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Autore: lili1741    27/06/2008    1 recensioni
"Volevo sapere quale anima era quella che aveva il privilegio di celarsi dietro a un aspetto così sublime." 1683. Eugenio di Savoia conosce il bellissimo principe di Montpensier, detto "la poupée", la bambola. Ma anche chi sembra un angelo può causare enormi sofferenze... Leggete e recensite, mi farebbe molto piacere!
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Galileo per tenere lontani i visitatori indesiderati riceveva soltanto coloro che riuscivano a rispondere a questa domanda: perché i numeri 5, 10, 12, 9, 4, 7, 3, 1 sono stati disposti in quest'ordine?"

La Principessa Palatina mi aveva sottoposto questo indovinello, dichiarando con una risata malevola che io, essendo un prete e per di più italiano, avrei dovuto sapere tutto su Galileo.

Ci pensai a lungo, mentre fissavo il volto implorante di Honoré, quello fiducioso del Duca di Orléans, quello curioso del Re.

Ripetei quei numeri nella mia mente un centinaio di volte, poi, per immedesimarmi meglio in Galileo, li ripetei in italiano.

Cinque, dieci, dodici.... Cinq, dix, douze....

"S-sono in ordine alfabetico..." sussurrai. Poi lo ripetei più forte: "Galileo dispose i numeri in ordine alfabetico!"

Il sorriso crudele della Principessa venne spazzato via ed ella dovette ammettere: "Avete indovinato, Abatino..."

"Caspita, questo ragazzo è più sveglio di quanto pensassi" esclamò il Re, mentre suo fratello mi tributava un applauso, seguito da tutti i presenti in quella sala delle feste di Versailles.

Honoré mi gettò le braccia al collo e mi promise che non mi avrebbe più abbandonato. Il giorno dopo mi invitò nel suo palazzo di campagna ed io partii, dimentico della famiglia e dell'abbazia.

Posso dire che quella villa povera ma che rivelava i segni di un passato splendore fu il nostro "nido d'amore". In quella villa promisi ad Honoré che lui sarebbe stato meorum finis amorum, come disse Orazio, il mio primo ed ultimo amore.

Piano piano smisi di bere, di giocare d'azzardo, di fare stupidaggini con i miei amici. Scoprii che cosa fosse l'honnête vie, l'ideale di una vita onesta e serena, ed iniziai a leggere La Rochefoucauld, Racine, S. Francesco di Sales. Stavo diventando adulto, o forse la mia nuova vita con Honoré era talmente bella che non necessitavo più di riempirla con passatempi rischiosi e stupidi?

Ma un giorno, dopo mesi di felicità, Honoré mi disse che sua madre gli aveva trovato una moglie, un donna ricca e più vecchia di lui che lo avrebbe sposato nonostante lui fosse così povero, e che avrebbe salvato le sorti della sua casata.

"Dio mio, ci deve essere un'altra soluzione!" esclamai a quella ferale notizia.

"Ci ho pensato per giorni, Eugène, e l'unica soluzione è che tu chieda un comando militare al Re. Se il Re accetterà, tu avrai abbastanza soldi per mantenere entrambi."

"E se non accettasse?" ebbi il coraggio di chiedere, in un sussurro.

Honoré mi prese la testa tra le mani, ed accarezzandomi le guance disse: "Allora temo che non ci potremo più rivedere, amore mio..."

"Ma se io fallisco, puoi sempre chiedere tu un comando al Re!" provai a farlo ragionare.

Scoppiò in lacrime.

"Tu non mi ami, se mi chiedi una cosa del genere! Io sono un poeta, come puoi pretendere che possa vivere tra le distruzioni della guerra? Io non ti ho mai chiesto di stravolgere ciò che sei per me, non ti chiedo di diventare cardinale anche se sarebbe più facile, perché so che tu non la volevi seguire la carriera ecclesiastica...."

Fu il mio turno di prenderlo tra le braccia e di tranquillizzarlo come un fanciullo.

"Va bene, va bene... otterrò quel comando militare." gli promisi.

Mi confidai con Armand, mio cugino ed il mio più caro amico, che in realtà aveva già capito tutto di me ed Honoré. Anche lui aveva messo la testa a posto e sperava di ottenere una carica dal Re per poter sposare la sua figlia illegittima, la Mademoiselle de Blois che aveva conosciuto lo stesso giorno in cui io avevo conosciuto Honoré.

"Non te la prendere con Honoré." mi disse Armand, con una saggezza che non sapevo possedesse. "A chi è così bello non si può chiedere che di produrre bellezza. Morirebbe di dolore se dovesse andare in guerra."

Ci preparammo, passammo i pomeriggi a tirare di scherma finché non ci sembrò che la nostra spada fosse il prolungamento del nostro braccio, ci rovinammo gli occhi a furia di leggere e rileggere qualunque manuale di tattica e strategia, finché non elaborammo personali teorie su quale fosse la posizione migliore per combattere contro un nemico in superiorità numerica, contro un nemico meglio armato, contro un nemico che tiene un passo montuoso.

Ed infine arrivò il giorno fatidico. Mi presentai dal Re con ogni mia speranza in mano, fidando nell'interesse che aveva avuto in quegli ultimi mesi per me.

Ma il Re rifiutò.

Accampò ogni qualunque scusa: "Siete troppo giovane, siete poco appariscente, siete già un abate..." ma la verità che il Re non osava dire era che non poteva dare un comando al figlio di una presunta avvelenatrice, anche se lui sapeva bene che mia madre non aveva avvelenato nessuno.

Questa doveva essere la fine. Del mio amore, delle mie speranze, della mia felicità. Percorsi a ritroso i corridoi di Versailles che mi avevano visto qualche minuto prima camminare fiducioso verso un futuro di gloria con un groppo in gola e le membra intorpidite.

"Eugène, venite qui un attimo, vi prego!" sentii una voce da una stanza del palazzo, poi vidi la testa del Duca di Orléans fare capolino da una porta.

Lo seguii senza opporre resistenza: non avevo niente che mi attendesse a casa per cui ritornare al più presto.

"Mi dispiace..." mi disse Monsieur. "Ma voi non vi arrenderete così, vero?"

"E cosa dovrei fare?" gemetti. Il Duca mi guardò con compassione ed affetto.

"Io non vi dovrei dire quello che sto per dirvi, è tradimento. Ma io credo che voi dovreste tentare di ottenere un comando dall'Imperatore Leopoldo, come vostro fratello..." sussurrò, con voce appena percettibile.

"Mi aiuterete?" gli chiesi. In Austria non avrei più visto Honoré, ma probabilmente neanche in Francia. Se non potevo avere lui, almeno volevo avere la vita che avevo sognato fin da bambino.

"Certo che vi aiuterò, piccino. Io vi ho sempre voluto aiutare, soltanto che voi non vi siete mai accorto di me. Vi siete mai chiesto perché mia moglie vi odi tanto?" confessò.

Lo guardai come non lo avevo mai guardato prima: era vero, io non mi ero mai accorto di cosa ci fosse dietro la sua gentilezza per me, per un ragazzino bruttino e di una famiglia caduta in disgrazia.

"Perdonatemi!" gli chiesi, ma lui mi sorrise benevolo.

"Non importa." disse. "Io vi voglio bene e vi aiuterò. Vincete come io non ho potuto più fare dopo le Fiandre, vincete i Turchi per me."

"Grazie" gli risposi commosso, protendendomi a dargli un bacio sulla guancia.

Ora mi chiamano Eugenio von Savoie, perché non sanno, come non so io stesso, se io sia italiano, austriaco o francese. Sono fuggito dalla Francia travestito da donna, su una carrozza con lo stemma dei Duchi d'Orléans, con il dolore della perdita dell'Amore nel cuore ma anche tanta, tanta speranza. Il mio obiettivo era morire da valoroso per il Kaiser che mi aveva accolto, ridandomi la vita. M'immaginavo la lettera che avrebbe scritto allora:"Noi ci uniamo al lutto della famiglia Savoie-Soissons per la perdita del maggiore Eugen ..." ma mi sbagliavo.

Ho fatto di più. Sono diventato il suo Feldmaresciallo ed oggi, a Zenta, ho sconfitto definitivamente i Turchi che da quattordici anni, dal 1683, anno in cui morì mio fratello, minacciavano l'Impero. Non voglio più morire per lui, ma vivere per vincergli altre battaglie, anche se dovessero essere battaglie contro il paese che mi ha rifiutato, la Francia. Io sono fedele a lui quanto lo sono alla memoria del mio Honoré, sebbene siano tipi di fedeltà diversa. Mi chiama figlio, ed io lo chiamo padre. L'Europa ha gli occhi rivolti su di me, il vincitore dei Turchi.

Mi manca solo una cosa nella vita, ma è qualcosa a cui ormai ho rinunciato. Gliel'ho promesso e così sarà: Honoré è stato il mio primo, il mio ultimo, il mio grande amore.

Perdonatemi la fine precipitosa: il mio progetto era una storia molto più lunga, ma io ho perso l'ispirazione ed i lettori credo la voglia di seguire. Eugenio è esistito davvero ed è stato, almeno secondo Napoleone, uno dei più grandi generali della storia dell'umanità. Ebbe una gioventù burrascosa e si dice che in quel periodo abbia avuto relazioni con altri uomini. Poi non ha più avuto relazioni, né con donne né con uomini. Per questo mi sono immaginata questa storia d'amore con Honoré, l'unico personaggio inventato di questa storia.

Un grazie enorme a chi mi ha seguito.

  
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