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Autore: TheHellraiser    25/02/2014    1 recensioni
Fra tutti i sicari del mondo ce n'erano sette che risiedevano a New York e avevano formato una specie di gruppo. Facevano semplicemente il loro lavoro: tu chiamavi uno di loro, e loro uccidevano la tua vittima. Un lavoro pulito, spettacolare e completamente anonimo. E' impossibile risalire al mandante o anche avere una minima prova. L'unica differenza fra gli omicidi era che venivano compiuti con sette tipi diversi di arma, quindi la teoria dei sette killer iniziava a prendere forma. Ormai, la leggenda non era più tale. Se vai in un qualsiasi bar, tutti sapranno che puoi avere uno di loro per la modica cifra di tremila dollari a persona più varie ed eventuali. I sette killer si sono dati dei nomi d'arte, e hanno scelto quelli dei sette vizi capitali: Envy, Sloth, Lust, Greed, Pride, Gluttony ed infine il loro capo, Wrath.
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La storia è ambientata a New York e parla di una "leggenda metropolitana" su sette assassini con i nomi dei peccati capitali. Spero vi piaccia. :D
Genere: Horror, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The HitMen'
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-Ehm... Io...- iniziò Dylan. Non sapeva proprio cosa dire. Ad essere sincero, dopo aver visto Gluttony non provava più tanta paura o voglia di andarsene di lì. Provava solo ribrezzo per quegli uomini che l’avevano ridotto così. Come quando avevano ucciso sua sorella. Provava una certa... rabbia. Gli facevano schifo, e se per caso se li fosse trovati davanti... Non era sicuro di come avrebbe reagito. Insomma, anche i killer che l'avevano letteralmente rapito erano chiaramente dei sadici, ma a quanto pare non c'era limite alla depravazione umana. Deglutì, e prese la più rischiosa decisione della sua vita.
-Voglio far parte della vostra squadra- disse, tutto d’un fiato. Alex gli diede una robusta pacca sulla schiena che lo fece quasi cadere.
-Questo sì che è parlare, ragazzino! Che dici amo, lo prendiamo?- chiese, rivolto a Julia. Dylan li guardò, stupito. Ma come, gli avevano chiesto loro di essere dalla loro parte, e ora avrebbero pure rifiutato? Mah. Julia sembrò rifletterci attentamente.
-Perché no. E’ solo un pivello, ma può migliorare- disse infine, con un gesto sprezzante della mano. Tony sembrava contrariato, ma non disse nulla. Guardò Gandle, come se si aspettasse che almeno lui dicesse di no.
-Uhm. Anche io sono d’accordo con Julia. E poi, con tre su sette fuori gioco, dobbiamo prendere altri membri- confermò Gandle. Tony fece una smorfia come per dire “e va bene”. Dylan sorrise, sollevato.
-Bene, allora è deciso. Però, devi passare l’iniziazione- disse Tony con un ghigno.
-Iniziazione!?- chiese Dylan, terrorizzato. Quando Tony faceva quel sorriso, non c’era niente di buono in arrivo.
-Tranquillo, sono solo un paio di cazzate. Devi farti un tatuaggio che ti identifichi, come i nostri; e poi dobbiamo cancellarti le impronte digitali. Tutto qui- lo tranquillizzò Matt. Allora era vero che loro si erano cancellati le impronte digitali, pensò Tony. Alex rovistò in un cassetto del tavolo per un attimo, per poi prendere un foglio.
-Scegli- gli disse. Sul foglio c’erano varie immagini di tatuaggi. La scelta era piuttosto ampia, ma nessuno di quelli era nello stile "piccola rosa tatuata sul polso" o cose simili. Erano quasi tutti piuttosto inquietanti. Scelse quello che gli sembrava una specie di fulmine, era il più bello di tutti.
-Bene- disse Tony – Allora, vado giù un attimo a preparare tutto, voi intanto pensate al resto.
Si dileguò nel bunker. Julia andò in cucina e prese un barattolo di metallo pesante. Lo aprì, e Matt accompagnò Dylan in giardino. Lui, perplesso, li seguì. Cosa c'era nel barattolo?
-Porgimi le mani, tieni i palmi verso l’alto- gli disse Julia, indicandogli come doveva fare. Dylan eseguì. Matt gli strinse i polsi. Oh oh, pensò Dylan.
-Non urlare, ok?- gli disse, guardandolo negli occhi.
-Ehi, aspetta un attimo, cos’è quella roba?- chiese, preoccupato, guardando il barattolo. Chissà che diavoleria era.
-Soda caustica, acido cloridrico e acqua. Non corroderà la pelle, si limita ad ustionarla e cancellare le impronte digitali. Non potrai prendere niente in mano per otto- nove ore, ma in compenso la polizia non ti prenderà più- spiegò Julia, con una punta di orgoglio nella frase "la polizia non ti prenderà più". Dylan deglutì e annuì, stringendo i denti. Julia versò l’acido sulle sue mani. Dylan si sentì come se avesse messo le mani in un recipiente di piombo fuso. Emise un mugolio di dolore, ma non urlò. Matt si affrettò a premere un panno morbido sulle sue mani doloranti, mentre l’acido scivolava sull’erba ed entrava nel terreno. Dylan continuò a stringere i denti, ma tutto sommato non era stato doloroso come si aspettava. Ora, gli mancava solo il tatuaggio. Chissà come gliel'avrebbero fatto!
-Tutto bene?- chiese Julia, richiudendo il contenitore di metallo.
-S-Sì- disse Dylan, lasciando che Matt gli fasciasse le mani con cura.
-Bene, ora andiamo. Tony e Alex dovrebbero essere pronti- disse Julia. I tre rientrarono in casa, posarono il barattolo e scesero nel bunker. Si sentiva un forte odore di ferro bruciato.
-Come farete a farmi il...- disse Dylan. La voce si spense letteralmente non appena vide Tony con in mano una grossa sbarra di metallo. Sulla parte iniziale della sbarra era attaccato un pezzo di metallo tondo, con un diametro di circa tredici centimetri. Tony teneva la parte rotonda in mezzo al fuoco del caminetto, mentre Alex provvedeva a soffiare sul fuoco e a tenerlo vivo. Non appena li sentì arrivare, Tony lasciò la sbarra in mano ad Alex.
-Pivello, dove vuoi il tatuaggio?- chiese, con voce neutra, fissandolo. Un orribile pensiero si profilò nella mente di Dylan. Avevano intenzione di marchiaglielo a fuoco!?
-Ehi, ma io...- iniziò, indietreggiando. L'idea non gli piaceva nemmeno un po'!
-Faglielo sulla schiena. All’altezza della scapola destra- disse Julia, con noncuranza, come se Tony avesse fatto a lei la domanda.
-Uh... Agli ordini. Dylan, distenditi sul divano a pancia in giù- disse Tony. Dylan non osò opporsi, in fondo aveva cominciato e doveva finire. Eseguì, preparandosi mentalmente al dolore.
-Bene, tenetelo fermo- disse Alex, alzando di peso la sbarra di ferro e portandola vicino a Dylan. Julia lo prese per il braccio destro, Matt per il sinistro. Tony si avvicinò al suo viso, e gli mise la mano davanti alla bocca, di taglio, mostrandogli la parte della mano dove il mignolo si attacca al metacarpo.
-Mordi, o ti stacchi la lingua dal dolore- gli disse, in tono così gentile da sembrare quasi fraterno. Dylan annuì, prendendo fra i denti la nocca del mignolo di Tony.
-Ci siete?- disse Alex. Julia annuì. Dylan stava sudando freddo. Sentiva il calore del ferro bollente vicino alla pelle della schiena, nonostante avesse la maglietta. Alex tirò su la maglietta fino a scoprire le scapole. Julia la tenne in posizione, e Alex premette il ferro rovente sulla pelle di Dylan. Tutti i muscoli di Dylan si tesero in uno spasmo di dolore. Strinse i denti sulla mano di Tony, che di canto suo sembrava completamente insensibile. Un odore di carne bruciata si spanse nell’aria, mentre il ferro rovente emetteva uno strano suono a contatto con la pelle. Dylan si sentì come se l’avesse appena colpito un fulmine. Dopo alcuni secondi che sembrarono secoli, Alex tirò indietro il ferro e lo buttò in un secchio d’acqua.
-Finito!- disse tranquillamente. Dylan mollò la presa, e Tony si massaggiò la mano.
-Però, bello- commentò Julia, guardando il tatuaggio impresso a fuoco. Dylan rimase disteso sul divano, ansimante. La scapola destra gli bruciava da morire, così come le mani. Ma ce l’aveva fatta, no?
-Bene, ragazzino. Ora, se vuoi essere uno di noi, devi sceglierti un nome che sia figo- disse Tony con un ghigno.
-Cosa? Il mio nome non va bene?- chiese Dylan, stupito. Ora doveva anche cambiare nome?
-Nah, non è quello che intendo. Tutti i sicari usano un nome falso – o almeno, i più esperti – per non farsi rintracciare e... per proteggere i propri parenti- spiegò Tony. Il pensiero di Dylan volò immediatamente su Jake, ma altrettanto velocemente lasciò perdere. Ormai aveva imparato che era meglio non impicciarsi negli affari di Tony.
-È per questo che vi fate chiamare Envy, Sloth, Lust, eccetera?- chiese, incuriosito.
-Sì, e poi è anche una questione di reputazione personale. Insomma, fa figo. Allora, che nome vuoi?- disse Julia. Dylan rimase a pensarci. Proprio non lo sapeva. In effetti tutti i sicari che aveva incontrato finora avevano un nome falso nel giro. Julia era Wrath, Alex era Lust, Tony era Sloth, Matt era Greed, Nick era Gluttony, Raymond Blake era Copper, persino quello che gli dava la caccia si faceva chiamare Grudge, cioè rancore. Doveva trovarsi un nome abbastanza bello da poter competere con quello degli altri.
-Ridete se vi dico The Reaper?- chiese timidamente. Era il primo nome che gli fosse venuto in mente.
-Ma no, è figo! Cazzo, perché non ci ho pensato io?- disse Matt con una risata. Dylan non sapeva se stesse dicendo sul serio o se stesse solo ironizzando, ma era felice del complimento.
-Bene, Reaper. Ora sei ufficialmente uno dei nostri. Non appena ti passeranno le varie bruciature, Tony e Alex ti addestreranno. Ok?- chiese Julia. Dylan annuì. Sarebbe stato come entrare all'inferno e ritorno, ma forse aveva una possibilità di farcela.
-Va bene! Comunque... Visto che ora sono uno dei vostri... Posso farti una domanda?- disse, guardando il gruppo. Tutti si girarono immediatamente a guardarlo.
-Ma certo- disse Julia. Com'è che erano diventati improvvisamente così gentili? Mah. Meglio per lui.
-Come pensi di prendere Grudge e Robbins? Hai visto cosa hanno fatto a Nick...- chiese, incuriosito e anche un po' intimorito. In fondo era una domanda legittima.
-Sono dei parere che dovremmo prendere un paio di pistole mitragliatrici e andare là a spaccargli il culo e basta- brontolò Tony, con una luce omicida negli occhi. Dylan rise, ma non appena vide lo sguardo del sicario napoletano smise immediatamente.
-Non abbiamo un piano, vero?- disse, rendendo noto ciò che già era ovvio.
-Esattamente. Per ora devi solo pensare a farti addestrare. Tanto Grudge non entrerà mai nella villa, non è mica stupido fino a questo punto- ghignò Julia. Dylan rise. Aveva un senso.
-Uh, ok. In cosa dovrete addestrarmi?- chiese Dylan ad Alex. Non sapeva se voleva saperlo davvero, ma in fondo tanto valeva sapere come si strutturava l'inferno attraverso cui doveva passare. Alexei stava per rispondere, ma per la terza volta in quella giornata il campanello suonò.
-Qualcuno qui aspetta visite?chiese Alex. Julia fece spallucce, come per fargli capire che lei di certo non era. Così, Alex, Tony e Julia andarono su a controllare, mentre Matt preferì vedere chi fosse lo sconosciuto dal monitor delle telecamere a circuito chiuso. Non appena guardò l'immagine, fece la stessa faccia di uno che aveva appena visto il diavolo.
-Alex!!- urlò, correndo verso le scale.
-Cosa?- gli chiese lui, tranquillo e inconsapevole di cosa stesse per succedere.
-Dì a Julia di non aprire! Sbrigati!- sbraitò Matt, sempre più agitato. Dylan era perplesso. Che diavolo stava succedendo?
-Perchè, scusa?- chiese Alex, con tono allarmato, iniziando a realizzare che probabilmente c'era qualcosa che non andava.
-Fuori c'è un tizio con una fottuta pistola grande come il Texas!
  
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