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Autore: Jessica24    28/01/2014    4 recensioni
Missing moment tra i due musical del “Fantasma dell’Opera” :
“Non preoccuparti, piccola mia”, disse suo padre, accarezzandole piano il viso infantile. “Anche se me ne andrò ci sarà sempre un angelo che veglierà su di te, al mio posto.”
La Christine bambina sorrise. “Un Angelo della Musica?”, gli chiese.
“Esatto”, rispose suo padre, ricambiando il sorriso.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christine Daaé, Erik/Il fantasma, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Beneath a moonless sky
 
Capitolo a rating arancione
 
Christine iniziò ad addentrarsi nel labirinto sotterraneo che conduceva alla Dimora di Erik; c’era stata soltanto due volte – ed entrambe le volte era stato lui a portarla lì – eppure riusciva a ricordare con esattezza la strada da seguire e i punti che andavano evitati per non cadere in nessuna delle trappole che lui aveva piazzato.                                                                                                                                                                           
Le ci volle una mezz’ora per arrivare fin lì e si chiese se il sole fosse già tramontato all’esterno. La Dimora sul Lago era stata devastata dai gendarmi e da quelli venuti con loro la notte del “Don Juan”.                                
“Ah, mio povero Erik”, disse Christine, posando la lanterna su un tavolo. “Vorrei che Raoul non fosse mai venuto al teatro per diventarne il mecenate. Senza di lui tutto questo non sarebbe successo. Ora so con chi devo oltrepassare il ponte, ma è troppo tardi, non è vero?” Si guardò intorno, prima di sussurrare: “Il ponte è già bruciato e noi ci troviamo alle due estremità opposte, senza poterci incontrare.”                                                                                      Una folata di vento fece spegnere le poche candele rimaste accese e la lanterna che Christine aveva portato con se.                                             
“La colpa non è esclusivamente del tuo Visconte, mia cara”, disse la voce di Erik alle sue spalle. “Perché sei tornata indietro?”                           
Christine, che aveva trattenuto il fiato, esalò un lungo respiro tremante al suono della voce di lui.                    
Sapeva che guardarsi intorno era inutile: in quell’oscurità poteva soltanto ascoltarlo parlare, mentre lui – al contrario – poteva sia vederla sia sentirla.     
“Lo ammetto”, rispose. “Anche io ho delle colpe in quello che è successo. Sono tornata per dirti che sto per andarmene. Domani mattina io e Raoul ci sposeremo. Ma la scelta che ho fatto mi tormenta ancora …”
“Oh, naturalmente”, replicò la voce di lui, con tono sarcastico. “Mi credi davvero così sciocco da credere alle tue parole? Tu mi hai baciato soltanto per salvare la vita del tuo amato Visconte e ora non lo vorresti più? Non vuoi più passeggiare con lui alla luce del giorno, senza vergognarti del suo aspetto, come invece dovresti fare con me?”                                                                                                                                                               
Erik sapeva che stava parlando in quel modo per il sogno che aveva fatto alcuni minuti prima – e che era ancora vivido nella sua mente – ma doveva sfogarsi e quello gli sembrava il modo migliore di farlo.                  
Aveva creduto che Christine fosse una rosa, un fiore bello e profumato, ma in verità era stata anche il serpente che si nasconde sotto la rosa e lo aveva morso non appena lui stesso aveva abbassato la guardia, dandole il suo cuore e la sua fiducia.                                                                        
“Lui è … gentile”, disse Christine. “Ma a lungo andare non ci sarà più passione nel nostro matrimonio.”                        
“Tu lo hai scelto e io ti ho lasciata andare”, disse il Fantasma. “Vattene”, continuò. “Ho già ascoltato a sufficienza le tue scuse. Torna dal tuo Visconte e non cercarmi più.”                                                                                        
“E tu cosa farai?”, chiese la ragazza. “Non posso credere che la nostra musica sia davvero finita.”                              
“Sei stata tu a porvi fine. Hai fatto la tua scelta, Christine: seguila fino in fondo e creati una vita lontano da Parigi.”                                           
Christine sentì l’amarezza e il dolore che gli avevano permeato la voce e i passi di lui che stavano iniziando ad allontanarsi. “Ogni ora che vivrò io penserò a te ….”                                                                                                   
Erik ritornò sui propri passi e la afferrò per un polso. “Oh, non osare mentirmi!”, ringhiò.                                                                           
“Non ti sto affatto mentendo”, replicò lei con calma.                                                                                                               
Sollevò l’altra mano alla ricerca del viso di lui e lo sentì emettere un singhiozzo strozzato quando le dita di Christine gli accarezzarono la parte deturpata del viso.                                                                                                      
“Sei davvero disposta a restare con me?”, le chiese lui, incredulo.                                                                              
“Adesso la mia anima può vedere la tua, Erik”, sussurrò lei in risposta. “E io posso finalmente vedere il tuo cuore: è qualcosa di bellissimo, puro ed integro. Se io ti resterò davvero accanto non dovrai più preoccuparti delle opinioni altrui. Non ho più paura adesso."                                                
“Ah, Christine … se sei davvero disposta a farlo, non hai pensato che il tuo Visconte potrebbe tornare a cercarti?”                                         
“Andremo insieme nel Nuovo Mondo, in America. Lì non ci conosce nessuno.”                                                  
“Si”, replicò lui, dimenticandosi per un po’ del sogno che aveva fatto; prese la mano di Christine – quella che lei gli aveva posato sul viso – nella propria e sorrise. “Vieni con me, ora.”                                                        
Christine si lasciò condurre da lui nell’altra grotta, quella che si trovava dietro al drappo rosso.                         
Raoul se ne farà una ragione, pensò la ragazza mentre seguiva Erik. Troverà qualcun’altra che lo amerà più di me.                                               
“Ne sei davvero sicura?”, le chiese Erik, fermandosi in mezzo alla seconda grotta.                                                            
“Si, stare con te è quello che voglio”, rispose Christine. Si alzò in punta di piedi, tenendosi con le mani alle spalle forti di lui, e lo baciò sulle labbra.    
Quel bacio – e gli altri che seguirono – la resero stranamente felice e sentì il proprio cuore battere più veloce mentre lei ed Erik si sfioravano a vicenda.                     
“Detesto questi vestiti”, si lamentò tra un bacio e l’altro, facendolo ridere di gusto.                                                       
Era la prima volta che Erik lo faceva in sua presenza e sperò di riuscire a sentire altre volte quella sua risata calda e avvolgente allo stesso tempo.        
“Ho bisogno di te, Erik”, sussurrò dopo qualche minuto, certa che lui l’avrebbe sentita.                                                
“Ah, il mio nome sulle tue labbra, mia dolce Christine”, sussurrò lui a sua volta, prima di baciarla nuovamente, questa volta con più passione.               
E da quel momento in poi non ci fu più bisogno di negare il desiderio che provavano l’uno per l’altra. I loro corpi si unirono nell’oscurità, senza difese e nel silenzio, che fu rotto soltanto dai loro gemiti di piacere e dalle parole sussurrate – quelle che prima nessuno dei due aveva mai avuto il coraggio di dire – da Christine e da Erik.
 
Erik posò un bacio sulla fronte della propria Musa e la osservò addormentarsi al suo fianco, con i capelli biondi che le coprivano il seno. Il corpo di lei risaltava in quell’oscurità come un diamante in mezzo al carbone. Le sfiorò con le dita la curva del collo, mentre sentiva le labbra piegarsi in un sorriso – una cosa che non gli succedeva spesso.                                                                                                                                                  
Che non gli era mai successa in presenza di una donna, se proprio voleva essere sincero con se stesso. Christine lo aveva reso di nuovo felice, tornando da lui nella Dimora sul Lago.                                                         
“Senza che io l’abbia costretta”, sussurrò.                                                                                                                      
Christine era venuta per restare con lui, senza nessun altro fine, e gli aveva dato quello che le donne conservavano con la massima cura, almeno fino al giorno del matrimonio.                                                               
Anche lui avrebbe voluto sposarla prima di fare quello che avevano fatto, ma aveva represso troppo a lungo i propri desideri per rinunciarvi anche in quel momento.                                                          
E inoltre gli era sembrato che Christine e lui stesso avessero creato una nuova canzone.
Le dita di Erik si spostarono lungo il braccio di lei e scesero fino alla mano.                                                                                        
“Questa notte sarà uno dei pochi momenti felici della mia esistenza”, sussurrò di nuovo. “Non la rimpiangerò mai, finché vivrò.”                            
Poi si alzò in piedi e iniziò a rivestirsi in silenzio. Il sole sarebbe sorto tra qualche ora e lui doveva essere sparito prima di allora.                     
Christine gli aveva dato il paradiso che aveva sempre bramato e adesso Erik  vi stava rinunciando volontariamente, mettendo da parte ogni pretesa egoistica che poteva avere sulla ragazza.                                            
Di nuovo.                                                                                                                                                                                            
Ma in fondo era meglio così: non poteva sapere per quanto tempo sarebbe durata questa volta ed era meglio dare uno strappo definitivo alla relazione che lo aveva legato alla soprano.                                                           
Inoltre non voleva vedere i suoi occhi azzurri che lo fissavano di nuovo con orrore, come era successo la prima volta che lo aveva visto, oppure con disprezzo per gli omicidi che aveva commesso.                                             
Si vergognava già abbastanza di suo.                                                                                                                            
Entrambi avrebbero voltato pagina e si sarebbero creati due vite separate.                                                                         
Erik finì di abbottonarsi la camicia e il gilet e poi andò nella grotta principale – quella dell’organo – a prendere un mantello nero con cappuccio che gli celasse il viso.                                                                                                                  
Trovò anche l’anello di fidanzamento che le aveva rubato alla festa in maschera, quando si era presentato vestito da Morte Rossa e lo mise sopra il vestito azzurro di lei, certo che lei lo avrebbe trovato.                              
“Addio, Christine.”                                                                                                                                                                        
Erik alzò il cappuccio del mantello e scomparve nell’oscurità.                                                                                                                                        
 
Christine aprì lentamente gli occhi, mentre un sorriso le increspava le labbra.                                                           
“Erik?”, chiamò e tastò con la mano il terreno accanto a sé, per poterlo toccare. Si alzò immediatamente in piedi quando si accorse di essere da sola in quella grotta.                                                                                                   
Erik era andato via. Ma perché? Perché lo aveva fatto?                                                                                              
Christine era convinta che le parole che si erano detti fossero abbastanza, ma evidentemente si era sbagliata.                                                     
Non mi sarei dovuta addormentare, pensò, mentre nel suo cuore si agitavano i sentimenti contrastanti della rabbia e del dolore. Sarei dovuta rimanere sveglia e dirgli prima che avevo intenzione di seguirlo dovunque avesse voluto portarmigiurargli prima il mio amore.                                       
Sentì calde lacrime bagnarle le guance e si sedette di nuovo a terra, incurante del freddo e di essere senza vestiti addosso.                                
Mezz’ora dopo si asciugò il viso e tasto il terreno con le dita, alla ricerca dei propri abiti; sopra di essi ritrovò l’anello che Raoul le aveva dato quando il loro fidanzamento era ancora segreto – e che Erik le aveva strappato dal collo durante la festa in maschera.                                                           
Beh, il messaggio non potrebbe essere più chiaro di così, pensò Christine con amarezza.                                                  
Si rivestì, nascondendo l’anello ed uscì dalla grotta. Un paio di ore dopo era di pronta per iniziare la sua nuova vita: Raoul venne a prenderla e insieme andarono in chiesa per sposarsi.  
 
Una settimana dopo
“Sono contenta che tu ti sia ripreso”, disse madame Giry, entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle.                                      
“Davvero?”, le chiese Erik, poco convinto delle sue parole.                                                                           
“Naturalmente”, rispose lei, sedendosi accanto al letto. “Non potevo aspettarmi niente di meno da te. Sei sempre stato molto forte, Erik.”              
“Già”, sussurrò lui e voltò il viso dall’altra parte. “Avete saputo qualcosa da Christine, nella settimana che è appena passata?”, le chiese.                    
“Di Christine si parla sui giornali”, disse madame Giry e gli passò la copia che aveva comprato, alzandosi dalla poltrona su cui si era seduta.        
“Bene”, si limitò a dire quello che un tempo era stato il Fantasma dell’Opèra, leggendo la notizia del matrimonio di Christine con Raoul. “Se oggi avete intenzione di uscire”, continuò, rivolto alla donna, “avrei bisogno del vostro aiuto.”                                                                                          
“Cosa devo fare?”, chiese lei, riprendendo il giornale che lui le stava porgendo.                                                       
“Far pubblicare il mio necrologio, per oggi”, rispose l’uomo. “Saranno tre semplici parole: Erik è morto.” 
“D’accordo, ci andrò subito”, disse madame Giry. Camminò fino alla porta e si girò di nuovo a guardarlo. “Posso contare sul fatto che a mia figlia Meg non succederà niente?”, gli chiese, osservandolo dritto negli occhi blu scuro.                                                                                       
“Non le farò niente di male”, rispose Erik.                                                                                                                        
Louise si limitò a fare un cenno affermativo con il capo – era tutto quello che l’uomo poteva concederle – ed uscì dalla camera.
 
Meg era in camera sua.  Aveva sentito la conversazione che si era svolta nella stanza adiacente alla sua tra sua madre e il Fantasma.                         
Era felice che sua madre si preoccupasse di lasciarla sola in casa con lui, ma Meg sentiva di non aver niente da temere … e come avrebbe potuto avere paura dopo che aveva passato una settimana ad accudirlo, mentre lui era debole, dopo quelle due settimane in cui non aveva mangiato.                 
Meg si chiedeva come fosse riuscito a sopravvivere.                                                                                                         
Quando sentì la porta principale di casa chiudersi e vide sua madre in strada che si stava allontanando, Meg andò ad aprire uno dei cassetti della sua scrivania e prese l’oggetto che tre settimane prima aveva trovato nei sotterranei dell’Opèra.                                                                               
Se la rigirò per un attimo tra le mani e poi decise che era tempo che lui la riavesse. Un paio di minuti dopo bussò alla porta della sua stanza. “Monsieur Destler, posso entrare?”, gli chiese.                                                         
“Per quale motivo vorresti farlo?”, le chiese lui di rimando.                                                                                               
“Ecco …” Meg esitò un attimo, prima di riprendere coraggio. “Ho trovato qualcosa di vostro tre settimane fa, nella Dimora sul Lago”, concluse.    
“Capisco”, lo sentì dire. “Entra pure, ragazza.”                                                                                                                   
Meg entrò e si avvicinò al letto, porgendogli la maschera con la mano destra. “Vi chiedo scusa se ve la rendo solo adesso”, disse.                         
Erik accettò le sue scuse e prese la maschera dalla sua mano. Stava quasi per rimettersela quando si voltò di nuovo verso di lei e Meg lo osservò a sua volta, non sapendo come comportarsi.                                                               
“Il mio volto ti spaventa?”, le chiese l’uomo.                                                                                                                         
“No”, rispose Meg, dopo alcuni minuti di silenzio. “Al mondo ci sono cose peggiori.”                                           
“Vero.” Erik le rivolse un sorriso e si rimise la maschera.
 
Poco tempo dopo

Raoul era seduto a tavola a fare colazione quando Christine entrò nella stanza. Quel giorno aveva indossato un abito verde e i capelli biondi erano raccolti sulla nuca, invece di essere sciolti come al solito.                            
Sulla pancia cominciavano a vedersi i primi segni della gravidanza che stava avanzando. Raoul era stato così felice quando lei glielo aveva comunicato e sperava con tutto il cuore che quel primo figlio fosse un maschio.                                                                                                    
Eppure sentiva che Christine, nonostante gli fosse accanto fisicamente, con la mente era lontana e spesso il visconte si chiedeva a cosa pensasse cosi intensamente.                                                                                         
Christine lo baciò sulla guancia, andò a sedersi di fronte di lui e si versò una tazza di tè con tre zollette di zucchero. “Quando hai finito mi passeresti il giornale?”, gli chiese.                                                                           
“Certo”, rispose Raoul e glielo porse. “Ma non c’è nessuna notizia interessante.”                                                        
“Mi limiterò a dare un’occhiata veloce”, disse lei con un sorriso, prendendo il giornale.                                                   
Lo stava già sfogliando da qualche minuto – tenendo nell’altra mano la tazza di tè e bevendo un sorso di tanto in tanto – quando Raoul la sentì sussurrare: “No, non è possibile.”                                                                       
Alzò lo sguardo e vide che Christine stava per lasciare la presa sulla tazza di tè; cercò di avvertirla, ma fu inutile e il liquido rovinò il vestito, mentre lei si portò la mano sulla pancia.                                                                
“Raoul, aiutami”, disse. “Ho bisogno di tornare a letto.”                                                                                                   
Lui la riaccompagnò nella sua stanza e dopo essersi assicurato che si fosse riaddormentata torno indietro e chiese a una delle cameriere di pulire.       
Ma cosa può avere causato quella reazione?, si chiese.                                                                                                          
Si avvicinò al tavolo e riprese il giornale, osservando a sua volta la pagina su cui Christine lo aveva lasciato aperto: i necrologi.                                
Li controllò per due volte prima di capire quale dei tanti annunci di morte avesse sconvolto sua moglie.                  
Era l’ultimo di tutti, composto soltanto da tre parole: Erik è morto.                                                                                  
Il visconte non sapeva se ridere o piangere per la nuova consapevolezza che si stava facendo strada in lui: poteva aver sposato Christine e lei legalmente sarebbe stata sua moglie per tutta la vita, ma una parte di lei – quella parte che riguardava il canto e i pensieri più nascosti della donna – sarebbe appartenuta per sempre al Fantasma dell’Opèra.                                                                                                                                           
Raoul andò nel suo studio privato e si versò il primo bicchiere di cognac della giornata.
 
Erik è morto.
No, quello che aveva letto non poteva essere vero … eppure aveva visto quelle tre parole tra i necrologi, scritte nero su bianco come qualcosa di indelebile e che non poteva essere dimenticato con tanta facilità. 
Mise per la seconda volta la mano sulla propria pancia, che stava cominciando ad arrotondarsi per la gravidanza.                                                   
È il figlio di Erik, non di Raoul. Ma nessuno dei due saprà mai la verità.                                                                    
Avrebbe portato questo segreto fino alla tomba.                                                                                                               
Certo, all’inizio – quando si era accorta di essere incinta a causa del proprio ritardo – si era sentita presa in giro dal destino: perché la vita che stava crescendo nel suo grembo doveva essere dell’uomo che l’aveva lasciata da sola?                                                                                       
Questo si era chiesta, quando provava ancora amarezza nei confronti del suo vecchio Maestro.                             
Ma quando quella sensazione era passata – svanita pian piano come neve al sole – Christine si era detta che non avrebbe mai più pensato con amarezza e rimorso alla notte che aveva passato tra le braccia di Erik. 
Abbiamo creato qualcosa di meraviglioso insieme, pensò con un sorriso. Non rimpiangerò mai più quella notte
 
                                                                                          The end
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE

Ecco il terzo e ultimo capitolo di questa three shot sul nostro Erik, dearies; mi trovo costretta ad ammettere che, con il finale che ho scritto, mi dispiace un po’ per il Visconte ( la parte che riguarda il suo attaccarsi alla bottiglia ).                                                                                                     
Ma Erik è Erik, quindi non perderò certo il sonno per quel damerino XD.  
A proposito del nostro amato Fantasma … vi è sembrato IC oppure OOC? E Christine,Meg e gli altri?           
Spero di non aver deluso le vostre aspettative XD.

Grazie a Nimuecal, Nimel17, Euridice100 e Sylphs per le bellissime recensioni che hanno lasciato ai due capitoli precedenti e per quelle che lasceranno anche a quest’ultimo capitolo.                                                   
Grazie anche ai lettori silenziosi – spero che mi lascerete anche voi una recensione per i capitoli di questa three shot.

P.S.: Ho inserito una citazione ( non dei musical ) in questo capitolo: mi chiedo quante/ quanti riusciranno a trovarla.

Jessica21 :*
 
 
  
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