CAPITOLO
QUINDICI – ABBIAMO TEMPO
Il
tempo non ha
limiti,
non passa per dividerci
è un pretesto sai che non basta mai
per dividerci.
(Il tempo tra di noi, E. Ramazzotti)
Jack
l’aveva lasciato a casa quella mattina e non
aveva voluto saperne di lasciarlo lavorare. Ianto gli aveva assicurato
che non
sarebbe andato in missione, che avrebbe potuto aiutarli restando alla
base
senza correre alcun rischio, però lui comunque non aveva
voluto. Da quando era
incinto si comportava con lui come se fosse fatto di porcellana e lo
accudiva
più del solito. Non che gli dispiacesse, certo,
però lo faceva sentire un po’
strano. Jack non era mai stato apprensivo, non si preoccupava mai dei
rischi e
alle conseguenze ci pensava solo quando accadevano. E poi quel bambino
era più
forte di quanto pensassero, era riuscito a sopravvivere a un
proiettile,
insomma…
Sospirò
alzandosi da tavola e portando i piatti al
lavello. Adesso si sarebbe dovuto trovare qualcosa da fare in casa per
non
annoiarsi. Detestava annoiarsi, in quei casi pensava troppo.
Accese l’acqua calda e prese una spugna incominciando a
lavare il coltello che
aveva usato per spalmare il burro.
Forse era l’occasione buona per pulire un po’ la
casa o magari guardare la tv o
leggere qualche libro visto che di solito non aveva mai tempo per
farlo. Ma
ormai aveva persino dimenticato come si facevano queste normali cose
quotidiane. La sua vita era tutt’altro che quotidiana.
Improvvisamente
sentì suonare il campanello della
porta. Si sciacquò velocemente le mani e le
asciugò in uno straccio, poi si
trascinò verso la porta.
Non appena aprì l’uscio, si trovò
davanti il sorriso allegro di sua sorella che
aprì le braccia per stringerlo in uno dei suoi abbracci da
orsi. Ianto non si
sorprese più di tanto nel vederla lì, visto che
solo poco fa le aveva mandato
un messaggio dicendole che poteva venire a trovarlo quel giorno, ma non
se
l’aspettava così presto.
“E’
appena avvenuto un miracolo, fratellino!”
“Cioè?”
le chiese il ragazzo chiudendo la porta
quando lei fu entrata.
“Mi
hai detto che potevo venire a trovarti”, rispose
la donna ridacchiando.
“Ahaha!
Spiritosa”.
Rhiannon
si guardò un po’ attorno, come per voler
controllare se qualcosa fosse cambiato, poi si accomodò sul
divano, davanti al
televisore spento. “Dov’è
Jack?” chiese, notando che l’uomo non
c’era.
“E’
al lavoro”.
“E
tu come mai sei a casa?”
Ianto
esitò un attimo sul corridoio d’ingresso,
indeciso se dirle quello che era successo oppure no. Ma alla fine si
decise a
farlo, era sua sorella dopotutto. Avrebbe capito. Rhiannon, dal canto
suo,
lesse qualcosa di sospetto nell’espressione del fratello.
“Rhian,
devo dirti una cosa”, annunciò lui,
sedendosi accanto a lei sul divano. “Anzi, due”.
“Devo
preoccuparmi?”
“Be’
no, non proprio”. Incrociò le gambe e si
voltò
completamente verso di lei, per essere più comodo.
“Ecco, io…”, iniziò, ma non
sapeva esattamente che parole usare per rendere la cosa meno
scioccante. Ma
alla fine si rese conto che quello che stava per dirle sarebbe stato
sconvolgente in ogni caso, perciò si decise a concludere.
“Io e Jack aspettiamo
un bambino”. Rhiannon dapprima lo guardò come se
le avesse appena detto che
voleva volare fino alla luna con l’ombrello. Poi si
portò le mani alla bocca e
spalancò gli occhi. “Oh mio Dio! Avete deciso di
adottare un bambino? O avete
fatto l’inseminazione…”.
“No!”
esclamò il ragazzo interrompendola. Sarebbe
stato più difficile del previsto. “No, no, niente
di tutto questo”. Abbassò lo
sguardo alla ricerca delle parole giuste. “Io aspetto un
bambino.
Letteralmente”. E si portò le mani alla pancia per
sottolineare il concetto.
Rhiannon
assottigliò gli occhi confusa.
“Aspetta… mi
stai dicendo che tu… che tu sei…”.
“Incinto,
sì”, concluse lui per lei, aspettandosi un
qualche tipo di reazione esagerata come era tipico di sua sorella.
“Ma…
ma…”.
Ianto
sospirò pazientemente e cominciò a spiegarle.
“Tu sai che lavoro con gli alieni, no?” La donna
annuì, l’attenzione
completamente catturata dalle sue parole. “Ecco, è
successo che un alieno mi ha
morso e… sono rimasto incinto”.
“Quindi
il bambino è un alieno”.
“No.
Quell’alieno ha solo fatto in modo che io
potessi… sì, insomma, hai capito. Il bambino
è di Jack”.
“Ok”.
Rhiannon prese un grande respiro cercando di
assimilare la rivelazione. Suo fratello le aveva detto che lavorava con
gli
alieni e già quello era stato abbastanza scioccante,
però questo… “Ok”,
ripeté.
“Ok”.
Ianto
la guardava con espressione tesa, non sapendo
se fosse contenta o… chissà cos’altro.
“Guarda”, disse poi, alzandosi per
prendere qualcosa dal cassetto. Quando tornò da lei le
portò la foto di
un’ecografia. “L’ha stampata Owen, un mio
collega”.
Rhiannon
la prese in mano delicatamente e la osservò
in ogni particolare. Le sue labbra però si piegarono in un
piccolo sorriso
intenerito quando vide la piccola creatura ritratta al centro.
“E’ bellissimo”.
“Davvero?”
“Sì.
È un bambino, è ovvio che è
bellissimo”.
Il
ragazzo rilassò la schiena sullo schienale del
divano, contento che la sorella non avesse reagito male. Rhiannon
riportò di
nuovo lo sguardo su di lui e gli sorrise. “Sono contenta per
voi e soprattutto
per te. Avere un bambino ti cambia la vita in meglio, anche se ci sono
molte
difficoltà da affrontare”.
“Lo
so. Ti confesso che ho un po’ di paura”.
La
sorella gli prese una mano tra le sue,
accarezzandogli il dorso. “E’ normale, ma vedrai
che andrà tutto bene. Sarai un
bravo padre e lo sarà anche Jack. E in ogni caso, potete
chiedermi aiuto quando
volete”.
“Grazie”.
Rhiannon
si protese ad abbracciarlo di nuovo, poggiando
il mento sulla sua spalla. “Ma avete pensato che con questo
potreste aver
rivoluzionato la medicina?”
“Sì,
ma non è così semplice”, le rispose
sciogliendosi dall’abbraccio. “Non sappiamo ancora
come sia né se ci sarà
qualche… effetto collaterale. E in ogni caso non credo che
il mondo sia pronto
per accettare una cosa del genere”.
“Be’,
certo. Ma prima di tutto voglio che pensi a
te”.
“Non
ti preoccupare, a quello ci pensa già Jack”.
“Misha
e David saranno contenti di sapere che
avranno un nuovo cuginetto. O una cuginetta”.
Ianto
assottigliò le labbra in una smorfia non molto
piacevole. “A proposito di questo… magari non dire
a John proprio ciò che ti ho
detto”.
La
donna scoppiò a ridere divertita.
“D’accordo.
Come vuoi”.
Dopotutto,
era contento che fosse venuta a trovarlo.
A volte sentiva la sua mancanza e gli sarebbe piaciuto poter
trascorrere con
lei pomeriggi interi in cui si confidavano segreti e ridevano delle
cose più
stupide esattamente come facevano quando erano più piccoli.
“Qual
è l’altra cosa che dovevi dirmi?” chiese
Rhiannon ad un tratto. Ianto se n’era quasi scordato e
improvvisamente il buon
umore di poco fa scomparve. Ora non era più tanto sicuro di
volerglielo
dire. Jack aveva
insistito perché lo
facesse e anche lui si era convinto. Ma adesso…
“Non
so se dovrei dirtelo”.
“Ehi”,
lo chiamò stringendogli più forte la mano.
“Lo sai che a me puoi dire tutto”.
“Questa
cosa non ti piacerà”.
“Non
importa. Voglio che me lo dici”.
Ianto
alzò lo sguardo e la guardò dritto negli
occhi. “Ok, però promettimi che non ti lascerai
influenzare da quello che ti
dirò e che ti comporterai con me come hai sempre
fatto”.
“Certo”,
promise lei ma sentiva la preoccupazione e
la paura crescerle un poco alla volta. Che cosa mai poteva esserci di
così
brutto?
“Ti
ricordi che nostro padre non era venuto al mio
diploma?”
“Sì,
me lo ricordo”.
“Lui
non era venuto perché era da quasi un anno che
non ci vedevamo. Ero andato via di casa”.
“Cosa?!”
esclamò lei spalancando la bocca sorpresa.
“Cosa era successo?”
“Be’,
non stavo più bene lì dentro. Dopo che te ne
eri andata ha iniziato a comportarsi sempre peggio, mi picchiava sempre
più
spesso e per delle sciocchezze, si ubriacava quasi tutte le
sere… non ce la
facevo più”.
La
sorella avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma le parole
non le venivano fuori. E poi intuiva che c’era anche
dell’altro. “Ti ha fatto
qualcos’altro? Oltre a picchiarti, intendo”.
“Be’…”.
Ora arrivava la parte più difficile. Ianto
spostò lo sguardo da un’altra parte per non
doverla guardare. “Una sera ero
tornato a casa più tardi e lui era più ubriaco
del solito e…”.
“E?”
Il
ragazzo intrecciò le dita con quelle della
sorella. “Mi ha… ha fatto una cosa molto
brutta”. Si sedette sul bordo del
divano e si spettinò i capelli. Il cuore gli batteva a mille
e sentiva che
tutto quello che aveva provato la notte che suo padre lo aveva
violentato stava
riaffiorando.
Rhiannon si protese verso di lui e si appoggiò contro la sua
schiena,
abbracciandolo da dietro e poggiando la guancia contro la sua spalla.
“Cosa ti
ha fatto? Ti prego, devi dirmelo”.
“Non
ci riesco”.
“Ok,
allora scrivilo”.
La
donna afferrò la sua borsetta e ne tirò fuori una
penna e un piccolo block notes. Poi li passò a Ianto e lo
incitò a scriverlo.
Il ragazzo era un po’ titubante, ma alla fine si decise a
obbedire. In fondo,
scriverlo era più facile che dirlo. Lo scrisse con una
calligrafia tremante,
dopotutto tutto il suo corpo stava tremando, e diede di nuovo il block
notes e
la penna a sua sorella.
Lei lo prese in mano e lo lesse. Lo lesse una volta e subito non
capì, come se
quelle parole improvvisamente le fossero diventate sconosciute. Poi lo
lesse di
nuovo, finché non le rimasero incollate negli occhi.
Mi
ha violentato.
Infine
abbassò il foglio e rimase a guardare il
fratello. “Stai scherzando?”
“Lo
vorrei tanto. Ma ti giuro che è vero. Lo ha
fatto e io…”.
Di
nuovo si allungò verso di lui e lo abbracciò
stringendolo questa volta più forte di prima. “Oh,
tesoro! Perché non me l’hai
detto? Perché non mi hai chiamata?”
“Perché
non volevo disturbarti. E poi, avrei dovuto
raccontartelo e non volevo. Mi… mi vergognavo troppo e avevo
paura”.
“Ma
io sono tua sorella. Ti sarei venuta a prendere
e ti avrei portato da me e John”.
I
due rimasero abbracciati per un po’, cullandosi
l’uno tra le braccia dell’altro proprio come
facevano da piccoli quando erano
tristi o avevano paura. Si staccarono solo quando il corpo
cominciò a dolere
per quella posizione.
“Dove
sei andato dopo?”
“Da
alcuni amici”.
“Ti
sei drogato?”
Ianto
esitò un attimo prima di risponderle.
“Sì”.
Rhiannon
sospirò. “L’avevo intuito quando ti ho
visto al diploma, ma ho fatto finta di non vederlo. Mi sarei dovuta
prendere
cura di te e invece ti ho lasciato con quel vigliacco. Mi dispiace. Non
sono
stata una brava sorella”.
“Questo
non è vero!”.
“Sì,
invece. Ti dovevo portare con me quando sono
andata via con Johnny. E invece ho solo pensato a me stessa”.
“Hai
fatto bene a pensare a te stessa. Ti sei sempre
presa cura tu della mamma e di me quando ero piccolo. Era giusto
così”.
“Ma
se avessi fatto come avrei dovuto, tutto questo
non sarebbe successo e papà non ti
avrebbe…”.
“Non
importa. Ormai è successo, è inutile piangere
sul latte versato”.
Rimasero
di nuovo in silenzio ripensando alla loro
infanzia e a tutto quello che avevano passato a causa di quel padre
violento.
Non era stato facile per loro e tantomeno lo era stato per Ianto,
però eccoli
lì, ancora insieme, cresciuti e con le loro vite.
“Perché
me lo dici proprio adesso?”
“Jack
ha insistito. Pensava che tu dovessi saperlo”.
“Jack
lo sa?”
“Sì,
anche se lo ha scoperto per caso. Stavamo
lavorando su un oggetto alieno che riporta le persone a rivivere i
momenti
peggiori della loro vita. Praticamente abbiamo visto tutta la
scena”.
A
Rhiannon quasi venne un colpo. Non solo suo
fratello era stato violentato quando aveva diciassette anni dal loro
padre, ma
era pure stato costretto a rivivere la scena una seconda volta. Era
normale che
fosse caduto nella droga.
“Hai
smesso con la droga, vero?”
Il
ragazzo ridacchiò. “Sì, certo. Da un
po’”.
“Ti
voglio bene, lo sai?”
“Lo
so. Anche io te ne voglio, Rhian”.
Ianto
era in bagno che svuotava la lavatrice quando
vide Jack entrare e sedersi sul bordo della vasca.
“Non
è che per caso sai se c’è una fessura
spazio
temporale anche nella lavatrice? No, perché è
strano che i calzini spariscano
così”.
Il
Capitano sorrise divertito ma non disse niente.
Si inginocchiò sul pavimento e abbracciò il
compagno da dietro, baciandolo sul
collo. Il ragazzo sentì dei brividi di piacere corrergli
lungo la schiena e
smise immediatamente di fare quello che stava facendo per mettere le
proprie
mani su quelle di Jack, poggiate sulla sua pancia.
“Jack?
Che cosa c’è?”
“Mi
sei mancato oggi”, gli sussurrò il Capitano
senza smettere di baciargli il collo. Ianto sorrise e si
piegò perché l’altro
potesse baciarlo meglio. Intanto le mani di Jack si strinsero di
più attorno
alla sua pancia. “Come sta il nostro pargolo?”
“Sta
benissimo”, rispose il ragazzo, intenerito alla
parola pargolo. Jack gli stava
veramente mostrando un lato di sé che non credeva esistesse.
Improvvisamente però si staccò e si
alzò in piedi come se l’avesse punto
qualcosa. “Mettiti qualcosa di carino. Voglio portare te e il
pargolo fuori a
cena”.
Ianto
strabuzzò gli occhi sorpreso. “Davvero?”
“Certo!
Sempre se ti va”.
“Sì!”
rispose il giovane un po’ frettolosamente.
“Sì. Vado”. E corse in camera a
cambiarsi, completamente dimentico dei vestiti
che dovevano essere messi ad asciugare e dei calzini scomparsi.
“Hai
ancora fame?”
Ianto
bevve un sorso di acqua e osservò il suo
piatto vuoto. Ora era decisamente sazio. “No, direi di
no”.
“Ti
va il dessert?” chiese ancora Jack.
Effettivamente
un dolce ci poteva stare. Di solito
queste cose non gli piacevano e non era uno che mangiava tanto, ma quel
bambino
era esigente e gli faceva venire persino le voglie più
stravaganti.
“Sì,
ok”.
Il
cameriere arrivò per portare via i piatti dei due
e loro ne approfittarono per chiedergli due fette di
tiramisù. Erano in quel
ristorante già da un paio di ore e se la stavano proprio
godendo. Non capitava
spesso di avere una serata libera e di potersene stare in pace senza
pericolo
di attacchi alieni o persone da salvare. Non avevano altri pensieri per
la
testa se non quella serata, la cena e l’atmosfera.
Si sentivano bene, entrambi.
“Oggi
è venuta mia sorella”, disse ad un tratto
Ianto dopo aver addentato il primo boccone di dolce. “Le ho
detto del bambino”.
“E
come l’ha presa?”
“E’
rimasta un po’ scioccata all’inizio, ma poi ha
detto che è contenta per noi”. Il ragazzo
arrivò a metà dolce quando smise di
mangiare e alzò di colpo gli occhi su Jack. “E le
ho detto anche quell’altra
cosa”.
“Quella…
di tuo padre?” fece il Capitano guardandolo
incerto.
“Sì”.
“E?”
Ianto
esitò un attimo abbassando lo sguardo.
“Niente. Diciamo che si è data la colpa per non
essere stata abbastanza
presente”.
Jack
non aggiunse altro, dopotutto non aveva idea di
che cosa potesse dire. Non era bravo nei discorsi seri né in
quelli che
riguardavano i sentimenti.
Perciò decise di fare quello che sapeva fare meglio.
“Quella
signora dietro di te ci sta guardando da
almeno un’ora”.
Ianto
si voltò leggermente per vedere chi era questa
signora ed effettivamente notò che una donna sulla mezza
età, dai capelli tinti
di un rosso slavato e il viso truccato esageratamente li stava
guardando con
cipiglio scontento. Ma non appena vide che lui l’aveva
notata, girò lo sguardo
e fece finta di bere.
“Sembra
che non approvi”, commentò Ianto indifferente.
Ormai non si faceva più problemi ad uscire insieme a Jack e
a dire che stava
con lui. Vivevano in un paese libero, dopotutto.
“Le
mostriamo una cosa?” chiese allora Jack
guardandolo con occhi provocanti. Il ragazzo si domandò che
cosa potesse
essere, quando all’improvviso vide il Capitano venirgli
incontro e baciarlo
sulle labbra senza lasciargli il tempo di pronunciare neanche una
sillaba.
Subito le loro lingue si trovarono intrecciate; Ianto portò
una mano dietro la
nuca di Jack mentre questi gli mise le mani sui fianchi.
Nessuno nel ristorante parve averli notati, o comunque anche se lo
avevano
fatto, fecero finta di niente. Invece la signora che li aveva guardati
poco
prima si era alzata di colpo e se ne era andata via lanciando loro
un’occhiata
schifata mentre il marito la seguiva di corsa.
Infine,
quando si staccarono, Ianto e Jack
scoppiarono a ridere.
E
mentre passeggiavano al parco, Ianto stava ancora
ridendo, solo che stavolta era per una storia divertente che il
Capitano gli
aveva appena raccontato. Si dovette sedere su una panchina
perché non riusciva
più a reggersi in piedi. Quando finalmente si
calmò, si rilassò contro lo
schienale e restò a guardare il cielo stellato sopra di
sé, col fiatone.
“Dovresti
ridere più spesso”, gli sussurrò Jack
quando si fu seduto accanto a lui. “Sei più
bello”.
Ianto
spostò lo sguardo su di lui e lo guardò
dolcemente. “Presto però non ti piacerò
più”, disse scherzoso.
“E
perché mai?”
“Perché
diventerò grosso come un barile e mi
toccherà rotolare per spostarmi”.
Jack
rise divertito e prese una mano del compagno.
“Tu mi piaceresti anche se avessi una gamba di legno e un
occhio di vetro”.
Il
ragazzo lo guardò intensamente negli occhi e vi
lesse la sincerità. Ancora continuava a stupirsi di tutto
quello, della sua
relazione con Jack. Era strano, all’inizio c’era
solo sesso e pensava che sarebbe
stato così per sempre. Però allo stesso tempo
aveva paura, sentiva una strana
sensazione. Non avrebbe saputo descriverla, però gli
opprimeva lo stomaco già
da un po’.
Sicuramente
erano solo stupide paranoie dovute agli
ormoni della gravidanza.
“E
magari insieme alla pancia ti cresceranno anche
le tette”, scherzò Jack posando le mani sul suo
petto.
Ianto
gli diede un pugno leggero sul braccio e lo
guardò sconvolto. “Idiota!” Allora il
Capitano lo avvicinò a sé e lo fece stendere con
la testa sul proprio grembo.
Con una mano prese ad accarezzargli i capelli mentre l’altra
gliela poggiò
sulla pancia.
“Dovremmo
pensare a dei nomi”, sospirò il ragazzo
mettendo anche la propria mano su quella del compagno.
“Abbiamo
tempo”.
Forse
era proprio
questo che gli faceva paura.
MILLY’S
SPACE
Questo
sì che è un capitolo fluff… spero non
sia troppo
OOC. Comunque io cerco di dare un po’ di spazio anche agli
altri personaggi, ma
proprio non ci riesco. Jack e Ianto mi sono entrati nel cuore e non
c’è più
niente da fare. Però voi ditemi pure se volete che dedichi
più anche a Gwen e
Rhys, Owen e Tosh.
Va
bene, spero vi sia piaciuto il capitolo. Lasciatemi qualche
recensione, please anche perché l’altra volta ho
commesso uno strafalcione e se
Amayafox91 non me l’avesse fatto notare sarebbe rimasto
ancora lì. Perciò
vedete che le recensioni servono a qualcosa ^^
Un
bacione.
M.
P.S.
se siete fan del fandom date un’occhiata alla mia
fanfiction su Sherlock (BBC),
P.P.S.
mia mamma si lamenta sempre del fatto che i
calzini spariscano nella lavatrice, perciò a me viene sul
serio il dubbio che
possa esserci una fessura spazio temporale che se li porta via ^^
AMAYAFOX91:
ma
che pignola, effettivamente ho commesso un errore anche abbastanza
serio. Ti
ringrazio ancora : ) spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. Baci,
Milly.