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Autore: AxXx    23/02/2014    14 recensioni
Il mondo è cambiato. Nel lontano 2020 un ragazzo di nome Percy Jackson e ciò che rimane della sua famiglia esce da un labirinto sotterraneo per ritrovarsi in un America devastata da un lungo e terribile bombardamento nucleare che ha trasformato le verdeggianti pianure in sterili deserti battute dalle radiazioni.
Alla ricerca di una nuova casa, dall'altra parte del paese, dove le montagne hanno protetto la California, Percy Jackson incontrerà la bella Annabeth Chase, come lui, alla ricerca di una nuova casa, ma inseguita dal terribile James "Mad Dog" Castellan e da suo figlio Luke, ex terroristi membri della C.A.O.S., al comando di una pericolosissima banda di criminali.
Riusciranno a salvarsi la vita?
[AU, coppie: Percabeth, Jasper, Talico, Caleo, Franck/Hazel]
Genere: Azione, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Violenza
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                                                Annabeth

 

 

 

 

Era il giorno del viaggio, le otto del mattino e stavo pilotando il mio fidato blackjack lungo la via ad ovest per pattugliarla in vista della partenza. Raggiunsi la collina all’estremo nord della città e mi fermai, prendendo il binocolo che portavo sotto il sedile. Uscii con il fucile e mi sdraiai a terra per osservare i silenziosi edifici della città, che ancora mi impressionavano.

Nell’auto avevo tutto il necessario per sopravvivere: pasti, un kit medico, una granata, un contatore geiger, gli attrezzi per riparare la macchina. Inoltre avevo con me un fucile di precisione ed una pistola, indispensabili per difendere me stesso da tutto ciò che si muoveva.

A distanza osservavo due gruppi di criminali si attaccavano a vicenda.

Accesi la radio.

“Nico? Mi ricevi?” Chiesi, dopo aver sintonizzato l’apparecchio sulla sua stessa frequenza.

“Percy, ti ricevo. La strada è libera, per domani?” Domandò, sollevato. Ogni volta che mi allontanavo di pattuglia lui e Bianca si preoccupavano da morire per me, così come mia madre.

Sorrisi, mentre rispondevo: “Certo, cugino. Due bande si stanno scontrando, presto torneranno a leccarsi le ferite, fino a domani la strada sarà libera.”

“Ottimo. Un ultima cosa: Michael non è ancora tornato, ma ha parlato di qualcosa, alla radio. Dice di aver incontrato gente.” Aggiunse. Lo sentii esultare piano dall’altra parte.

“D’accordo, vado a controllare.” Borbottai, fingendomi scocciato. “Saluta mia mamma per me.” Aggiunsi, prima di chiudere il contatto.

Scossi la testa.

Erano tredici anni che attendevamo di poter tornare a casa e godere di una vita degna di questo nome. Avrei fatto di tutto per portare la mia famiglia al sicuro.

Stavo per alzarmi quando un rantolo animalesco non mi trattenne.

I peli sulla mia nuca si rizzarono per il pericolo.

Con i miei riflessi, che negli ultimi mesi si erano sviluppati per i pericoli passati, estrassi il coltello da caccia che portavo alla cintura e lo piantai in testa all’infetto che stava per saltarmi addosso.

Ansimai per lo spavento e la scarica di adrenalina.

La creatura giaceva ai miei piedi senza vita, ma non mi sarei mai abituato all’idea che quello, un tempo, era un uomo.

Trattenni il vomito e mi misi alla guida di blackjack, controllando la mia scorta d’acqua, mentre percorrevo veloce al massimo la strada che separava Dallas da Sherman.

Nonostante il caldo, il vento che soffiava da ovest rendeva l’aria più respirabile e non soffocavo come al solito. La zona non era stata interessata dalle radiazioni come altre, quindi non rischiavo di morire a causa loro.

Nonostante il termometro mi disse che c’erano circa trentacinque gradi l’aria era fresca e non mi dispiacque abbassare il finestrino, mentre guidavo.  

Seguii l’autostrada per settantacinque chilometri a nord fino ad arrivare ad una cittadina in rovina, non diversa da molte altre che avevo visto. Gli edifici erano mezzi crollati, con colonne sventrate.

Seguendo la strada principale, raggiunsi la piazza principale ed individuai il negozio del padre di Micheal, dall’altra parte della strada. Stavo per scendere quando un colpo di fucile raggiunse il vetro corazzato del mio veicolo.

“Che cavolo!?” Strillai, riparandomi e afferrando la pistola, caricandola.

Avevo poche munizioni, ma non potevo non usarle.

Vidi Michael farmi dei cenni dal negozio: era armato, i capelli corti, neri, scompigliati e il viso da furetto, graffiato, come se fosse caduto su qualcosa di ruvido e duro. Indicò un edificio alla mia destra e lì vidi tre persone con in mano dei fucili.

‘Troppo lontani… dannazione.’ Sbuffai e presi la mia carabina.

Tre…

Due…

Uno…

Uscii dall’abitacolo rotolando sul terreno sabbioso e con una mossa velocissima puntai il fucile verso l’edificio e sparai.

Un corpo cadde in avanti mentre un urlo si disperdeva tra le strade.

‘Meno uno!’ Pensai, mettendomi a correre verso il negozio.

Alcuni proiettili aprirono i loro fori nell’asfalto, mentre passavo a tutta velocità. Fortuna che non avevano proprio una mira fantastica e io riuscii a sfuggirgli senza essere ferito. Sulla porta del negozio, però, rallentai e un braccio mi tirò di lato.

“Attento!!!”

Una ragazza dai lunghi capelli biondi mossi e gli occhi grigi mi aveva tirato di lato, proprio, pochi istanti prima che un proiettile mi si piantasse nella nuca.

“Grazie… ma tu chi sei?” Chiesi, sorpreso. Cavolo se era bella.

Negli ultimi tempi non ci avevo mai pensato che una ragazza fosse bella. Con tutto quello che dovevamo affrontare non mi ero soffermato sulla bellezza di Bianca o Rachel o Talia. Invece appena la vidi quel pensiero mi attraversò, quasi come se l’idea stessa di bellezza si condensasse nel suo viso.

Scossi la testa.

Non era il momento.

“Si chiama Annabeth Chase, era inseguita da questa banda di criminali.” Spiegò Michael, abbassandosi, mentre un colpo di fucile partiva dall’esterno per passargli sopra la testa.

“E scommetto che tu ne hai approfittato.” Commentai ironico, mentre, mi posizionavo accanto a lui.

Sentii uno sparo accanto a me e vidi Annabeth con una pistola in mano: aveva colpito un altro uomo e mi stava guardando in modo strano, come se mi stesse passando ai raggi X: “Ci siamo incrociati per caso.”

Deglutii.

Meglio non mettersi contro di lei, se la sua mira era così precisa.

“D’accordo.. . Mchael, hai quei fucili?” Chiesi, sparando un altro colpo più per distrarli che per colpirli. Contai i proiettili: solo altri dieci, non andava bene, dovevo lesinarli.

“Sì… ma il mio furgone ha le ruote a terra.” Rispose, stringendo il suo fucile.

 

Cercai di dire qualcosa, ma non ne ebbi il tempo: una vampata di calore ci travolse e la porta sul retro fu fatta saltare da una carica esplosiva. Un uomo enorme, dall’aria minacciosa si fece avanti impugnando un fucile a canne pozze, calpestando il legno distrutto.

Michael e Annabeth erano stesi a terra storditi e anche io non me la passavo bene: alcune schegge mi avevano ferito al petto, forandomi il giubbotto, ma almeno non ero morto. Questo, però, sarebbe stato, presto, portato a compimento da quel tipo che mi stava puntando l’arma contro con un sorriso crudele.

“Fermo!”

Michael si era ripreso e aveva impugnato un coltello, saltando contro l’avversario pronto a pugnalarlo. Senza quasi muoversi, però, quello cambiò la traiettoria del fucile e sparò. Una rosa di proiettili trapassò il mio amico da parte a parte che fu sbalzato indietro dalla potenza del colpo.

“Michael!” Urlai, estraendo la pistola.

Fu un attimo.

Le nostre armi si incrociarono.

Lui sorrise trionfante, mentre una scarica di adrenalina faceva apparire come se tutto il mondo fosse immerso in un mare di miele.

I colpi partirono insieme.

Chius gli occhi, spaventato all’idea di venire colpito.

Pregai mia madre, Nico, Bianca, i miei zii e la ragazza, speranzoso che si salvasse ed affidai la mira al caso.

Per un attimo non seppi dire se fossi vivo o no, poi riuscii a muovere i muscoli degli occhi e mi resi conto di esserlo.

Il cuore mi batteva all’impazzata e sudavo freddo dalla paura. La mano che reggeva l’arma tremava, come tutto il corpo, devastato dalla scarica di adrenalina che mi aveva attraversato poco prima di sparare. La nuvola di piombo mi aveva mancato di pochissimo, creando un nugolo di fori alla mia destra. Il mio avversario, invece, non era stato così fortunato.

Un foro si apriva proprio in mezzo alla sua fronte, da cui colava un lento rivolo di sangue.

Mentre crollava a terra, mi accorsi che Annabeth era affiancata al corpo di Michael che era steso morente, accanto al bancone del negozio.

“Amico, no…” Mi avvicinai, ancora tremante, stringendogli la mano, mentre sentivo le lacrime pungermi gli occhi.

Lui sorrise.

“Non… preoccuparti, Jackson… sapevamo… che era pericoloso.” Borbottò, tossendo, mentre si teneva la ferita, troppo grave per essere medicata.

“Posso provare.” Insistetti, provando a tamponarla, con poco successo. “Non intendo lasciarti qui.”

“Non… puoi… fare… nulla.” Mi interruppe, scuotendo piano la testa. “Salutami mia madre.”

Furono le sue ultime parole, prima che i suoi occhi si facessero vuoti e senza vita.

Scossi la testa, mentre le lacrime uscivano prepotenti, incapace di trattenerle. Sentii Annabeth piangere anche lei, per quel ragazzo che le aveva salvato la vita, ma non avevamo il tempo di trattenerci.

Nonostante le lacrime, riuscii ad alzarmi e vidi che i saccheggiatori guidati da quell’uomo si stavano ritirando. Probabilmente avevano perso coraggio quando avevano visto morire il loro capo, ma sapevo che sarebbero tornati all’attacco.

Presi le chiavi del seminterrato che Michael teneva in mano.

“Grazie amico.” Sussurrai, distogliendo lo sguardo dal suo viso.

Non volevo che il suo sacrificio fosse stato vano, così caricai le armi e il suo corpo su blackjack e ripartii con Annabeth che ancora piangeva, nonostante cercasse di trattenersi.

“Mi dispiace… per il tuo amico.” Sussurrò, tra un singhiozzo e l’altro.

Sospirai e mi voltai verso di lei, asciugandole una lacrima solitaria: “Non è colpa tua… è stato quel bastardo a sparare. Ma ora è morto.”

Lei annuii poco convinta, come se qualcosa la preoccupasse.

Infatti, poco dopo, si voltò verso di me: “Lo sai che hai ucciso Crios Castellan, vero?”

“Castellan? Chi è? Non mi sembra di conoscerlo…” Borbottai, indeciso. In effetti il nome Castellan mi ricordava qualcosa, ma non riuscivo a collegarlo a nessuno dei miei ricordi precedenti alla mia prigionia.

“Allora ripassati storia contemporanea. I Castellan erano i capi della C.A.O.S. Dopo il disastro hanno iniziato a comandare bande criminali in tutto il mondo e ora, il loro capo, Cronos Castellan e suo figlio Luke, sono a capo di una pericolosissima banda diretta proprio qui.” Spiegò lei, in ansia.

“Come fai a sapere tutto questo!?” Chiesi sorpreso, mentre tutti i pezzi si allineavano. Ecco come mai quei nomi mi ricordavano qualcosa.

“Sono stata loro prigioniera da quando sono uscita da New York otto mesi fa. Il loro capo uccise tutti i miei amici, ma Luke sembrava… interessato a me. Così ottenne di avermi come… premio per la scorreria che avevano compiuto.” Dal suo tono compresi che non erano ricordi di cui amava parlare. “Una settimana fa mi hanno lasciata sola il tempo sufficiente per rubare una moto e sono scappata verso sud, ma Luke e i suoi uomini mi hanno inseguita.”

Aveva ricominciato a piangere in silenzio e io mi sentii il cuore stretto in una morsa. Le misi una mano sulla spalla per rassicurarla e lei chiuse gli occhi, rilassandosi di colpo.

“Non preoccuparti, io e il mio gruppo stiamo andando ad ovest. Non è sulla loro strada, non dovrai più preoccuparti.” Dissi convinto. Dopotutto Luke non poteva essere così stupido da inseguirci solo per quella ragazza.

Una ragazza molto bella, però.

“Lo spero, Jackson… lo spero davvero.” Disse, poco convinta, mettendo la sua delicata mano sulla mia.

 

 

 

 

Tornammo al ranch abbattuti e tristi. Non fu facile dire a Samantha Yew, la madre di Michael, che i figlio don ce l’aveva fatta, ma non ce ne fu bisogno.

Appena vide il corpo del figlio disteso sul retro del mio veicolo lanciò un urlo disperato, stringendolo a se, mentre lacrime pungenti come punte di ghiaccio le rigavano ritmicamente il volto.

Non riuscii a parlare e mi diressi all’interno, per parlare con i Grace e i miei, lasciando la donna e l’altro figlio, Malcom soli con il loro dolore, intuendo che qualsiasi mia parola non sarebbe bastata ad alleviare il loro dolore.

Appena arrivammo nella sala comune, mia madre mi strinse in un abbraccio soffocante.

“Percy, figliolo! Sei ferito? Stai bene?” Chiese con le lacrime agli occhi, accarezzandomi i capelli.

“Mamma… non sono ferito.” E non sto bene, aggiunsi mentalmente, senza dirlo ad alta voce.

Presentai Annabeth ai miei zia e a Gioven Grace, che la accolsero senza troppi problemi.

“Benvenuta nel nostro gruppo, Annabeth, non preoccuparti, non siamo dei criminali, come quei pazzi che ti hanno presa, nessuno ti darà fastidio, finché rimarrai.” Disse mio zio, con gli occhi stretti, come se stesse trattenendo le lacrime.

La morte di Michael aveva colpito tutti: era uno dei nostri più abili difensori e mi aveva accompagnato in decine di pattugliamenti, quando dovevo uscire. Molti gli dovevano la vita e saperlo morto, era come se avessero ucciso una parte integrante del nostro gruppo. Come se da casa tua sparisse qualcosa di particolare che la rappresentava. Magari non ci avevi mai fatto caso, ma ci tenevi, perché era come una parte di te.

“Grazie… io… sono… sono molto dispiaciuta per la vostra perdita. Mi ha salvato la vita.” Disse, tenendo lo sguardo basso. Mi resi conto che stava tentando di mostrarsi forte, nascondendo le lacrime.

“Lui conosceva i rischi. Li conosciamo tutti. Di questi tempi i pericoli sono tanti, ma non possiamo piangerci addosso. Dispiace a tutti, ma in questo momento dobbiamo prepararci alla partenza. Abbiamo già preparato la carovana che ci guiderà ad ovest. Jackson, vorrei che tu aprissi la fila con il tuo veicolo di pattuglia. I miei figli ci difenderanno con la jeep corazzata.”

Gioven Grace aveva parlato in modo freddo e distaccato, ma non lo biasimai: darsi da fare per diminuire i morti e mettere al sicuro la gente era il suo modo per sfogarsi, cosa che lo rese ancor più determinato a metterci tutti in salvo.

“Signor Grace, se posso, vorrei andare in testa al gruppo con Percy. So che non sembra, ma so combattere e so cavarmela nelle situazioni difficili. Voglio rendermi utile.” Propose, all’improvviso, la bionda, alzando gli occhi, ora pieni di determinazione, nonostante fossero ancora umidi.

 

Lui sembrò sul punto di protestare, ma poi ci ripensò e si voltò verso di me.

“Tu che dici, Jackson? Vuoi che ti copra le spalle durante il viaggio?”

Io la osservai, ricordando come era stata la prima a prendere l’iniziativa per il contrattacco, quando eravamo a Sherman.

“Sì… vorrei che venga con me.”

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo autore]

Sono cattivo, vero?

Sì, so di essere cattivissimo, vi prego, non mi uccidete!!!! *Sguardo implorante*

Comunque, è arrivata Annabeth e, ovviamente, appaiono anche i cattivissimi della storia che vorranno sicuramente fare il sedere al povero Percy (Come se, nella mia storia non avesse già abbastanza problemi.)

Riusciranno Annabeth e Percy a mettersi insieme e a salvarsi insieme ai loro amici, con una banda ti terroristi spietati alle calcagna?

AxXx

PS: Grazie ancora per l’ottima accoglienza, vi voglio bene a tutti!!!! <3 <3 <3

  
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