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Autore: Piperilla    25/02/2014    5 recensioni
In un mondo come quello moderno, in cui l'unicità di ogni persona rappresenta un Universo a sé, le cose non sono mai o bianche o nere. Eppure, è così che appaiono Richard e Agathe: lui, ormai un uomo fatto, algido, composto, più simile a un gentiluomo d'altri tempi che non a un uomo d'affari e di cultura del ventunesimo secolo; lei, ancora adolescente, dal temperamento impetuoso e la lingua tagliente, con l'argento vivo addosso e a prima vista impossibile da fermare: non potrebbero essere più diversi. Come il bianco e il nero. Tra due estremi ci sono un'infinità di sfumature... quante ne servono perché due mondi - e due persone - apparentemente agli antipodi si incontrino a metà strada?
[Tratto dal capitolo 40]
«Non mi illudo che possa bastare così poco per legarti a me» replicò Richard. [...] «Anche se vederti questi gioielli addosso me ne dà la piacevole illusione ».
«Se ti assecondassi, finiresti per credere che sia la realtà» mormorò lei.
«No, mia piccola Agathe, mai» sospirò Richard contro la sua pelle. «Quest’illusione è amara e non mi appaga. Quello che voglio è che sia tu a legarmi a te. Sii pure la mia carceriera».
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Davanti al cancello di casa Zimmerman era parcheggiata un’auto sportiva, con i fari accesi, chiaramente in attesa di qualcuno. All’interno del lussuoso abitacolo, una diciassettenne picchiettava le dita sul volante, impaziente, mentre con la mano destra armeggiava a tutta velocità con il proprio iPhone, scrivendo un sms e inviandolo in pochi secondi.
   « E che cavolo! » sbottò un minuto dopo, quando finalmente la portiera dal lato passeggero si aprì e una ragazza alta e slanciata, fasciata in un cortissimo abito color argento, si accomodò sul sedile di pelle. « Era ora, mezza tedesca! ».
   « Quante storie per qualche minuto di ritardo, mezza francese » replicò l’altra senza scomporsi.
   La ragazza al volante, sbuffando, mise in moto l’automobile e sfrecciò lungo le strade di Hersham - che traboccavano di ville una più lussuosa dell’altra - in direzione Londra. « Mezz’ora, Lara, che non è certo “qualche minuto” » precisò. Sbuffò di nuovo. « Per fortuna ho anticipato di un’ora il nostro appuntamento: sapevo già che avresti fatto tardi come al solito! ».
   « Quante storie » ripeté Lara, per nulla toccata dall’irritazione della sua migliore amica. « Perché tutta questa fretta, comunque? Per andare al solito locale? » aggiunse.
   « No ». Il tono dell’altra era trionfante. « Hai presente quel night club esclusivo, in cui c'è una severissima selezione all'ingresso e in cui non ci avrebbero mai fatto entrare? » domandò.
   Lara si voltò di scatto verso l’amica. « Non dirmelo! ».
   La ragazza al volante ridacchiò. « Mia zia stasera è lì. Ci presenta i proprietari, così quando vorremo andarci, ci basterà chiamarli e avvisarli e loro non solo ci faranno entrare – salteremo persino la fila! ».
   « Oddio Agathe, non ci credo! » strillò Lara, entusiasta. « Io adoro te e adoro tua zia! ».
   Agathe si mise a ridere: un suono tintinnante. « Avere una zia che è una delle top model più pagate degli ultimi sessant’anni e che è convinta che io debba divertirmi più che posso ha i suoi vantaggi! ».
   « E per questo è importante essere puntuali » riprese Agathe poco dopo. « Mia zia ci aspetta all’ingresso alle nove e trenta in punto ».
   Fuori dal Luxury c’era la fila, come ogni venerdì sera. Quello era il giorno peggiore della settimana: ogni venerdì, immancabilmente, fuori da quel night club si formava una fila lunghissima di appartenenti a tutte le classi sociali, che speravano di riuscire a superare la severissima selezione all’ingresso e finalmente entrare nel locale più in di Londra.
   « Vedi tua zia da qualche parte? » disse Lara, scrutando la folla dall’alto della sua altezza e dei tacchi che indossava.
   « È laggiù, vicino alla porta » rispose Agathe, facendosi strada tra la folla e sollevando appena un braccio. « Séline! ».
   Séline Dubois, sorella minore della madre di Agathe, si voltò e indirizzò a sua nipote un sorriso accattivante che abbagliò gli uomini nel raggio di cinque metri. Quando le due ragazze la raggiunsero, nessuno avrebbe detto che Séline e Agathe fossero parenti: nonostante entrambe fossero piuttosto magre, la prima era più alta di Lara e ancora più slanciata, come un giunco. Agathe, al contrario, aveva una struttura ossea minuta, cosa che, unita al metro e sessantacinque scarso di altezza, la faceva sembrare esile come una bambina. In più, le due donne avevano in comune soltanto la carnagione chiara: Séline aveva i capelli biondi, gli occhi verdi e dei lineamenti regolari, perfetti, mentre Agathe aveva una chioma nero corvino e gli occhi grigi, oltre a dei tratti decisamente diversi da quelli della zia: il naso era leggermente a patata e gli occhi grandi avevano un taglio appena allungato.
   « Vedrete come vi divertirete stasera, bambine » esclamò Séline. Agathe represse il desiderio di sbuffare forte. Bambine? Si chiese con che coraggio sua zia le avesse chiamate in quel modo: in fondo non aveva ancora compiuto trent’anni, e quando Agathe era nata, Séline stava per compiere dodici anni. Decisamente, non era abbastanza vecchia da poterle trattare come mocciose! « Loro sono con me » proseguì sbrigativa Séline rivolta al buttafuori, che annuì e le fece passare: la modella si trascinò dietro le due ragazze, portandole dritte nel cuore del locale.
   « Luke! » salutò Séline con entusiasmo, abbracciando uno dei due proprietari del Luxury con fin troppo entusiasmo. Poi afferrò Agathe con un braccio, Lara con l’altro, e le spinse in avanti in modo che fossero ben visibili.
   « Luke, queste sono le ragazze di cui ti avevo parlato » esordì la francese con voce leziosa. « Agathe Williams, figlia di mia sorella, e Lara Zimmerman, la sua migliore amica. Ragazze, lui è Luke Rogers, uno dei proprietari del Luxury! ».
   « Benvenute al Luxury, ragazze » rispose Luke, rivolgendo alle due un gran sorriso prima di concentrarsi su Agathe. « Dunque tu sei la nipote di Séline? » chiese. Agathe annuì. « E la chiami mai ‘zia’? » proseguì l’uomo, sinceramente divertito all’idea.
   « No » rispose brusca Agathe, notando con la coda dell’occhio che l’espressione di sua zia si era fatta di pietra. Non che avesse detto una bugia: Séline era talmente piena di sé da non sopportare l’idea che qualcuno la considerasse vecchia, e così da quando era diventata una modella strapagata aveva vietato ad Agathe di chiamarla zia. Persino quando erano sole, al sicuro tra le mura di casa, la ragazza si rivolgeva a Séline con il nome di battesimo.
   « No, lo immaginavo » convenne Luke. « Be’, ragazze, basta chiacchierare. Fate un giro per il locale e divertitevi! ».
   Le due non se lo fecero ripetere e si sganciarono dalla coppia per immergersi nella folla. Il Luxury era pieno zeppo di gente, la musica alta e le luci soffuse; Lara strinse la mano di Agathe per non perdere l’amica nella calca.
   « Che facciamo? » quasi urlò Lara all’orecchio dell’altra quando furono arrivate proprio al centro del locale, dove il pavimento era sopraelevato da tre gradini rispetto alle aree laterali. « Prendiamo qualcosa da bere? »
   Agathe scosse la testa. « Balliamo » urlò in risposta.
   Senza farselo ripetere, Lara annuì e iniziò a muoversi a tempo con la musica. Agathe la seguì, ancheggiando e sorridendo alla propria amica.

Richard Prescott era annoiato. Anzi, era immensamente annoiato.
   L'uomo giocherellava distratto col proprio bastone da passeggio, elegantemente abbandonato su una poltroncina foderata di tessuto grigio, quando una mano calò decisa sulla sua spalla.
   « Allora Rick, ti diverti? » domandò una voce ben nota, sovrastando quell'insopportabile, scadente, assordante musica.
   Richard sbuffò piano col naso. « No ».
   L'altro uomo spalancò le braccia in tono conciliante.
   « Andiamo, come fai a non divertirti? Qui c'è tutto quello che potresti desiderare, come uomo e come studioso. Come uomo hai ottimo alcool e tante belle donne intorno; come studioso, hai uomini e donne appartenenti a fasce d'età e ceti sociali differenti da osservare ». L'uomo allargò di nuovo le braccia e sorrise, come se avesse appena esposto un argomento inconfutabile. « È impossibile che non ti stia divertendo! ».
   Sbuffando di nuovo, Richard guardò il suo amico. « Eppure, Alan, è così » rimarcò secco.
   Alan fece un sorrisetto scaltro. « Comincio a credere che tu stia diventando vecchio e noioso, amico mio ».
   Richard gli scoccò un'occhiata ammonitrice ma non disse nulla. L'altro ridacchiò, per nulla intimorito.
   « D'accordo, vediamo di rendere produttiva la tua serata... » disse Alan. Indicò una donna sui trentacinque anni, poco lontana da loro: indossava un abito multicolore svolazzante con una profondissima scollatura e ballava come un'indemoniata. « Che ne dici? A me sembra attraente ».
   Con uno sguardo pieno di genuino orrore, Richard guardò prima la donna e poi Alan.
   « Quella? » esclamò con un tono disgustato che fece ridere Alan. « Ma è tutta finta! Guardala bene: troppo autoabbronzante, troppi capelli finti, troppe ciglia finte... sembra che abbia dei piumini per la polvere attaccati alle palpebre! ». Alan rise di nuovo, tenendosi lo stomaco. « E seni inequivocabilmente finti » concluse Richard, storcendo il naso e accennando al seno prosperoso della donna, che vinceva in modo alquanto sospetto la forza di gravità.
   Alan quasi cadde a terra per il gran ridere. Quando finalmente riuscì a riprendere fiato, partì di nuovo all'attacco.
   « Va bene, abbiamo capito: tu hai bisogno di qualcosa che sia molto diverso » affermò sicuro. Senza pensarci un attimo indicò Lara e Agathe, che ancora ballavano al centro della pista e che in quel momento ridevano di qualcosa che la seconda aveva detto.
   Di fronte alla nuova trovata dell'amico, Richard sgranò gli occhi e per un istante rimase senza parole.
   « Sono due bambine! » esalò non appena ebbe ritrovato il fiato. « Non dovrebbero neanche poter entrare qui! ».
   Alan scrollò le spalle. « Non sono poi così piccole. Compiono diciotto anni tra pochi mesi ».
   Stavolta l'occhiata che Richard gli rivolse era carica di sospetto.
   « E tu come lo sai? ».
   Il suo amico indicò Lara. « La ragazza più alta, coi capelli castano chiaro e il vestito argento, è la figlia di Damon ».
   Richard aggrottò la fronte. « La figlia di Damon? » ripeté confuso.
   Anche Alan era confuso. « Scusa, Rick, ma non eri rimasto in contatto con Damon? » gli chiese.
   « Ci vediamo ogni giovedì per bere qualcosa » confermò Richard.
   « E non sapevi che ha una figlia? » esclamò incredulo Alan.
   L'altro scrollò le spalle. « Credo di averla vista, una volta o due, quando aveva quattro anni » spiegò. « Non mi sembrava fosse passato tutto questo tempo... ».
   Alan alzò gli occhi al cielo, poi indicò Agathe.
   « Quella, invece, è la figlia dell'avvocato Williams » aggiunse Alan, suscitando di nuovo lo sconcerto del suo amico.
   « Impossibile! ».
   « A quanto ne so, è possibile eccome ».
   Richard sventolò una mano con fare sbrigativo. « Evan Williams abita di fronte a me da più di vent'anni » disse in tono perentorio, « e non ho mai saputo che avesse una figlia femmina! »
   « E da quando in qua ti preoccupi di intrattenere rapporti di qualsivoglia natura con i tuoi vicini di casa? » indagò Alan.
   Stizzito, ma incapace di negare l'evidenza, Richard tacque.
   « Appunto » disse l'altro, dandogli una pacca sulla spalla. « Su, Rick, la tua serata non è andata poi tanto male. Ora sai che la figlia di Damon ha quasi diciotto anni, e che Evan Williams ha una figlia coetanea di quella di Damon. Per uno studioso come te, che vuol sempre sapere ogni cosa, dovrebbe essere meglio di niente! ».
   E si dileguò tra la folla prima che il suo amico potesse mandarlo al diavolo.
   Ancora concentrato su quello che gli aveva detto Alan, Richard si alzò svelto dalla poltrona, convinto che avrebbe fatto meglio ad andarsene a casa. Si mosse deciso verso l'uscita, ma dopo aver fatto un solo passo, cozzò contro un ostacolo.
   L'uomo barcollò per un istante, riuscendo però a mantenere l'equilibrio. La persona che aveva urtato non fu così fortunata: ondeggiò vistosamente e quasi si schiantò a terra, salvata per un pelo da due braccia femminili.
   Richard abbassò appena lo sguardo e incontrò quello furioso di Agathe.
   « Ma dico » soffiò lei inviperita, « le pare il modo? Guardi dove va! ».
   « Guardi lei dove va » replicò Richard gelido, squadrandola con disprezzo. « Sciocca ragazzina petulante e superficiale... ».
   A quelle parole, Agathe strinse pericolosamente gli occhi. E se Richard Prescott non fosse stato ancora tanto irritato per la conversazione con Alan, forse avrebbe persino potuto riconoscere in tempo i segnali di pericolo imminente.
   « Senta un po', damerino tronfio dei miei stivali » sibilò Agathe a voce bassissima ma non per questo meno arrabbiata, « prenda il suo stupido bastone da passeggio e se lo ficchi... ».
   Una mano sbucò dal nulla e tappò la bocca di Agathe appena in tempo.
   « No, Agathe. Sai che te ne pentiresti! » la ammonì Lara.
   L'altra sbuffò ma non tentò di liberarsi. Dopo qualche istante, Lara ritrasse cautamente la mano e la infilò nell'incavo del gomito dell'amica.
   « Andiamo, dai » disse piano. « Non vale la pena di litigare. Andiamo a bere qualcosa ».
   Agathe scrollò appena le spalle. « Ma sì » commentò, « in fondo una bibita analcolica è sempre meglio di niente ». E si lasciò condurre via, ma non senza aver rivolto un'ultima occhiataccia all'uomo che l'aveva urtata.
   Richard guardò le due ragazze allontanarsi, rigirandosi il bastone da passeggio tra le mani. Abbassò lo sguardo a terra e dopo qualche momento un sorrisetto inesplicabile si dipinse sulle sue labbra, mentre pensava che dopotutto Alan, pur senza saperlo, aveva avuto ragione: quella serata non era andata poi così male.
   
 
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