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Autore: Kirara_Kiwisa    08/02/2014    2 recensioni
Volume 2. Seguito di: "Victoria's Memories. Il Regno dei Demoni".
Victoria e Nolan si allontanano prendendo due strade diverse, la protagonista vorrebbe dimenticarlo ma il marchio che il demone le ha imposto le impedisce di essere realmente libera. Pur essendo legata a lui, tenta almeno di affezionarsi sentimentalmente ad una nuova persona. Ma l'amore non può durare quando appartieni al prossimo Re dei Demoni...
"Mi rivoltai verso la persona che mi aveva afferrata, verso Elehandro. Gli saltai addosso, iniziando a combattere e a rotolarmi sotto la pioggia con un vampiro che presentava un buco nel petto.
Nonostante le ferite, alle fine fu lui che riuscì ad atterrarmi. Mi bloccò a terra, sedendosi sopra di me stringendomi forte i polsi [...] Il sangue che perdeva dal petto mi gocciolava addosso, macchiandomi. Qualche goccia mi cadde sulle labbra. Lo assaggiai, anche se non necessitavo di possederlo. Il suo sangue mi stava già crescendo dentro. "
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Victoria's Memories'
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 Mi svegliai a letto, nel mio letto. La luce dell’alba penetrava dall’oblò, irradiando il soffitto.
Capì allora che fosse giorno, che fossimo già salpati. Sospirai, ringraziando almeno di non rinvenire per l’ennesima volta in infermeria. Mi faceva male la testa. Tentai di portarmi una mano sulla nuca ma mi accorsi di essere bloccata. Con terrore fissai entrambi i polsi. Così come le caviglie, erano incatenati alle sbarre del letto.
- No-
Gridai.
- No!-
Ripetei.
Diedi degli strattoni molto forti alle catene, cercando di spezzarle e di liberarmi. Compresi che fosse totalmente inutile. Provai a fondere l’acciaio, con il mio calore. Non era certo la prima volta che lo facevo, eppure non funzionò. Avevano preso ogni precauzione. Ero in trappola in quella prigione d’oro galleggiante.
- Si può sapere cosa hai fatto?-
Domandò il polveriere, comparendo dal bagno. Il mio bagno, che lui aveva appena utilizzato.
Gettò l’asciugamano che stava utilizzando per le mani, avvicinandosi al letto.
- Lucyndra sta andando avanti e indietro per la nave vantandosi che ha salvato il Capitano da te-
Mi bloccai, smettendo di tentare la fuga. Fissai i suoi occhi, stanchi, stanchi di dovermi sempre venire a fare la predica.
- E’ vero-
Confermai.
- Se non mi avesse colpito, lo avrei ucciso-
- Ma perché?-
Domandò l’anziano, non riuscendo a capire. Si sedette di fianco a me, fissandomi sempre con quello sguardo sconcertato. Come se davanti avesse una persona del tutto diversa.
- Perché mi bloccava la strada-
Spiegai, con tutta calma e sincerità.
Barbas continuò a fissarmi, ad occhi sbarrati.
- Volevi andare da qualche parte?-
Sbuffai.
- Guarda le catene. Non è perché mi ritengono pericolosa, sai?-
L’uomo fece una smorfia.
- Va bene, forse un po’ anche per quello. Ma la verità è che voglio andarmene-
Stette in silenzio per un attimo, prendendo solo allora la fiaschetta dai pantaloni.
- E tutti i discorsi di ieri?-
Feci spallucce, dichiarando che forse Lucyndra non fosse tanto importante. Non tanto da precludere la mia libertà. Se fossi riuscita a fuggire, non sarei più stata consegnata a Nolan.
Il demone incrociò le gambe, sorridendo appena.
- Allora il problema è il tuo fidanzato-
- Lui non è il mio fidanzato-
Ringhiai, dando uno strattone alle catene. Se fossi stata libera, lo avrei strozzato.
- E non è lui il problema. Siete voi, che mi tenete qui contro la mia volontà-
L’uomo sospirò, avvicinandosi pacatamente al mio letto. Con tutta calma estrasse qualcosa dalla tasca, qualcosa che non appena avvicinò alle catene si trasformò in una chiave. In prossimità della chiave, un lucchetto si rivelò e Barbas lo schiuse. Rimasi qualche istante immobile, fissando i suoi occhi con sospetto. Cautamente mi posi a sedere sul materasso, massaggiandomi i polsi.
- Perché lo hai fatto?-
Il polveriere tornò a sedere con la sua fiasca di rum fra le mani, alzando le spalle.
- Siamo in mare aperto-
Ricordò.
- Se non possiedi un gran paio di ali, credo sia difficile per te andartene-
Mi alzai, raggirando con attenzione la sua figura seduta sulla piccola sedia in legno. Dapprima sbirciai dall’oblò, constatando che effettivamente eravamo ormai ben lontani dalla costa. Successivamente aprì l’armadio, cercando qualcosa di meglio da indossare che gli abiti insanguinati della notte prima.
Mi nascosi fra le ante del vecchio armadio e mi cambiai, in completo silenzio con Barbas a poco più di un metro da me. Ebbi un sussulto, quando notai che non riuscivo ad abbottonare i pantaloni.
Evidentemente stavo mangiando troppo.
- Devo andare in sartoria-
Svelai, uscendo sconfitta dal guardaroba con indosso l’unica uniforme da pirata che ancora mi entrava.
- Ti accompagno-
Sbottò il demone alzandosi in piedi. Mi bloccai, facendo un passo indietro.
- Perché?-
- Ti ho liberato. Adesso non posso perderti di vista-
- Hai detto che scappare sarebbe impossibile-
L’uomo anziano sorrise.
- Anche tu sei impossibile ragazzina, eppure sei davanti a me-
Non so perché, sorrisi anch’io. Sorpassandolo per raggiungere la porta decisi di fargli un’ultima confidenza.
- Ah Barbas, io ho un gran bel paio di ali. Solo che non so usarle-
 
A metà strada per la sartoria mi bloccai, colpita nuovamente dalla nausea. Appoggiai le spalle al muro, chiudendo gli occhi e aspettando che si attenuasse.
- Stai bene?-
Domandò il demone, avvicinandosi. Scossi leggermente il capo, avvisandolo di rimanere lontano.
Forse avrei potuto vomitargli addosso.
Attesi per un tempo che parve lunghissimo ma stavo sempre peggio, così mi accucciai al suolo. Stetti in posizione fetale con le mani sulla testa, quasi come se volessi impedirle di girare.
Purtroppo non obbedì e Barbas fu costretto a chiamare aiuto, preoccupato.
Rimasi da sola, terribilmente imbarazzata, desiderosa di nascondermi in un buco e non uscirne più.
Ovviamente, il primo ad arrivare fu Hunter. Non alzai lo sguardo verso di lui, non gli dissi niente.
Stavo troppo male ed ero troppo nervosa. Mentre lui parlava e mi chiedeva qualcosa, io nascondevo il volto nelle ginocchia, pregando di non ucciderlo.
- Victoria-
Insistette il ragazzo, accarezzando la testa che mi esplodeva. Mi costrinse a fissarlo.
Sobbalzò, quando i miei occhi lo fulminarono in pieno.
- Allontanati-
Avvisai, con l’ultimo sprazzo di lucidità che mi era rimasta.
- O portami quella fata-
Hunter si alzò, allontanandosi con cautela da me. Come si fa davanti ad un animale ferito e pericoloso, arretrò con passo leggero e quasi senza respirare.
- Che facciamo?-
Sussurrò al compagno più anziano.
- Chiama il Capitano-
- No-
Sbottai, almeno di quello essendone completamente sicura.
- Non voglio vederlo-
- Il dottore allora-
Suggerì Barbas, con ottimismo e tuttavia con timore nei miei confronti.
- Il dottore…dovrebbe andare bene-
Decretai, facendo tirare un sospiro di sollievo ad entrambi.
 
Molto lentamente e nell’arco di numerose minacce durante la strada, raggiungemmo l’infermeria.
In quel lungo percorso, tutti fecero ormai in tempo a sapere che stavo male, anche il comandante. Non si fece vivo, forse informato del mio cattivo umore. Udii comunque che approvò la scelta del medico e la raccomandò, preoccupato del colpo che avevo ricevuto alla testa. Quasi mi avventai contro il messaggero di tale notizia, innervosita da quelle parole. Sembrava che avessi bisogno del consenso di Hyner per andare in infermeria e che lui fosse preoccupato per la mia testa, quando in realtà l’unica a cui si interessava era la sua.
Purtroppo non mi fu permesso di sfogarmi su nessuno e così raggiunsi il medico, ancora più stressata e dolorante. Ma fu ciò che trovai oltre la porta a rendermi maggiormente furiosa.
Ero troppo sfortunata, su questo ero certa.
Sia io che il nuovo medico della Gold Sea rimanemmo pietrificati per qualche istante. La prima a sbloccarmi fui io, raggiungendo il letto sbuffando. Mi posi entrambe le mani sugli occhi, in silenzio mentre ancora Hunter e Barbas mi fissavano.
- Che succede?-
Domandò il ragazzino non capendo.
Scossi il capo, non volendo neanche sapere come il dottore che avevo quasi ucciso e la sua laurea incorniciata fossero finiti a bordo. Stetti semplicemente immobile, tentando di respirare e calmare la rabbia che provavo. Avrei potuto uccidere tutti in un colpo solo in quell’istante.
- Voi due vi conoscete?-
Alla domanda di Barbas, il medico trasalì.
- Ho avuto il piacere…l’altra notte-
Svelò, borbottando non ancora ripreso dalla sorpresa.
- Quando l’ho visitata nel mio studio sulla terra ferma e lei ha cercato…-
Si bloccò, facendomi venire ancora più rabbia.
- Ed io ti ho cercato di ucciderti-
Sbottai spazientita.
- Puoi dirlo sai? Non ho niente da nascondere. Volevo ucciderti e ti ho risparmiato solo per bontà d’animo-
Hunter e Barbar si fissarono esterrefatti, poco prima che il dottore domandasse di lasciarci soli. Allora parvero ancor più sorpresi.
- Ne è proprio sicuro dottore?-
Chiese conferma il giovane mozzo, indicandomi facendomi sentire ancora una volta una bestia feroce.
Chissà perché il demone con la laurea gli sorrise, incitando entrambi ad andare.
La porta si chiuse e il silenzio calò. Rimanemmo da soli: io, lui e la mia nausea.
- Ci credi adesso?-
Domandò il medico avvicinandosi cautamente a me.
- A cosa dovrei credere, esattamente?-
Chiesi sprezzante, con una mano sullo stomaco.
- Della tua gravidanza. Immagino non fosse desiderata-
- Non c’è nessuna gravidanza-
Sbottai, imperterrita.
- Tu non mi conosci. Ho sempre amato uccidere e sono sempre nervosa. Adesso trova la vera causa o giuro che ti stacco la testa-
Si allontanò dirigendosi verso un armadietto appeso alla parete. Prese qualcosa, tornando da me con una bottiglietta fra le mani. Liquido nero. L’ultima volta che avevo bevuto qualcosa di simile non era andata bene.
- Cos’è?-
- Ti calmerà la nausea, i giramenti di testa. Per la tua rabbia incontrollata, non può fare niente-
- Sì ma cos’è?-
Il dottore sospirò, sedendosi su di una sedia davanti al lettino dell’infermeria.
- E’ morte-
Spiegò.
- Morte in bottiglia. Al bambino serve, ti ucciderà altrimenti-
- Io non sono incinta!-
Urlai con quanto fiato avevo in corpo, alzandomi e di conseguenza facendo scattare in piedi anche il demone. Cadde il silenzio e rimanemmo immobili per qualche istante.
- Ho la nausea perché quella maledetta di Lucyndra mi ha colpito alla testa!-
Spiegai, senza smettere di gridare. Pareva darmi un leggero sollievo.
- Va bene, controlliamo anche quella. Ma devi bere l’estratto di morte oppure uccidere tu stessa qualcuno, al più presto-
- Mi stai tentando, giuro che mi stai tentando-
Avvisai, stringendo i pugni e digrignando i denti.
- Cosa ti blocca?-
Domandò scioccamente il medico.
- Voglio che tu mi controlli la testa!!-
Ripetei continuando ad urlare, certa ma tuttavia incurante che oltre la porta tutti sentissero.
A quel punto il dottore ubbidì, posando il siero e finalmente visitandomi.
Stette in silenzio per un bel po’, controllando il bernoccolo, i riflessi pupillari e i movimenti oculomotori. Alla fine sentenziò che era stata una discreta botta in testa ma stavo bene.
- Per di più, sei entrata nella terza settimana-
- Zitto-
Ordinai allontanandomi da lui e dalle sue mani che avevano osato palparmi l’addome.
- Le gravidanze demoniache durano molto poco-
Informò mentre mi stavo dirigendo alla porta, seccata.
- Sei quasi a metà. Se vuoi posso già dirti il sesso del bambino-
Mi bloccai, non sapendo se ridere istericamente o sudare freddo.
- Ma fai sul serio?-
Domandai divertita, voltandomi verso di lui.
- Sempre che tu non voglia che sia una sorpresa-
Lo maledissi, andandomene brontolando ma comunque risparmiandogli la vita. Chissà per quale assurdo motivo.
 
Mi rintanai sul ponte. L’aria fresca della notte mi aiutava a respirare, non riusciva ad alleviarmi la nausea ma almeno mi rilassava. Il rumore delle onde che si infrangevano sulla Gold fecero calmare il sangue che mi ribolliva nelle vene. Quando feci la mia comparsa sopracoperta, molti dei pirati preferirono rientrare. Li ignorai, sedendomi sulla balaustra come facevo di solito. Poco dopo iniziò a piovere e allora anche la ciurma restante preferì dedicarsi ad incarichi all’asciutto.
Rimasi completamente sola, con la pioggia che mi bagnava i capelli.
Non avevo intenzione di rientrare, nemmeno fosse scoppiato un temporale.
Sarei rimasta là sotto, a pensare.
Volevo scappare ma non ne ero capace. Non volevo essere consegnata a Nolan ma non potevo impedirlo. Odiavo Lu ma non riuscivo a cancellarla dalla faccia della Terra.
Dovevo trovare una soluzione comune a tutti i miei problemi. Qualcosa che mi permettesse di scappare, di non essere consegnata al Principe dei Demoni e di uccidere Lu.
In quel momento, percepii dei movimenti all’interno del mio ventre.
Scattai giù dalla balaustra, scivolando sul ponte bagnato e cadendo.
A terra, sotto la pioggia battente, presi ad indietreggiare come da un nemico invisibile.
Ma non c’era nessuno da cui scappare, nessuno da affrontare. La mia più grande paura si stava materializzando dentro me stessa.
Un calcio.
Sobbalzai urlando quando sentì qualcosa calciarmi dentro la pancia.
 
- Lo tolga di lì!-
Gridai irrompendo nell’infermeria della nave. Il nuovo medico mi fissò attonito, bloccandosi con le garze in mano intento a curare le ferite di un marinaio.
- Vattene-
Intimai al demone seduto sul lettino. Questo si prese un attimo per riflettere, osservandomi bagnata da capo a piedi e visibilmente sconvolta. Non ricevendo riposta feci un minaccioso passo in avanti verso di lui. L’uomo scattò in piedi e, zoppicando, si diresse alla porta senza farselo ordinare due volte.
Il dottore, rimasto solo con me, posò sospirando le garze che ormai non gli sarebbero più servite.
- Hai cambiato idea?-
Domandò divertito.
- Lo deve togliere-
Ripetei con la voce rotta dal pianto, avanzando verso di lui tremante.
Scorsi un cambiamento nell’espressione del medico, si avvicinò a me pregandomi di sedermi e di parlarne ma io non lo feci.
- Senta…-
Scorsi di sfuggita il suo nome sulla laurea incorniciata.
- …Alan. Lei non capisce. Io. Non. Posso. Avere. Questo. Bambino-
Il demone allora sorrise dolcemente, forse scambiando il mio attacco di panico per una semplice preoccupazione da donna in gravidanza.
- So che la maternità possa far paura ma sono sicuro che…-
- No!-
Sbottai, allontanando le sue braccia da me.
- Lei non capisce!-
Ripetei urlando, in lacrime. Mi allontanai dal dottore, appoggiandomi al letto dell’infermeria per non cadere. Il cuore mi scoppiava dalla paura e lo stomaco si contorceva. Da molto non provavo sensazioni simile, da quando mia sorella era ancora in vita.
- Io non posso averlo! Non so cosa sarebbe!-
L’uomo tentò di raggiungermi e di farmi calmare, parlando con voce calma e pregandomi di respirare.
- Capisco che una gravidanza con un demone possa farti paura, Victoria-
Affermò.
- Ma è già successo in passato, quando i nostri due popoli non erano un guerra. E’ storia della medicina demoniaca. Alcune streghe hanno procreato figli di vampiri e i nuovi nati non erano altro che demoni con alcune affinità per la magia bianca. Tutto qui-
Continuai a scrollare la testa ma, a causa del pianto, non riuscivo a parlare, a spiegare.
- Il gene demoniaco ha la supremazia su quello umano. Dunque non aspettarti che non abbia le zanne e che non succhi sangue. Tuttavia prenderà qualcosa anche da te…-
- Io non sono una strega-
Sbottai.
- Ma lei che laurea ha?!-
Domandai singhiozzando. Il medico si ritrasse, sobbalzando a quella domanda.
- Non li vede i miei occhi? Sono un sangue misto io. Un angelo. Non è mai esistito un incrocio fra un angelo e un demone-
Spiegai senza riuscire a smettere di piangere. Alan si irrigidì, scansandosi leggermente per fissarmi meglio.
- Ho le ali io, ali bianche. Lui i denti affilati. Cosa sarebbe questo bambino? Questa rabbia che sento dentro, questa voglia di uccidere…si aggiungerebbe a quella che già prova un sangue misto-
Continuai, cercando, tentando di smettere di singhiozzare.
- Io sento già una gran voglia di uccidere, da tutta la vita. Il sangue d’angelo e di stregone che entrano in conflitto genera una furia irrefrenabile. Cosa accadrebbe se a questo si unisse l’indole demoniaca?-
Il medico non trovò risposta e si allontanò, voltandosi verso il muro con entrambe le mani ai capelli.
- Potrebbe essere una creatura incontrollabile, non capace di ragionare. Di puro istinto, con la forza di distruggere il mondo-
Proseguì, toccandomi il ventre.
- Avrebbe il mio potere di controllare il sangue e possedendo sangue di demone nessuna razza al mondo sarebbe risparmiata. Potrebbe distruggere angeli, streghe e demoni a piacimento-
Il dottore tornò a fissarmi, il suo sguardo pareva invecchiato di dieci anni.
- Ecco perché non posso avere questo bambino-
Entrambi cademmo in silenzio, spezzato vagamente solo dal mio pianto. Non riuscivo a calmarmi, pensavo a quello che la creatura avrebbe potuto fare una volta nata. Non avrei mai permesso a nessuno di distruggere il mondo, a nessun’altro oltre me. Volevo essere io colei che avrebbe cambiato tutto, non la madre di chi lo avesse fatto.
- Ho bisogno di Nolan-
Sbottai con il volto rigato di lacrime. Avevo bisogno del suo appoggio, della sua esperienza come sangue misto. Sentivo la mancanza della sua compagnia, del suo volto, del suo tocco.
Improvvisamente trasalì, preoccupata da quegli stessi pensieri.
- Cosa mi sta succedendo?-
Domandai ad occhi sbarrati.
- Perché mi manca Nolan? Io lo odio, non lo sopporto. Stavo scappando da lui-
- Sbalzi d’umore?-
Ipotizzò il medico. Presa dalla rabbia lo spintonai, facendomi largo per lasciare l’infermeria.
 
Corsi nuovamente fuori, sotto la pioggia. Non so perché non andai in camera mia, sentivo di dovermi trovare sul ponte e solamente una volta arrivata capì il perché.
Spalancata la porta, con il fiatone, mi presentai davanti allo sguardo del Capitano. Se ne stava sotto la pioggia a fissare il mare mosso, da solo. Rimasi bloccata sulla soglia, stringendo i pugni e maledicendo la creatura che avevo in grembo. Sapeva che lì c’era suo padre, era talmente potente da condizionarmi ed io odiavo tutto ciò che avesse un tale potere su di me.
- Victoria-
Mormorò il vampiro, ignaro di tutto.
Fece qualche passo avanti, scrutandomi bene. Le mie lacrime si erano appena confuse con la pioggia però poteva scorgere la mia agitazione, poteva percepirla.
- Mi dispiace per quello che è successo-
Ammise Elehandro continuando ad avanzare verso di me. Non ebbe il coraggio di dire altro, di scusarsi oltre. I suoi occhi già rivelavano tutto. Il dolore di aver scoperto che non fossi del tutto sua, che non solo appartenessi ad un demone ma al Principe dei Demoni. La rabbia di essere costretto a consegnarmi a lui, di non potermi portare via per essere solamente noi due. La delusione del mio tradimento, del mio silenzio che lo aveva così ferito.
Tentò di sfiorarmi una guancia. Ritrasse velocemente la mano, quasi spaventato di infrangere quella barriera di vetro che si era creata fra noi due.
La infranse, toccandomi, abbracciandomi. Mi baciò, forse dimenticandosi per un momento del marchio sul mio polso. Mi tenne stretta a sé, forte ed io percepì battere il suo cuore. Il cuore di un vampiro che non poteva battere, che era morto ma che si risvegliava solamente in presenza dell’amore. Una leggenda romantica, troppo sdolcinata per i miei gusti. Eppure era vera e la sperimentavo di persona. Hyner stava lentamente tornando a vivere.
Mi avvolse completamente, sotto la pioggia battente, illuminati dai fulmini in lontananza.
Lasciai che facesse, che provasse quell’ultima emozione prima di togliergliela per sempre.
Gli piantai una mano nel petto.
Trapassai la carne, la cassa toracica fino a raggiungere il cuore.
Il vampiro ebbe un sussulto ed emise un gemito mentre la mia mano gli scavava in petto.
Abbassò gli occhi allibiti fino ai miei, fissandoli con un’unica domanda al loro interno. Perché.
- E’ colpa tua-
Spiegai, senza fermarmi, senza estrarre la mano dal suo corpo.
Afferrai il cuore, stringendolo forte all’interno del petto.
Lo percepivo pulsare nel mio palmo ed era una sensazione indescrivibile.
Avevo sempre desiderato strappare il cuore a qualcuno.
La creatura dentro di me stava sorridendo, potevo avvertirlo. La vita dell’uomo che lo aveva generato, sarebbe stato il pasto più succulento di tutti.  
Ad un passo da estrargli il cuore, udì delle grida che mi interruppero. Una donna, l’unica donna oltre me sulla Gold. Si stava scagliando verso di me, sotto la pioggia.
A malincuore dovetti ritirare la mano, vuota, dal petto di Hyner. La utilizzai per afferrare al volo il collo di Lucyndra. La bloccai, con la mano sporca del sangue del fratello che era tornato a scorrere nelle sue vene. Era quasi riuscita ad abbattersi su di me con le zanne sfoderate in bella vista, purtroppo per lei non era stata abbastanza veloce.
Alle mie spalle, Elehandro cadde a terra con un buco nel petto, in una pozza di sangue nero.
Ne udii il tonfo ma non mi preoccupai, con lui avrei finito dopo.
- Sei un mostro-
Sibilò il comandante in seconda, soffocata e ustionata dal mio tocco su di lei. Le sorrisi, domandando se avesse mai avuto dei dubbi in proposito. Io ero un mostro e, come tutti sanno, i mostri generano altri mostri.
Stavo per strapparle la vita, quando subii delle altre interruzioni. Pareva che lo facessero apposta, impedendomi di consumare il pasto.
Ogni demone o stregone di cui solo qualche giorno prima mi sarei preoccupata del giudizio, uscirono correndo da sotto coperta. Forse il medico aveva fatto la spia oppure avevano udito le urla strazianti di Lucyndra, comunque il ponte si riempì di gente. Fra loro, Hunter, Thos e Barbas mi stavano fissando con gli occhi fuori dalle orbite. Guardarono dapprima la figura di Hyner a terra, poi me, poi quella della vampira. Credo che notassero i miei vestiti sporchi del sangue del Capitano, ecco perché non ebbero dubbi che fossi stata io ad aggredirlo.
- Victoria-
Ebbe il coraggio di pronunciare Hunter, avanzando e distaccandosi dagli altri. Thos tentò di fermarlo ma lo stregone gli fece cenno di rimanere indietro.
- Vic cosa stai facendo?-
- Non mi hai più portato quella fata-
Ricordai sorridendo al mio vecchio amico, spiazzandolo. Si fermò a fissarmi negli occhi, spaventato esattamente come gli altri.
- Dovevo trovare un altro modo per sfogare la mia rabbia-
Lucyndra mugolò, rimembrandomi che fosse ancora viva fra le mie mani. Strinsi maggiormente la presa sulla sua gola, quasi spezzandole il collo.
- Ma tu ami il Capitano!-
Obiettò Hunter, catturando nuovamente la mia attenzione. Spostai allora delicatamente lo sguardo dalla mia vittima a lui, senza perdere il sorriso.
- Questo non importa-
Risposi, sconcertandolo. Indietreggiò di un passo sbiancando, i suoi occhi vagarono nel vuoto cercando non so bene cosa. Sembrava volesse osservare qualcuno attraverso di me, qualcuno che aveva improvvisamente perso.
- Ma cosa ti è successo?-
- Statele lontani!-
Ordinò, consigliò, il medico irrompendo nel ponte della Gold. Il giovane mozzo sussultò, voltandosi verso il demone evidentemente agitato.
- Come se potessi farlo…-
Borbottò Lucyndra, sempre nelle mie mani.
- Ma sei ancora viva tu?-
Domandai sorprendendomi. La donna stava tentando di contrastarmi in tutti i modi, provando ad allentare la presa con cui la soffocavo. Il mio sorriso divenne una smorfia, a causa di tutte quelle interruzioni il mio pasto alla fine sarebbe appassito prima che io potessi consumarlo.
Guardandola negli occhi mi decisi finalmente a spezzarle il collo. Non potevo controllare del sangue che la donna non aveva in corpo, non potevo strappare un cuore polverizzato. Però avevo la forza per distruggerle le ossa, i muscoli e ogni parte del suo corpo. Massacrandola, sperai di cibarmi della sua forza vitale.
Da dietro, qualcuno mi afferrò le caviglie. Con forza, sorprendendomi, mi fece cadere a terra così da perdere la presa sulla vampira. Ancora un volta, non riuscivo ad ucciderla. La donna crollò sul ponte tossendo, con entrambe le mani sulla gola. Nessuno si precipitò ad aiutarla, nonostante nessuno avesse tentato di salvarla. Nessuno tranne suo fratello.
Mi rivoltai verso la persona che mi aveva afferrata, verso Elehandro. Gli saltai addosso, iniziando a combattere e a rotolarmi sotto la pioggia con un vampiro che presentava un buco nel petto.
Nonostante le ferite, alle fine fu lui che riuscì ad atterrarmi. Mi bloccò a terra, sedendosi sopra di me stringendomi forte i polsi per impedirmi di cavargli un occhio.
Rimanemmo così, fermi in quella situazione di stallo. Il sangue nero che perdeva dal petto mi gocciolava addosso, macchiandomi. Qualche goccia mi cadde sulle labbra. Lo assaggiai, anche se non necessitavo di possederlo. Il suo sangue mi stava già crescendo dentro.
- Perché?-
Chiese, urlando, strattonandomi così che finalmente mi fermassi, smettessi di tentare di liberarmi.
- Perché?!-
Gridò ancora, quasi piangendo.
Lo fissai intensamente, senza sorridere, senza prenderlo in giro. Non avevo bisogno di farlo, non con lui. Sapevo che non se lo meritava.
- Il momento sbagliato-
Spiegai, cogliendolo di sorpresa.
- Il posto sbagliato, al momento sbagliato-
Continuai, ferma sotto il suo corpo. Il corpo che avevo amato.
- Avrei ucciso anche mia madre, se si fosse trovata lì-
Il vampiro mi fissò spiazzato, non capendo, non capacitandosi. Il suo capo continuava a scuotersi, fissando qualcosa che pareva vedere per la prima volta. Qualcosa che non fossi io.
- Signore!-
Corse gridando Alan.
- C’è qualcosa che dovete sapere!-
Lo fissai. Fissai il suo corpo scalpitante, colmo di vita, di sangue. Lo fissai, pronunciando solo una parola.
- Muori-
Così il mio appetito si affievolì per un momento.
 
- No-
Mormorò il comandante atterrito, osservando il corpo senza vita del dottore crollare a terra.
- Alan!-
Avrebbe voluto scattare verso di lui, capire se ci fosse una qualche speranza di salvarlo. Ligio al suo dovere, tuttavia, non si mosse per assicurarsi che il mostro rimanesse ben bloccato.
A raggiungere il cadavere del demone fu l’altro medico di bordo, quello più anziano che aveva appena perso il suo rimpiazzo. Con amarezza e sconforto, stabilì la sua morte.
- Puoi lasciarmi ora-
Affermai, fissando dal basso e con la pioggia negli occhi il volto di Elehandro.
- Sarò sazia per i prossimi dieci minuti-
- Ma cosa sei tu?-
Domandò il vampiro con orrore. Allora sorrisi.
- Ancora non lo so, è troppo presto. Tu cosa vorresti?-
Il Capitano non capì e mi fece imprigionare.
Questa volta non fui segregata nei miei alloggi, per me c’era una cella sul fondo della Gold.
Non mi ribellai, non ne ebbi voglia. Non li uccisi tutti, altrimenti avrei finito le scorte in un solo colpo. Lasciai che mi portassero nella parte più umida della nave, lasciai che credessero di essere tutti al sicuro. Camminando lungo il corridoio mi accorsi che non sarei comunque morta di fame.
Potevano lasciarmi lì quanto volessero, lentamente sarei rimasta l’ultima incarcerata ancora in vita.
 
Accortisi che metà dei prigionieri della Gold fossero periti ad opera mia, mi trasferirono.
Legata e bendata venni portata in una grande stanza, molto spoglia. Richiusero la porta dietro di me non appena mi venne tolta la benda, forse credendo che se li avessi guardati negli occhi sarebbero morti tutti. Lì rimasi da sola coi miei pensieri per qualche ora, poi Hunter si fece coraggiosamente avanti nella camera di detenzione.
- Hunter!-
Salutai con un bel sorriso, felice di vederlo. Il ragazzo fu un po’ sorpreso della mia reazione, per un attimo, esitò. Fece un grande respiro prima di procedere, avanzando con cautela fino a raggiungermi.
- Dobbiamo parlare-
Avvisò lo stregone, sedendosi di fianco a me. Entrambi poggiavamo la schiena contro il muro, osservando l’orizzonte che si illuminava attraverso lo stesso oblò. Era quasi l’alba.
- Abbiamo provato a contattare il tuo demone-
Disse il ragazzo fissandomi incuriosito, forse chiedendosi se lo avessi ucciso.
- Ma non ci siamo riusciti-
- Non me ne stupisco. Lo aveva detto-
- Victoria noi non sappiamo come aiutarti-
Sbottò Hunter, senza perdere tempo.
- Siamo spaventati, tutti lo siamo-
- Fate bene-
Spiegai.
- Prima di arrivare a terra vi avrò uccisi tutti-
Il giovane mozzo scattò in piedi per allontanarsi da me, continuando la conversazione a qualche metro di distanza.
- Aiutaci a capire. Aiutami a capire-
Supplicò.
- Cosa è successo? Cosa ti ha fatto impazzire?-
Risi, alzandomi in piedi.
- Ma io non sono impazzita-
Contestai.
- Se vogliamo parlare di gente pazza, ad esempio, perché non mi hai lasciato uccidere Lucyndra?-
- Uccidere Lucyndra?!-
Ripeté il demone.
- Vuoi davvero parlare di Lucyndra? Victoria hai quasi strappato il cuore al Capitano! Hai ucciso il nuovo medico! Metà degli incarcerati!-
- Cosa ve ne fate?-
Domandai con disinvoltura, spiazzando il ragazzo.
- Come?-
- I prigionieri. Cosa ve ne fate dei prigionieri? Vi ho fatto un favore ad eliminarli. Consumano solo cibo-
Hunter mi fissò ad occhi spalancati.
- Sono merce di scambio-
Spiegò.
- Erano merce di scambio. Servitori. Schiavi. Il capitano li usa per comperare…-
- Ho la nausea-
Sbottai, interrompendolo.
- E’ meglio che tu vada Hunter-
Il ragazzo ci rifletté un attimo, scrutandomi allibito da capo a piedi.
- Non mi interessa se hai la nausea-
Affermò, incrociando le braccia.
- Io non mi muovo di qui. Non finché tu…-
Mi impossessai della sua vita, del suo corpo. Era uno stregone come me, non dovevo nemmeno utilizzare la connessione con la creatura che mi cresceva in grembo. Sarebbe stato più facile e più veloce, dunque non mi avrebbe dato la stessa soddisfazione.
Forse per questo, quando un demone della ciurma spalancò la porta della cabina, io lo uccisi.
Lasciai andare Hunter, che cadde in ginocchio con una mano sul cuore. Da terra osservò il suo sostituto fremere davanti al mio sguardo, i suoi vocalizzi strozzati che supplicavano di fermarmi. Infine, la sua pesante figura che si abbatteva sul pavimento.
- Vai-
Consigliai, tornando a sedermi con la schiena contro la parete.
- Vai prima che torni la nausea-
 
La pancia cresceva, la camicia larga ancora la copriva ma presto si sarebbe vista. Più importante, io stavo sempre peggio e avevo bisogno di assumere sempre più vite. Credevo che prima della nascita avrei potuto sterminare una nazione intera. Intanto mi sarei accontentata di Lucyndra.
Spalancai la porta della stanza, pronta ad uccidere gli uomini messi di guardia.
Con sorpresa, notai che non c’era nessuno. Procedetti indisturbata lungo la nave deserta. Avrei dovuto trovarmi nel bel mezzo del turno di giorno, avrei dovuto essere fermata dalla ciurma, intercettata. Avrei dovuto divertirmi e invece non incontrai nessuno.
Procedetti innervosita lungo le viscere della Gold, sino a comprendere finalmente dove fosse la maggior parte dell’equipaggio. Li vidi, i loro corpi massacrati e dissanguati tutti ammucchiati nella mensa. Formavano una piramide alta fino al soffitto. Li guardai incuriosita, certa che non fossi stata io. Riconobbi il cuoco fra loro. Continuai a camminare, cercando Lu. Avrei dovuto trovarla addormentata nelle sue stanze, invece la incontrai ben prima, nella polveriera in cui avevo lavorato per un po’.
Barbas non c’era, non era il suo turno. Piuttosto scorsi Thos ferito gravemente al suolo e Hunter ancora fra le mani della donna. Finalmente capivo perché la Gold sembrava sussultare, fremere.
Lo stregone stava morendo.
La vampira doveva aver attuato infine il proprio piano, massacrando l’equipaggio mentre il fratello dormiva. Non ne fui lieta: avevo perso un sacco di cibo.
- Victoria-
Chiamò Lu, voltandosi verso di me e lasciando andare Hunter. Lo gettò al suolo, che cadde a pochi metri da Thos. La nave si inclinò ma non stava ancora affondando, lo stregone stava cercando di resistere il più possibile.
- Che piacere vederti sulla scena del delitto-
Affermò, leccandosi il sangue del giovane mozzo dalla bocca.
- Sarà più facile incolparti-
- Tu vuoi incolpare me?-
La donna scoppiò a ridere, pulendosi il mento sporco di sangue con una mano. Aveva bevuto quello di decine di uomini, il suo corpo doveva esserne ricolmo.
- Sono secoli che aspetto un simile capro espiatorio-
Spiegò, ringraziandomi dal profondo del suo cuore rinsecchito.
- Io non massacro le persone-
Obiettai.
- Le uccido senza sprecare una goccia di sangue. Come avresti spiegato quello scempio?-
- Spiegherò quello scempio-
Replicò, sottolineando bene la correzione del verbo.
­- Col fatto che sei un mostro-
Il vascello prese a scricchiolare terribilmente. Sembrava che la nave volesse accartocciarsi e collassare su se stessa. Fissai Hunter, doveva aver perso i sensi. Stavamo affondando.
- La Gold porterà ogni prova con sé-
Proseguì la donna.
- Difficilmente Elehandro potrà esaminare i corpi dei suoi uomini nelle profondità degli abissi-
Le sorrisi con dolcezza, trovandola quasi adorabile.
- Io e te saremmo potute essere buone amiche-
Mi impossessai del suo corpo, controllando il sangue demoniaco presente dentro di lei. Adesso potevo farlo, dopo che si era cibata di recente, potevo ucciderla come meglio mi riusciva.
- Purtroppo per te, è tornata la nausea-
Lu rimase spiazzata, terrorizzata.
Non aveva ancora capito come funzionasse il mio potere. Non sapeva che io usavo il sangue, che la prima volta avevo fallito solo perché lei non si era nutrita pochi istanti prima.
Ero capace di uccidere i pirati della Gold ma non lei. Fino all’ultimo aveva mantenuto la sua arroganza. Errore tipico di coloro abituati ad essere i più potenti.
- Come ci riesci?-
Borbottò la vampira con un filo di voce, caduta in ginocchio davanti a me. Stavo ordinando ai globuli bianchi di ribellarsi contro il corpo che li ospitava, di eliminare qualsiasi cosa ancora in vita ci fosse lì dentro.
- Con un piccolo aiuto-
Svelai, toccandomi la pancia istintivamente.
Un rumore sordo e la nave che si inclinava mi fece ricordare che stavamo affondando. Iniziò a risuonare una campana dal ponte. Qualcuno scampato a Lucyndra la stava suonando. Forse il turno di notte si era svegliato, udivo urlare di calare le scialuppe.
Mi avvicinai al corpo di Hunter, lasciando per un attimo il comandante in seconda agonizzante.
Non potevano scappare con le scialuppe, nessuno doveva sfuggirmi.
La nave doveva restare a galla e i demoni con lei, per questo salvai Hunter.
Colma del potere necessario, mantenni il controllo su Lu e lo posi anche sul mozzo. Ordinai al suo sangue di coagulare e poi di riformarsi, proprio come avevo fatto con Nolan nel Regno delle Fate. Dissi alla ferita di richiudersi, alle cellule di fare il proprio dovere e di salvare la vita allo stregone.
Non mi preoccupai di Thos, lui non mi serviva. Lasciai che Hunter riprendesse lentamente conoscenza, procedendo a torturare Lucyndra. Le sue urla riuscivano a calmare il malessere che provavo, anche la nausea sembrava andare meglio. Forse svegliato dalle grida, il ragazzo si destò. Osservò la pozza di sangue in cui poggiava, poi alzò lo sguardo verso di me. I nostri occhi si incrociarono per un momento, prima che io tornassi a finire Lu.
- Tieni a galla questa nave-
Ordinai allo stregone, dandogli le spalle.
Afferrai il volto della vampira, bruciandole la carne bianca come porcellana. I suoi organi vecchi e polverizzati stavano tornando in vita per mio ordine, così per morire di nuovo e percepirne tutto il dolore.
- Muori Lucyndra-
Le sussurrai.
- Muori lentamente, sapendo che il tuo caro fratello sarà il prossimo-
Qualcuno mi tramortì, un attimo prima di ucciderla ed ebbi la sensazione che fosse il “caro fratello”.
Da terra lo vidi, Elehandro mentre sosteneva la sorella per salvarla dalle grinfie del mostro. Urlò qualcosa ad Hunter, forse chiedendogli come stesse. Lo stregone farfugliò una risposta e poi la loro attenzione si spostò su Thos. Era troppo tardi per lui.
- Uccidila!-
Gridò la vampira, stretta al petto del fratello.
Gli occhi miei e di Hyner si incrociarono. Li fissai intensamente, immobile sul pavimento della Gold. Il colpo dietro alla nuca era stato forte, anche se potente grazie alla gravidanza un colpo fra capo e collo non era uno scherzo. Rimasi immobilizzata inerme per il tempo necessario che sarebbe servito ad uccidermi. Il Capitano ci pensò seriamente in quegli istanti, ad uccidermi. Glielo lessi chiaramente nello sguardo, non aveva bisogno delle menzogne della sorella. Sapeva che chiunque con un po’ di sale in zucca lo avrebbe fatto, la cicatrice ricucita in fretta sul petto glielo ricordava. Io dovevo essere uccisa.
- Capitano-
Gridò Hunter dall’altra parte della stanza, accovacciato sul cadavere di Thos con la voce rotta dal pianto.
- Vic mi ha salvato-
Spiegò.
Aveva un aspetto orribile. Gli occhi rossi e gonfi, ferito, dissanguato ma con lo sguardo duro. Divenuto improvvisamente di ghiaccio dopo la morte del compagno.
- Non è stata lei-
Proseguì.
- Lucyndra ha…-
- Lei lo comanda-
Interruppe la donna, catturando tutta l’attenzione del fratello su di sé.
- L’ho visto. Gli ha fatto qualcosa. Lo ha maledetto e ora lui…-
- Tu mi hai maledetto, Lucyndra-
Ricordò lo stregone, duramente.
Si asciugò le lacrime, comprendendo che non vi era tempo per il dolore.
- Questo è assurdo-
Si giustificò la vampira, ridacchiando con voce stridula.
- Perché mai io avrei…-
- Lei ha cercato di uccidere Victoria fin quando è arrivata. Ha cercato di uccidere me, da decine e decine di anni. Lei ha ucciso Morgan-
Proseguì il mozzo con voce ferma. Era cambiata, si era fatta più adulta. Sembrava la voce di qualcuno che aveva conosciuto il dolore. Il vero dolore, quello che ti cambia per sempre in ogni singola parte di te.
- E’ ovvio che è lei a parlare. E’ quel mostro che gli ha mangiato l’anima-
- E lo ha fatto con le zanne?-
Domandò Elehandro, cogliendo di sorpresa la sorella. Questa si volse lentamente verso di lui, che ancora stringeva tanto forte al petto. Alzò lo sguardo con cautela, sino ad incontrare i suoi occhi colmi d’oscurità.
- Il collo di Hunter e quello di Thos. Sono stati morsi-
- Ho dovuto farlo!!-
Si riprese immediatamente la donna. Io intanto riuscì a riacquistare forza e sensibilità al corpo, potevo addirittura muovere il busto.
- Dovevo difendermi! Lei ha ordinato ad entrambi di attaccarmi-
Roteai gli occhi. Una cosa dovevo concedergliela: era un’ottima attrice.
Nonostante la recita, Elehandro fissò dapprima me poi Hunter. Qualcosa, per la prima volta in tre secoli, non lo convinse.
Lucyndra allora sbuffò, finalmente smettendo di fingere. Si alzò, allontanandosi di un passo dal fratello ancora in ginocchiato.
- Avresti dovuto crederci-
Lo colse di sorpresa, tramortendolo con un calcio ben sferrato alla testa. Socchiusi gli occhi quando la sua figura crollò. Doveva fare più male del colpo inferto a me.
- Bene-
Sbottò la vampira sciogliendosi i lunghi capelli, biondi e ricci.
- Adesso pensiamo alle cose importanti-
Si avvicinò a me, vendicandosi per le precedenti torture. Non fece male quando mi prese a calci sul volto, sulle braccia, sulle gambe. Non fece male quando mi pestò il petto con lo stiletto. Provai un dolore indescrivibile solo quando colpì la pancia.
Urlai, ferendomi i polmoni dallo sforzo. Mi sembrò che qualcosa dentro di me si stesse rompendo.
Lu rimase quasi sorpresa dalla mia reazione, poi sollevò le spalle e continuò.
Un secondo calcio al ventre.
Gridai, come mai avevo fatto. Qualcosa stava gridando con me, facendo tremare l’intera polveriera. Qualcosa stava soffrendo e non ero io.
- Cosa c’è? Ti fa male la pancia?-
Domandò ironicamente la vampira, prima di scoppiare a ridere.
- A me faceva male ogni membra del mio corpo ma tu non ti sei fermata-
Un altro colpo sull’addome, sul bambino che portavo in grembo.
Questa volta non urlai. Vidi il suo calcio ma non ne percepii il dolore. Stetti immobile, priva di ogni forza. Mi sentì svuotata, mi sentì scivolare nelle tenebre, mi sentii morta. Forse perché qualcosa dentro di me stava morendo, qualcosa stava cadendo nelle tenebre al posto mio.
Hyner tentò di alzarsi ma non avrebbe fatto in tempo, era troppo lento, troppo stupido.
Per centinaia di anni aveva avuto un vero mostro davanti agli occhi e non se ne era mai accorto.
Eppure, qualcuno conficcò un pezzo di legno nel petto di Lucyndra.
Cercai di tenere gli occhi aperti per vedere, per capire. La donna ebbe un sussulto, il sorriso sul suo volto scomparve. Abbassò lo sguardo sino al cuore che io avevo riportato in vita, trapassato da una stecca di legno.
In un attimo divenne cenere, polvere sotto i nostri occhi. Dietro di lei si stagliava Hunter.
- Le vecchie leggende, funzionano sempre-
Sbottò. 
  
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