Premessa
Questa
storia è cominciata diversi anni fa (a giudicare dalla
cronologia del mio
computer nel 2005) e tra alti e bassi è arrivata fino a oggi
inconclusa.
Da allora
sono cresciuta, sia come persona sia come scrittrice, ma rileggendo le
vecchie
pagine ho deciso di non riscriverle, limitandomi ad apportare piccole
modifiche
là dove ho riscontrato errori grammaticali madornali o
imprecisioni per quanto
riguarda i contenuti. Credo sia interessante per me quanto per i
lettori
seguire l’evolversi del mio stile di scrittura
così come del carattere dei
personaggi, che a distanza di anni vengono delineati con tratti a mio
avviso
più marcati, ogni tanti tormentati e, forse, per questo
più umani.
La
narrazione comincia in toni leggeri, dallo stile alle vicende che
vengono
descritte: leggerete di nuovi incontri, di battibecchi e amori
adolescenziali,
di amicizie e piccoli dispiaceri, emozioni che condizioneranno le
giornate e si
porranno al centro delle loro vite. Almeno inizialmente.
Come nella
vita spesso accade, arriverà il momento in cui i personaggi
verranno posti di
fronte a problemi maggiori e difficili decisioni. Se fino al giorno
prima le
loro menti erano totalmente assorbite da “futili” e
“puerili” preoccupazioni ed
erano sicuri di avere tutto il tempo del mondo per raggiungere i loro
obiettivi, d’improvviso tutto parrà sfuggirgli tra
le dita. Gli eventi si
faranno incalzanti e spesso imprevedibili. Più volte si
sentiranno impotenti di
fronte a una realtà indecifrabile e troppo crudele per
essere affrontata.
Ma andiamo
per ordine e diamo inizio a questa storia.
Capitolo
1
Era una
calda giornata di fine estate: presto la scuola sarebbe ricominciata,
portando
con sé l’autunno, oltre all’inevitabile
marea di compiti in classe.
Un
diciottenne camminava spedito per le strade della città.
Taichi
sospirò, portandosi le braccia dietro il capo: e dire che
c’erano persone a cui
la scuola piaceva!
“
Certo
che il mondo è pieno di gente strana!”
Si poteva
dire che quel ragazzo fosse cambiato negli ultimi anni, ma molti
avrebbero
ribattuto che era sempre lo stesso. Di sicuro era cresciuto in altezza,
il suo
corpo si era fatto più robusto e il suo viso cominciava ad
assumere le fattezze
di un uomo adulto. Tuttavia i suoi occhi nocciola avevano lo stesso
sguardo allegro
e spensierato e i capelli castani restavano perennemente in disordine.
Eppure
erano proprio la sua schiettezza e il suo aspetto ancora un
po’ infantile a
conquistare i cuori delle persone.
Taichi
Kamiya non aveva mai avuto nemici. Lui era come quel caldo sole di fine
estate
che splendeva sulla città e la sua forza e determinazione
gli erano valsi,
ormai diversi anni addietro, la digipietra del Coraggio.
Probabilmente
era per questo che il suo migliore amico era Yamato. Infatti, se il
primo era
l’astro del giorno, l’altro poteva essere
paragonato alla luna. Ricordava bene
come al loro primo incontro non andassero d’accordo e i
litigi che avevano scatenato.
La verità era che non sapevano come comportarsi,
riconoscendo nell’altro un
proprio pari eppure entrambi troppo orgogliosi per ammetterlo.
Avevano
caratteri profondamente diversi: uno socievole e sempre al centro
dell’attenzione, pronto a gettarsi con ardore nelle
discussioni, l’altro schivo
e solitario, sempre attento a studiare le mosse
dell’avversario per poi
colpirlo con gelide parole. Al contrario di Taichi, Yamato aveva
incontrato
molte difficoltà nell’accettare la sua digipietra,
simbolo dell’Amicizia, dato
che si sentiva assolutamente inadeguato a tale ruolo. Ciò
nonostante, presto
era parso evidente che non vi era stato alcun errore: il ragazzo si era
dimostrato pronto a sostenere chi avesse bisogno di aiuto, come un
pilastro
solido e sicuro, forte della sua sagacia e lealtà. Testardo
e caparbio come
pochi, non aveva mai gettato la spugna, rivelandosi il compagno ideale
del
prescelto del Coraggio.
Successivamente
Taichi aveva dovuto ammettere a se stesso di aver sempre ammirato le
doti di
quel ragazzo, uno dei pochi che in determinate occasioni fosse riuscito
a
contenerlo e farlo ragionare, insegnandogli a mantenere la calma.
Quando
frequentavano le medie, Yamato entrò a far parte di una
band, nel ruolo di
cantante e musicista. Non fu difficile per loro ottenere il successo e
presto
il gruppo divenne tra i più conosciuti della regione. Il
ragazzo era diventato
una stella nascente della musica e poteva vantare uno stuolo di fans
sfegatate
da far invidia agli idol. Taichi invece decise di impegnarsi in campo
sportivo,
conquistando il titolo di capitano della squadra di calcio della scuola
e conducendo
i compagni a importanti vittorie.
Poi
c’era
stata la questione di Sora: per la prima volta dopo tanto tempo i due
si erano
trovati in competizione. Tuttavia erano troppo legati per mandare
all’aria la
loro amicizia e il bruno aveva preferito ritirarsi, vista anche la
predilezione
della ragazza per l’amico. Certo non era stato facile e ne
aveva sofferto, ma
al contempo pensava di aver fatto la scelta giusta: Sora era una
ragazza
speciale e meritava di avere vicino una persona eccezionale come
Yamato. Così
si era trovato a sorridere: i suoi migliori amici si erano messi
insieme, cosa
poteva volere di più?
Però
tra
poco tutto ciò sarebbe cambiato. Una volta preso il diploma,
si sarebbero
separati, per percorrere ciascuno la propria strada. Sora avrebbe
frequentato
l’Accademia di Belle Arti e a Yamato era stato consigliato di
iscriversi a
Ingegneria. E allora che ne sarebbe stato di loro? Che ne sarebbe stato
di LUI?
Si sentiva
più che mai confuso: c’erano molte cose che
avrebbe voluto fare nella vita e ancor
di più erano quelle di cui non voleva neppure sentir
parlare. Ma qualunque
sarebbe stata la sua scelta, sapeva che non avrebbe potuto sopportare
di
perdere i suoi più cari amici. Ne aveva parlato con Yamato e
lui aveva
confessato di provare gli stessi dubbi. Eppure in quel momento il suo
tono era
pacato come sempre, senza lasciar tradire la minima agitazione.
Perché non
riusciva a esternare anche lui la stessa calma? Di sicuro era uno dei
motivi
per cui il prescelto dell’Amicizia era riuscito a conquistare
il cuore di Sora.
Scosse
vigorosamente la testa, scacciando quei pensieri. Non era mai stato
tanto
insicuro in vita sua e la situazione non gli piaceva per niente.
Intanto
era arrivato in vista del condominio in cui abitava Yamato. Un edificio
in mattoni
rossi a più piani, con i fiori ai balconi, le aiuole curate
e un cortile
spazioso che veniva usato come parcheggio per gli ospiti. Lui e il
padre vi si
erano trasferiti da alcuni anni, decidendo che l’appartamento
di prima non era
adatto a due uomini quasi sempre assenti. L’abitazione si
trovava abbastanza
vicino al centro per consentire ad uno di andare a lavorare e
all’altro di
raggiungere la scuola. Un quartiere pulito e, a giudizio di Sora,
dotato di
un’eleganza semplice e sobria. Insomma, il luogo adatto a
quella coppia di lupi
solitari.
Sorrise e
attraversò il cancello d’ingresso, registrando
subito un’anomalia. Che ci
facevano quei grossi camion nel cortile? Si avvicinò e lesse
il nome di una
ditta di traslochi. Curioso, osservò
un
gruppo di uomini scaricare degli scatoloni imballati e trasportarli
all’interno. Li seguì, desideroso di vedere chi
fossero i nuovi vicini del suo migliore
amico.
Con
stupore si ritrovò al quarto piano, di fronte alla porta
numero 18, sul cui
campanello si poteva leggere “Ishida”. Il gruppetto
compì una piccola svolta e
si infilò nell’apertura accanto, per poi girare a
destra e scomparire dalla sua
vista. Allungando il collo il ragazzo osservò il
Si
voltò
verso l’abitazione dell’amico, che formava un
angolo retto con la precedente,
ma anziché suonare il campanello si ritrovò a
curiosare oltre quell’uscio
sconosciuto: la curiosità aveva vinto ancora una volta.
L’interno
pareva accogliente, per quanto lo possa essere una casa in via di
sistemazione
vista dall’ingresso. Le pareti erano state dipinte in un
color panna molto
delicato e una cassettiera in pregiato legno scuro faceva la sua bella
mostra
su un lato del corridoio, sovrastata da uno specchio contornato dal
medesimo
materiale. Un’unica cornice era stata appesa e racchiudeva
l’immagine di una
città di notte, illuminata da luci multicolori e sovrastata
da un cielo
spruzzato di stelle. Aggrottando le sopracciglia si
avvicinò, notando un
piccolo particolare: una figura sottile si stagliava contro la luna
splendente,
sulla cima di un alto palazzo.
-
Ti
piace? –
-
Sì
– rispose lui automaticamente, per poi sussultare e voltarsi.
Davanti a
lui c’era una ragazza che sorrideva gentilmente. Taichi si
ritrovò ad
arrossire: era davvero…bella. Carina sarebbe stato
inappropriato: la carnagione
era candida, il viso dai tratti regolari e fini. I capelli lunghi e
legati in
una coda ricadevano morbidi su una spalla, la frangia poggiata da un
lato
ombreggiava la fronte e alcune ciocche erano sfuggite alla pettinatura.
Aveva
legato una bandana sul capo e indossava una t-shirt e un paio di
pantaloncini.
Tra le braccia teneva una delle scatole marroni che aveva visto nei
camion. Le
sue iridi erano…blu? No, si corresse, viola. Un colore
magnetico e seducente
dalle varie sfaccettature, risaltato dal contrasto con la pelle chiara.
Si
sorprese, però, nello scorgere in quello sguardo vellutato
che osservava la
fotografia un velo di…malinconia? Ma fu solo un istante.
Appena lei riportò
l’attenzione sul prescelto quella sensazione sparì.
-
Sei
un mio vicino? – chiese la ragazza.
-
No,
sono solo venuto a trovare un amico. –
-
Meno
male – fece lei – vivere con gente tanto curiosa
alla porta accanto sarebbe insopportabile.
–
Lui
arrossì fino alle orecchie.
-
Scusami
se sono entrato senza permesso, non volevo essere invadente, lo giuro
–
balbettò – è solo che… -
-
Eri
curioso – terminò l’altra.
Il ragazzo
abbassò il capo: aveva ragione e si vergognava di esser
stato tanto maleducato.
-
La
tua è stata violazione di proprietà privata, lo
sai ,vero? –
Lui si
fece piccolo piccolo.
-
Il
minimo che tu possa fare ora come ora – continuò
la sconosciuta con un sorriso
– è di terminare il giro, non ti pare? –
-
Eh?
– esclamò allibito.
-
Hai
sentito bene, però sarà meglio spostarci di qua o
rischiamo di intralciare il
lavoro della ditta di trasloco! –
-
Ma
non sei arrabbiata? –
-
Lo
sarò se non mi dai una mano con questa scatola! –
sbottò, cosicché l’altro si
affrettò a liberarla dal peso.
-
Questa
per ora mettila qua, ti faccio fare un giro. – e
avanzò, seguita dal ragazzo.
Poi parve
ricordare qualcosa e si voltò, porgendogli la mano.
-
Comunque
piacere, mi chiamo Rumiko Kitamura. –
-
Taichi
Kamija. –
-
Bene
Taichi, posso chiamarti per nome, vero? – gli sorrise
– Ora avrò l’onore di
farti da guida nel mio piccolo regno, anche se non ho finito di
sistemare
tutto. –
-
Non
vorrei disturbare… -
-
Ma
quale disturbo? – ribatté energicamente
– Ti sembra forse di aver interrotto
un’attività piacevole? – fece in tono
ironico.
Taichi
lanciò una breve occhiata agli scatoloni e alla squadra che
usciva per prendere
il prossimo carico.
-
Direi
proprio di no. – commentò.
-
Esattamente.
Noto con piacere che oltre a curioso sei anche perspicace. –
lo incalzò.
-
Faccio
del mio meglio. – le sorrise.
-
Bene.
– si limitò a dire lei, per poi procedere a
mostrargli l’appartamento.
Il
digiprescelto sospirò, sorridendo interiormente. Aveva
proprio ragione: ce
n’era di gente strana in giro. Però quella ragazza
gli piaceva. Pensando alla
ramanzina che avrebbe ricevuto da Yamato per il suo ritardo, si accinse
a
seguirla.
Le stanze
nel complesso non avevano nulla di speciale: spaziose e illuminate dal
sole,
avevano ampie finestre e gli scaffali dei mobili ancora vuoti. Divani e
poltrone erano ancora avvolti nei teli e qua e là erano
stati ammucchiate le
scatole da imballaggio. Sembrava che solo le cornici fossero state
sistemate:
sulle pareti erano visibili spiagge e città caotiche,
ritratte soprattutto di
notte o al crepuscolo. Di per sé poteva sembrare un insieme
caotico, ma la
disposizione accurata conferiva al tutto un aspetto armonioso. Taichi
aveva la
sensazione di trovarsi in una galleria d’arte.
-
Mio
padre è un fotografo molto bravo –
spiegò Rumiko, come se gli avesse letto nel
pensiero – e predilige i paesaggi. –
Lui si
girò a guardarla e rimase paralizzato nel ritrovarsi davanti
due ragazze dallo
stesso viso, sebbene le espressioni fossero diverse.
-
Non
solo. – riuscì a dire, indicando la cornice alle
spalle di lei.
L’immagine
ritraeva Rumiko. La sua posa era naturale, la bocca leggermente
dischiusa, il
bel viso rilassato e i capelli sciolti sulle spalle. Sorrideva,
enigmatica,
come se custodisse un segreto, noto a lei solo.
-
Nel
tempo libero gli piace farmi delle foto e alcune le appendiamo in casa,
tutto
qua – disse con semplicità – Quelle sui
paesaggi invece le usa nel suo lavoro.
Sai, riviste, book, mostre e via dicendo. –
-
È
davvero bravo. – commentò lui.
-
Lo
so – sorrise orgogliosa.
Poi gli
fece fare un piccolo tour del resto dell’abitazione. Ovunque
erano state appese
delle foto e tutte le volte il ragazzo rimaneva meravigliato dalla
maestria di
quell’uomo. Sembrava in grado di trasformare qualunque
soggetto in un’opera
d’arte in grado di catturare l’attenzione
dell’osservatore. Ma non con
l’arroganza di molti fotografi contemporanei: immortalava i
paesaggi e le
persone sulla pellicola con delicatezza, come se intendesse solo
sfiorarli.
Rumiko si
dimostrava un’ottima guida, mostrandogli i risultati migliori
e intrattenendolo
conversando. Era una persona interessante e i suo modi lasciavano
intendere il
suo carattere risoluto. Diretta e sicura di sé, aveva un
sorriso splendido.
Però non riusciva ad allontanare dalla mente
l’immagine del suo sguardo mentre
osservava la fotografia appesa all’ingresso.
-
Bene,
abbiamo terminato il giro turistico. Posso offrirti qualcosa da bere?
–
-
Veramente…
- tentò, ricordandosi dell’amico.
-
Dai,
così dissetiamo anche quei poveri disgraziati che hanno
sollevato pesi tutto il
giorno! –
-
Beh,
quello potresti farlo anche da sola, non ti pare? –
-
Scherzi?!
Vorresti lasciarmi in balia di quattro uomini grandi e grossi e che per
di più
puzzano di sudore da far schifo? – protestò,
scandalizzata.
-
D’accordo,
vedo che con te non si può discutere! – rise lui.
-
Ti
sbagli, si può eccome, solo che non conviene. – e
gli sorrise con aria scaltra.
Poi si
affacciò al balcone e invitò i lavoratori a bere
qualcosa. Taichi pensò a cosa
dovevano aver provato a esser richiamati da uno strillo proveniente dal
quarto
piano e a ciò di cui avrebbero parlato i vicini per i
prossimi giorni. Mentre
la ragazza si recava in cucina a prender le bevande il giovane scosse
la testa,
sorridendo: Rumiko Kitamura era una persona davvero degna di
attenzione.
Ormai si
era quasi fatta sera e Taichi camminava sulla strada di casa.
Nonostante quel
pomeriggio non fosse cominciato nel migliore dei modi, si era
divertito. Rumiko
l’aveva invitato a tornare a trovarla quando
l’abitazione fosse stata sistemata
e lui aveva afferrato al volo l’invito. Quella ragazza gli
piaceva e non vedeva
l’ora di rivederla. Sperava che potessero diventare amici, in
modo da riuscire
a comprenderla un po’ meglio. E, naturalmente,
l’avrebbe presentata anche agli
altri, a Yamato e…
“Porca
miseria, mi sono scordato di passare da lui! Domani sarà
furioso…”
Un brivido
gli attraversò la schiena al solo pensiero. Poi
sollevò le spalle: se non altro
il giorno dopo era domenica e avrebbe potuto dileguarsi facilmente.
Lunedì…beh,
lunedì avrebbe pregato tutti i santi!
Si
fermò
davanti a quella cornice, osservandone la fotografia. Si
accigliò: quell’immagine
non avrebbe dovuto trovarsi lì, esposta allo sguardo di
chiunque.
“E
soprattutto non al mio”.
La
sfilò
dall’attacco e la portò nell’altra
stanza, intenzionata a buttarla nella
pattumiera. Poi si fermò e, senza più guardarla,
entrò nella propria camera da
letto. Aprì un cassetto ancora vuoto e la fece scivolare al
suo interno. Quando
lo richiuse, le sue mani tremavano.
Continua…
N.d.a.
Volevo
solo chiarire un paio di cose, prima di procedere: innanzitutto
l’età di
Miyako. Non essendo sicura ho preferito metterla nello stesso anno di
Daisuke e
gli altri, ma se ho sbagliato vi prego di portare pazienza!
Inoltre ho
utilizzato il modello scolastico giapponese, cioè 5 anni di
medie e 3 di superiori.
Però l’anno scolastico è lo stesso che
abbiamo noi, con le vacanze in inverno
ed estate e la scuola che finisce a giugno! Altrimenti avrei dovuto
inserire le
vacanze di primavera (di nuovo non ero sicura del periodo) e poi il
periodo
esami (ennesimo problema!)
Dunque,
ricapitolando:
-
Taichi,
Yamato e Sora (18) frequentano il terzo anno delle superiori
-
Koushiro
(17) secondo delle superiori
-
Jiou
(19) primo di università
-
Daisuke,
Hikari, Takeru, Miyako e Ken (15) ultimo delle medie
-
Iori
(13) terzo delle medie.
Infine
avviso che mi vedrò costretta a inventare lì dove
ho alcune lacune, come nel
caso del nome del padre di Yamato. Chiedo venia anche per questo!
Monalisasmile