lei, ovviamente, e tanto doveva bastarle. Yuffie gli strappò il telo di mano e se lo avvolse attorno al corpo, detergendosi gli arti. Poi scomparve completamente al di sotto di esso e prese a massaggiarsi anche il capo, asciugando i capelli.

-Ti manda Reeve. Che cosa vuole?- tagliò corto lui.

Yuffie sbuffò e si lasciò cadere sul letto, con l’asciugamani sulle spalle.

-Ciao Yuffie. E’ da tanto che non ci vediamo. Come stai? Lo sai, ti ho pensato spesso in questi mesi. Ah, ma vedo che ti sono cresciute le tette. Sai, stai molto meglio così. La taglia in più ti dona.- fece, indurendo e abbassando il tono di voce in una sottospecie di imitazione; poi puntò gli occhi su di lui -Si chiamano convenevoli, Vince.- gli spiegò con un’alzata di spalle.

Per tutta risposta batté le palpebre e incrociò le braccia al petto. Il silenzio si fece lungo e pesante nonostante fuori imperversasse l’inferno.

-Oooookey.- concluse la ninja, alzando gli occhi al cielo -C’è da dire che se avessi risposto al telefono a quest’ora lo sapresti. E io non sarei fradicia.- puntualizzò, mettendosi più comoda -a gambe divaricate- sul letto -Reeve dice che i cazzoni -cazzoni è una mia aggiunta, suona così bene- della Shinra stanno effettuando ricerche a tappeto nei pressi del Northern Cave. Mah! L’informatore ha menzionato la testa di Jenova. O di Sephiroth? E’ uguale e disgustoso, per quanto mi riguarda. Non so se è vero, ma Reeve vuole che andiamo a vedere.-

Se si trattava di Jenova non c’era da stare tranquilli. E Sephiroth… Ancora. Strinse le labbra. Credeva di aver chiuso con quella storia, di avervi messo la parola fine combattendo assieme agli altri per un nuovo futuro. Non per se stesso, certo. Il suo percorso s’era interrotto molto prima, nel passato; ma il destino tornava comunque a farsi beffe di lui. A cosa era servito sopravvivere, prendere una casa a Kalm e fingere di essere normale? A niente. Come la luna osservava il Pianeta dall’alto e da lontano, mentre gli altri vivevano la propria esistenza. Solo che la luna si muoveva, compieva orbita e rivoluzione. Lui stava fermo.

-Che vada Cloud.-

-Cloud deve fare le consegne e riportare a casa l’onesta pagnotta. Ha un figlio -adottato dice lui, ma io non ci credo- e non può lasciarlo morire di fame. Cid ha Shera. Puoi scegliere se con le tette o con le eliche. Tifa il bar. E Cloud. E Denzel. In sostanza l’onesta pagnotta la procura meglio  lei di Cloud. Barret deve invece occuparsi di AVALANCHE e dei suoi giacimenti di petrolio. E di Marlene, quando non la molla a Tifa. Insomma… è inutile che ci provi. Lo sanno tutti che quelli sfaccendati siamo io e te. Beh, non che io non abbia nulla da fare. Litigare con Godo, lucidare le Materia, andare a zonzo. Ma…-

Yuffie saltò giù dal letto, frugò nelle tasche, estrasse il cellulare e gli scattò una foto a tradimento con tanto di flash, spiaccicandogli praticamente l’obbiettivo in faccia. Suo malgrado strizzò gli occhi e voltò leggermente il capo, infastidito. Quando riacquistò la vista la ninja stava di già contemplando lo scatto.

-Sei venuto un vero schifo, Vince! Gli occhi mezzi chiusi, la bocca storta e l’espressione sofferente… porco Bahamuth, sembri stitico!-  rise e saltellò per la stanza, usando l’asciugamani come mantello -Sono Vincent Valentine e il flash non dona al mio incarnato cadaverico!- proclamò infine.

Poi gli mostrò il display, cui riservò un’occhiata disinteressata. Ciononostante dovette convenire. Yuffie diceva sempre un sacco di fesserie; ma quando aveva ragione, aveva ragione. Era venuto un vero schifo. E sì, in quella foto dava l’impressione di avere il mal di pancia. Curioso. Nemmeno lo sapeva di saper fare quel tipo di espressione.

-Che significa?- domandò, senza sciogliere la morsa delle braccia, rigorosamente incrociate sul petto.

La ninja fece spallucce e tornò a guardare il cellulare. Voleva sembrare disinvolta ma si vedeva lontano un miglio che stava tramando qualcosa. E che ci godeva, anche.

-Niente. Se non vieni con me la mando a tutti. Tifa è gentile e non riderà. Cloud nemmeno, perché è Cloud e non sa divertirsi. Tu ne sai qualcosa. Ma gli altri… e poi Marlene! Le cadrà un mito, povera piccola bamboccia!-

Così dicendo Yuffie fece sparire il cellulare nelle tasche e tornò a fissarlo, in attesa di risposta. Ed ecco perché Reeve non aveva mandato Cait Sith a convincerlo. Con lui sarebbe stato facile, quasi onesto. Sospirò per l’ennesima volta. Mettersi a discutere non sarebbe servito a niente, se non a peggiorare il suo mal di testa. Non era abbastanza loquace per vincere uno scontro verbale con lei. In più gli seccava rifilare l’ennesimo “no” a Reeve. Non capiva perché i suoi amici non potevano semplicemente lasciarlo perdere. In ogni caso doveva scegliere il male minore. E magari al Northern Cave non c’era proprio un bel niente. Né teste, né Jenova. O -peggio- Sephiroth.

Non replicò nulla. Si diresse alla porta della stanza, l’aprì e si avviò all’uscita. Prima partivano, prima tornavano. Dietro di sé sentì soltanto trambusto e imprecazioni.

-Andiamo ORA?! Ma fuori piove a dirotto! E mi sono appena asciugata! Almeno prestami la tendaaaa! Tirchio! Tirchio! Tiiiiirchio!-

Non visto, sollevò impercettibilmente gli angoli della bocca.


Primo capitolo di questa fic a quattro mani. Fateci sapere fin da subito cosa ne pensate!
CompaH e Lilien

   
 
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