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Autore: Aesingr    02/03/2014    3 recensioni
Spyro e Cinerea hanno combattuto e sconfitto il perfido Malefor, drago viola dai poteri immensi. l'hanno sempre considerato un nemico vile e spietato, insensibile di fronte al dolore che stava causando.
Si sa, l'oscurità può sorgere anche dalla luce. A volte l’amicizia, l’amore ed ogni altro sentimento positivo possono mutare in artigli roventi, con cui è facile dilaniare la carne e le ossa per giungere al cuore.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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COME UNA METEORA



Come una scintilla splendente, Airack correva tra le nuvole rosee che al suo passaggio parevano squarciarsi e mostrare una qualche natura iridescente. Percuoteva il cielo con le ali possenti, furibondo e permeato di una paura oscura come di un'eclissi solare. Ogni immagine felice e ogni sentimento fulgido e puro rischiavano di infrangersi su un semplice, flebile istante.
In quel tragitto, che la sua mente registrò come infinito quando in realtà stava viaggiando ad una tale velocità che il volo non sarebbe durato che pochi altri secondi, il terrore si impadronì di lui; sequenze di immagini fin troppo nitide per sembrare solo illusioni gli si pararono di fronte agli occhi rischiando più volte di fargli perdere il contatto con la realtà. Il suo respiro si fece affannoso e gli artigli si spalancarono automaticamente, come a difendersi da qualcosa più grande di lui. Più grande di un destino incerto, pericoloso e avverso; un destino oscuro.
Sfidò le forze che volevano portarlo a cedere all’oblio della paura e concentrò tutto se stesso nell’atterraggio tra gli alberi rivestiti da ricche chiome primaverili, alleggerendo l’impatto con il suolo con la flessione dei muscoli di tutte e quattro le zampe.
Qualcosa gli suggerì di fermarsi un istante; per riprendere fiato, per tornare a contatto con la realtà, per captare con i sensi più profondi ogni movimento e segno vitale all’interno della sua dimora, ai suoi occhi triste e occultatrice di un orrore troppo violento perché potesse sopportarne l’impatto.
Silenzio. Tutto attorno a lui pareva essersi immobilizzato in un attimo glaciale di tensione.
“Lehr…”
Forse non riuscì a pronunciarlo in maniera più decisa, forse non ne aveva le forze; la sua voce uscì in un tenue gorgoglio gutturale. Si impose di entrare e scontrarsi con i propri dubbi.
Lehr giaceva al centro della caverna, stesa su una pozza scarlatta. Il cuore di Airack si contrasse e si espanse convulsamente e non fu in grado di compiere il ben che minimo movimento. L’unico guizzo del suo sguardo si bloccò sul piccolo mucchio di paglia dal quale, qualche ora prima, aveva raccolto il fragile uovo viola. Era vuoto.
“Lehr!”
Il drago si gettò sulla compagna inerte sul pavimento della grotta. L’ala sinistra era squarciata e le articolazioni che univano le membrane alari erano quasi state mozzate. Presentava lesioni su tutto il corpo e il suo muso era reclinato a terra, sotto quella trasparente dolcezza che non si era spenta neanche con tutte quelle ferite. La sua espressione racchiudeva un’immensa tristezza e un dolore incommensurabile, ben più profondo di quello inferto al suo corpo.
“Lehr ti prego… no”
Il groviglio di sentimenti di sconforto, rabbia e vendetta convergerono in un solo e selvaggio ruggito di disperazione. Scosse il corpo della dragonessa azzurra, ma non ottenne risposta.
“Lerh svegliati!”
Per secondi che furono secoli restò immobile a fissare l’orrore che gli si parava davanti. Fu un movimento impercettibile di una delle zampe anteriori della dragonessa a riaccendere in lui una scintilla di speranza.
“Lehr! Avanti!”
Afferrò delicatamente il suo muso e lo sollevò, cercando nei suoi occhi ancora socchiusi un qualche sollievo.
“Airack...”
“Non sforzarti. Dobbiamo portarti da qualcuno. Riesci a…”
“Non sono riuscita a proteggerlo! Hanno portato via l’uovo. Flarendor… è stato Flarendor”
“Lo so. Ma dobbiamo pensare a te ora”
“Lascia perdere”
Airack la lasciò ricadere a terra e le si avvicinò al fianco sinistro, portando entrambe le zampe anteriori sotto il suo ventre.
“Ti ho detto di lasciar perdere"
“Non dire sciocchezze! Devi solo resistere qualche minuto”
Lei sbuffò e un piccolo getto d’aria fresca scaturì dalla sua gola.
“È troppo tardi. Non so quanto resisterò ancora”
Airack non si curò dei suoi discorsi e provò ad issarla sopra al dorso, ma con le ultime forze rimaste Lehr si divincolò, convincendolo che non aveva nessuna intensione di collaborare.
“Ti prego. Non essere stupido. Vattene da qui! Nessuno ci aiuterà sapendo che tenevamo nascosto un uovo che avrebbe potuto mettere in pericolo il... il nostro mondo" Il respiro le si fece più affannoso. “Loro sapevano. Sapevano tutto. Dovevano solo aspettare l’occasione giusta perché tu non potessi intralciarli”
Tossì un fiotto di sangue. Airack si chinò su di lei. Una lacrima bagnò il suo muso già inchiostrato da nere macchie di dolore e scivolò sul collo squamoso, per infrangersi al suolo. Forse la prima lacrima scesa da quella temeraria anima guerriera.
“Hanno rapito nostro figlio. Ma tu devi salvarti. Axius è dalla tua parte. Lo dimostra il fatto che…” Fece una pausa, raccogliendo le poche forze che le restavano per alzare di nuovo la testa e fissarlo negli occhi. “Che non sapeva molto di questa faccenda, sarebbe stata un’ulteriore presenza fastidiosa da eliminare”
In mezzo a tutto ciò che stava provando in quel momento, una piccola parte dei pensieri di Airack andò al guardiano del ghiaccio, rendendosi conto che almeno da lui non era stato tradito.
“Lehr. Io…”
“No!”
Il vigore con cui la dragonessa lo interruppe parve tutt’altro che quello di una creatura moribonda. Quella che fino ad un momento prima era l’immagine della dolcezza e dell’innocenza stroncata bestialmente da artigli infami, si trasformò in un’espressione decisa e risoluta. Espressione degna della compagna di Airack.
“Non ti permetterò di fare sciocchezze. So a cosa stai pensando. Se ti trovassero saresti spacciato, avresti contro tutto il tempio… e per estensione tutto il regno dei draghi”
L’enorme drago rosso ringhiò furente. L'ira che ormai lo pervadeva osso per osso, squama per squama, si manifestò in un ruggito infuocato che si abbatté sulla parete di fronte.
“Non importa! Non permetterò che la passino liscia. Me la pagheranno. Lehr… fosse l’ultima cosa che faccio io ti vendicherò! Flarendor è finito! Voglio vederlo soffrire e supplicare pietà! Pietà che non gli concederò neanche se mi implorasse in ginocchio!”
Lehr poggiò nuovamente il capo pieno di ferite a terra. Il suo impeto era apparso insignificante di fronte alla collera di Airack. Non insistette, conoscendo il temperamento fiero e risoluto del compagno, che per la propria famiglia avrebbe dato la vita. Una famiglia fatta a fette dall’esistenza di quel piccolo e innocuo uovo viola, sorgente di un potere troppo grande per essere ignorato.
La dragonessa abbassò lentamente le palpebre, rivolgendo i suoi ultimi pensieri al figlio e a cosa ne sarebbe stato di lui. Poi, con un filo di voce ormai prossimo all’oblio, si lasciò andare ad un altro flebile tentativo.
"Airack. Non voglio andarmene con la consapevolezza che il cucciolo crescerà senza né una madre né un padre. Esaudisci questo piccolo desiderio, ti prego. Aspetta che sia cresciuto e vivi il futuro insieme a lui. Non farti uccidere. Potrai rivendicare l’amore che ti hanno portato via… ma solo quando sarà cresciuto, quando nessuno si ricorderà di suo padre. Potrai salvar…”
Non riuscì a concludere la frase, le parole si infransero nel suo ultimo respiro. L’ultima immagine, una zampetta viola che si faceva largo tra la membrana solida del guscio dell’uovo viola, sogno che quasi ogni notte la rendeva fiera e felice. Lo stesso sogno che aveva causato tutto il sangue che ancora non aveva smesso di fluire dalle sue ferite, di cui non poteva più percepire il dolore.
Airack non si mosse. Il grumo di rosso e tenebra che avvolgeva Lehr divenne ai suoi occhi un insieme indistinto di frammenti d’incendio. Non vide né sentì più niente. Il tempo si era fermato su un’unica ma feroce certezza.
Osservò il corpo martoriato di Lehr, sapendo che non avrebbe retto a lungo la visione della madre di suo figlio prona su quel lago rosso. Incurante del sangue che gli imbrattò le squame delle zampe, la afferrò sotto al collo e in mezzo al ventre e la portò all’esterno, volando fino al piccolo torrente che si trovava a pochi metri dal bosco che circondava la grotta, nel mezzo di una tranquilla radura rocciosa.
Lavò accuratamente le sue ferite e le macchie di sangue già incrostato, senza neanche guardare cosa stava facendo. Non voleva più vedere il corpo straziato di Lehr, quindi chiuse gli occhi e cercò di frenare, per il momento, quel fuoco che lo stava corrodendo fin dentro le viscere.
Finito di pulirla, iniziò a scavare meccanicamente dei solchi sul suolo terroso, che presto si trasformarono in un letto abbastanza grande da poter ospitare il riposo eterno della dragonessa azzurra. Un brivido lo attraversò non appena adagiò il suo corpo inerme nella fossa, un senso di inesorabile angoscia nel distendere le dolci ali che fino al giorno precedente l’avevano avvolto per trasmettergli il loro amore.
Represse con difficoltà il desiderio di chiederle di svegliarsi, per poi abbracciarla un’ultima volta, sperando che il calore delle sue zampe la potesse raggiungere ovunque lei fosse.
Si lasciò andare alle lacrime. Lacrime che non avrebbero mai potuto colmare il vuoto orrendo che celava nel cuore, né sostituire la rabbia e il disprezzo che provava, ma si rivelarono necessarie affinché potesse sfogare una parte dell’odio che di li a poco l’avrebbe spinto a gesti incoscienti e l’avrebbe trasformato in un automa di fuoco e zanne.
Carezzò il dorso della compagna come faceva spesso prima di dormire, passando delicatamente gli artigli tra le sue squame lisce e nobili.
“Buonanotte Lehr” Singhiozzò, prima di rivolgere lo sguardo al cielo, ancora limpido e luminoso.
Mosse con cautela alcuni pezzi di terra per coprirla, fino a quando non restò scoperto solo il suo muso dolce e dormiente, che Airack baciò delicatamente. Le ultime ferite l’avrebbero accompagnata nel suo sepolcro , a testimonianza del coraggio dimostrato nel difendere l’amore per il proprio figlio.
Terminato il lavoro e nascosto anche il suo muso sotto la terra, Airack si avvicinò ad un robusto albero che piangeva rami spioventi; Anche lui sembrava sconvolto per la sorte di Lher.
Con una zampata ne tranciò di netto metà del tronco, per concludere l’opera con una frustata della coda spinata con cui squarciò di netto il povero legno. L'albero cadde rumorosamente al suolo.
“Tu farai la stessa fine!” Esclamò, guardando i resti del tronco spezzato.
“Se ne sei convinto…”
Airack sobbalzò. Si voltò di scatto alle proprie spalle, per incrociare lo sguardo di un altro drago del suo stesso colore ma di minori dimensioni che planava sopra il mucchio di terra che proteggeva Lehr. Quattro corna nere e irsute si alternavano sulla sua testa che, assieme ad una robusta muscolatura e ad un manto di squame lucido e fiammeggiante, donavano al suo aspetto una nota solenne.
Il muso di Airack mutò in un rostro di zanne bianche e brutali. Fu un lampo, la sua mente registrò solo una possibile azione: dilaniare.
Un solo balzo fulmineo, e Flarendor fu costretto a lanciarsi di lato per evitare una possente artigliata che distrusse una spessa zolla di terra e sollevò un'ampia nube di polvere. Senza fermarsi Airack gli si lanciò di nuovo addosso; il guardiano, nonostante avesse dalla sua parte anni e anni di severo allenamento, dovette fare appello a tutti i suoi riflessi e ad una sufficiente dose di fortuna. Airack non gli diede tregua, non passò neanche un secondo che un fiume di fuoco rovente scaturì dalle sue fauci per travolgerlo. Le fiamme dilagarono, mentre Flarendor si sollevava in aria lontano da quell’inferno, che nonostante non avesse potuto danneggiare le sue squame di guardiano del fuoco gli aveva procurato due livide ustioni sulle zampe anteriori utilizzate per ripararsi il muso. Non si aspettava un simile impeto, nonostante sapesse dell’immondo reato commesso.
Airack lo scrutò dal basso con tutto il disprezzo che era in grado di trasmettere e con veemenza gli si scagliò di nuovo contro, incurante di non poterlo annientare con le fiamme. Un’altra vampata incandescente ancora più violenta della precedente circondò Flarendor, che ne emerse con una virata istantanea con cui si portò al suo fianco. Impattò le proprie corna sul costato di Airack e lo gettò a terra.
La mole di Airak attutì in parte il colpo. Si alzò velocemente ed evitò una pericolosa sferzata di coda che gli passò a pochi centimetri dal collo. Riuscì a darsi una leggera spinta con le zampe posteriori, ma il movimento troppo rapido gli aveva impedito di concentrare le forze sul balzo e quindi si ritrovò momentaneamente indifeso. Flarendor ne approfittò per artigliarlo sull’addome e lasciargli un profondo squarcio sul ventre. Airack cadde a terra ruggendo di dolore, mentre sangue viscoso cominciava a colargli dalle squame. Il suo avversario restò a debita distanza.
"Come... come hai potuto distruggere così la mia famiglia!”
Si alzò di nuovo e si gettò ancora all’attacco, ma la ferita l’aveva reso troppo vulnerabile. A Flarendor fu sufficiente spostare il peso sulle zampe di sinistra e colpirlo con la coda sulla fronte. Milioni di stelle esplosero nel campo visivo di Airack. Non riuscì a distinguere altro che la massa scarlatta di Flarendor che gli era balzato addosso, schiacciandolo sotto il proprio peso.
Con un colpo secco il drago gli fracassò le ossa di una delle zampe anteriori e Airack guaì in preda al dolore, perdendo per qualche secondo la cognizione di quello che stava succedendo. Riuscì tuttavia con un ringhio sommesso e uno sforzo titanico a spingere via Flarendor, che non oppose resistenza.
"Perché..." chiese digrignando le zanne.
L’altro ghignò divertito.
“Davvero non ci arrivi? Povero sciocco. Per quanto pensavi di poter nascondere la natura di tuo figlio?”
Airack si alzò a fatica, distrutto nel corpo e nella mente.
“L’abbiamo nascosto proprio a causa di quello che prevedevo sarebbe successo. E infatti avevamo ragione"
Ormai sapeva che sarebbe stato inutile, ma mise tutte le sue energie nell’ultimo disperato tentativo di contrattaccare. Nessuna esitazione, niente lo frenava. Un’anima sofferente in cerca di pace nella venuta della fine.
“Se continui ad insistere sarò costretto a farti ancora più male. Non ero venuto con l’intensione di uccidere anche te, ormai non sei più un pericolo. Ma se è quello che vuoi...”
Con la semplice rotazione di una zampa, Flarendor fece rovinare l’avversario miseramente al suolo, che risentì di tutta la sua stessa mole sul proprio corpo dolorante.
La sua anima e il suo cuore volevano lottare, volevano salvare il figlio, ma sembrava che tutto fosse destinato a concludersi in quel luogo, in quel momento. Sarebbe caduto accanto alla sua compagna e come lei l’avrebbe fatto lottando. Comprese che il momento di arrendersi arriva sempre, prima o poi, ma non per lui; non di fronte a Flarendor. Sapeva di dover resistere, per Lehr, per il piccolo.
“Cosa ne avete fatto dell’uovo?” domandò rabbiosamente.
Non riuscì a gridare, a sembrare minaccioso, ormai si sarebbe accontentato del suo diritto di sapere.
“Niente. È molto vicino sai? Volevo concludere il lavoro prima di tornare al tempio e l’ho nascosto non molto lontano da qui. Volevo accertarmi che tu non mi seguissi. Non sarei voluto arrivare a tanto, ma visto che ti sei rivelato testardo quanto la tua stupida compagna…”
Con uno scatto di rabbia le sue zampe, compresa quella fratturata, si drizzarono e la bocca irta di zanne si spalancò furiosa.
“Non ti azzardare a offendere ancora Lehr…”
“Altrimenti?”
Airack lo sprezzò con lo sguardo, consapevole che non era nella condizione di minacciare.
“Voglio soltanto sapere cosa ne sarà di mio figlio. Perché non ci avete permesso di crescerlo! Avremmo potuto tenerlo sotto controllo se le cose fossero andate male. Non sarebbe stato un pericolo per il tempio. Per nessuno!"
“Il tempio? Chi ha parlato del tempio. Io agisco per conto mio. Axius e la sua amica guardiana della terra non c'entrano nulla, io soltanto ho deciso di venire a farvi visita. Speravo che con la tua assenza la tua compagna sarebbe stata più docile e non avrebbe opposto resistenza. Non so se sarei stato in grado di sconfiggervi entrambi, ha combattuto come una belva” Sollevò un’ala, mostrando il fianco sinistro al quale era stata inferta una profonda ferita da taglio. “Mi ha lasciato questo bel ricordino con le sue lame di ghiaccio. Se devo essere sincero ho adorato la forza che ha dimostrato, non fosse stata così cocciuta sarebbe potuta diventare un’ottima madre”
“Madre di un figlio che le hai portato via?” gli sputò sul muso Airack.
“Voglio addestrarlo ad essere un guerriero freddo ed impassibile di fronte al nemico agonizzante ai suoi piedi. Un guerriero che non conosce la pietà, padrone di tutti gli elementi. Un guerriero al nostro servizio! Saremo in grado grazie a lui di raggiungere il massimo potere mai acquisito da un drago e tutto sarà sotto il nostro dominio”
Airack ebbe un fremito d’ira. Il suo corpo iniziò ad essere scosso da convulsioni e da spasmi che sembravano sul punto di mutare le sue membra in qualcosa di demoniaco.
“Non solo hai ucciso Lehr ma vuoi diventare padrone di mio figlio!"
In un lontano, remoto anfratto della sua mente aveva perfino accettato il destino che gli era stato assegnato nel momento in cui l'uovo viola era giunto nella loro vita. Anche nel suo cuore si annidava il timore che suo figlio avrebbe potuto portare il mondo alla distruzione. Flarendor però non voleva scongiurare il pericolo, voleva anzi guidare una folle supremazia sfruttando il cucciolo. Non poteva accettarlo.
Il suo corpo si circondò di un alone di fiamme che si irradiò nello spazio circostante come l'aura di una stella. Flarendor non parve turbato da quella singolare manifestazione di potenza, ma non riuscì a nascondere l'ombra di stupore che si dipinse nel suo muso quando il corpo di Airack divenne un piccolo astro rosso ed incandescente pronto ad esplodere.
“Tu non sei degno di essere il guardiano del fuoco! Mio figlio non sarà tuo!”
Accompagnato da una scia di luce abbagliante, Airack si scagliò con tutte le sue forze verso il perfido drago, che fece appena in tempo a rendersi conto del pericolo prima di ritrovarsi in aria stretto in una morsa rovente. Airack l’aveva afferrato ad una velocità impressionante e, coperto da uno strato infuocato con l’avversario tra gli artigli, si era lanciato verso l’alto mosso da un’energia inimmaginabile.
“Lasciami! Cosa hai…”
Senza che avessero il tempo di dire o pensare altro, Airack si capovolse e con un vigoroso battito d’ali incandescente scese in picchiata tanto rapidamente da non riuscire più a distinguere ciò che lo circondava.
"Perdonatemi Lehr, Malefor..." mormorò, con un'ultima lacrima di fuoco ad accendergli gli occhi.
Come una meteora sfrecciò inarrestabile verso il suolo. La tremenda esplosione generò un enorme cratere e mutò radicalmente l'ambiente al momento dell’impatto, che avvenne tra un incendio di bagliori e di vampe luminescenti.
Il boato fu accompagnato da un intenso calore che avvolse la piccola radura, deserta. un soffice alito di vento spirò nei pressi del ruscello.
Dei due draghi nessuna traccia.
  
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