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Autore: TheHellraiser    20/02/2014    1 recensioni
Raccolta di One-Shot che racconta la storia di ognuno dei componenti dei sette sicari dei peccati capitali della fan fiction "The HitMen", prima che si unissero e come si sono conosciuti fra di loro. Ognuna delle One-Shot tratta uno dei killer, quindi sono sette in tutto. O almeno dovrebbero esserlo, ne aggiungerò altre se mi verrà in mente qualcosa xD Che ne so, tipo capitoli bonus o cose del genere u.u"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The HitMen'
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Point of view: Tony/Sloth



...Devo proprio essere il secondo? Ok, ok, va bene, non vi lamentate troppo. Comincio. Julia si è presentata, quindi credo di doverlo fare anche io. Mi chiamo Anthony Di Lauro, ho venticinque anni, sono meglio conosciuto per le strade come Sloth, il più apatico fra i killer dei peccati. Ho molti soprannomi che spaziano da Tony il rosso a L'immortale, mentre i meglio informati sul mio conto - vale a dire, quelli della squadra - mi conoscono meglio come Antonio Valente. Come? Perchè ho due nomi? Beh, aspettate e vi racconterò. Come ben saprete, faccio parte dei sette sicari dei peccati capitali. L'origine del nostro gruppo risale ad un sacco di tempo fa. Quasi quattro anni, per la precisione. La storia della distruzione della mia vita, però, comincia ancora prima. Il mio cognome, Di Lauro, ricorderà di sicuro qualcosa agli italiani del sud. I Di Lauro sono una famiglia della camorra potente, famosa per la grande faida di scampia del 2004. Proprio quell'anno è stato l'inizio della mia fine.

All'inizio non sospettavo assolutamente nulla. In fondo, avevo solo undici anni. Un bambinetto del cazzo. L'unico difetto che avevo a quei tempi era - oltre ad essere un arrogante stronzo - l'essere figlio di un importante membro della famiglia Di Lauro. Lo sapevano tutti, ovviamente, tranne noi. Mi sono sempre chiesto perchè gli altri mi trattassero così rispettosamente, ma l'ho semplicemente ricollegato al fatto che riconoscessero che ero meglio di loro. Durante quell'anno le guerre della mafia infuriavano, ma a me non era mai importato. Non ci era permesso uscire tardi la sera, ma oltre a questo non aveva ricadute su di noi. O almeno non le aveva avute fino a quel momento. Quel giorno, mentre stavo giocando con il mio fratellino in salotto e la mamma preparava da mangiare, ho sentito degli spari. Erano troppi spari, per i miei gusti, e non erano affatto lontani come al solito. Anzi. Fin troppo vicini. Non ci ho dato particolare peso, almeno finchè papà non è entrato in casa con in braccio il suo AK-47 e un sacco di sangue che gli impregnava i vestiti. Lui e la mamma si sono scambiati uno sguardo. Era come se, in un certo senso, si stessero aspettando quel momento. In casa c'era sempre stata una cassa di metallo che papà chiamava "Cassa delle emergenze". Ci era stato proibito toccarla, e in quel giorno capii perchè. La prima cosa che papà fece fu aprire la cassa, mentre fuori sembrava che satana fosse salito dall'inferno a fare un giretto sulla terra. Ne ha tirato fuori una pistola. Era bella, io non ci capivo molto di pistole a quei tempi, e soprattutto non capivo cosa succedesse. Papà mi ha guardato negli occhi. Mai l'avevo visto così serio. Mamma si è messa a piangere a dirotto, e ha abbracciato me e Jake continuando a baciarci sulla testa. Non capivo che stesse succedendo. Papà mi mise la pistola in mano, era già carica.
«Tonio, qualunque cosa succeda adesso, dovrai proteggere te e tuo fratello. Prendi Jake e scappa. Non esitare ad usare questa.»
Non scorderò mai quelle parole. La mamma ci ha condotti alla porta sul retro. Jake piangeva e non capiva, mentre io stavo lentamente metabolizzando la situazione. Realizzavo ogni secondo di più quanto fosse grave. Così, baciai la mamma, presi Jake per mano e corsi più veloce che potevo, lontano, con la consapevolezza che non sapevo se sarei mai tornato. Jake aveva solo tre anni, all'epoca. Abbiamo corso. Corso. Siamo fuggiti. Speravamo che avremo potuto correre più veloci della morte che ci stava inseguendo. Abbiamo raggiunto un boschetto che stava non molto lontano da casa nostra e ci siamo buttati nella prima buca che abbiamo trovato. Ho fatto del mio meglio per coprire mio fratello e me. A quel punto, gli spari aumentarono d'intensità. Si sentivano urla, boati, e tutto quello che potevo fare era stare fermo lì, schiacciato nella terra, con ogni muscolo teso, aspettando e sperando. Poi, il silenzio.

Quando finalmente siamo usciti, era chiaro che non avremo più parlato con i nostri genitori. Non pensai nemmeno per un istante di tornare a casa, mi limitai a stringere la mia pistola in mano, come se questo potesse scacciare il male. Provavo dolore, mi faceva male tutto, correndo mi ero graffiato tutte le gambe e il corpo nei rovi del bosco. Jake non aveva nemmeno la forza di piangere, si limitava a guardarmi in modo triste, come se in fondo sapesse cos'era successo. Io non provavo niente, dentro. Fino a quel momento avevo creduto che saremmo morti, per cui ero ancora zuppo dell'apatia di cui mi ero intriso per prepararmi alla morte. Ma sopravvivemmo. Non avevamo più nessuno, ma riuscivamo a tirare avanti. Io lavoravo, facevo qualsiasi cosa potesse aiutare a racimolare qualche soldo per proteggere mio fratello. L'avevo promesso a mio padre. Jake non poteva ancora essere molto d'aiuto, così toccava fare tutto a me. Fortunatamente in una città in cui la mafia aveva ben radicato i suoi tentacoli non era difficile trovare del lavoro in nero, che fosse scaricare un camion o intrattenere uomini dai gusti discutibili. Appena fui abbastanza grande cominciai a lavorare per la mafia, con la consapevolezza che forse avrei trovato chi aveva ucciso i miei. Si dice che la mafia possa vedere tutto, e infatti era proprio questo ciò che successe. Chiesi chi dovevo cercare. Fu fatto il nome di Evandro Brigas, un killer ispanico della 'ndrangheta che aveva ucciso i miei per conto del clan avversario. Ma questo Evandro sembrava introvabile, e non volevo mettere in pericolo Jake. Dopo le numerose volte che qualcuno ha cercato di uccidermi - ne porto ancora i segni sul petto - decisi che Jake non poteva restare con me. Doveva andare in un luogo più sicuro, mentre io cercavo il responsabile.

"Assolda un killer che lo scorti", mi dissero. Ma io non avevo soldi. Nemmeno un centesimo. Mi parlarono di un killer relativamente giovane con una certa fama, spietato come pochi, ma che costava molto. Più di duemila dollari. Lo chiamai. Dovevo a tutti i costi aiutare Jake, anche se questo significava dover offrire tutto ciò che mi restava ad un assassino a pagamento.

Non era propriamente esatto chiamarlo un killer. Era una killer. Quando la vidi la prima volta, le risi in faccia. Era molto più piccola di me, avrà avuto sedici anni o giù di lì. Se avessi saputo chi avevo di fronte, non avrei mai riso. Già, penso che indoviniate proprio chi sia. Era Julia. Quando le risi in faccia lei non disse nulla, si limitò a squadrarmi con gli occhi eterocromatici. Mi chiese se avevo i soldi. Ovviamente risposi di no. Non avevo affatto duemila dollari. Forse vi starete chiedendo perchè non abbia semplicemente mentito dicendo di averli, ma è piuttosto difficile dire di averli e poi al pagamento tirarli fuori se non ce ne sono, no? Tanto valeva dirle subito la verità. Tanto ero disperato. La minacciai, dissi che doveva portare al sicuro Jake o che l'avrei uccisa. A quel punto, è stata lei a mettersi a ridere. L'avrei strozzata. Io le avevo appena fatto capire che ero così dannatamente disperato che avrei potuto ucciderla e lei mi ha riso in faccia! E' stata una delle cose più umilianti che mi siano mai successe.
«Non ti preoccupare, ci penso io a tuo fratello»
Quella frase non ha fatto altro che farmi dannare ancora di più per la preoccupazione. Lei ha chiesto in prestito un jet a uno dei suoi amici, e mi ha spiegato che avrebbe portato via mio fratello da uomini di sua fiducia. Quando scoprii che gli "uomini di sua fiducia" erano degli Yakuza che vivevano in giappone, mi sono immediatamente opposto. Pensava davvero che mi fidassi? Lei mi ha guardato come per dirmi "ti pare di avere scelta?" Per far sì che mi fidassi, mi ha lasciato accompagnare mio fratello fino in Giappone. In fondo aveva ragione, quei due erano Yakuza della vecchia guardia che avevano un debito con lei, e per nulla al mondo avrebbero fatto qualcosa contro la sua volontà. Questioni di onore, o cose del genere. Non mi fidavo ancora, ma fu proprio Jake a dirmi che andava bene così e che si sentiva in colpa a starmi in mezzo ai piedi. Penso di non esserci mai rimasto così male, ma se Jake voleva stare con loro perchè si sentiva al sicuro allora così sarebbe stato. Non mi fidavo per niente, ma avendo un piccolo difetto chiamato disturbo paranoide - che ho tutt'ora - credo che fosse normale. Ancora oggi mio fratello si trova in Giappone, dove nulla e nessuno potrà raggiungerlo. Lo so. Come lo so? Beh, è semplice. Perchè so di potermi fidare di quella killer, che oggi è la mia capo. All'inizio continuavo a non fidarmi, però.

Pensai che forse, se avessi continuato a sorvegliarla da vicino, magari non avrebbe fatto nulla a mio fratello. E' esattamente per questo che ho deciso di "pagarla" offrendomi di diventare una specie di guardia del corpo, per lei. Le dissi che le dovevo un grossissimo favore e che mi sarei sentito in debito se non avesse accettato, anche se in realtà di lei mi fregava meno di niente. Sì, è così che ho incontrato e seguito Julia, e sono diventato il primo membro effettivo ad unirsi ai sette killer. Il secondo... Credo che sia stato Vash. Sì, sì, Pride, chiamatelo un po' come vi pare. Ma questo non ho intenzione di raccontarlo io, mi si sta già seccando la gola. Sapete che siete dei veri impiccioni, neh? Quasi come quel ragazzino, Dylan. Umpf. Vi lascerò a Vash. Buon divertimento.

NdA: Ah, i modi bruschi di Tony. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. Sì, quasi nessuno dei miei killer ha ancora tutta la famiglia in vita xD Il prossimo a parlare sarà Vash, aka Pride! Stay tuned! u.ù/
  
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