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Autore: moonguardian    03/02/2014    6 recensioni
Che genere di rapporto abbiamo con la morte?
Si può facilmente capire attraversando le porte di un semplice cimitero.
Oltre la soglia di pietra o ferro che tutti, prima o poi, dovremo attraversare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AVVISO: I fatti e i personaggi non sono esistiti o esistenti. Questa storia non ha alcun fine di lucro. Qualsiasi riferimento a luoghi, fatti o persone esistenti o realmente esistiti è puramente casuale.


Salve a tutti, 
Intanto vi ringrazio per aver aperto questa piccola OS di sole mille parole.
Non voglio perdere molto tempo con le note, lascerò parlare solo il mio testo.

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I Sussurri di un Cimitero



C'è qualcosa di profondamente giusto e sbagliato insieme ad entrare in un cimitero.
Giusto perché, in qualche modo, resti vicino a chi non c'è più.
Sbagliato per come duole il cuore al pensiero di essere rimasti soli in questa valle di lacrime.
Varcare quei cancelli è come riaprire il vaso dei ricordi: oltre il velo degli anni passati, oltre le lacrime versate e nascoste.
Se le statue all'ingresso potessero parlare, cosa direbbero?
Alcune persone verrebbero salutate come vecchie amiche, viste le volte che hanno attraversato la soglia che custodiscono.
Sarebbe un saluto triste e felice insieme: chiedersi quando sarà l'ultimo e gioire perché esso non è ancora arrivato.
C'è chi va spesso per cercare conforto, chi ispirazione, chi solo per mantenere vivo un ricordo.
A coloro che pensano a parole come "Necrofilia" o "Culto dei Morti" quelle mura possono incutere molta paura ma, in fondo, si tratta solo di pietre e fiori che proteggono l'ultimo sonno degli avi.
Ci sono individui che evitano questi luoghi per non soffrire, preferendo pensare ai loro cari ancora in vita, ma non si rendono conto che il loro dimenticare chi non c'è più rende solo più profondi il dolore ed il senso di abbandono.
Quanto è triste vedere una tomba spoglia?
Viene da chiedersi se quella famiglia si sia estinta o se, più comunemente, i suoi eredi l'abbiano dimenticata insieme a coloro che vi riposano.
In un cimitero sono le prime tombe, quelle appena oltre la soglia, ad essere le meglio tenute: spesso sono molto semplici proprio per la loro posizione di passaggio ma, in verità, sono le più custodite.
Può sembrare un gesto da poco, quando ci si passa, parcheggiare la macchina e andare per un secondo a trovare i propri cari poco oltre l'ingresso, ma già questo li mantiene vivi nel cuore.
È quando si oltrepassano queste prime lapidi, entrando nella parte più profonda, che inizia a perdersi tutto.
Qui si inizia a trovare le prime tombe "splendide" ed "altisonanti" nella magnificenza dei marmi pregiati o delle loro sculture di angeli o donne piangenti, ma spesso (anche se non sempre) è tutta scena per nascondere l'ipocrisia.
Grandi lavori commissionati per nascondere il proprio disprezzo per la morte o, quasi peggio, per usare i morti allo scopo di far colpo sui vivi.
Poi giacciono lì, dimenticate a favore di affari, lavoro, cene, divertimenti e patetici "Non ho avuto tempo."
Molto più sincera e commovente è l'opera di quella vecchina che, ritagliandosi un pezzetto di giornata tra commissioni e nipotini da accudire, va a trovare il padre, il fratello morto in guerra, il marito che ha tanto amato...
È fortunata: molti suoi coetanei sono purtroppo soli, vivono in un mondo fatto di lapidi, una per ogni persona che se ne è andata.
Ai giovani spesso sfugge la profonda solitudine di queste persone i cui amici e parenti sono già caduti nel sonno eterno.
Alcune hanno ancora figli e nipoti che le dimenticano in qualche ospizio o, peggio che peggio, le lasciano completamente sole ricordandosi una volta a settimana di verificare che la mamma sia viva.
Tuttavia esistono anche le più fortunate che, con pazienza, riescono ad insegnare ai loro cari l'importanza del ricordare chi non c'è più e del rinnovare questi ricordi.
È la tenerezza di un gesto, l'innocenza di un bambino che posa un fiore sulla tomba della nonna.
O ancora quello stesso bambino che, vedendo una lapide senza alcun fiore vicino a quella dei suoi cari, chiede scusa a questi ultimi e ne prende uno dal mazzo che ha portato per loro e lo dedica a quelle anime dimenticate.
Sono questi i gesti che, se potessero, farebbero piangere di felicità le figure angeliche poste a guardia delle tombe.
 
L'atteggiamento di chi entra in un cimitero dice molte cose:
Chi ci va e ha un'espressione malinconica, triste e felice assieme, ricordando i giorni passati e custodendo ogni attimo, ogni insegnamento, nel suo cuore, è colui che apprezza di più questo incontro.
Probabilmente questa persona tiene nella sua casa il vecchio cassettone che stava in camera della nonna e sorride nostalgico quando lo osserva prestandoci attenzione.
Forse nel cassetto, sul fondo, ha ancora un fazzoletto liso e magari anche bucato che, ogni tanto, si porta al viso ritrovando il profumo della sua infanzia... di corse nel giardino  con quel vecchio cane con cui giocava tra le piante di ribes piantate dal nonno.
Dall'altro lato troviamo uomini e donne per cui rivivere il passato è nient'altro che un dolore perché patiscono l'abbandono più degli altri.
Questi si chiedono il motivo per cui una persona debba crescere con un sostegno, contandoci, salvo poi perderlo e rimanere da sola, abbandonata in un mondo ostile in cui "Homo homini lupus".
Per questi individui la morte è un male, un'agonia.
Il loro ragionamento è egoistico perché non gli importa realmente e fino in fondo di chi li circonda ma li vedono come un mezzo per non star male loro stessi.
Questo li porta a vivere una parte: forse solo una volta all'anno ai primi di Novembre, portano gigantesche composizioni fiorite, quasi correndo per far prima ed uscire in fretta dai corridoi del cimitero, che nei loro animi servono ad esorcizzare la colpa di non curarsi di più di quella tomba.
Quei fiori, se possedessero il dono della parola, sussurrerebbero: "Altro non siamo che che simboli di materialità e non di affetto."
Loro, le statue, il legno delle bare, la cenere dei cremati, le ossa dei defunti... stanno su una terra bagnata dal sale delle lacrime, ma non si pensi che esse siano solo di semplice tristezza: ognuna delle piccole gocce versate racchiude i ricordi di una vita, di un contatto, di un'emozione che, lo auguro a tutti, rimarrà viva nel cuore e nella parole di chi li ha provati e dei discendenti delle anime che riposano tra quelle mura di pietra.
"Cenere alla cenere, polvere alla polvere,
Polvere eravamo e polvere ritorneremo,
ma che il ricordo viva in noi e che nessuno,
vivo o morto, passato o presente, sia dimenticato."
 
 

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So che è qualcosa di molto diverso dai miei soliti lavori divertenti e/o romantici, diciamo una specie di riflessione.
Ho provato a seguire il consiglio di un'amica e scrivere per liberare una piccola parte di me che di solito escludo ma che mi fa rimanere in pace con me stesso.
Grazie mille a quanti avranno la pazienza di seguire il consiglio più in basso ↓↓↓↓↓↓↓↓↓↓↓↓↓
 

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