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Autore: Bash    02/03/2014    2 recensioni
Le ultime sensazioni, pensieri, dolori e speranze della piccola Mel: sacrificata ingiustamente al Dio Elos per una colpa non sua, per un crimine non commesso.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guardavo il piatto di semolino fumante di fronte a me. Come ultimo pasto era una cosa sconcertante, ma siamo in carestia e questo è il massimo che ci si può permettere. La cella era scarsamente illuminata dalla finestra. Era una giornata come le altre, a nessuno sarebbe venuto in mente che in una giornata normale una ragazza possa venire uccisa. 


Fin da piccola venivo guardata in maniera strana. Ero bassa, troppo bassa. La più bassa dei bambini del villaggio. Mamma diceva che sarei fiorita in ritardo, ma sarei stata la più bella, e che chiunque avrà pensato male di me si sarebbe pentito. A me non importava, francamente, di essere bassa. Ero solare, attiva e aiutavo in casa. Ero l'unica figlia femmina dei miei, avevo un fratello maggiore, Rijah, e due fratellini minori, Rhur e Sion. Loro lavoravano nei campi mentre io e la mamma ci occupavamo delle pecore e le mucche; tutte le famiglie del villaggio erano organizzate così. La mia infanzia trascorse serenamente fino a quando, a quattordici anni, giunse il momento di smettere di giocare con i bambini del villaggio. Tra i miei vecchi compagni di giochi sono riuscita a mantenere l'amicizia solo di Ishvar - il figlio del capovillaggio- e sua sorella, Fihake. Alla sera, quando tutti e tre terminavamo i nostri compiti, ci trovavamo a casa del capo intorno al fuoco, dopo il pasto serale, e ci raccontavamo le storie che inventavamo durante la giornata. Amavo la voce di Ishvar, la sua maniera di raccontare, di parlare... la sua maniera di guardarmi. 
Una volta stava portando al pascolo le pecore e io dovevo cercare papà. Lo vidi da lontano, disteso sopra l'erba a prendere il sole, dando ogni tanto un'occhiata alle pecorelle. Era così bello. Quando mi scorse in lontananza balzò in piedi. " Mel!" chiamò agitando il braccio. Mi avvicinai con un sorriso. " Cosa ci fai qui da sola? lo sai che non è sicuro!" 
" Calmati, Ishvar, sto andando da mio padre. Mi hanno detto che è qui..." mi faceva piacere che si preoccupasse per me.
Mentre dicevo quelle parole mi prese la mano e la portò portata alla sua guancia, mi fissò per qualche secondo per poi dire " se ti succedesse qualcosa... non potrei mai perdonarmelo Mel. ti prego, torna a valle e aspetta tuo padre lì".  Ricordo le mie guance in fiamme e non sapendo cosa dire , ripreso possesso della mia mano, corsi a valle, come aveva chiesto.

é il più bel ricordo che abbia di Ishvar, ed è l'unico che mi infonda un minimo di sicurezza, in questa cella maledetta.
Ho infilato il cucchiaino di legno nella scodella, anche se l'idea di mangiare mi dava la nausea. Erano due giorni che non mangiavo, da quando è iniziato questo processo contro di me, da quando mi hanno imprigionata in questa cella. Dato che non mi era vietato ricevere visite, mamma era continuamente con me." Ce la faremo, piccola Mel. tu non hai colpe", diceva. E io sapevo che non era così. Le cose non sono mai state così: la colpa di qualsiasi cosa era mia, e ora avrei dovuto pagare.
  
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