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Autore: Lachelle Winchester    12/02/2014    2 recensioni
Come reagireste se un Dalek interrompesse una normale giornata di lezione e una strana cabina blu comparisse nella vostra scuola?
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - 10, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Elizah and the Doctor'
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Epilogo

Facile a dirsi.
Il problema era trovare il modo di trasportare quell'enorme cabina dal Dottore. Cosa poteva mai fare una semplice ragazzina per spostare quell'affare?
Guardai con la coda dell'occhio il Dalek avanti a me mentre entravo di nuovo nella navicella dell'uomo di Gallifrey. Chiusa la porta, mi sentivo molto meglio senza la vista di quell'essere e protetta da una grande stanza colorata e piena di luci, anche se a momenti l'interno mi ricordava tanto i Dalek, forse perché il terrore che mi avevano infuso era ormai marchiato nella mia anima.
Ad essere sinceri, non avevo la minima idea di cosa fare in quel momento; pilotare il Tardis sembrava impossibile, era un tipo di tecnologia che non avevo mai visto, altri sistemi, altre concezioni che solo col tempo riuscii ad apprendere, ma non era ancora quello il momento.
« Una volta inseriti i comandi, con "invio" dai l'ordine al computer. » borbottavo tra me, che ancora mi illudevo di poter far partire quella navicella applicando i sistemi di tecnologia terrestre a quelli alieni.
« Ma non ce l'hai una tastiera? » gridai stizzita, e il Dottore avrebbe dovuto ringraziarmi per non aver tirato un pugno sui comandi, ma considerando quello che che combinai dopo, magari il pugno sarebbe stato decisamente meglio.
Uscii di nuovo dalla cabina e mi guardai intorno. Non c'era nessuno, neanche il Dalek di poco prima, la scuola era nelle solite condizioni, e se ben ricordate avrete già capito che "le solite condizioni" comprendono anche tutte quelle cianfrusaglie che riempivano il cortile. Pensai che per una volta tra quelle cose avrei potuto trovare qualcosa di utile. Vidi una gru, che si trovava lì da circa un mese per i lavori in corso sul tetto, e tentai l'unica idea folle che mi venne in mente. Non ero il tipo da starmene con le mani in mano e sapevo far partire quelle macchine perché ci lavorava anche mio padre e quando andavo a trovarlo guardavo sempre come le faceva funzionare. Fortunatamente le chiavi erano ancora inserite, forse perché erano state lasciate lì dagli operai che erano scappati dal terremoto, ma il Dottore non fu altrettanto fortunato; muovendo nervosamente i comandi, feci schiantare la cabina blu contro il muro della palestra prima di riuscire a posarla a terra, provocando un'ammaccatura che in nessun modo avrei potuto nascondere.
Volevo sparire.
Scesi da quel macchinario e corsi a vedere quanto era grave il danno, ma non ne ebbi il tempo perché vidi in lontananza arrivare un Dalek. Pensai che forse il rumore dello scontro aveva attirato la loro attenzione, ma quando questo arrivò a pochi centimetri da me, che mi infilai prontamente nel Tardis, l'alieno continuò a seguire il proprio percorso, spostandosi per evitare quella strana barriera invisibile che non mi era ancora chiara ma che ringraziai a vita, perché se non fosse stato per lei io non sarei qui a raccontarvi ciò che accadde in seguito.
« Questa poi... » sussurrai tra me.
Quasi ci rimasi male che il Dalek si comportò in quel modo, e in quel momento non sapevo ancora perché. Stavo per perdermi nelle mie mille domande quando sentii un grido acuto che interruppe bruscamente i miei pensieri e mi ricordò per quale motivo ero lì: raggiungere il Dottore.
Ma dov'era il Dottore? E la folla di Dalek?
Non ebbi il tempo di guardarmi intorno, potrei dire, che sentii di nuovo un suono lamentoso, un piagnucolio proveniente dalla palestra, e senza pensarci due volte mi fiondai dentro per vedere cosa stava succedendo, urtando contro la vernice fresca del muro che mi sporcò i vestiti. Camminavo lentamente, di soppiatto, continuando a sporcarmi i vestiti perché non riuscivo a scansare il muro. C'erano due Dalek, intenti a continuare la tortura che stavano infliggendo alla professoressa di filosofia, di cui riconobbi la voce gracchiante come quella di un uccello.

Ancora una volta non sapevo cosa fare e, anche se in futuro ammisi di pentirmene, in quel momento volevo cercare il modo di salvare quella donna, ma fino ad allora i miei tentativi di combinare qualcosa non avevano dato ottimi risultati.
Sentii una voce che avevo già sentito, una voce che mi riscaldò il cuore e mi infuse coraggio.
« Non ha abbastanza forza, non durerà tanto a lungo da permetterti di attivarti. » era la voce del Dottore che echeggiava in tutto l'edificio, che percorreva a grandi passi. « Non è nella natura di un Dalek mischiare il proprio DNA con quello di una creatura da lui considerata inferiore. » continuava a ragionare da solo.
Gettai uno sguardo verso i Dalek e vidi che sembravano deboli, fecero nascere quasi compassione in me, quasi quanta ne provavo per la professoressa, tenuta dietro una piccola parete trasparente, collegata a dei tubi che le laceravano la pelle fino a carbonizzarla in alcuni punti. La donna non aveva più la forza di divincolarsi e subiva senza fare alcun movimento, lanciando un grido con voce stridula e sofferente. 
« A meno che non vogliano mettere i bastoni tra le ruote al Dottore. » istintivamente abbandonai il muro e raggiunsi la fonte di quel suono.
Sentii i suoi occhi puntati su di me e, anche se i Dalek non si mossero di un millimetro, mi avvicinai al Dottore a velocità da capogiro.
« Perché non fanno nulla? » gli chiesi, guardando i due alieni accigliata.
« Non hanno abbastanza forza, si stanno spegnendo. Tutta la loro forza e molta della tua insegnate è stata prelevata da qualcuno. » mi disse a voce bassa.
« E gli altri Dalek? » gli chiesi ancora.
« Li ho chiusi di nuovo nella capsula. Non tutti però, alcuni sono fuggiti. » disse con naturalezza.
« E sai chi è stato a liberarli? Chi sta prendendo la loro forza? » gli chiesi guardandolo e trattenendo a stento un sorriso di soddisfazione.
Lui ricambiò lo stesso sorriso e in quel momento mi resi conto che era come se conoscessi quell'uomo da sempre. Capii che sapeva che avevo scoperto qualcosa più di lui, e tutto questo con solo uno scambio di sguardi.
Gli raccontai del Dalek che era in grado di cambiare aspetto, che era riuscito a non essere catturato l'ultima volta e aveva liberato gli altri della propria specie con l'intento di sottometterli, usando l'aspetto dell'uomo di Gallifrey, per questo i Dalek erano confusi e spaventati e non avevano attaccato prima.
« Non vuole mischiare il DNA a quello della professoressa. Gli serve energia per trasformarsi e passare da un aspetto all'altro. » mi anticipò lui, poi ripartì con i propri ragionamenti.
« Uno dei due Dalek è quello mutaforma e sta assorbendo energia dall'altro e dalla donna. Se interrompiamo il contatto comunicativo con le fonte di energia sbagliata potrebbe essere letale per gli altri due. Dobbiamo invertire il processo di assorbimento dell'energia vitale, ma prima bisogna capire chi si sta alimentando. Come riconosciamo chi è quello che può cambiare forma? » chiese guardandomi.
Come potevo saperlo io? Perché lo chiedeva guardando me? Sfiderei chiunque a non sentirsi a disagio in quella situazione.
Lo guardai ancora, massaggiandomi gli occhi che mi dolevano per il mal di testa probabilmente, e mi venne in mente che in tasca avevo ancora i suoi occhiali. Li indossai ma non fu una grande idea, innanzitutto perché entrambi erano Dalek con sembianze di Dalek, quindi non mi sarebbero serviti a niente, ma poi sembravano non funzionare più. Temevo di averli rotti e mi girai a guardare il Dottore. Sulle lenti potevo questa volta leggere "SIGNORE DEL TEMPO" a caratteri chiari e precisi.
« Non funzionano attraverso quel tipo di vetro, non ho avuto il tempo di fare un lavoro completo. Te li potenzierò più tardi. » disse in fretta, incrociando le braccia e tornando a ragionare sottovoce.
"Menomale che è un Signore del Tempo!" pensai sarcastica tra me, guardandolo e notando che anche lui aveva una macchia di vernice azzurra sugli abiti. Probabilmente anche lui si era sporcato entrando nella palestra. Del resto chi non si sporcava con quell'entrata per hobbit?
Quando sembravo essere persa nei meandri dei miei ragionamenti inutili contro l'inefficienza della scuola, mi resi conto che proprio quella poteva essere la risposta al problema del Dottore.
« Dottore, ti sei sporcato i vestiti di vernice entrando? » gli suggerii, inclinando la testa in direzione dell'entrata dell'edificio.
L'uomo mi guardò serio e socchiudendo gli occhi. Aveva il viso corrucciato in un' espressione affaticata dai chissà quanti ragionamenti.
« L'entrata della palestra! » sbottò alcuni minuti dopo, girandosi verso di me e stampandomi un bacio sulla fronte, preso dall'euforia che cominciò a scaricare ricominciando a percorrere a grandi passi il perimetro dell'edificio.
« L'entrata della palestra è ancora fresca di vernice, se vi fosse entrato un qualsiasi essere umano, o di sembianze tali, non avrebbe potuto evitare di farsi finire la vernice addosso. Calcolando la distanza da un punto all'altro della porta, di dimensioni ridotte, solo un Dalek avrebbe potuto evitare la vernice, mentre un Dalek di fattezze umane no. » concluse staccando un grosso tubo da uno dei due alieni, con una macchia di vernice azzurra simile a quelle sui nostri vestiti.

L'alieno, privo di forze, si spense lentamente e l'altro venne rinchiuso insieme con gli altri dal Dottore, mentre io aiutavo la professoressa di filosofia ad uscire dalla palestra. Col Tardis l'accompagnammo a casa sua, poi toccò a me tornare a casa.
Col Tardis...
Quando il Dottore vide le condizioni in cui avevo ridotto il Tardis cominciò a parlare da solo con la navicella. Gli ripetevo continuamente quanto fossi dispiaciuta mentre accompagnavamo la professoressa a casa, ma lui inizialmente non rispondeva, poi disse che non importava.
« Ti prego, sgridami, dimmi qualcosa ma non dire che non fa niente perché mi sento peggio. » lo supplicai, immaginando come potesse sentirsi.
L'alieno borbottava tra sé e ogni tanto alzava la voce, ma non mi rivolgeva nessuno sguardo inquietante né furioso, al contrario dopo un po' mi sorrise.
« Quindi adesso andrai a sistemare i Dalek che sono fuggiti? » chiesi al Dottore, avviandomi verso la porta del Tardis.
Lui sorrise ed annuì.
« Di solito le persone che incontro mi chiedono di fare un viaggio, uno solo...inizia sempre con uno solo. » il Signore del Tempo abbassò il volume della voce concludendo la frase e riuscii a cogliere una vena di malinconia.
« Che cosa inizia sempre con un solo viaggio? » gli chiesi.
Incrociando le braccia urtai la mano contro le tasche della felpa e sentii la presenza degli occhiali del Dottore.
« Elizah, sei troppo giovane e... » cominciò lui ma io lo interruppi.
« Grazie per il non-invito, Dottore. Ad ogni modo, adesso non avrei potuto accettare. » lo anticipai con fermezza.
« Stavo scherzando, Elizah. Possiamo partire anche subito. » mi disse sorridendo, e avrei tanto voluto seguirlo ma proprio in quel momento non era possibile, nonostante fosse la cosa che più desideravo.
« Mi piacerebbe, però davvero in questo momento non posso. » fui sincera con lui e sperai che questo non avesse compromesso il nostro rapporto, perché nonostante lo conoscessi da poche ore sentivo un forte legame con lui, e raramente mi succedeva.
Mi avviai di nuovo alla porta, poi mi voltai a guardalo sperando che quella non fosse stata l'ultima volta in cui l'avrei visto.
« Ma promettimi che tornerai a prendermi presto, vorrei davvero venire con te, Dottore. » aggiunsi.
La risposta fu un largo sorriso che provocò in me una gioia immensa nella consapevolezza che non l'aveva presa a male. Tornai indietro ad abbracciarlo e per restituirgli gli occhiali.
« Tienili, sono tuoi. Ti serviranno quando verrai con me. » mi disse ammiccando.
« Allora mi verrai a prendere davvero. Promesso? ».
« Promesso. »
E con quelle promessa nel cuore, le cui parole risuonavano ancora nella mia testa, uscii dal Tardis del Signore del Tempo e tornai a casa, felice come non ero mai stata prima. La mia non era una vita facile, ero ancora immersa da tanti problemi tra famiglia, casa, scuola, ma con la consapevolezza che il Dottore sarebbe venuto a prendermi per portarmi lontano da tutto, questa sembrò prendere un'altra piega; avevo ancora molti ostacoli da superare, molte cose per cui soffrire, ma nella mia vita poi arrivò il Dottore.


Rettangolo dell'autrice
In genere si scrive angolo dell'autrice, ma pensandoci ciò che scriviamo non occupa solo un angolo, ma proprio un rettangolo quindi...
No, è che non mi va di fare le cose come le fanno tutti perché sono anticonformista. Vabbé.

Volevo ringraziare tutti quelli che hanno commentato la mia fanfiction e anche chiunque l'abbia solo letta. Devo essere sincera, ho scritto fanfiction mettendoci l'anima ma non mi hanno dato le soddisfazioni che mi hanno dato questa, tenendo presente il fatto che invece era nata con l'intento di far torturare la mia "amata" professoressa dai Dalek e poi ne ho costruito tutta una storia intorno, storia che in un certo senso si è realizzata; il mese scorso ci sono state delle scosse di terremoto, la professoressa non si muoveva a scendere, giù tutti i ragazzi si sono comportati come avevo descritto nella fanfiction e fuori scuola hanno incollato un manifesto di una cabina telefonica rossa su cui qualcuno ha scritto "The Doctor was here, it' bigger on the inside, police box e allons-y", ma tutto ciò è avvenuto circa quattro mesi dopo aver pubblicato la fanfiction.
Quindi Dottore, manchi solo tu, forza!
Spero di scrivere al più presto anche le altre storie della serie "Elizah and the Doctor". Le idee ci sono, la voglia di scrivere anche. Il problema è il tempo; se avessi tempo potrei fare tante di quelle cose, invece non ne ho quasi mai.
Che razza di compagna del Dottore sono se non ho tempo? Forse ho capito perché si dice che il tempo è denaro, ed ecco perché io non ho tempo...in tal caso il Dottore sarebbe l'uomo più ricco dell'universo.
Vaneggiamenti a parte, ancora grazie a tutti e mi auguro di risentirci/rivederci/rileggerci al più presto.

Ps: non smettete mai di aspettare il Dottore, che tanto lui il tempo ce l'ha, prima o poi toccherà a noi vedere la sua cabina blu.
Allons-y.
   
 
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