Fumetti/Cartoni americani > Avatar
Ricorda la storia  |      
Autore: Nocturnia    11/02/2014    2 recensioni
È questo il peso delle responsabilità?
È questo il colore che ha la giustizia? Il grigio d'una rosa di fumo e il rosso d'una fiamma che li ha divorati entrambi?
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Amon, Tarrlok
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
pguegojegaoj
Disclaimer: Tarrlok, Noatak e tutti gli altri personaggi appartengono a Michael Dante di Martino, Bryan Konietzko e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.


"In cima a ogni vetta si è sull'orlo di un abisso."

- Stanisław Jerzy Lec -



Ritrovarsi


#1.

L'assenza di reazione è ciò che lo spaventa di più.
Si era svegliato in una cella vuota e con un cielo pieno di sangue, tra le sue dita la risposta muta di un dominio perduto.
"Non potevo lasciarti laggiù: saresti stato accusato e condannato per l'uso del dominio del sangue."
Non c'era stata alcuna replica, ma i suoi occhi avevano raccontato i moti del cuore, un'onda anomala in cui si rincorrevano tristezza rabbia desolazione affetto.
"Perché?" era stato il suo commiato "Perché mi hai tolto tutto?"
Noatak non aveva risposto.

#2.

Li aveva mai amati?
Tarrlok se lo chiede spesso, soprattutto in notti come quella, in cui il vento spazza Republic City come una frusta di neve e sale.
Non ha paura dell'inverno, perché il Nord ha saputo essere spietato con la sua infanzia, una mappa di ricordi contorti e tumefatti dal contrasto con i suoi primi anni di vita.
Storna lo sguardo e lo riporta sulla cascata d'acqua che decora il suo ufficio, specchiandosi in un uomo che non riconosce.

Yakone.

La memoria riapre una ferita che non aveva mai smesso di sanguinare.

#3.

È morta sua madre, ancora prima di mutarsi in cenere e polvere.
Lo fissa con la stolida attenzione degli animali braccati e spaventati, sovrapponendo sempre più spesso il suo profilo con quello di Noatak.
"Mi trasferisco a Republic City."
Le mani continuano il loro ritmico tamburellare sul tavolo, il capo chino e i primi fili di grigio tra i capelli.
"Voglio continuare la mia istruzione e un giorno, forse, potrò entrare nel Concilio della città."
Silenzio.
"Partirò domani, madre. Volevo solo fartelo sapere."
"Aspetta."
Tarrlok si gira, compiendo un mezzo giro su se stesso.
"Se vedi tuo fratello, digli che... digli che stasera la cena sarà pronta un po' più tardi del solito, perché tuo padre non è ancora rientrato dalla caccia, puoi farmi questo favore?"
"Sì, madre..." mormora Tarrlok "Lo farò."

Due settimane dopo, Tarrlok brucia la pergamena che gli comunica quando si terrà il funerale di sua madre.

#4.

C'erano stati momenti buoni.
C'erano state giornate in cui Yakone aveva giocato con loro a rincorrere la neve e il sole prometteva un futuro radioso, pigri pomeriggi a studiare l'arte della caccia e serate tiepide a contare le stelle.
C'erano state, ma poi si erano spente all'improvviso, schiacciate da un dono che era diventato condanna.
"Siete due dominatori dell'acqua." aveva detto Yakone, come se questo spiegasse tutto "Siete come ero io."
Ora che può osservare la città da un punto di rilievo - il Concilio - vorrebbe tanto chiedergli cosa c'era di così sbagliato in loro.
Cosa, perché li odiasse così tanto da volerli incatenati alla sua stessa storia.
Vendetta? Rancore? Frustrazione?

Cosa, perché non ti bastassimo mai?

Ma le tombe non possono più rispondere, e nemmeno i rimpianti.

#5.

La prima volta che Korra vede Tarrlok ha una strana impressione, qualcosa che prende voce nelle parole di Ikki.

Non mi piaci.

Si siede al suo fianco e ha la tipica inflessione del politico; calma, moderata, convincente.

Non mi piaci.

Le ricorda il suo dominio, l'acqua, eppure questo non la rassicura, anzi: le fa venire in mente quei marosi improvvisi e nerastri, gelidi e privi d'appigli.

Non mi piaci.

"Entrerai nella mia Task Force, Avatar Korra?"

No.

"Non posso."
"So essere molto convincente."
Korra aveva alzato un sopracciglio.
"Ho detto che non posso."
"Vedremo."

E Korra aveva sentito il mare ruggire.

#6.

Alla retorica dell'eroe - come a quella del tiranno - appartiene la tragedia.
Tarrlok voleva salvare la città, dominandone gli impulsi e i desideri, gli umori e i moti improvvisi.
Tarrlok voleva conquistarla, nelle pallide mura come nell'anima, per esserne un protettore e un idolo, una distorta forma di amore.
"Potremmo liberarti."
"No: è meglio che non sappia che ci siamo parlati. Mettete fine a questa triste storia."
Korra non coglie la nota rassegnata nella sua voce, ma Mako sì, perché è la stessa che gli aveva corroso la gola per molti notti dopo la morte dei suoi genitori.
Si guardano e, per un flebile istante, la comprensione è così vicina da poter essere toccata.
Poi Tarrlok china il capo e tutto si perde nei tamburi di guerra che risuonano all'orizzonte.

#7.

Noatak si guarda intorno e vede solo mostri, carcasse di uomini e spietate creature fatte di fuoco terra aria acqua sangue.

Yakone. Sono tutti come Yakone. IO sono come Yakone.

Infrange il legame dell'Avatar e la vittoria è così vicina da illuderlo con il sapore delle promesse mantenute.

Ci sono quasi.

Un colpo inaspettato lo scaraventa oltre la finestra, vetro nella pelle e un dolore acuto- spinato - nel cuore.
Cade in acqua e si scioglie una menzogna che ha protetto anche troppo a lungo, sopra di lui una maschera che significava tutto e niente.

No.

Vibra il suo corpo e l'acqua gli risponde come ha sempre fatto, un'amante generosa e inarrestabile.

No.

Quando gli altri lo fissano - stupefatti, contrariati, delusi - i suoi occhi incontrano solo quelli di un altro mostro.

#8.

I sentimenti sono risacche di un mare capriccioso e mutevole, correnti che spezzano gli argini della ragione e stagnano poi nei ricordi, rendendoli malsani e torbidi.
Per la gente di Republic City, Tarrlok era un uomo che aveva avuto tutto - bellezza, successo, potere e nessuna paura di usarlo - salvo poi svenderlo per avidità personale.
Sul piatto opposto della bilancia, Amon rimaneva un simbolo che aveva combattuto l'ordine, una minaccia e un sogno, persino dopo la sua caduta.
Korra si porta le dita alle tempie e chiude gli occhi, perché l'Avatar le sta insegnando a guardare oltre le apparenze - oltre le maschere e le menzogne e le necessità che ci spingono a essere tali - ma l'incertezza che sente la rende più debole di quanto vorrebbe.

È questo il peso delle responsabilità?
È questo il colore che ha la giustizia? Il grigio d'una rosa di fumo e il rosso d'una fiamma che li ha divorati entrambi?
Equilibrio, pace, armonia: sono obiettivi veri, oppure la chimera con la quale l'Avatar si veste e inganna gli altri?
Cos'è in fondo la speranza, se non una promessa fatta su dei presupposti disperati e disperati?

Quando si alza, pronta per un altro ciclo di interviste, è un sorriso storto quello che le rimanda lo specchio, un digrignare di denti che assomiglia più al taglio di un coltello.

Coraggio.

L'Avatar le allunga la sua prima maschera e attende.

#9.

La spiaggia è il suo posto preferito, un rifugio in cui la miseria delle loro vite non può raggiungerli.
Phaza osserva un sassolino particolarmente liscio e se lo mette in tasca, sorridendo felice.
Si raggomitola poi sulla sabbia tiepida e ci strofina contro la guancia, ascoltando il rumore del mare e i suoi mormorii pacati.
"Guarda cosa ho trovato." lo interrompe Talisar, mostrandogli un monile intagliato nel turchese e nell'argento "Credo che sia per fermare i capelli... forse." aggiunge poi, sedendosi al suo fianco e raccogliendo alcune ciocche brune nel pugno "Staresti benissimo con questo addosso."
"Non è nostro." gli replica Phaza, fissando il fratello con un cipiglio interdetto "Non possiamo prenderlo."
"Ma l'ho trovato sulla battigia." ribatte testardo "È un regalo del mare!"
"Allora è lì che deve tornare." conclude Phaza, strappandoglielo di mano e facendo il gesto di lanciarlo "Non possiamo..."
Qualcosa poi lo ferma e si perde nell'osservarlo meglio, un cilindro perfetto e dai colori così freddi da sembrare ghiaccio e neve.
Se lo rigira tra le mani, incuriosito, e decide che doveva appartenere a qualcuno della tribù dell'Acqua del Nord - come loro - e che doveva essere ricco.
Riporta lo sguardo su Talisar - il più piccolo, il più debole, l'unica ragione per la quale resiste ancora - e gli scivola alle spalle, arrotolandogli i capelli in una delle classiche acconciature della tribù dell'Acqua.
Ride Talisar e si riflette nella spuma del mare, sorridendogli.
"Grazie."
"Sta meglio addosso a te." mormora debolmente Phaza, nel petto uno strano grumo di tristezza e malinconia "In fondo, è un segno caratteristico della nostra gente."
"Allora adesso potrò essere un vero waterbender!" esclama estasiato "Potrei persino combattere al fianco dei Furetti di Fuoco, un giorno."
Phaza sorride senza allegria e fissa le navi della polizia di BeiFong farsi spazio all'orizzonte, immobili e silenziose - cenere nell'acqua e sul volto.

Il sangue chiama, il sangue risponde.

Quando è tempo di rientrare, si accorge di piangere le lacrime di un'altra storia.










   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Avatar / Vai alla pagina dell'autore: Nocturnia