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Autore: millyray    30/01/2014    2 recensioni
Per chi odia le morti ingiuste anche se eroiche dove a sopravvivere sono i malvagi, perché le eccezioni esistono, esistono sempre. Per chi ama il trionfo degli amori, gli amori veri, quelli un po' platonici e un po' terreni, a volte anche scontati. Per chi odia i misteri e i segreti che si celano dietro gli occhi di qualcuno, ma ama l'aria tormentata che essi hanno.
Be', credo che siate nel posto giusto.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TREDICI – L’AMORE CURA TUTTO

“E ci sei adesso tu
a dare un senso ai giorni miei,
va tutto bene dal momento che ci sei”.
(Adesso tu, E. Ramazzotti)

“Ianto!” esclamò Jack scrollando il compagno tra le braccia perché rimanesse sveglio. Owen si precipitò dai due e cercò subito di fare qualcosa per bloccare la fuoriuscita di sangue. Il Capitano allora lo affidò alle cure del medico e si precipitò su John; una furia lo aveva pervaso di colpo ed era sicuro che lo avrebbe ammazzato con le proprie mani.

“Bastardo!” gli gridò, afferrandolo per il bavero della giacca e facendolo sbattere violentemente contro il muro. John non nascose una smorfia di dolore quando la sua testa cozzò contro la parete e temette un trauma cranico. Non aveva mai visto Jack così arrabbiato, mai. Il suo sguardo era… faceva paura e probabilmente questa volta non ne sarebbe uscito vivo. Ma cosa gli era saltato in mente? Si era pentito del suo gesto non appena era partito il colpo della pistola.

“Jack!” urlò Gwen quando l’amico mollò un pugno in faccia alla sua vittima. Voleva fermarlo perché era sicura anche lei che lo avrebbe ucciso.

“Jack, vieni a vedere!” fece allora Owen, osservando Ianto. Soltanto allora il Capitano rivolse l’attenzione ai propri compagni. “Che succede?”
“Guarda!”

Con una spinta fece cadere John a terra e si inginocchiò di nuovo accanto a Ianto. Owen gli aveva tirato su la camicia esponendo il buco che il proiettile gli aveva provocato nello stomaco. Ma le ferite slabbrate improvvisamente avevano preso a rimarginarsi da sole e, quando la ferita si richiuse, il proiettile uscì fuori da solo, come se una bocca l’avesse sputato. Tutti erano rimasti a osservare increduli e senza parole, persino Ianto che era riuscito a non perdere conoscenza. Alla fine, tutto ciò che rimase, fu una macchia di sangue sulla camicia.

“Che diamine…” iniziò Jack, senza sapere cosa dire.

“Forse è il bambino”, sussurrò Owen guardando il Capitano dritto in volto. “Forse ha qualche potere di guarigione. O avrà ereditato il tuo”.

“Il mio? Non può essere! Non funziona così!”

John riuscì ad alzarsi, la manica premuta contro il naso sanguinante. “Quindi eri tu!” Ora gli era chiaro perché a Jack interessava tanto la sua gravidanza.

 “Torniamo al Nucleo!” disse a quel punto il Capitano senza perdere altro tempo e aiutando Ianto a rimettersi in piedi. “E tu vieni con noi”, concluse, guardando John di sbieco.

 

“Il bambino sta bene”, concluse Owen, puntando l’indice sullo schermo dell’ecografo per mostrare la piccola immagine di un bambino ancora troppo piccolo per essere chiamato bambino ma pur sempre un bambino.
Ianto tirò un sospiro di sollievo e strinse più forte la mano di Jack che gli stava accanto, in piedi. Anche lui era nettamente più sollevato. Aveva temuto il peggio, lo doveva ammettere, aveva temuto di perdere Ianto e il bambino in un colpo solo e, per quanto si ostinasse a dirsi che non gliene importava niente, quel bambino per lui era importante, invece. Era suo… suo e di Ianto.

“Certo che sta bene”, sbottò John a quel punto, seduto su una sedia e ammanettato alla ringhiera, con Gwen inginocchiata di fronte a lui che cercava di curargli il naso. “I Callaryani hanno poteri di guarigione e il bambino li ha già sviluppati. Ha protetto anche te, Occhi dolci. È per questo che non puoi nemmeno abortire”.

Sentendo quelle ultime parole, Ianto scattò a sedere. “Che cosa?!”

“Non gliel’hai detto?”

Il ragazzo spostò lo sguardo sul Capitano guardandolo intensamente per chiedergli informazioni, come fecero anche gli altri. Jack restò a boccheggiare senza sapere che dire.

“E tu come fai a saperlo?” chiese Gwen, attenuando la tensione che si era venuta a creare.

“E’ successo anche a me”.

“Sul serio? Tu sei rimasto incinto?!” la ragazza scoppiò a ridere e premette il fazzoletto sul naso ferito di John, dimentica di stare attenta a non fargli male. L’ex agente del tempo gridò per il dolore.

 

John scivolò dentro all’ufficio del Capitano, silenzioso come una piuma. Osservò la perfetta figura dell’uomo, soffermandosi sul sedere, prima di sbottare: “Mi dispiace”.
Jack, che non l’aveva affatto sentito entrare, fece quasi un balzo. Poi ritrovò il contegno e lo guardò duramente.

“Mi dispiace per aver sparato a Ianto”, ripeté, ma non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi. “Non pensavo… non pensavo fosse così importante per te”.

L’altro restò a guardarlo ma non disse nulla.

“Lo ami?” gli chiese allora John, puntando i propri occhi in quelli dell’amato. Il Capitano parve soppesare le parole da dire, ma alla fine esalò un semplice: “Sì”. 
John abbassò il capo. Gli fu difficile non lasciar trapelare sul volto le emozioni che provava in quel momento. Avrebbe voluto che non gliene importasse niente e invece non era così. Amava ancora Jack, lo amava tanto e… lui non era più disponibile, era andato avanti. E stava bene.

“Voglio che te ne vai”, pronunciò il Capitano, scandendo bene ogni parola. “Voglio che te ne vai e che non torni più. Dimenticati di me, dimenticati di Torchwood e vattene per la tua strada”.

L’altro cercò di aggiungere qualcosa, ma alla fine rimase semplicemente a bocca aperta con le parole incastrate in gola. Non c’era niente che potesse dire in realtà, non sarebbe servito a niente. Così, non gli restò altro che rassegnarsi. “D’accordo. Come vuoi, Jack”. E uscì dalla porta, come un cane con la coda tra le gambe. Una cosa era sicura però: non si sarebbe mai scordato di quell’uomo che… che gli ha fatto battere forte il cuore.

 

Quando Jack era rientrato a casa con la spesa, aveva trovato Ianto seduto sul divano a gambe incrociate, lo sguardo perso nel vuoto.
Decise di riporre prima i sacchetti sul tavolo della cucina e poi di andare da lui. Si tolse il lungo cappotto e gli si sedette accanto, ma senza dire neanche una parola. Si piegò e cominciò a baciarlo nell’incavo del collo, facendogli un po’ di solletico, al che Ianto sorrise. Poi il giovane si voltò verso l’altro che smise di baciargli il collo per occuparsi delle sue labbra. Si scambiarono un profondo e passionale bacio, quasi non si vedessero da tanto tempo.

“Che c’è che non va?” chiese il Capitano quando lasciò andare la bocca del compagno.

“Niente”, rispose Ianto un po’ troppo frettolosamente.

“Non mentire”.

Il giovane gallese alzò lo sguardo verso quello del compagno e restò a guardarlo per qualche tempo prima di sospirare: “Quindi… avremo un bambino”.
Jack annuì mestamente e in quel momento qualcosa in lui scattò; soltanto ora si rendeva conto del fatto che Ianto era veramente incinto e che di lì a nove mesi avrebbero avuto un bambino e sarebbe stato il loro bambino e l’avrebbero dovuto crescere e… tutto il resto.

“Non so se riuscirò a farcela”, concluse Ianto dando voce, con quell’unica frase, a tutte le preoccupazioni che l’avevano attanagliato in quell’ultima ora. Il Capitano assottigliò gli occhi come per chiedergli altre spiegazioni.
“Insomma, io non so come si fa a fare il padre, il mio di certo non è stato un buon esempio e…”. Si interruppe nel vedere l’altro che sorrideva intenerito. “Se ci fosse un libro di istruzioni sarebbe più facile. Ma non ci sono delle regole da seguire per essere un buon genitore”.
“Ma tu hai più esperienza di me”.
Jack si morse il labbro inferiore; certo, forse aveva più esperienza, ma nemmeno lui era stato un padre eccezionale con Alice.

“Ianto”, lo chiamò alla fine, guardandolo intensamente negli occhi azzurri. “Sono sicuro che sarai un padre fantastico, lo saremo entrambi. Ti verrà spontaneo, vedrai”.

“Ma tu lo vuoi? Eri tu che volevi che abortissi”.

Il Capitano sospirò, soppesando bene le parole da dire. “Sì. Il fatto è che non lo vedevo come un bambino, per me era qualcosa…”, non sapeva come spiegarsi, aveva paura di dire qualcosa di sbagliato e in quel momento non gli andava di litigare. 

“Pensavi che fosse un alieno?” gli corse in aiuto Ianto.

Jack sospirò. “Sì. Però ora ho la conferma che si tratta di un bambino ed è il nostro bambino e lo ameremo tanto. Solo…”.

“Solo cosa?”

“Non voglio che tu corra rischi. Io non posso rinunciare a te e prima di tutto voglio che tu stia bene”.

Quelle parole erano forse le più belle che gli avesse mai detto, pensò il giovane e quasi gli venne da piangere. Maledetti ormoni della gravidanza! Tuttavia non riuscì a trattenersi dallo stringere il Capitano in un forte abbraccio, circondandogli il collo con le braccia e poggiando la fronte contro la sua spalla. L’altro ricambiò, accarezzandogli la spina dorsale.

“Ti amo, Jack”, gli sussurrò all’orecchio con voce commossa.

“Anche io ti amo”.

 

Quando Gwen quella sera tornò a casa, pimpante e allegra, si buttò subito tra le braccia di Rhys che  stava seduto sul divano a guardare una partita di football. Lui non si aspettava quel saluto, però lo accettò più che volentieri e diede un lungo bacio alla moglie.

“Non crederai mai a ciò che è successo oggi!” esclamò la ragazza guardandolo con occhi che quasi luccicavano. L’uomo si mise subito sull’attenti, sicuro che gli avrebbe raccontato qualcosa di emozionante, come faceva sempre quando tornava dal lavoro.

“Cosa?” le chiese.

“Ianto è incinto!”

Rhys strabuzzò gli occhi e la guardò come se fosse ammattita. “Non prendermi in giro”.

“Non ti sto prendendo in giro!” esclamò Gwen sforzandosi per non scoppiare a ridere di fronte alla sua espressione. “E’ vero!”

“Come?!”

“Ti ricordi quando siamo andati in quell’orfanotrofio dove scomparivano dei bambini?”

Il marito annuì, impaziente di sentire il resto della storia.

“Ecco, un alieno lo ha morso e lui adesso è incinto”.

“Quindi è incinto di un alieno”.

“A dire il vero no. Il bambino è di Jack”.

Ok, ora non ci capiva più nulla, si trovò costretto a confessare Rhys a sé stesso. O sua moglie era ammattita sul serio oppure pesce d’aprile era arrivato un po’ prima.

“Continuo a non capire, Gwen”.

La ragazza sbuffò e si appoggiò meglio sui cuscini del divano. “L’alieno che lo ha morso ha fatto sì che il suo organismo potesse sostenere una gravidanza. Non sappiamo come abbia fatto però è successo. E ora lui aspetta un bambino, da Jack”.

“Oh”, fu l’unica cosa che riuscì a dire Rhys, mentre abbassava lo sguardo pensieroso. “Ma due uomini non possono… fare bambini”.

“Ehi! Con Torchwood niente è impossibile, dovresti averlo capito!” gli ricordò lei, dandogli un buffetto sul naso.

L’uomo, però, tutto d’un tratto si fece cupo e spostò lo sguardo verso il tappetto ai suoi piedi. Gwen se ne accorse subito e temette di aver detto qualcosa di sbagliato.

“Che c’è, tesoro?”

“Niente, è solo che…”.

“Solo che?”

“Ianto e Jack stanno per avere un bambino”.

“Sì”. La ragazza non capiva dove il marito volesse andare a parare constatando l’ovvio.

Improvvisamente Rhys alzò lo sguardo su di lei e le puntò addosso i suoi occhi scuri, scrutandola in viso con intensità. “E noi quando ne avremo uno?”

Gwen si passò la lingua sul labbro superiore, muovendo il capo su e giù ma senza sapere che dire. Era sempre quello il discorso, ormai Rhys non faceva altro che nominare la questione bambini e lei cominciava anche ad esserne un po’ stufa. Certo, lui non aveva tutti i torti, avrebbero anche dovuto parlarne, ma… il fatto era che non sapeva cosa dirgli. Anche lei voleva avere dei figli ma il suo lavoro non glielo permetteva e non poteva nemmeno mostrarsi egoista nei confronti del marito.

“Dobbiamo parlarne stasera?”

“Abbiamo già rimandato troppo”.

 

Riuscì solo a togliersi le scarpe appena entrata in casa prima di buttarsi sul divano, esausta. Toshiko tirò un sospiro e si raggomitolò, stringendosi nel suo cappotto. Faceva leggermente freddo nel suo appartamento. Be, dopotutto non ci stava tanto e di certo non accendeva molto spesso il riscaldamento.

Era stanca quella sera, particolarmente stanca. Fortuna che quel giorno non avevano avuto missioni particolari da compiere né qualche inevitabile disgrazia da affrontare. Be’, eccetto per Ianto, ma grazie al cielo era finito tutto bene.

Ianto incinto. E chi se lo sarebbe mai aspettato? Chissà come stava prendendo la cosa, non sembrava molto felice quando l’aveva scoperto. Ma sicuramente adesso era a casa sua, con Jack che gli faceva le coccole e tutte quelle altre cose che loro due facevano.
Non l’avrebbe mai confessato ad alta voce, ma li invidiava. Molto. Anche lei avrebbe tanto voluto avere qualcuno da cui tornare a casa, qualcuno che l’accogliesse a braccia aperte con la cena pronta come, ad esempio, faceva Rhys con Gwen, e qualcuno che le massaggiasse i piedi, che l’ascoltasse mentre lei si sfogava e poi la baciava e… perché non riusciva a trovare nessuno? Ah già, Torchwood portava via un sacco di tempo alla sua vita sociale. Quel lavoro era la cosa migliore ma al tempo stesso la peggiore che le fosse capitata.
O perché piuttosto non poteva essere disinvolta e insensibile come Owen, che sicuramente ora era in qualche locale a flirtare con qualche bella biondina dalle tette più grandi della testa?

Owen… era proprio una ragazza stupida. Innamorarsi di Owen… stupida, stupida Tosh. Non l’avrebbe mai ricambiata, questo era sicuro.
Eppure al cuor non si comanda. La vita sarebbe troppo semplice se così fosse.

No, doveva smettere di piangersi addosso. Lui non meritava di certo le sue lacrime e in ogni caso ciò non avrebbe portato da nessuna parte.

Si alzò in piedi piuttosto faticosamente e si tolse la giacca. Poi si preparò per farsi la doccia. L’acqua calda le avrebbe rinfrescato un po’ le idee e dopo qualche ora di sonno avrebbe iniziato a vedere le cose da un’altra prospettiva.
Sì… sì…

 

Ianto, steso sul letto sotto Jack, inarcò leggermente la schiena per chiedere di più. Il Capitano gli stava mordicchiando il capezzolo destro ed era una cosa che lo faceva impazzire. Oh, lui sapeva come stuzzicarlo, lo sapeva bene. Poi però scese fino al suo addome, lasciandogli piccoli bacetti ovunque. Infine infilò la punta della lingua nel suo ombelico, girandoci un po’ attorno e salì a leccargli il centro della pancia fino allo sterno.

Il giovane sentiva l’erezione crescere e non si sarebbe accontentato solo di quello. Sperava che Jack si sbrigasse, per quanto gli piacessero i preliminari.

Il Capitano, però, d’improvviso si fermò e poggiò il mento sulla pancia del compagno. “Jack”, lo chiamò Ianto dolcemente, ma dal suo tono traspariva una certa impazienza. “Che stai facendo?”

“Cercavo di capire”.

“Che cosa?”

“Secondo te facciamo del male al bambino se giochiamo un po’?”

Il più giovane cercò di non scoppiare a ridere. “Non penso. Il proiettile non l’ha nemmeno sfiorato per cui possiamo stare tranquilli”.

“Sì, forse hai ragione”.

Jack, allora, si tolse velocemente i pantaloni buttandoli da qualche parte per terra, e aprì le gambe del compagno preparandosi a penetrarlo.
Non appena sentì il suo sesso entrare dentro di lui, Ianto provò un certo fastidio, ma quello sarebbe stato ben compensato in seguito. Il Capitano si spinse ancora più dentro senza preoccuparsi troppo, ormai conosceva bene il corpo del fidanzato e sapeva come fare. Prese a muoversi, dapprima lentamente, poi aumentando sempre di più la velocità. Strinse le mani attorno alle cosce di Ianto, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare. L’altro, invece, muoveva il bacino seguendo il ritmo di Jack, gli occhi lucidi per il piacere. L’orgasmo era lì, gli bastava solo un altro po’.

Il sesso con Jack era fantastico, semplicemente fantastico. Jack era fantastico. Non c’era niente da fare, si sentiva completamente in sua balia, corpo e anima.

E quell’orgasmo… quell’orgasmo era uno dei migliori che avesse mai provato.

Il Capitano venne subito dopo di lui, disperdendo il seme nel suo corpo, poi gli si stese sopra, cercando di non buttargli addosso tutto il proprio peso. Poggiò la testa sul suo petto, ascoltando il ritmo un po’ accelerato del suo cuore e cullato dal ritmo del suo torace che si abbassava e si alzava nel respirare.
Ianto, invece, prese a passargli le dita tra i capelli, sentendosi felice. Per la prima volta in vita sua era veramente felice.

 

 

MILLY’S SPACE

È incredibile che io alla sera riesca a trovare tempo ed ispirazione per scrivere. Di solito lo studio mi esauriva troppo, ma adesso sto cercando di organizzarmi per bene e pare che per il momento funzioni. Speriamo ^^

Va bene, detto questo passiamo al capitolo. Non ho molto da dire, solo che è un tantino più corto degli altri, ma spero che il contenuto compensi. Ditemi voi cosa ne pensate.

Invece, per chi di voi segue anche il telefilm Sherlock, sto pubblicando una fanfiction anche lì, se vi va dateci un’occhiata. Si intitola “It’s elementary, Watson. The fact that I love you”. E fate un salto anche sulla mia pagina facebook, Milly’s Space.

Un bacione,
Milly.

P.S. secondo voi, il bambino di Jack e Ianto sarà un maschio o una femmina? Si aprono le scommesse xD

HELLOSWAG: Ianto sta bene, il bimbo sta bene e tutti sono felici e contenti. Be’, eccetto John. Ti confesso che a me invece come personaggio piace, ha una sua psicologia e profondità secondo me ed è molto simile a Jack. È la sua parte cattiva, diciamo. Be’, sono contenta che ti sia piaciuto lo scorso capitolo, fammi sapere cosa ne pensi di questo. E non ti preoccupare, sei sana, sei sana quanto lo sono io ^^

LAPI: wow, allora è un onore per me ricevere la tua recensione. Pure io recensisco molto poco, la pigrizia è sempre molto forte però mi rendo conto quanto i commenti siano importanti. Eh, va be’. Per rispondere alla tua domanda, diciamo che Jack si rende conto di quello che sta succedendo solo in un secondo momento o almeno così è nella mia storia ^^ Non ti preoccupare, più avanti vedrai che non è così insensibile. O forse no. Boh ^^ Un bacione, M.

AMAYAFOX91: eh, brava la mia detective ^^ sei quasi brava quanto Sherlock xD fatti risentire, kisssss. M.

  
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