Dreaming Summer
È basso – non ti arriva neanche alla vita, bianco e freddo. Ti guarda con
quegli occhietti vispi e quel dentone non fa che renderlo ancora più simpatico.
Nessuno avrebbe mai immaginato quale potesse essere il suo desiderio più grande: il calore
del sole, l’estate che vuoi riportare nel regno. Un pupazzo di neve che sogna l’estate
sembra tanto una battuta divertente, ma ti suona più come di pessimo gusto, un po’ acre ed
amara.
Ma Olaf è così ingenuo che nonostante non sappia cosa sia, l’adora incondizionatamente. Non
sa che, nonostante il freddo del suo corpicino, nulla può contro il calore del sole. Non
sa che il primo contatto con il suo sogno sarà anche l’ultimo.
«Io sono Olaf e amo i caldi abbracci!» si è presentato e per un attimo sei stata trasporta
indietro nel tempo, a quel lontano giorno d’inverno in cui tu ed Elsa eravate insieme,
nessuna porta a separarvi, nessun silenzio tra voi ma tante risate. Non hai che brandelli di
ricordi, ma il divertimento e l’affetto che vi univa non erano stati intaccati dal
tempo.
E adesso che ti cammina affianco, che guida te e i tuoi compagni di ventura verso la meta,
lo senti ridere e parlare con quel tono di voce che, sì, un po’ ricorda te.
Sai bene che non è solo per Arendelle che sei partita di corsa, lasciando il tuo
principe a rassicurare il popolo. Non è per il regno che hai sfidato la tempesta, spronando
il cavallo al galoppo nonostante il gelo bruciasse sulla pelle. Dovrai chiedere perdono a
tutti per questo tuo egoismo: sei una principessa ed hai delle responsabilità, ma non potevi
ignorare il tuo cuore.
Ma davvero è così sbagliato rivolere indietro una sorella?
«Scommetto che è la persona più carina, gentile e affettuosa del mondo!» dice tutt’un tratto
e quasi scoppi a ridere per l’ingenuità di quel tuo nuovo amico. Qualcosa però ti ferma.
Quelle parole ti fanno riflettere.
Cosa sai, in fondo, di Elsa? La conosci davvero?
Che stupida! Tu credi di conoscerla quando non avete trascorso che cinque anni
insieme, pochi per riuscire a ricordarli bene. Vi hanno separate che eravate ancora bambine,
quando l’unica cosa importante per te erano ancora i giochi, e soltanto attraverso le
domande alla mamma e quel che resta dei ricordi sei riuscita a farti un’idea, una mera
fantasia che non può darti alcuna certezza.
Puoi dire di conoscere la porta della sua camera – questo sì. Riusciresti persino a
descriverla fino alla più piccola intarsiatura del legno che percorrevi con le dita
aspettando invano che venisse aperta, senza dimenticare quell’angolino appena appena
scheggiato dalle tue corte unghie per la frustrazione, e la maniglia che afferravi e
abbassavi con forza – ti appendevi letteralmente ad essa ed era curioso il fatto che non si
fosse mai rotta. Sostavi lì davanti, la chiamavi a gran voce fino a quando non veniva a
sgridarti la mamma o fino a quando non ti cacciava via la stessa Elsa. Poi, smise di farlo e
una piccola speranza si era riaccesa in te, se non che quella porta continuava a rimanere
chiusa.
E poi… poi eri semplicemente diventata grande e tutt’a un tratto matura. Se Elsa non ti
voleva, perché affannarsi in quell’impresa? Perché coltivare un’illusoria speranza?
Adesso basta, Anna!, ti sei detta e da quel momento non hai più bussato.
Fino a quando… No, non importa. E, anche in quell’occasione, l’unico tuo conforto fu quella
dannata porta. Eppure… in qualche modo eri riuscita a sentirla vicina, ma forse era soltanto
l’ennesima illusione dovuta al lutto.
Ma rimaneva immutato il legame che vi univa, un legame che non potevi ridurre al solo
sangue. Esso era più una connessione di anime, un sottile ed invisibile filo che vi legava
reciprocamente. Per questo non potevi far finta di niente, non potevi abbandonarla a se
stessa nonostante lei ti avesse tagliata fuori dalla sua vita per ben tredici
anni.
Per questo lo stavi facendo: le avresti aperto il tuo cuore, accogliendola in un caldo
abbraccio – proprio come quelli che piacciono tanto ad Olaf. L’avresti stretta a te forte
forte, come desideravi fare da sempre.
E non esisteva alcuna motivazione, alcun pretesto, se non l’amore incondizionato di una
sorella. Perché nonostante tutto, nulla poteva mutare il fatto che durante quei lunghissimi
anni l’avessi pazientemente aspettata. Perché anche se non bussavi più alla sua porta, se
non la chiamavi più per invitarla a giocare, rallentavi comunque quando passavi – o meglio,
correvi – per quel corridoio, e tanta era la voglia di rivolgerle anche un semplice saluto
che alzavi la mano in un cenno con un piccolo e mesto sorriso sulle labbra.
E capisci che Olaf in fondo ha ragione. Te ne sei accorta, no? Hai capito chi hai
davanti.
Non un pupazzo di neve, no. Hai una parte di Elsa, quella più nascosta, quella più
vera. Perché Olaf te l’ha detto chiaramente chi gli ha dato vita, mettendoti in mano
quella speranza che avevi accantonato per anni ma che sempre era rimasta viva.
Ed è così che guardando lui, riesci a scorgere anche te stessa: Anna vista dagli occhi di
Elsa, perché – in fondo – l’hai sempre saputo che lei ascoltava. Non rispondeva, ti cacciava
via, ma ascoltava.
Per questo, Olaf non rappresenta null’altro che l’urlo disperato di Elsa. Quello che aveva
sempre represso, ma che adesso si palesava in tutta la sua drammaticità. Era la
materializzazione dei suoi ricordi, della sua nostalgia, dei suoi sogni – sì, anche del suo
volerti bene.
Anche io te ne voglio, Elsa. Aspettami. Sto arrivando.
Piccolo esperimento di introspezione in seconda
persona. Il POV è di Anna (ma va?! xD) e il caro Olaf funge da veicolo per i suoi pensieri.
Cronologicamente si colloca quando Anna, Olaf, Kristoff e Sven sono in viaggio verso il
castello di Elsa.
Non mi sono soffermata molto a indagare a fondo il personaggio di Olaf e il suo significato,
ma spero si sia capito quanta importanza in realtà abbia. È da quando ho visto per la prima
volta il film che cercavo di buttare giù qualcosa, perché Olaf non è solo un pupazzo di neve
ma il pupazzo di neve! :)
Comunque, non sono pienamente soddisfatta… ho paura di essere caduta nella ripetitività di
alcuni concetti.
Le due battute di Olaf sono ovviamente prese dal film e ringrazio Kengha per la soffiata su
Olaf, oltre che per le sue bellissime storie :* Il titolo si rifà alla canzone di Olaf “In
Summer” o in italiano “Sognando l’estate”, che è un po’ quello che sogna Anna: non tanto
riportare l’estate quanto riavere Elsa accanto.
Purtroppo per voi ho pronta un’altra one-shot su Elsa questa volta, ma è ancora in fase di
revisione/approvazione.
Vi ringrazio per aver letto!
Calime