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Autore: Lady Viviana    15/02/2014    2 recensioni
Un blogger e il suo amico sociopatico (o meglio “sociopatico ad alta funzionalità”, come ama autodefinirsi) che corrono per le strade di Londra alla ricerca di assassini e terroristi. Ma anche John e Sherlock, due uomini come tanti che hanno deciso di condividere un appartamento. Questa raccolta di dieci one-shot celebra appunto loro due e la vita quotidiana al 221B di Baker St. Perché è anche questo che li rende così speciali.
Spoiler-free (ma possibili riferimenti alle prime due serie)
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: OOC, Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Twelfth Night
by johnsarmylady


 
N.d.t.
Buon pomeriggio a tutti! *schiva coltelli* non uccidetemi per gli aggiornamenti rari, vi prego *fru*
Due brevi righe per ringraziare tutti quelli che hanno continuato a leggere fin qui, malgrado tutto, a Girl of Paper, che ha recensito tutti i capitoli e a chi l'ha messa nelle seguite, preferite e persino ricordate. Avete la mia gratitudine eterna...e un sacco di biscottini al cioccolato ^^
Lady Viviana
p.s. Link alla storia originale: https://www.fanfiction.net/s/9998377/1/Twelfth-Night
Link al profilo dell'autrice originale (johnsarmylady): https://www.fanfiction.net/u/4151413/johnsarmylady
 
 
John
Sherlock
Mrs. Hudson/Harriet Watson
Lestrade/ Mycroft

 
Iniziò con un raffreddore, un orribile naso gocciolante e il mal di gola e John seppe che tutto quello che doveva fare per sentirsi meglio era rimanere a casa, avvolto in una  coperta per combattere la neve di gennaio, sulla sua poltrona di fronte al fuoco.
 
Lo sapeva, lo aveva anche detto a Sherlock. Perché, allora – pensò – si trovava in piedi, quasi in mezzo in bufera di neve, ad ascoltare il suo coinquilino che spiegava perché l’uomo che avevano appena catturato era il killer e non il pugile che in quel momento era rinchiuso a Paddington Green?
 
Una mano sul braccio lo fece sobbalzare e John alzò lo sguardo vedendo Greg Lestrade sorridergli con simpatia.
E’ meglio se lo segui, John o ti toccherà prendere un taxi per tornare a casa” e inclinò la testa verso la figura che si stava rapidamente allontanando.
John annuì come ringraziamento e si affrettò a raggiungerlo, arrivando sul ciglio del marciapiede proprio mentre si fermava il veicolo.
In silenzio, se si esclude il dottore che starnutiva e tirava su col naso, ritornarono a Baker St; Sherlock si chiese quanto ci sarebbe voluto prima che si presentasse un altro caso, mentre John si chiese se sarebbe mai riuscito a scaldarsi.
 

Lunedì mattina fu evidente che quello non era “soltanto un raffreddore”. Trascinandosi fuori dal letto, si sfilò il pigiama intriso di sudore e afferrò il piumone, scendendo  in salotto, dove, dopo aver preparato una tazza di thè, vi si avvolse, sedendosi sulla sua poltrona di fronte al fuoco.
 
Sherlock era in contemplazione, immerso profondamente nel suo Palazzo Mentale e per una volta John, troppo preso dalle proprie sventure, non si preoccupò di se il più giovane aveva mangiato o dormito.
 
Non volendo sottoporre le sue orecchie e i suoi occhi a quei programmi spazzatura che di solito seguivano lo sfarzo e il brio del Natale, John allungò la mano e prese un libro dallo scaffale. Se gli diede fastidio se il più vicino fosse una raccolta di commedie di Shakespeare, non lo diede a vedere poiché lo sfogliò finchè non trovò la storia che stava cercando e, stringendosi di più nel suo piumone, iniziò a leggere.
 

Il rumore del libro che cadeva a terra riscosse Sherlock dalle sue meditazioni, portandolo a lanciare un’occhiata al suo coinquilino. John stava dormendo; un leggero velo di sudore gli imperlava la fronte e un lieve suono sibilante accompagnava il suo respiro.
In un singolo, leggero movimento, Sherlock si alzò in piedi e si mosse verso l’uomo addormentato, con l’intenzione di tirare su il libro e spedire il dottore nella sua camera, a letto, ma una voce proveniente dall’uscio dietro di lui lo fermò.
Oh, guardalo, non sembrava stare molto bene ieri sera, quando siete tornati a casa – Mrs Hudson entrò nella stanza – Non mi stupisco che sia ammalato”
“E’ solo un raffreddore”
No, non lo è, Sherlock, ascolta il suo respiro! E guarda com’è sudato! Se non è influenza, allora io sono la tua governante!*
Sherlock stava per sottolineare che si stava sbagliando, quando si rese conto di quello che aveva detto e guardò John.
“Dovremmo riportarlo a letto?” chiese, insicuro.
No, caro, metti il divano un po’ più vicino al fuoco, così lo mettiamo là, intanto che io vado a cambiare l’aria alla sua stanza e a rifare il letto” armeggiando per la stanza, la vecchia signora mise a posto cuscini e coperte, prima di lasciare l’altro a sollevare il medico dalla poltrona.
 
La tempesta lo gettò sul ponte della nave, scivolando, le onde si infransero sul ponte, correndo e cercando di trascinarlo con loro. Ogni osso del suo corpo doleva per lo sforzo di rimanere a bordo e tremò negli abiti fradici.
 
Il rollio della nave lo faceva star male e gemette, sentendo la solidità del ponte scivolare via sotto di lui, finchè non cadde, diretto velocemente nel mare in tempesta.
 
Ecco qui, renditi utile” mettendo una ciotola di acqua fresca nelle mani di Sherlock, Mrs. Hudson si diresse al piano di sopra “Cerca di aiutarlo mettendogli una pezza bagnata sulla fronte, nel tentativo di abbassare un po’ la temperatura
 
Sherlock guardò dove la signora era sparita per un intero minuto rima di sedersi  sul bordo del tavolino e mettere un panno bagnato sulla fronte di John. Il suo primo tentativo fu un disastro perché si era dimenticato di strizzarla e John iniziò a spiantarsi nel vedere l’acqua che gli cadeva sulla faccia.
 
Stava annegando. Aveva bisogno di raggiungere la riva verso cui si stava dirigendo prima che la tempesta li colpisse, ma aveva l’acqua negli occhi e nella bocca e si agitò, cercando di nuotare.
 
In fretta, tolse la pezza e abbassò e allontanò le braccia di John che si stava agitando, prima di provare di nuovo.
 
Tossendo e respirando con difficoltà, ringraziò il fato che la sua faccia fosse fuori dall’acqua , in quel momento, in modo da permettergli di respirare. Mentre giaceva tremante, gli fu ovvio che non era più sballottato di qua e di là – sulla nave o in mare – e che doveva aver raggiunto la riva.
 
Per un po’ rimase lì, limitandosi a respirare, chiedendosi se avrebbe avuto la forza di muoversi, quando udì una voce vicino a lui, non ne fu per nulla spaventato, come se avesse saputo che il suo proprietario era un amico, che l’avrebbe protetto e tenuto al sicuro.
 
Affondando nella sabbia grumosa della spiaggia, iniziò a perdere conoscenza, finchè il suo ultimo pensiero “Cosa è successo a mia sorella?” scivolò via assieme a tutto il resto…
 


“Va’ via, Mycroft” Sherlock non alzò nemmeno lo sguardo dalla minestra che Mrs Hduson lo aveva lasciato a mescolare
Ah, vedo che stai eseguendo degli ordini, fratello mio, ora che hai capito che John non è una macchina, ma un essere umano” e sbirciò da sopra la spalla del fratello.
“Ti ho detto di andartene”
 
Versando il liquido caldo dalla pentola in una grande tazza, lo portò fino in soggiorno, dove John si sollevò, ancora avvolto nel suo piumino, cercando con difficoltà di tenere gli occhi aperti
“Ecco qui, John” assicurandosi premurosamente che l’amico avesse afferrato saldamente la tazza, prima di fare un passo indietro e scuotere la testa di fronte allo sguardo confuso dell’altro.
“Mrs. Hudson ha detto che dovevo assicurarmi che lo mandassi giù”
Mi sento uno schifo – due occhi azzurri, spenti, guardarono da sopra la spalla dell’altro – Perché tu sei qui?
Buon pomeriggio anche a te, John. Ho solo pensato di passare per vedere come stavi
“Bene, ora che lo hai visto, vattene”.  Sedendosi sulla sua poltrona, Sherlock lanciò un’occhiata al fratello maggiore.
Mycroft sorrise e John parve improvvisamente sorpreso, poi aggrottò la fronte.
Mi ricordi qualcuno – gracchiò, finendo la zuppa e appoggiando la tazza sul pavimento – Non penso…
“Non preoccuparti, John, se ne sta andando”
Beh, è stato un piacere vederti, John, spero tu guarisca presto
Ma John si era già addormentato.
 
Mentre la porta si chiudeva dietro suo fratello, Sherlock stava già meditando sui precedenti deliri, dovuti alla febbre, di John – perché avrebbe dovuto pensare a cosa era successo a sua sorella?
 

Una mano delicata si posò sulla sua testa mentre si metteva sulla sdraio, ascoltando la musica, triste e dolce e guardando il profilo dell’uomo illuminato dalla luce proveniente dalla finestra. Conosceva quel brano, era quello di Lei, quello che l’altro aveva scritto quando si struggeva per quella donna.
 
Era comunque un bel pezzo e ascoltarlo continuamente non lo metteva a disagio. L’uomo amava la musica e pensava che non avrebbe ascoltato nulla, se non il meglio.
 
“E’ bello vedere che ti sei preso cura di lui”. La voce della donna, proveniente da qualche parte dietro di lui, si volse alla figura “Ho sempre saputo che eravate più che amici”
“Non sono gay!” ascoltò se stesso protestare mentre la musica si interrompeva bruscamente.
La mano, morbida e decisamente femminile, gli tolse i capelli dalla fronte e lo zittì, dicendogli di rilassarsi.
“Certo che no, caro - lo calmò – Qualunque cosa tu dica, noi siamo molto tolleranti”
La frustrazione ribolliva dentro di lui e voleva saperne di più, ma il rumore di una discussione lo distrasse…
 
Anche se avessi un caso per te, Sherlocke non ce l’ho penso che dovresti prenderti cura di lui, mentre l’influenza lo butta giù
“Oh, andiamo, Lestrade, i sentimenti? Ti aspetti che mi senti in colpa?”
No, io mi aspetto che tu capisca che Mrs. Hudson è troppo vecchia per occuparsi di qualcuno – voglio dire, ti ucciderebbe sforzarti un po’?
“Se fossi stato qua dieci minuti fa, lo avresti sentito protestare dicendo che non è gay; anche se è malato continua a sentire il bisogno di sottolinearlo. Pensi che preferirebbe mi prendessi io cura di lui?”
 
Greg si alzò e lo fissò, a bocca aperta “Davvero? Cos’è che ha detto? “riusciva a malapena a contenere le risate
“Beh, la signora Hudson stava blaterando sul fatto che siamo più che amici”
L’ottuagenaria arrossì e accarezzò l’uomo addormentato, senza incrociare lo sguardo dei due investigatori.
Comunque non starebbe così se lo avessi lasciato a casa
 
Ci un fruscio di carta e il rumore di qualcosa di pesante che veniva poggiato sul tavolo
Comunque, ho pensato di portare questo per lui, sperando che lo faccia sentire meglio
“Whisky? – Sherlock sogghignò – Stai parlando di John, non di Harry!”
Harry?”  arrivò la voce di John dal divano, anche se i suoi occhi rimasero chiusi.
 
Sherlock aggrottò la fronte. Era la seconda volta quel giorno che John nominava la sorella, anche se normalmente evitava di parlare di lei. Tirando fuori il telefono dalla tasca mandò un rapido sms e poi si girò nuovamente verso Lestrade
 
“Nessun caso? Bene! Torna quando hai qualcosa per me” e spinse l’altro, sorpreso, fuori dall’appartamento.
 

 
Voci sempre più forti sulle scale avvisarono Sherlock che la sua richiesta via sms era stata soddisfatta e se fosse stato spiacevole per suo fratello, tanto meglio. Aprì la porta dell’appartamento e guardò giù verso i profondi occhi azzurri e arrabbiati di Harriet Watson.
 
“Dovresti abbassare la voce, Harry, tuo fratello sta dormendo”
E chi sei tu per dirmi cosa fare? Se John sta dormendo, perché ha bisogno di me qui?
 
Mycroft alzò gli occhi.
Ho cercato di far capire alla signorina Watson che suo fratello chiedeva di lei, che non sta bene e che pensavamo dovesse venire
E tu – si fermò nel centro del soggiorno e si girando, puntando un dito con fare accusatorio verso il più vecchio dei fratelli Holmes – tu sei matto! Mi hai tolto il drink e hai minacciato di arrestarmi se non venivo con te!
“Francamente come ti ha portato qui non mi interessa. Sei qui, per quanto mi riguarda”  indicò l’uomo che dormiva abbastanza tranquillamente sul divano  “ la sua temperatura sembra essere scesa ed è sicuramente più calmo”
Perciò non avevi bisogno di questo pazzo per…
Harry? Sei sopravvissuta!” John con fatica si mise a sedere, un’azione semplice che la combinazione di stanchezza e sintomi influenzali rendeva difficile “Dove sei stata? Ero preoccupato
Cosa? Ero a casa e sarei ancora lì se questo pazzo non mi avesse trascinato qui. E se stai pensando alla mia ultima sbronza, sì, sono sopravvissuta, niente ringraziamenti per avermi mandato in riabilitazione!
“Non sono pazzo” la interruppe Mycroft, stanco dei suoi insulti.
No, Harry, non è veramente malvagio, lui è…” John si fermò, investito da un ricordo improvviso. Starnutì, tirò su col naso e poi sorrise “No, lui non è pazzo….lui è Malvolio!**
 
 
*Qui si fa riferimento a una frase che ripete spesso Mrs. Hudson “I’m your landlady, not your housekeeper!”, “Sono la tua padrona di casa, non la tua governante!”
**Malvolio, importante personaggio de “La dodicesima notte” di Shakespeare, cui questa storia si ispira.  Per evitare spoiler vi rimando, per info, alla pagina di wiki http://it.wikipedia.org/wiki/Malvolio
  
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