CAPITOLO
TREDICI – L’AMORE CURA TUTTO
“E
ci sei adesso tu
a dare un senso ai giorni miei,
va tutto bene dal momento che ci sei”.
(Adesso
tu, E. Ramazzotti)
“Ianto!”
esclamò Jack scrollando il compagno tra le
braccia perché rimanesse sveglio. Owen si
precipitò dai due e cercò subito di
fare qualcosa per bloccare la fuoriuscita di sangue. Il Capitano allora
lo
affidò alle cure del medico e si precipitò su
John; una furia lo aveva pervaso
di colpo ed era sicuro che lo avrebbe ammazzato con le proprie mani.
“Bastardo!”
gli gridò, afferrandolo per il bavero
della giacca e facendolo sbattere violentemente contro il muro. John
non
nascose una smorfia di dolore quando la sua testa cozzò
contro la parete e
temette un trauma cranico. Non aveva mai visto Jack così
arrabbiato, mai. Il
suo sguardo era… faceva paura e probabilmente questa volta
non ne sarebbe
uscito vivo. Ma cosa gli era saltato in mente? Si era pentito del suo
gesto non
appena era partito il colpo della pistola.
“Jack!”
urlò Gwen quando l’amico mollò un pugno
in
faccia alla sua vittima. Voleva fermarlo perché era sicura
anche lei che lo
avrebbe ucciso.
“Jack,
vieni a vedere!” fece allora Owen, osservando
Ianto. Soltanto allora il Capitano rivolse l’attenzione ai
propri compagni.
“Che succede?”
“Guarda!”
Con
una spinta fece cadere John a terra e si
inginocchiò di nuovo accanto a Ianto. Owen gli aveva tirato
su la camicia
esponendo il buco che il proiettile gli aveva provocato nello stomaco.
Ma le
ferite slabbrate improvvisamente avevano preso a rimarginarsi da sole
e, quando
la ferita si richiuse, il proiettile uscì fuori da solo,
come se una bocca
l’avesse sputato. Tutti erano rimasti a osservare increduli e
senza parole,
persino Ianto che era riuscito a non perdere conoscenza. Alla fine,
tutto ciò
che rimase, fu una macchia di sangue sulla camicia.
“Che
diamine…” iniziò Jack, senza sapere
cosa dire.
“Forse
è il bambino”, sussurrò Owen guardando
il
Capitano dritto in volto. “Forse ha qualche potere di
guarigione. O avrà
ereditato il tuo”.
“Il
mio? Non può essere! Non funziona
così!”
John
riuscì ad alzarsi, la manica premuta contro il
naso sanguinante. “Quindi eri tu!” Ora gli era
chiaro perché a Jack interessava
tanto la sua gravidanza.
“Torniamo al
Nucleo!” disse a quel punto il Capitano senza perdere altro
tempo e aiutando
Ianto a rimettersi in piedi. “E tu vieni con noi”,
concluse, guardando John di
sbieco.
“Il
bambino sta bene”, concluse Owen, puntando
l’indice sullo schermo dell’ecografo per mostrare
la piccola immagine di un
bambino ancora troppo piccolo per essere chiamato bambino ma pur sempre
un
bambino.
Ianto tirò un sospiro di sollievo e strinse più
forte la mano di Jack che gli
stava accanto, in piedi. Anche lui era nettamente più
sollevato. Aveva temuto
il peggio, lo doveva ammettere, aveva temuto di perdere Ianto e il
bambino in
un colpo solo e, per quanto si ostinasse a dirsi che non gliene
importava
niente, quel bambino per lui era importante, invece. Era
suo… suo e di Ianto.
“Certo
che sta bene”, sbottò John a quel punto,
seduto su una sedia e ammanettato alla ringhiera, con Gwen
inginocchiata di
fronte a lui che cercava di curargli il naso. “I Callaryani
hanno poteri di
guarigione e il bambino li ha già sviluppati. Ha protetto
anche te, Occhi dolci.
È per questo che non puoi nemmeno abortire”.
Sentendo
quelle ultime parole, Ianto scattò a
sedere. “Che cosa?!”
“Non
gliel’hai detto?”
Il
ragazzo spostò lo sguardo sul Capitano
guardandolo intensamente per chiedergli informazioni, come fecero anche
gli
altri. Jack restò a boccheggiare senza sapere che dire.
“E
tu come fai a saperlo?” chiese Gwen, attenuando
la tensione che si era venuta a creare.
“E’
successo anche a me”.
“Sul
serio? Tu sei rimasto incinto?!” la ragazza
scoppiò a ridere e premette il fazzoletto sul naso ferito di
John, dimentica di
stare attenta a non fargli male. L’ex agente del tempo
gridò per il dolore.
John
scivolò dentro all’ufficio del Capitano,
silenzioso come una piuma. Osservò la perfetta figura
dell’uomo, soffermandosi
sul sedere, prima di sbottare: “Mi dispiace”.
Jack, che non l’aveva affatto sentito entrare, fece quasi un
balzo. Poi ritrovò
il contegno e lo guardò duramente.
“Mi
dispiace per aver sparato a Ianto”, ripeté, ma
non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi. “Non
pensavo… non pensavo fosse
così importante per te”.
L’altro
restò a guardarlo ma non disse nulla.
“Lo
ami?” gli chiese allora John, puntando i propri
occhi in quelli dell’amato. Il Capitano parve soppesare le
parole da dire, ma
alla fine esalò un semplice:
“Sì”.
John abbassò il capo. Gli fu difficile non lasciar trapelare
sul volto le
emozioni che provava in quel momento. Avrebbe voluto che non gliene
importasse
niente e invece non era così. Amava ancora Jack, lo amava
tanto e… lui non era
più disponibile, era andato avanti. E stava bene.
“Voglio
che te ne vai”, pronunciò il Capitano,
scandendo bene ogni parola. “Voglio che te ne vai e che non
torni più.
Dimenticati di me, dimenticati di Torchwood e vattene per la tua
strada”.
L’altro
cercò di aggiungere qualcosa, ma alla fine
rimase semplicemente a bocca aperta con le parole incastrate in gola.
Non c’era
niente che potesse dire in realtà, non sarebbe servito a
niente. Così, non gli
restò altro che rassegnarsi. “D’accordo.
Come vuoi, Jack”. E uscì dalla porta,
come un cane con la coda tra le gambe. Una cosa era sicura
però: non si sarebbe
mai scordato di quell’uomo che… che gli ha fatto
battere forte il cuore.
Quando
Jack era rientrato a casa con la spesa, aveva
trovato Ianto seduto sul divano a gambe incrociate, lo sguardo perso
nel vuoto.
Decise di riporre prima i sacchetti sul tavolo della cucina e poi di
andare da
lui. Si tolse il lungo cappotto e gli si sedette accanto, ma senza dire
neanche
una parola. Si piegò e cominciò a baciarlo
nell’incavo del collo, facendogli un
po’ di solletico, al che Ianto sorrise. Poi il giovane si
voltò verso l’altro
che smise di baciargli il collo per occuparsi delle sue labbra. Si
scambiarono un
profondo e passionale bacio, quasi non si vedessero da tanto tempo.
“Che
c’è che non va?” chiese il Capitano
quando
lasciò andare la bocca del compagno.
“Niente”,
rispose Ianto un po’ troppo
frettolosamente.
“Non
mentire”.
Il
giovane gallese alzò lo sguardo verso quello del
compagno e restò a guardarlo per qualche tempo prima di
sospirare: “Quindi…
avremo un bambino”.
Jack annuì mestamente e in quel momento qualcosa in lui
scattò; soltanto ora si
rendeva conto del fatto che Ianto era veramente incinto e che di
lì a nove mesi
avrebbero avuto un bambino e sarebbe stato il loro bambino e
l’avrebbero dovuto
crescere e… tutto il resto.
“Non
so se riuscirò a farcela”, concluse Ianto dando
voce, con quell’unica frase, a tutte le preoccupazioni che
l’avevano
attanagliato in quell’ultima ora. Il Capitano
assottigliò gli occhi come per
chiedergli altre spiegazioni.
“Insomma, io non so come si fa a fare il padre, il mio di
certo non è stato un
buon esempio e…”. Si interruppe nel vedere
l’altro che sorrideva intenerito.
“Se ci fosse un libro di istruzioni sarebbe più
facile. Ma non ci sono delle
regole da seguire per essere un buon genitore”.
“Ma tu hai più esperienza di me”.
Jack si morse il labbro inferiore; certo, forse aveva più
esperienza, ma
nemmeno lui era stato un padre eccezionale con Alice.
“Ianto”,
lo chiamò alla fine, guardandolo
intensamente negli occhi azzurri. “Sono sicuro che sarai un
padre fantastico,
lo saremo entrambi. Ti verrà spontaneo, vedrai”.
“Ma
tu lo vuoi? Eri tu che volevi che abortissi”.
Il
Capitano sospirò, soppesando bene le parole da
dire. “Sì. Il fatto è che non lo vedevo
come un bambino, per me era qualcosa…”,
non sapeva come spiegarsi, aveva paura di dire qualcosa di sbagliato e
in quel
momento non gli andava di litigare.
“Pensavi
che fosse un alieno?” gli corse in aiuto
Ianto.
Jack
sospirò. “Sì. Però ora ho la
conferma che si
tratta di un bambino ed è il nostro bambino e lo ameremo
tanto. Solo…”.
“Solo
cosa?”
“Non
voglio che tu corra rischi. Io non posso
rinunciare a te e prima di tutto voglio che tu stia bene”.
Quelle
parole erano forse le più belle che gli
avesse mai detto, pensò il giovane e quasi gli venne da
piangere. Maledetti ormoni
della gravidanza! Tuttavia non riuscì a trattenersi dallo
stringere il Capitano
in un forte abbraccio, circondandogli il collo con le braccia e
poggiando la
fronte contro la sua spalla. L’altro ricambiò,
accarezzandogli la spina
dorsale.
“Ti
amo, Jack”, gli sussurrò all’orecchio
con voce
commossa.
“Anche
io ti amo”.
Quando
Gwen quella sera tornò a casa, pimpante e
allegra, si buttò subito tra le braccia di Rhys che stava seduto sul divano a
guardare una partita
di football. Lui non si aspettava quel saluto, però lo
accettò più che
volentieri e diede un lungo bacio alla moglie.
“Non
crederai mai a ciò che è successo
oggi!”
esclamò la ragazza guardandolo con occhi che quasi
luccicavano. L’uomo si mise
subito sull’attenti, sicuro che gli avrebbe raccontato
qualcosa di emozionante,
come faceva sempre quando tornava dal lavoro.
“Cosa?”
le chiese.
“Ianto
è incinto!”
Rhys
strabuzzò gli occhi e la guardò come se fosse
ammattita. “Non prendermi in giro”.
“Non
ti sto prendendo in giro!” esclamò Gwen
sforzandosi per non scoppiare a ridere di fronte alla sua espressione.
“E’
vero!”
“Come?!”
“Ti
ricordi quando siamo andati in quell’orfanotrofio
dove scomparivano dei bambini?”
Il
marito annuì, impaziente di sentire il resto
della storia.
“Ecco,
un alieno lo ha morso e lui adesso è incinto”.
“Quindi
è incinto di un alieno”.
“A
dire il vero no. Il bambino è di Jack”.
Ok,
ora non ci capiva più nulla, si trovò costretto
a confessare Rhys a sé stesso. O sua moglie era ammattita
sul serio oppure
pesce d’aprile era arrivato un po’ prima.
“Continuo
a non capire, Gwen”.
La
ragazza sbuffò e si appoggiò meglio sui cuscini
del divano. “L’alieno che lo ha morso ha fatto
sì che il suo organismo potesse
sostenere una gravidanza. Non sappiamo come abbia fatto però
è successo. E ora
lui aspetta un bambino, da Jack”.
“Oh”,
fu l’unica cosa che riuscì a dire Rhys, mentre
abbassava lo sguardo pensieroso. “Ma due uomini non
possono… fare bambini”.
“Ehi!
Con Torchwood niente è impossibile, dovresti
averlo capito!” gli ricordò lei, dandogli un
buffetto sul naso.
L’uomo,
però, tutto d’un tratto si fece cupo e
spostò lo sguardo verso il tappetto ai suoi piedi. Gwen se
ne accorse subito e
temette di aver detto qualcosa di sbagliato.
“Che
c’è, tesoro?”
“Niente,
è solo che…”.
“Solo
che?”
“Ianto
e Jack stanno per avere un bambino”.
“Sì”.
La ragazza non capiva dove il marito volesse
andare a parare constatando l’ovvio.
Improvvisamente
Rhys alzò lo sguardo su di lei e le
puntò addosso i suoi occhi scuri, scrutandola in viso con
intensità. “E noi
quando ne avremo uno?”
Gwen
si passò la lingua sul labbro superiore,
muovendo il capo su e giù ma senza sapere che dire. Era
sempre quello il
discorso, ormai Rhys non faceva altro che nominare la questione bambini
e lei
cominciava anche ad esserne un po’ stufa. Certo, lui non
aveva tutti i torti,
avrebbero anche dovuto parlarne, ma… il fatto era che non
sapeva cosa dirgli. Anche
lei voleva avere dei figli ma il suo lavoro non glielo permetteva e non
poteva
nemmeno mostrarsi egoista nei confronti del marito.
“Dobbiamo
parlarne stasera?”
“Abbiamo
già rimandato troppo”.
Riuscì
solo a togliersi le scarpe appena entrata in
casa prima di buttarsi sul divano, esausta. Toshiko tirò un
sospiro e si
raggomitolò, stringendosi nel suo cappotto. Faceva
leggermente freddo nel suo
appartamento. Be, dopotutto non ci stava tanto e di certo non accendeva
molto
spesso il riscaldamento.
Era
stanca quella sera, particolarmente stanca. Fortuna
che quel giorno non avevano avuto missioni particolari da compiere
né qualche
inevitabile disgrazia da affrontare. Be’, eccetto per Ianto,
ma grazie al cielo
era finito tutto bene.
Ianto
incinto. E chi se lo sarebbe mai aspettato? Chissà
come stava prendendo la cosa, non sembrava molto felice quando
l’aveva
scoperto. Ma sicuramente adesso era a casa sua, con Jack che gli faceva
le
coccole e tutte quelle altre cose che loro due facevano.
Non l’avrebbe mai confessato ad alta voce, ma li invidiava.
Molto. Anche lei
avrebbe tanto voluto avere qualcuno da cui tornare a casa, qualcuno che
l’accogliesse
a braccia aperte con la cena pronta come, ad esempio, faceva Rhys con
Gwen, e
qualcuno che le massaggiasse i piedi, che l’ascoltasse mentre
lei si sfogava e
poi la baciava e… perché non riusciva a trovare
nessuno? Ah già, Torchwood
portava via un sacco di tempo alla sua vita sociale. Quel lavoro era la
cosa
migliore ma al tempo stesso la peggiore che le fosse capitata.
O perché piuttosto non poteva essere disinvolta e
insensibile come Owen, che
sicuramente ora era in qualche locale a flirtare con qualche bella
biondina
dalle tette più grandi della testa?
Owen…
era proprio una ragazza stupida. Innamorarsi di
Owen… stupida, stupida Tosh. Non l’avrebbe mai
ricambiata, questo era sicuro.
Eppure al cuor non si comanda. La vita sarebbe troppo semplice se
così fosse.
No,
doveva smettere di piangersi addosso. Lui non
meritava di certo le sue lacrime e in ogni caso ciò non
avrebbe portato da
nessuna parte.
Si
alzò in piedi piuttosto faticosamente e si tolse
la giacca. Poi si preparò per farsi la doccia.
L’acqua calda le avrebbe
rinfrescato un po’ le idee e dopo qualche ora di sonno
avrebbe iniziato a
vedere le cose da un’altra prospettiva.
Sì… sì…
Ianto,
steso sul letto sotto Jack, inarcò
leggermente la schiena per chiedere di più. Il Capitano gli
stava mordicchiando
il capezzolo destro ed era una cosa che lo faceva impazzire. Oh, lui
sapeva
come stuzzicarlo, lo sapeva bene. Poi però scese fino al suo
addome, lasciandogli
piccoli bacetti ovunque. Infine infilò la punta della lingua
nel suo ombelico,
girandoci un po’ attorno e salì a leccargli il
centro della pancia fino allo
sterno.
Il
giovane sentiva l’erezione crescere e non si
sarebbe accontentato solo di quello. Sperava che Jack si sbrigasse, per
quanto
gli piacessero i preliminari.
Il
Capitano, però, d’improvviso si fermò e
poggiò il
mento sulla pancia del compagno. “Jack”, lo
chiamò Ianto dolcemente, ma dal suo
tono traspariva una certa impazienza. “Che stai
facendo?”
“Cercavo
di capire”.
“Che
cosa?”
“Secondo
te facciamo del male al bambino se
giochiamo un po’?”
Il
più giovane cercò di non scoppiare a ridere.
“Non
penso. Il proiettile non l’ha nemmeno sfiorato per cui
possiamo stare
tranquilli”.
“Sì,
forse hai ragione”.
Jack,
allora, si tolse velocemente i pantaloni
buttandoli da qualche parte per terra, e aprì le gambe del
compagno
preparandosi a penetrarlo.
Non appena sentì il suo sesso entrare dentro di lui, Ianto
provò un certo
fastidio, ma quello sarebbe stato ben compensato in seguito. Il
Capitano si
spinse ancora più dentro senza preoccuparsi troppo, ormai
conosceva bene il
corpo del fidanzato e sapeva come fare. Prese a muoversi, dapprima
lentamente,
poi aumentando sempre di più la velocità. Strinse
le mani attorno alle cosce di
Ianto, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare. L’altro,
invece, muoveva il
bacino seguendo il ritmo di Jack, gli occhi lucidi per il piacere.
L’orgasmo
era lì, gli bastava solo un altro po’.
Il
sesso con Jack era fantastico, semplicemente
fantastico. Jack era fantastico. Non c’era niente da fare, si
sentiva
completamente in sua balia, corpo e anima.
E
quell’orgasmo… quell’orgasmo era uno dei
migliori
che avesse mai provato.
Il
Capitano venne
subito dopo di lui, disperdendo il seme nel suo corpo, poi gli si stese
sopra,
cercando di non buttargli addosso tutto il proprio peso.
Poggiò la testa sul
suo petto, ascoltando il ritmo un po’ accelerato del suo
cuore e cullato dal
ritmo del suo torace che si abbassava e si alzava nel respirare.
Ianto, invece, prese a passargli le dita tra i capelli, sentendosi
felice. Per la
prima volta in vita sua era veramente felice.
MILLY’S
SPACE
È
incredibile che io alla sera riesca a trovare tempo ed
ispirazione per scrivere. Di solito lo studio mi esauriva troppo, ma
adesso sto
cercando di organizzarmi per bene e pare che per il momento funzioni.
Speriamo ^^
Va
bene, detto questo passiamo al capitolo. Non ho molto
da dire, solo che è un tantino più corto degli
altri, ma spero che il contenuto
compensi. Ditemi voi cosa ne pensate.
Invece,
per chi di voi segue anche il telefilm Sherlock,
sto pubblicando una fanfiction
anche lì, se vi va dateci un’occhiata. Si intitola “It’s
elementary, Watson. The fact that I
love you”. E
fate un salto anche sulla mia pagina facebook, Milly’s
Space.
Un
bacione,
Milly.
P.S.
secondo voi, il bambino di Jack e Ianto sarà un
maschio o una femmina? Si aprono le scommesse xD
HELLOSWAG:
Ianto sta bene, il bimbo sta bene e tutti sono felici e contenti.
Be’, eccetto
John. Ti confesso che a me invece come personaggio piace, ha una sua
psicologia
e profondità secondo me ed è molto simile a Jack.
È la sua parte cattiva,
diciamo. Be’, sono contenta che ti sia piaciuto lo scorso
capitolo, fammi
sapere cosa ne pensi di questo. E non ti preoccupare, sei sana, sei
sana quanto
lo sono io ^^
LAPI:
wow, allora è un onore per me ricevere la tua recensione.
Pure io recensisco
molto poco, la pigrizia è sempre molto forte però
mi rendo conto quanto i
commenti siano importanti. Eh, va be’. Per rispondere alla
tua domanda, diciamo
che Jack si rende conto di quello che sta succedendo solo in un secondo
momento
o almeno così è nella mia storia ^^ Non ti
preoccupare, più avanti vedrai che
non è così insensibile. O forse no. Boh ^^ Un
bacione, M.
AMAYAFOX91:
eh, brava la mia detective ^^ sei quasi brava quanto Sherlock xD fatti
risentire, kisssss. M.