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Autore: Tomoko_chan    05/03/2014    19 recensioni
Tokyo, inverno. Naruto si imbatte in una buffa ragazza tremendamente goffa e impacciata.
All'inizio nascono alcune incomprensioni, ma poi i due cominceranno a frequentarsi assiduamente. Lei è la ricca ereditaria degli Hyuga, ma da sempre in contrasto col padre. Lui è un cantante, un chitarrista, un ex teppista e il leader di una band.
E così, fra risate, amici folli, musica e rock'n'roll, quale sarà il destino degli Origin e della giovane Hyuga?
[NaruHina doc] [Accenni SasuSaku, InoShikaTema, KibaHanabi]
****
Eccomi qui con una fic del tutto nuova. Ho accennato che nella storia si parlerà di musica: in ogni capitolo sarà presente una Song.
Tutte le canzoni saranno dei Negrita! Più che altro per le loro bellissime poesie.
Vi consiglio di aprire questa fic nonostante non amiate il genere Rock o Pop/Rock. E' pur sempre una storia d'amore!
Tratto dal testo:
Non ringrazierò mai abbastanza chiunque lassù abbia deciso di affidarmi a te. O forse devo ringraziare qualcuno all’inferno, perché non ho ancora deciso se sei l’angelo custode o il diavolo tentatore.
ULTIMO CAPITOLO.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto, Kiba/Hanabi, Sasuke/Sakura, Shikamaru/Ino, Shikamaru/Temari
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli ultimi sognatori.'
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L'intenzione è di farvi piangere, quindi,
armate i fazzoletti! Dedicato a tutte quelle persone
che con le loro recensioni e messaggi privati mi hanno
fatto crescere e mi hanno dato man forte. Grazie <3
Ci sentiamo a fine pagina!

Filosofia di vita
-
Bonanza
&
Lasciami dormire

[Vivete le vostre vite, 
ascoltate il sangue che vi scorre dentro]


 
[Da ascoltare assolutamente: Bonanza; Lasciatemi dormire - Negrita]
Era notte, fuori pioveva.
L’incessante battere della pioggia sull’asfalto nascondeva il battere veloce dei loro cuori.
La finestra era aperta e lasciava entrare dentro tutto quel fragore, l’odore fresco della pioggia, la notte.
Non era poi così importante che fuori piovesse, ma Hinata notò quel particolare, inspirò l’aria fresca, memorizzò ogni istante perché ogni istante era importante. Fuori pioveva, ma anche dentro di lei pioveva, ed era come se il cielo le facesse vedere che era in grado di fare ciò che lei non riusciva neanche a pensare, era in grado di accettare l’evidenza e, infine, piangere. Il cielo piangeva perché Hinata non aveva più lacrime.
Hanabi, accanto a lei, le strinse la mano in silenzio. Erano passate due settimane da quando avevano avuto quella notizia, ma per lei non era stato abbastanza per incassare il colpo. Aveva continuato imperterrita la sua permanenza nell’ospedale, anche quando, con le dovute premure, le avevano detto che poteva tornare a casa. Ma lei non voleva abbandonare Naruto, incapace di smettere di sperare, nonostante tutti i discorsi che le aveva fatto Sasuke. Solo quella sera, con l’aiuto della sorella, Hinata si era degnata di fare le valigie e di firmare il documento dove si dichiarava ufficialmente dimessa. Si era cambiata, aveva indossato una tuta nera, le scarpe da ginnastica, la felpa prestatele da Sasuke e quella splendida sciarpa arancione al collo, appartenente a Naruto.
“Ci vuole un po’ di colore nella vita!” le aveva detto entusiasmato, mettendogliela al collo, più di un anno prima. E in quell’anno Naruto non aveva fatto altro che colorarle la vita di mille sfumature, riempiendole le giornate di allegria, il mondo di cose buone, che lei non aveva mai visto. Grazie a lui la sua vita era cambiata, grazie a lui era cambiata lei stessa.
Ma poteva benissimo vestirsi di mille colori, sembrare Arlecchino, lei comunque rimaneva la solita ragazza dalla pelle candida, gli occhi bianchi, i capelli neri. E il nero e il bianco non sono colori.
Si trovavano tutti lì, in quella stanza. Hinata si reggeva a fatica per l’emozione.
Più si guardava intorno, più notava i volti dimagriti, le guance ossute dei suoi amici, gli occhi segnati di Sasuke.
Hanabi, accanto a lei, la sorreggeva, e Sasuke, anche lui al suo fianco, di tanto in tanto le lanciava un’occhiata preoccupata. Erano tutti attorno al letto di Naruto. Kiba era proprio davanti al letto, mentre teneva stretta la mano della sua ragazza. Accanto a lui, Sakura e Ino piangevano sommessamente. Shikamaru non aveva il coraggio di guardare gli altri. Gaara, stretto a Temari e sorretto da Kankuro, sembrava sul punto di dare di matto.
Tsunade, fra Sasuke e il macchinario, era pronta a far smettere di vivere Naruto.
Ma no, Naruto non viveva già da tempo.
In quelle settimane lo aveva fissato a lungo, ma non aveva mai visto le sue mani muoversi, i suoi occhi aprirsi, il suo sorriso affiorare dal nulla.
Sasuke continuava a ripeterglielo, eppure lei non riusciva ad accettarlo. Nemmeno ascoltava.
La stanza era tutta bianca, le lenzuola erano linde, appena state lavate, profumate di ammorbidente. E poi c’era Naruto, pallido, biondo, la maglia arancione come a prendere tutti in giro con quello sprizzo di vita. Allora Hinata no, non poteva crederci che Naruto era morto, perchè lui continuava a colorare.
<< Devi soltanto premere il bottone verde. >> mormorò Tsunade, anch’ella presa da emozioni fortissime.
Sasuke annuì, si fece più vicino al macchinario. Hinata osservò la sua mano alzarsi e accostarsi al pulsante luminoso. La vide tremare.
<< Ti prego, non lo fare. >> sussurrò lei, la voce rotta, in un ultimo slancio di speranza.
Sasuke cominciò a piangere, ed Hinata non vide scorrere inchiostro sul suo viso, ma lacrime nivee e umane, lacrime amare, di chi ha sofferto troppo e ancora non si è abituato.
Lo vide incespicare, probabilmente non vedeva bene a causa della vista offuscata, così sperò che sbagliasse bottone, che Naruto rimanesse ancora lì con lei.
Ma Sasuke non sbagliò, inspirò forte e avvicinò le dita al pulsante, che con il suo tocco si spense.
Il macchinario si spense. Tsunade staccò il respiratore e rimase a osservare, in silenzio. Tutti avevano il respiro mozzato.
Alla vista del petto del biondo che continuava ad alzarsi e ad abbassarsi, Hinata ebbe la tentazione di scuoterlo, di prenderlo per le spalle e svegliarlo. Perchè sembrava dormisse.... Naruto stava dormendo, ne era certa....  ma il suo respiro poco dopo si fece più lieve, più lento... fino al punto che il suo petto non si mosse più.
Un altro macchinario ancora segnò, dopo poco, con il suo bip lungo e meccanico, che il cuore di Naruto non batteva più. Naruto si spense. Sasuke si spense, quasi cadde sulle ginocchia. Hinata si spense, si frantumò in mille pezzi, incredula. E Tsunade spense anche quel macchinario strafottente.
<< Ora del decesso: 21 e 54. >> disse la donna, mascherando con professionalità il suo dolore atroce.
Hinata, dapprima silenziosa, guardò tutti con occhi sgranati. In seguito cominciò a urlare, a piangere forte.
<< L’hai ucciso! E’ MORTO! >> urlò, dibattendosi contro Sasuke, colpendolo con pugni forti contro il petto << L’hai ucciso! Assassino! E’ morto! >>
Continuava a urlare, a dimenarsi, ma Sasuke l’abbracciò, la strinse forte a sé, nascose il pianto fra i suoi capelli morbidi, mormorando << Mi dispiace, mi dispiace… >>. Hinata smise di dimenarsi fra le sue braccia, si abbandonò ad un pianto doloroso e drammatico. Le gambe non ressero a nessuno dei due e si lasciarono andare mollemente sul pavimento, abbracciandosi inginocchiati, piangendo forte, proprio loro che non piangevano mai, proprio loro che avevano perduto tutto.
Piansero tutti, tutti in modo diverso e disperato.
E fuori continuava a piovere.
 
Stanotte scappo mama se torno non lo so
Ma quello che ho rubato non lo restituirò
Ho il mio cavallo adesso e un nome giù in città
Sta scritto sulla taglia per chi mi prenderà…
 
Mama puoi sentirmi adesso?
Cristo è rimasto e l’hanno fatto fesso
 
Stanotte scappo madre se torno non lo so
Ma se ho rubato giuro che lo rifarò
Il Paradiso è stretto ma un posto ci sarà
Sarà di quel bastardo che se lo comprerà
 
Mama puoi sentirmi adesso?
Se c’era un cristo l’hanno fatto fesso
 
Solo un’altra ora
Poi la notte mi accompagnerà
L’orizzonte m’inghiottirà
Forse per metà
L’altra resterà….
 
Aveva dormito insieme alla sorella, come da piccole. Quando aveva varcato la soglia di casa, a tarda notte, le era mancato il coraggio: ripercorrere quei luoghi dove era stata con Naruto, dove avevano riso, pianto, scherzato, fatto l’amore, le metteva l’anima al rogo. Era come se tutto si fosse fermato. Era rimasto tutto come tre settimane prima, come quella mattina in cui si erano svegliati tardi, avevano fatto la doccia insieme senza smettere mai di baciarsi ed erano corsi alla Moon’s eyes, dove Rock Lee li attendeva per l’intervista. E poi, semplicemente, c’era stata l’Apocalisse. E’ strano come una giornata possa significare così tanto, in una vita. Pochi giorni, belli o brutti che siano, emergono fra gli altri perché sono quelli che ci hanno cambiato la vita. Non una vita, non un anno, non un mese, ma giorni: particolari ore, istanti inenarrabili da cui dipende tutto.
Per quanto uno possa dire di avere una vita monotona, ci sarà sempre un’istante in grado di cambiare un’intera esistenza: perché la disperazione non è altro che una triste speranza, perché la passione non è altro che amore che brucia.
La disperazione era giunta come di casa nel suo cuore, ricordandole quella passione bruciata in quella dimora, passione che ormai era diventata cenere, come un fuoco spento all’improvviso da un getto d’acqua. Perché ricordava quell’ultimo giorno passato davvero insieme, quello e tanti altri giorni felici in cui Naruto marciva dentro, tenendosi il suo male per sé. E lo odiava alla follia per aver taciuto una cosa del genere, ma lo amava da impazzire per aver comunque reso ogni istante tanto felice da ricordarlo per sempre.
Avevano dormito insieme, ma Hinata non aveva riposato. Si era alzata presto, sveglia da molto prima, si era buttata sotto una doccia bollente e c’era stata per ore, ricercando i tocchi bagnati di Naruto, le sue dita premurose a scorrere sulla pelle, le labbra sui seni, le clavicole, la bocca.
Pianse, confondendo le sue lacrime con il getto rassicurante dell’acqua, e decise che quel giorno doveva essere impeccabile.
Si asciugò nell’accappatoio di Naruto – così follemente arancione – cercando ancora quel profumo dolce d’arancia che lo distingueva; pettinò a lungo i capelli che raccolse in una treccia morbida, come piaceva a lui, e poi si odiò perché costretta ad indossare un vestito di chiffon nero, quel colore che Naruto detestava e che non voleva vedere addosso a lei. Indossò le scarpe alte, mise del profumo alla vaniglia e ricordò ancora Naruto con quella sciarpa arancione attorno al collo, quella sciarpa che c’era sempre stata nei momenti importanti, dal primo 
all’ultimo saluto .
Dopo poco entrò nella propria macchina pronta a guidare. Certo, prontissima… ricordò i grandi discorsi di lei e Naruto, seduti in macchina a parlare, il rombo del motore quando era alla sua ricerca, il rombo del motore che li investiva... e non riuscì più a guidare. Con un singulto uscì dalla macchina, in preda ad un conato di vomito. Ricordò il rombo del motore della macchina che li aveva investiti, ponendo fine a tutto, e un mugolio di dolore le sfuggì dai denti stretti. Hanabi aveva aggirato la macchina, l’aveva stretta a sé: aveva chiamato Sasuke tenendola vicinissima, impaurita, e aveva potuto facilmente distinguere quella voce roca affermare << Sto arrivando. >>.
Lo aveva detto con quel tono rassicurante di sempre, che riservava solo a lei probabilmente, lo stesso di quando l’aveva rassicurata sentendola piangere, aveva detto “Sto arrivando, sistemo tutto io”, ma adesso non aveva affermato di poter aggiustare tutto, perché la situazione era irreparabile e lui lo sapeva.
Non ebbe nemmeno il tempo di pensarci che Sasuke fu lì. Non scese dalla macchina, non la guardò neanche. Hanabi si avvicinò alla macchina, aprì la portiera davanti e fece accomodare la sorella maggiore, trattata come una bambina piccola, mentre lei si sedette dietro.
Sasuke e Hinata si guardarono negli occhi, per un attimo interminabile. Sembravano discutere con gli occhi, con quel gioco di bianco e nero, colori che Naruto odiava, ma che amava sul viso delle due persone a lui più care. Poi lui si avvicinò, le baciò la fronte con dolcezza, vi si appoggiò con la sua, intensificando lo sguardo.
<< Dobbiamo affrontarlo. >> le disse, invece del solito “Possiamo affrontarlo” che si vedeva in tutti i libri, in tutti i film, perché no, non potevano affrontarlo, era impossibile, ma dovevano, non per loro volontà.
Hinata annuì debolmente, le lacrime agli occhi. Sasuke le ribaciò la fronte, poi tornò a guardare davanti a sé, pronto a guidare.
Guidò lentamente, dimodoché la ragazza si sentisse meno male. A conti fatti, dall’incidente soffriva di mal d’auto. Non voleva pensarci, non doveva farlo, eppure quegli istanti erano sempre lì, davanti ai suoi occhi bianchi. Perché era successo tutto in un attimo, aveva visto all’improvviso gli occhi di Naruto davanti suoi, le sue mani spingerla via. E poi la macchina investire lui, il suo corpo volare, le ruote girare e scaraventare anche lei lontano dal mondo. Rivedeva quei due occhi incantevoli e cerulei ad ogni svincolo, ad ogni pezzo di cielo, ad ogni insegna dello stesso colore, li vedeva sempre vicinissimi ai propri, fissarli. E quegli occhi incantevoli erano diventati in breve il suo incubo.
Hinata ebbe il tempo di osservare il suo compagno di sventure. Di tutto pur di non pensare al dolore.
Indossava dei pantaloni neri eleganti, la camicia dello stesso colore, le scarpe di cuoio. Tutto normale, per uno come lui, ma la differenza stava nella giacca. Sasuke indossava una giacca di pelle, color arancio scuro, che spesso aveva visto indosso a Naruto: a quanto pareva Sasuke aveva avuto la sua stessa idea. Continuò a fissare il suo volto triste e corrucciato per tutto il viaggio, fino a quando la macchina non si fermò e la sua portiera venne aperta da un altro ragazzo.
Shikamaru li aveva aspettati con Kiba, dandole riparo sotto l’ombrello, e subito l’aveva abbracciata, tentando di darle conforto. Anche lui aveva indosso un completo scuro colorato da una cravatta arancione. Kiba era molto elegante, ma invece della camicia indossava una T-shirt arancione con il simbolo degli Origins, una delle prime in commercio, con un vortice rosso e azzurro e la scritta in grande stile, tutto voluto da Naruto.
Tutti loro, in modo diverso, avevano voluto ricordarlo.
I fan erano tantissimi, ed erano tutti chiusi fuori dal cancello del cimitero, con gli ombrelli aperti e tantissimi striscioni di incoraggiamento. Nessuno fiatava, neanche i giornalisti, che però continuavano imperterriti a scattare foto.
Hinata rivolse ai fan un lungo sguardo. Il loro silenzio era ammirevole. Non si curò dei giornalisti che fotografavano il suo corpo coperto dalle cicatrici, i visi stanchi, le occhiaie di tutti. Osservò ogni volto, pensando a Naruto, immaginando di ritrovarlo lì.
Sentì la mano fredda di Sasuke sulla sua schiena sospingerla leggermente. Si mosse, in automatico, condividendo l’ombrello con il moro, che non accennò a sciogliere quel mezzo abbraccio protettivo. Il cimitero era lugubre, un posto scuro pieno di lapidi picchiettate dalla pioggia, pieno di visi di persone morte, intriso di tristezza. Si incamminarono tutti e, ad un centinaio di metri, trovarono il luogo prescelto. Sotto un grande salice piangente, le ragazze, Gaara, Temari, Kankuro, Sai, Asuma, Tsunade, Teuchi e Ayame li stavano aspettando. Non erano in molti, ma ogni singola persona presente era stata in qualche modo toccata dalla presenza di Naruto nelle loro vite. Un prete, vestito di scuro, li attendeva, dinanzi ad una fossa rettangolare. Al suo interno, una bara di legno scuro veniva continuamente martellata dalla pioggia, producendo un suono triste e lugubre. Dinanzi al sepolcro, una lapide raffigurante un Naruto sorridente che sembrava salutarla allegro. Sotto la foto, la frase incisa in bella scrittura “Uomo nato per combattere e morto da eroe. 10 Ottobre 1991/ 12 Gennaio 2014”, scelta da chissà chi. Poco distante, le lapidi di Minato Namikaze, Kushina Uzumaki, Jiraya Namikaze, Konohamaru Sarutobi. La sua famiglia.
La cerimonia fu breve quanto triste. Ad uno ad uno, gli Origins lanciarono una manciata di terra sulla bara, come era consuetudine. Hinata, invece, gli lasciò un grande girasole.
Non pianse. Le lacrime erano state abbastanza; adesso si sentiva soltanto stanca e vuota. Sasuke le si avvicinò, si abbassò per parlarle nell’orecchio.
<< Naruto mi aveva fatto promettere che al suo funerale avremmo suonato una canzone scritta da lui. >> le sussurrò, la voce rotta << Ti dispiace? >>
Hinata negò debolmente col capo << Perché me lo chiedi? >> sorrise, lievemente, un sorriso che sembrò più una smorfia di dolore << E’ lui a volerlo. >>  
Lui si allontanò e si organizzò con i ragazzi. Nonostante la pioggia continuasse a battere, i ragazzi si sedettero su tre sedie che si erano portati e presero tutti e tre le chitarre. Fu Sasuke a cantare.
 
 
C’è una ragazza che gioca col mio baricentro
Lei mi accompagna in posti che non vedrei mai
Se lei non c’è la tristezza mi avvolge di un velo
E non c’è io capisco… dipendo da lei
 
Lasciami dormire ancora
Lasciami sognare ancora
 
C’è una sostanza che offende la voglia di vita
E lascio che lei mi prenda, mi porti con sé
Che senza ali né gambe io poi mi stanco
E visto dal pavimento il mondo non è più lui
 
Lasciami dormire ancora
Lasciami sognare ancora
Lasciami soffrire ancora
Che non so dire se sto male
 
C’è una voce che affonda fra i miei pensieri
Ed è qua dentro che danza e non smette mai
E adesso ho un’ala spezzata, scivolo giù
Il mio telefono è sveglio ma non suona più
 
Lasciami dormi ancora
Lasciami sognare ancora
Lasciami soffrire ancora
Che non so dire se sto male
Lasciami sognare ancora
Lasciami dormire ancora
Lasciami dormire ancora
Lasciami dormire ancora
 
 
 
 
 
<< Kushina-san, Minato-san. >> la sua voce era flebile, ma sembrava quella di sempre, mentre pregava << Prendetevi cura di lui. >>
Era rimasto lì ad aspettare con lei nonostante tutti se ne fossero andati ormai da ore. Era difficile abbandonare Naruto lì, da solo, lui lo sapeva bene. Eppure era strano che una ragazza di appena ventidue anni si trovasse così a proprio agio in quel cimitero, incurante della pioggia e della fanghiglia, a pregare persone che nemmeno aveva mai conosciuto. Non disse niente comunque, perché la capiva, capiva quell’attaccamento morboso, e rimase in silenzio ad osservarla e ad attenderla. Solo che… in quel modo, senza fare niente, i pensieri si concentravano di nuovo tutti nella sua testa, ed era impossibile scacciarli.
Perché?
Non aveva smesso un minuto di chiederselo, dandosi sempre mille risposte diverse. E le domande crescevano.
Perché sempre a lui?
Qualcuno lassù gli impediva di essere felice, questo era sicuro. Era la maledizione della sua famiglia, che lo perseguitava da anni, nessun Uchiha poteva essere davvero felice. Maledetti bastardi.
<< Jiraya-sama, la prego, non faccia vedere a Naruto le donnine nude. >>
Ma cosa diavolo blatera? , si chiese, ascoltando quelle richieste insensate,  sta diventando matta per davvero.
Nonostante tutto, non le si avvicinò. Attese, caparbio, ignorando la pioggia battente, come un avvoltoio che osservava la sua preda. La capiva, capiva che doveva rispettare i suoi spazi, farle affrontare a modo suo la perdita, anche se in un modo strano e inquietante.Forse era più inquietante lui, però, il grande Uchiha che si era messo a frignare troppe volte per uno come lui nell’arco di quelle settimane. E ne sentiva ancora il bisogno.
<< Konohamaru-kun, mi raccomando, non fate troppo casino in Paradiso. >>
E pianse.
 
L’aveva presa per il polso quando era calata la notte e l’aveva costretta a stare con lui sotto l’ombrello, stretti vicini. Non si curò che fosse bagnata fradicia e che in quel modo si stesse bagnando anche lui, non gli importava. Semplicemente, tutto quello che aveva visto adesso era diventato davvero troppo. Non che avesse sonno, perché tanto ormai soffriva di insonnia, non che avesse fame, tanto il suo stomaco sembrava essere diventato quello di un pulcino, ma era stanco di rimanere lì immobile, a vederla congelare e buscarsi un raffreddore, mentre lui continuava a chiedersi se fosse pioggia o pianto quello che gli bagnava il viso.
Era stanco di rimuginarci su, di soffrire. Tutti erano andati via da più di mezza giornata, perché continuare a rimanere lì, a farsi male?
L’aveva sbattuta in macchina senza neanche pensarci due volte, e non aveva sentito neanche lamentele. Aveva chiuso la portiera con un colpo secco e forte, privo di emozioni se non rabbia. Aveva aggirato la macchina, chiuso l’ombrello ed era entrato nella vettura. Aveva inforcato le chiavi, inserendole poi nel quadro, ma non aveva nemmeno avuto la forza di girarle e accendere l’automobile. Se ne voleva andare, ne era sicuro, tutto il suo corpo era un fremito per la voglia di scappare, la sua mente glielo urlava a gran voce, ma i suoi arti non rispondevano ai comandi, rimanevano lì, imbambolati.
Non sono capace di fare un cazzo, ringhiò, al pensiero, neanche di andarmene da questo fottuto cimitero.
Un altro ringhio, molto più forte, e in preda alla rabbia Sasuke urlò, tirando calci e pugni, sbattendo impetuoso le mani contro il volante. Urlò forte, sfogò la sua rabbia, il suo dolore, le sue lacrime, le sue urla, perché sì, era rimasto imperterrito ad osservare gli altri sfogarsi, mentre lui non si era mai lasciato andare veramente. E adesso, fra urla disumane e ringhi animaleschi, Sasuke Uchiha si stava abbandonando al dolore, alla disperazione, alla rabbia pura verso tutte quelle ingiustizie che continuavano ad abbattersi con vigore su di lui. E poi due braccia lo avvolsero, all’improvviso, ed erano fredde e accoglienti allo stesso tempo. Le braccia lo attirarono a lei, interrompendo quella violenza, e lui abbracciò quelle braccia, quel corpo bagnato, si lasciò andare fra i suoi capelli umidi, fra i vestiti sgualciti. Hinata era rimasta lì, a guardare comprensiva quello sfogo, unico pubblico di quello spettacolo incredibile, e poi aveva raccolto i pezzi di lui e li aveva avvolti in una carezza lenta e morbida. Aveva ascoltato i suoi forti singhiozzi, il pianto bambinesco e infantile, quel corpo forte e così fragile contro il suo, il naso che tirava vigorosamente pur di trattenersi. Stringeva un uomo o un ragazzino? Sfogava una morte... o tutte quelle della sua vita?
Lo aveva abbracciato, e si erano stretti l’un l’altro nell’abitacolo di quella vettura, per un attimo incuranti del resto del mondo fuori. Era dura, lo sapevano e non serviva dirselo, era dura affrontare tutto quel dolore, era dura lasciare Naruto lì, a marcire, separarsene, dopo anni. E Sasuke allora si era aggrappato a lei, intersecando le sue dita affusolate con i capelli bagnati e lisi di lei, eppure ancora bellissimi, di quel colore rubato alla notte e alle stelle fulgide.
Hinata aveva avvolto le sue spalle e se le era strette contro il petto, immaginando appartenessero a qualcun altro, ma il profumo maschile era così diverso da quello che conosceva, troppo per confonderli. Aveva spinto la sua nuca contro il proprio collo, tentando invano di aiutarlo, come stava cercando di fare lui con lei. Un abbraccio stretto e bisognoso, disperato.
<< Come faremo, Hinata? >> chiese, le lacrime di entrambi e bagnargli la pelle << Come faremo a vivere? >>
 
 
 
<< E’ già passata una settimana dai funerali di Naruto Uzumaki Namikaze, leader degli Origins, che si è spento nell’ospedale principale di Tokyo a causa di un’irrisolvibile tumore al cervello. Il gruppo, chiuso in un ligio silenzio, continua a ricevere generi di conforto da parte dei milioni di fan conquistati dalla calda voce del defunto, e… >>
Hinata spense la tv con un gesto stanco e sbrigativo.
Era rimasta chiusa in camera sua per tutto quel tempo, a cercare il vano profumo di Naruto fra le lenzuola e i cuscini, sui vestiti nell’armadio, sugli asciugamani in bagno. Non era mai uscita, né per mangiare né per bere, a stento si alzava dal letto. Numerosi erano i telegiornali che parlavano del suo Naruto, addirittura dei giornalisti si cimentavano in assurde indagini e in tentativi di interviste sempre diniegati. Si era vista arrivare Shikamaru e Kiba, mettendo radici in casa sua, quasi lo stesso per le sue amiche. Sasuke invece era scomparso la notte stessa del funerale, e Itachi era riuscito a dire soltanto che il suo otouto era andato via "per fare ciò che Naruto aveva sempre tanto desiderato", girare il mondo. 
Brutto bastardo, continuava a pensare, anche troppo debole per essere arrabbiata, mi hai abbandonato!
Sul comodino sostava ancora la lettera scritta dal biondo per lei per quando fosse morto, ancora sigillata nel proprio involucro, insieme ai suoi diari, che mai e poi mai avrebbe avuto il coraggio di leggere. Fosse per lei, sarebbero rimasti lì per mesi, anni. Non importava. Niente importava più.
Non aveva mangiato niente – da giorni – eppure le veniva ancora da vomitare. Si alzò lentamente, in preda ad un conato, ma quasi subito ricadde su se stessa, povera di forze. Sentì qualcosa scivolarle lungo le cosce e si rese conto che era sangue nello stesso secondo in cui una seconda fitta al ventre la travolse. E allora si ricordò, ricordò tutto ciò che aveva messo da parte in quelle settimane per tentare di dimenticare tutto e tutti, di dimenticare di vivere, e urlò forte. Perché c’era ancora, c’era ancora e doveva continuare ad esserci, il motivo per vivere.
Hanabi spalancò la porta in preda allo spavento.
<< Hana… chiama… chiama l’ambulanza. >> mormorò, sul punto di svenire, mentre la vista le si offuscava << Sono… sono incinta. >>
E si accasciò sul suo stesso sangue.







 

Toc toc.
Disturbo? Sono quella matta dell'autrice di questa storia, che adesso 
scriverà un poema nelle note. Pronti? Da cosa comincio? Spiego il finale.
Tutto quello che voi temevate, è successo. Naruto è morto. E' sepolto. 
Tutto gira attorno a lui, al suo viaggio verso il paradiso dove "
L’orizzonte m’inghiottirà
Forse per metà .... L’altra resterà…." da qui la prima canzone, che
fa spesso riferimento alla "mama", "mama, puoi sentirmi adesso", nel senso
che sono più vicini. L'altra canzone è un tributo dedicato a Hinata da parte
di Naruto, non so perchè "Lasciami dormire" mi ha sempre fatto pensare
alla morte, e poi io la amo tantissimo, così eccola qui. Cosa è successo agli altri
personaggi? Analizziamo attraverso Sasuke e Hinata quelle che sono le diverse
reazioni. C'è chi non vuole crederci, che si aggrappa alla speranza con tutte le
proprie forze, e chi è stanco di soffrire e vuole lasciare andare. Questo è
evidenziato soprattutto negli ultimi paragrafi, dove prima Hinata si sfoga, piange,
poi non piange più, parla con i morti, ripensa ai tocchi di Naruto, ai loro istanti.
Poi invece c'è Sasuke, che da sostegno agli altri, che non ha tempo di piangere,
che semplicemente si chiede il perchè, ma che alla fine scoppia, e piange tutti
i suoi morti, aggrappandosi a chi meglio può capirlo, Hinata. Tutti però lo ricordano,
indossando qualcosa di Naruto o semplicemente del suo colore preferito. Fine spiegazione.
Adesso, spoiler. Cosa conterrà il sequel? Perchè sì, sto scrivendo già il terzo capitolo.
Innanzitutto, il finale di questo lascia molte cose in sospeso. Sasuke scappa. Hinata è incinta.
Il bambino ci sarà o lo perderà? Vedrete. Sasuke tornerà? Vedrete. E gli Origins?
A... qui viene il bello. Perchè gli Origins non ci saranno più, ma questo non vuol dire
che non ci sarà musica, anzi.... anzi... anzi! Solo che sarà musica un tantino diversa, e spero
che vi fiderete di me, come avete fatto in molti adesso. Viaggeremo con musica inglese, gente,
proprio soft: Evanescence, Serj Tankian, System of a down. Il modo ve lo faccio immaginare.
E ci sarà anche musica classica, con Ludovico Einaudi! E i Negrita non mancheranno, rrrr.
Vi chiedo solo di fidarvi di me perchè finirà bene, davvero. FIDATEVI!
Eeeeee adesso... i ringraziamenti. E di persone ce n'è una marea, ed un bene, GRAZIE!
Ringrazio tutti i lettori, perchè siete tantissimi ad ogni capitolo, e wow. Vi invito soltanto a 
farmi sapere perchè mi leggete, ecco tutto, perchè io non lo capisco! Ringrazio tutti coloro
che mi hanno inserito nelle seguite, ricordate e preferite. Oltre 200 in totale.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno lasciato una recensione. Ringrazio Puffin, che mi ha
fatto morire dal ridere e con cui ho sempre avuto un ottimo confronto. Dal profondo del cuore,
Ringrazio Beckill, hisui fangirl, frisifra, Lizzie1096, crazyfrog95, Marie_, Radiohead, Naruhina 4ever,
AlexRae00, Lexi, Asari_kun, Narutiana_Mary, farshfid e tanti altri, mi dispiace se non vi cito
tutti, ma siete tantissimi!!! 
Infine devo ringraziare krosty, a cui ancora non ho risposto alla recensione, ma che con mio grande
stupore mi ha suggerito per le storie scelte. Non ho parole. Grazie.
Devo ringraziare Selene Potter93, per lo stesso motivo, e perchè nei pochi messaggi che ci siamo
scambiate mi ha dato fiducia in me e una carica impressionante. Non avrei mai creduto di riuscire
dove mi dici che sono riuscita, quindi grazie, di cuore. !
Infine devo ringraziare la mia dolcissima Arcx, il mio angelo custode, che condivido con tanti altri
autori qui su Efp, e di cui sono un tantino gelosa n.n sei stata la prima a credere in me, a suggerirmi
per le scelte, a consigliarmi, a picchiarmi le mani quando sbagliavo (ahah), con cui ho avuto un 
confronto serio e alla pari... e essere alla pari con te è un successo enorme, quindi GRAZIE!
GRAZIE A TUTTI, DAVVERO. E tornerò, fra qualche settimana, tanto lo sapete che non resisto
senza di voi, devo aggiornare. Ah, sì.... La nuova storia si chiamerà " Occhi Paradiso " !  
 A presto,
Tomoko.
   
 
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