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Autore: MarriedwithJo    06/03/2014    0 recensioni
Cosa succederebbe se una Whovian incontrasse il Dottore e lui la invitasse a viaggiare nella sua magica cabina blu? Cosa succederebbe se un vecchio nemico del Dottore si ripresentasse proprio durante il loro viaggio, compromettendo la quiete che regna nell'universo?
E' la mia prima long-ff, spero vi piaccia! :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - 11, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lo so, lo so. Non ci sono scuse per questa mia assenza colossale di quasi tre mesi. :c
E' che non avevo più idee e sono andata nel panico. Poi mi sono ripresa e sono riuscita a riprendere in mano la storia. Spero che questo capitolo vi piaccia.
Vi lascio alla storia, che è meglio. Alle note d'autrice, ciao! <3



Capitolo 5.

 

 

Il Dottore ed io seguiamo il gruppetto di persone, ignorando che ci sia anche un'altra figura che lo sta seguendo con noi.
Arrivati di fronte all'astronave, gli uomini che hanno arrestato Socrate si toccano la fronte e, come ho già visto in molti episodi, aprono una specie di cerniera, che li lascia liberi dai loro travestimenti di pelle e rivela la loro reale identità.

«Sliteen.», mi sussurra all'orecchio il Signore del Tempo: «Credo sia da prima che mi rigenerassi in questo corpo che non ne vedo uno.», rivela, osservandoli.

In effetti, ora che ci penso, è vero, perché ricordo che quando Ten era andato a dire addio al capitano Jack Harkness, un cameo di uno Slitheen era presente nello stesso bar in cui i due si erano salutati per l'ultima volta.

Gli alieni si presentano orribili come al solito: corpo tozzo e disarmonico, di un colore verde vomito, artigli lunghi, grandi occhi neri, senza palpebre e una bocca larga, con un ghigno malvagio sul volto; stanno sicuramente tramando qualcosa di terribile.

«Avanti, andiamo a scoprire che sta accadendo!», incito il Dottore, prendendogli la mano e avvicinandomi lentamente all'astronave, mentre nel frattempo Socrate viene scortato al suo interno, ancora bendato e legato.
Non appena l'ultimo Slitheen entra dentro, ci infiliamo prima che la porta si chiuda definitivamente, lasciando fuori il nostro inseguitore.

«Che cosa diavolo vogliono da Socrate?», chiedo al Dottore, nascosto dietro un muro accanto a me, mentre cerchiamo di non farci scoprire e catturare.

Lui mi guarda, allargando le braccia, e mi risponde, divertito, visto che più una cosa è misteriosa e soprattutto pericolosa, più lo entusiasma:

«Non ne ho idea, ma è per questo che siamo venuti qui, anzi mi ci hai portato tu!»

Io gli replico, facendogli la linguaccia: «Non avresti fatto lo stesso, anche se non ci fossi stata io? Dopotutto mi sembra che la condanna a morte di Socrate sia un punto fisso nel Tempo e che se non accadesse, Atene si riempirebbe di paradossi!»
Il Dottore sbuffa, sbirciando fuori dal muro e trovandosi di fronte un soldato Slitheen che, forse incuriosito dal nostro sussurrare, si è avvicinato per controllare.

«Capo, abbiamo trovato due clandestini a bordo! Una sembra una ragazza del luogo,», dice, rivolgendomi uno sguardo da capo a piedi: «mentre l'altro è un damerino vestito di tutto punto. Che ne facciamo, eh, capo?»

«Portali qui, voglio controllare la loro identità. Oggi sono di buon umore, visto che i miei ragazzi sono riusciti a catturare il greco, quindi potremmo soltanto cancellare loro la memoria e lasciarli andare. Non voglio avere terresti tra i piedi!», risponde una voce femminile che mi suona terribilmente familiare, mentre, con le braccia in alto, io e il Dottore veniamo scortati dal soldato al centro della stanza.
È piuttosto spoglia e non presenta particolari arredamenti sofisticati, tipico stile degli Slitheen. La stanza è più o meno piena di alieni, la maggior parte senza travestimento, a parte per qualche soldato che si sta preparando per uscire dall'astronave, munito di armi e di apparecchiature aliene.

Al centro della sala è presente una specie di grande trono, sul quale vi è seduta una donna bionda, sulla quarantina o giù di lì, tozza e dalle gambe corte, con un sorriso malvagio, che riconosco immediatamente.

«Margaret Blaine! Finalmente ci incontriamo di nuovo!», esclama il Dottore, anticipandomi, fingendosi sorpreso e risultando decisamente ironico, mentre china la testa per salutarla.

La donna lo guarda con un sopracciglio alzato: «Ci conosciamo noi due, per caso?»

«Certo che ci conosciamo! Magari ci siamo incontrati con una faccia diversa, ma io ricordo perfettamente il nostro primo incontro!», risponde, sorridendo, mentre un lampo di malinconia attraversa le sue iridi verdi. Era nella sua nona rigenerazione e questo vuol dire solo una cosa:

Rose.

Distogliendomi dai miei ragionamenti, aggiungo, annuendo:

«Prima Londra, poi Cardiff, se non ricordo male!»

Il Dottore mi guarda sorpreso: penso non si abituerà mai a me e alla mia dose massiccia di informazioni sul suo conto: «Ricordi bene, Lisa!», mi replica lo stesso.

Margaret corruga la fronte, per ricordare e poi il suo si distende in un'espressione stupita:

«Oh, e quindi saresti lui? Ma per favore, non prendermi in giro! Nessuno cambia in maniera così radicale!»

«Eppure posso! E mi ricordo che ti ho lasciata andare, Margaret, per poter rivivere la tua infanzia, senza la violenza di tuo padre.», aggiunge il Signore del Tempo, apprensivo.
La donna assume per un momento un'espressione di dolore, poi ritorna al suo solito ghigno, alzandosi in piedi e avvicinandosi a noi.

«Be', comunque non sei migliorato per niente nell'aspetto. E nemmeno nel carattere.», dice, girandogli intorno e poi, ancora una volta, squadrandomi: «A quanto vedo neanche nelle abitudini. Che fine ha fatto la tua amichetta bionda? L'hai scaricata, non è vero?», aggiunge, ridacchiando malefica.
Improvvisamente il Dottore si irrigidisce e diventa freddo e distaccato nei confronti dell'alieno:

«È una lunga storia e di certo non la vengo a raccontare a te. Piuttosto, perché hai deciso di rapire Socrate? Che te ne fai di un povero filosofo come lui?», chiede, indicando con la testa Socrate, che è in piedi in un angolo della stanza pieno di macchinari e comandi, ancora legato e bendato.

Margaret lo guarda e risponde:

«Siccome molti pianeti dell'Universo ci deridono visto che noi Slitheen su Raxacoricofallapatorius non abbiamo una cultura “avanzata”, abbiamo deciso di fare nostri alcuni dei maggiori intellettuali e pensatori della storia terrestre, tra cui filosofi, musicisti, pittori, architetti...»

Io la interrompo subito, esclamando: «Ehi, solo perché venite presi in giro, questo non vuol dire che dovete copiare le idee altrui!»

«E tu che ne sai, ragazzina? Hai mai provato quella sensazione di scherno e di smarrimento che si prova quando qualcuno ti prende in giro?», mi chiede Margaret, innervosendosi non poco.
Mentre il Dottore mi osserva, sospiro e le rispondo:

«Certo, so benissimo cosa significa essere derisi per quello che si è, o si fa, o si pensa e, mi creda, anch'io ci sono passata. Ma di certo non faccio guerra alle persone, o faccio come sta facendo lei! Semplicemente non li ascolto!»

«Non ascoltare i giudizi degli altri? Impossibile. Come gli altri pianeti ci guardano è fondamentale per noi Slitheen!», replica la donna, alzando la voce.

Io scuoto la testa, volgendo lo sguardo verso il Dottore, aggiungendo un'alzata di spalle ed un sorriso dispiaciuto, come per dire «Almeno ci ho provato.»

Lui mi sorride, orgoglioso, e annuisce, quando all'improvviso la nostra conversazione si interrompe bruscamente e un grande display si accende, mostrando l'esterno dell'astronave, dove alcuni soldati Slitheen circondano il ragazzo che ci stava seguendo: Platone, che viene spaventato dai Soldati, con la armi puntate in viso, mentre questi ultimi ridacchiano, divertiti da questa scena.
Uno degli alieni si stacca dal gruppo e parla rivolgendosi al suo superiore:

«Capo, che ne facciamo di questo ragazzo? Stava gironzolando per l'astronave borbottando delle cose assurde.»

Il filosofo, in un momento di distrazione da parte dei soldati, corre accanto all'alieno e urla, guardandosi intorno:

«Maestro! Siete ancora vivo?»

Socrate, che era sempre rimasto in silenzio fino ad allora, risponde al suo discepolo:

«Per tutte le Muse! Platone, mio caro ragazzo! Sono vivo, sono vivo!»

«Ma chi abbiamo qui? Il nostro caro amico Platone, a quanto vedo! Preparati a dire addio al tuo caro maestro, perché lui verrà con noi e non lo rivedrai mai più!», dice Margaret, ridendo perfidamente.

«Aspetta!», la interrompe il Dottore, illuminandosi in viso: «Non vorrai partire a pancia vuota, spero. Per festeggiare la cattura di Socrate, propongo di organizzare un banchetto a cui parteciperanno anche tutti i tuoi soldati e Platone andrà a prendere il miglior cibo e il più buon vino di tutta Atene. Che ne dici, ci stai?», chiede poi il Signore del Tempo, abbassando le braccia e cominciando a gesticolare, sorridente.

«Buona idea, Dottore. Mi era venuto un certo languorino prima di partire. Ci sto!», risponde Margaret, cominciando a impartire ordini ai suoi soldati di preparare una tavola su cui appoggiare i vassoi con i cibi e il vino.

Intanto guardo il Dottore, spalancando gli occhi, confusa e nel frattempo che gli Slitheen si stanno dando da fare, il Signore del Tempo mima con la bocca una parola:

«Vino.»

Lì per lì non capisco e alzo un sopracciglio, interrogativa, poi i miei neuroni cominciano a fare collegamenti, e comincio a intuire che forse l'effetto alcolico del vino avrà degli effetti benefici sugli Slitheen che, estasiati dalla bontà della bevanda, lo prenderanno per portarlo su Raxacoricofallapatorius, dimenticandosi della loro missione originale.
L'idea di per sé ci può stare ed è plausibile, ma decido che serve qualcos'altro per scacciare questi alieni, ovvero l'aceto, usato, se non ricordo male, da Mickey l'Idiota nella prima stagione per sconfiggere lo Slitheen a casa di Jackie Tyler e contenuto in un vasetto di sottaceti.

Improvvisamente anche il mio viso si illumina e chiedo a Platone, dopo che quest'ultimo ha chiesto cosa dovesse portare al banchetto, leggermente confuso:

«Platone, siccome ho sentito che qui ad Atene li fanno molto buoni, potresti prendere anche dei vasetti di saraghi? [1] Possibilmente...», aggiungo, facendogli l'occhiolino e sperando di non farmi sentire dagli alieni: «... con tanto aceto!»

Il filosofo, con un'alzata di spalle, corre alla città, spendendo tutti i suoi soldi in cibi e tanto vino, mentre mi avvicino al Dottore, sperando che il suo piano funzioni e di poter liberare Socrate.

«Allora, qual è il piano, Dottore?», chiedo decisa al Signore del Tempo.

«Un piano? Non dovresti sapere che non ho mai un piano e che improvviso quasi sempre?», mi risponde questo, entusiasta per l'avventura che stiamo vivendo.

Scuoto la testa, ridacchiando, mentre la porta principale si apre, mostrando un Platone tutto trafelato dalla corsa, seguito da una mezza dozzina di schiavi, colmi di vassoi con cibi e anfore contenenti bevande pregiate.
Noto con piacere che Platone stesso tiene in mano un vasetto di terracotta decorato; mi avvicino scattante a lui, prendendoglielo dalle mani e sorridendogli, mentre lui mi guarda confuso.

Ritorno dal Dottore, che mi guarda interrogativo, alzando un sopracciglio e ricordandomi tantissimo Ten. Gli sussurro, pianissimo, nascondendo il vasetto dietro la schiena:

«In caso dovesse servire...»

Nel frattempo, Margaret ordina ai servi di Platone di appoggiare i vassoi sul tavolo e le anfore a terra e di slegare e togliere la benda sugli occhi a Socrate, per permettergli di partecipare al banchetto, commettendo un errore che mi fa volgere lo sguardo verso il Dottore, stranamente sorridente.

Radunati tutti gli Slitheen attorno al tavolo, Margaret, alza un un calice colmo di vino e proclama ad alta voce, per farsi sentire da tutti:

«Che il banchetto abbia inizio!», bevendo subito dopo e facendo cadere alcune gocce sul vestito.

Socrate, libero dalle corde che lo legavano, si appresta velocemente ad avvicinarsi a Platone, che è vicino a me e al Dottore.
«Quindi, se non ho capito male, tu hai intenzione di farli ubriacare ben bene, per poi farli ragione e contrattare di andarsene senza Socrate, ma con in cambio tutto il vino che Platone ha comprato, dico bene?», chiedo sorridente al Signore del Tempo.

Lui rimane in silenzio e il suo sguardo perlustra l'intera stanza, mentre in poco meno di dieci minuti, gli alieni si sono scolati due o tre anfore di vino, segno che evidentemente è conosciuto anche su altri pianeti e galassie oltre la Terra, per la sua bontà e per l'euforia e il piacere che provoca.

«Certo, certo. Però non useremo l'aceto, non voglio uccidere nessuno e dare loro una possibilità.», risponde poi, guardandomi serio.

Lo guardo con gli occhi che brillano di ammirazione: ecco perché ho sempre amato e sempre amerò il Dottore, per questo senso di compassione e di pietà e di comprensione che lo caratterizza fin dalla Guerra del Tempo in cui ha lottato, giungendo alla soluzione, che io so essere finta, dello sterminio dei Dalek assieme ai Signori del Tempo.
Gli Slitheen, inebriati dall'effetto alcolico del vino, si saziano prepotentemente del cibo offerto loro.
D'improvviso uno Slitheen particolarmente brillo, mi si avvicina e mentre indugio su cosa fare con il Dottore riguardo il nostro piano, mi strappa dalle mani il vasetto contenente i pesci sottaceto, borbottando:

«Volevi tenerti questo vasetto tutto per te, eh? Piccola lurida terrestre!», aggiunge, barcollando, mentre comincio sul serio ad andare in panico, guardando il Dottore e i due filosofi accanto a me.

«Hey, ragazzi, guardate che ho trovato!», dice, raggiungendo i suoi simili e mostrando loro il pesce.

«Che cos'è?», chiede stupidamente uno di questi, mentre anche Margaret si avvicina per controllare, incuriosita.

«Mmmh, secondo me dev'essere buona! Fammi assaggiare!», esclama un altro, prendendo il vasetto e tenendoselo per sé, mentre tutti gli alieni, ormai ubriachi, cominciano a litigare per accaparrarsi il prezioso oggetto della disputa, ignari di che cosa contiene.

«Ora basta! Visto che sono il capo sono io qui, è mio diritto mangiarlo per prima!», urla infine Margaret, irritata e infastidita da tutta quella confusione, afferrando il vasetto e mangiando un sarago, sciogliendosi a terra, mentre il Dottore si sporge in avanti troppo tardi per urlarle:

«Non farlo!»

Gli alieni, alla vista del loro capo morire, si guardano l'uno con l'altro terrorizzati, poi abbandonano a terra il vaso, rompendolo in mille pezzi e facendo uscire fuori il pesce e il liquido letale, che scioglie altri Slitheen vicini a questo.

Il Dottore, comprendendo che gli alieni si sono spaventati a morte e hanno abbandonato la missione, minacciati da un semplice vasetto di aceto, prende tutti per mano, filosofi compresi, e ci fa scappare velocemente dall'astronave, portandoci lontano da questa, che parte dopo pochissimi istanti, confondendosi poi con il colore del cielo.

«Per tutti gli dei dell'Olimpo, grazie di averci salvato!», ci dice Platone, prendendo fiato dallo spavento appena preso.

«Se siete dei, allora vi ringrazio anche io, perché nessuno possiede tali poteri da sconfiggere quei terribili mostri creati da Ade in persona.», aggiunge Socrate, sospirando e alzando le braccia al cielo: «Giuro sul mio Dáimon, [2] che quest'episodio me lo ricorderò per tutta la vita!»

«Ecco, su questo avrei da ridire...», annuisce il Dottore, convinto, tirando fuori il cacciavite sonico dalla tasca, puntandolo alla testa di entrambi e attivandolo.

Notando la mia faccia perplessa, mi riferisce, sorridendo:

«Mando alcuni impulsi elettrici ai loro sistemi nervosi, in modo che avvenga un processo psichico attraverso il quale non ricorderanno nulla di quanto accaduto loro.»

Alzo un pochino le spalle, annuendo, mentre i due filosofi, uno alla volta, svengono e cadono a terra, stimolati dal cacciavite sonico del Dottore.

«Ma li lasciamo qui così?», esclamo, preoccupata, osservando i due uomini stesi a terra, nel frattempo che il Signore del Tempo ripone il suo strumento nella tasca interna della giacca e si appresta a ritornare al TARDIS, parcheggiato lì vicino.

«Non ti preoccupare, staranno bene e ritorneranno in città sani e salvi. Mi dispiace per il povero Socrate, tra pochi mesi verrà processato e poi condannato.», mi risponde il Dottore, con lo sguardo perso nel vuoto.

«Ma dopotutto è così che deve accadere, no? E poi, non vorrai mica che Platone riferisca nei suoi scritti che una ragazza, perlopiù non ateniese d'origine, sia riuscita a intendere il pensiero di Socrate e abbia saputo rispondere correttamente al dialogo socratico!», aggiungo, ridacchiando.

Lui ride con me e, arrivati vicino alla cabina blu, schiocca le dita per aprirla.

Le porte si spalancano e il Signore del Tempo mi accompagna dentro, mentre, come la prima volta, mi guardo intorno, estasiata.

«Non la smetterete mai voi terrestri di stupirvi di fronte a questa sala, eh?», borbotta questo, appoggiandosi al pannello e guardandomi sorridente.

Lo osservo, rispondendo al sorriso:

«Più che altro non riusciremo mai ad abituarci a te.»

Soffoco un mezzo sbadiglio con la mano, quando il Dottore mi fa:

«È stata una giornata stancante. Per ora niente viaggi. Va' a riposare, d'accordo? Ti voglio scattante per il prossimo!»

Lo raggiungo correndo e gli salto addosso, abbracciandolo stretto: mi permette di fare un altro viaggio con lui!

Lui ricambia, accarezzandomi la schiena: penso non si abituerà mai alle mie strette stritolanti. Mi stacco poco dopo, con il battito dei suoi due cuori ancora impresso nella mente.

Prima di dirigermi verso la mia stanza, per concedermi una bella doccia rilassante, mi rivolgo al Signore del Tempo, chiedendogli e facendogli gli occhi dolci:

«Non è che potresti fare qualcosa per il mio cellulare, tipo aumentare la durata della batteria o far sì che possa prendere ovunque nello Spazio e nel Tempo?»

«D'accordo, verrò a prenderlo e poi vedrò che fare», mi risponde lui, dandomi un buffetto sulla guancia.

Gli sorrido riconoscente, e poi mi avvio verso la mia stanza. Perdendomi un paio di volte, ritrovo la strada giusta vedo i bidoni, segno che ci sono vicina.

Sospirando dal sollievo, trovo la mia camera, apro la porta e mi butto a pancia su sul letto, prendendo fiato e osservando il soffitto, ripensando a quello che è successo in questi pochi giorni: il mio più grande idolo, che fino a poco fa era solo un personaggio inventato, si è rivelato reale, sono stata scelta dal Dottore come sua nuova companion, mi ha portato nella Grecia del V secolo, dove ho conosciuto e salvato i due famosissimi filosofi Socrate e Platone.

Dopo quello che mi sembra un sacco di tempo, mi siede a gambe incrociate e decido, data la possibilità, di farmi una bella doccia bollente per sciogliere i muscoli e rilassarmi.
Mi alzo, apro la cartella che avevo appoggiato precedentemente sul comò e prendo i primi indumenti comodi che trovo, dirigendomi verso il bagno presente nella stanza.
Mi tolgo i vestiti, gettandoli a terra disordinatamente e mi slaccio i sandali, diventati ormai scomodi.

Li piegherò dopo, promesso.”, penso, consapevole del mio disordine cronico, mentre apro il getto della doccia, aspettando che si riscaldi. Nel frattempo che aspetto, ripongo con cura i miei vestiti comodi sul termosifone, per ritrovarli caldi subito dopo essere uscita dalla doccia.

Tasto con la punta delle dita l'acqua ed è della temperatura esatta, poi mi tolgo la biancheria ed entro in doccia.

Il getto d'acqua bollente mi travolge subito e in poco tempo la stanchezza scivola via. Dopo essermi lavata il corpo, mi lavo anche i capelli con lo shampoo e il balsamo presenti nel box e lascio che lascio che l'acqua bollente mi cada addosso ancora un po', poi chiudo il getto, mi strizzo i capelli e indosso l'accappatoio per asciugarmi.
Rimango a fissare il vuoto per qualche minuti, immersa nei miei pensieri, poi mi asciugo e appoggio l'accappatoio sull'apposito appoggio, mi infilo la biancheria che avevo prima e successivamente i vestiti sul termosifone: una felpa larga e comodissima, un paio di leggins invernali e le calze più pesanti che possiedo.

Spero solo non ci sia caldo, altrimenti sì che sono fregata!”, penso, notando solo ora il phon appeso al muro.

«Oh, grazie Sexy!», esclamo, afferrandolo e cominciando ad asciugarmi i capelli di fronte allo specchio.

Quando vedo e sento che sono asciutti al punto giusto, in modo da farli asciugare un po' di tempo da soli, sento bussare alla porta della camera.
Vado subito ad aprire ed un Dottore tutto contento, mi osserva da capo a piedi, per poi porgermi il cellulare:

«Ecco a te, signorina!», mi dice, entrando in camera e guardandosi attorno:

«Questa volta ha fatto davvero un ottimo lavoro la mia bambola, con la tua stanza! Devi starle veramente simpatica, di solito non è così gentile con le companion!», aggiunge, poi, osservandomi mentre sistemo le mie cose dentro il comò e sulla scrivania.

Lei sembra emettere un piccolo sbuffo, e io ridacchio, notandolo.

«Hai fame? Vuoi mangiare qualcosa?», mi chiede il Signore del Tempo, mentre il mio stomaco emette un brontolio che mi fa arrossire.

«In effetti è passato un po' da quando ho mangiato...», rispondo, accarezzandomi la pancia che si lamenta: «Sì, dai! Accompagnami tu, però, altrimenti rischio di perdermi!», aggiungo, ridacchiando, avvicinandomi e prendendolo per mano.

Lui mi accompagna fino alla cucina, che noto piacevolmente essere esattamente come descritta da Alexandra, Iris e Lara, in una fanfiction che ho letto alcuni mesi fa, [3] solo che con il colore delle ante leggermente più tendente verso il giallo, rispetto al crema descritto dalle tre ragazze.

«Allora, che c'è di buono da mangiare?», chiedo, affamata, sedendomi su una sedia di fronte al tavolo color caramello.

Il Dottore apre qualche dispensa e dice, in tono dispiaciuto:

«Perdonami, ma credo ti dovrai accontentare di un hamburger. Mi devo ricordare di andare a fare la spesa!», esclama, dandosi uno schiaffetto sulla fronte con il palmo della mano.

«Non ti preoccupare, non è un problema.», replico, sorridendogli e aiutandolo a preparare la tavola.

«Che cosa vuoi da bere? Aranciata, Coca-Cola, acqua...?», mi chiede, tirando fuori due bicchieri, mentre io prendo una tovaglia, rovistando tra i cassetti, e la stendo sul tavolo.

«Coca-Cola andrà bene, grazie.», rispondo, sorridendogli e sedendomi, nel frattempo che lui prepara e scalda due panini e prende le bevande dal frigorifero.

Non appena il microonde ci avvisa che gli hamburger sono pronti, il Dottore li prende, li appoggia assieme al bere e si siede, augurandomi: «Buon appetito!», e affondando i denti nel panino.

Io vado con molta più calma, osservandolo e ridacchiando, mentre mangio con gusto il mio hamburger, assaporandone ogni ingrediente.

Il Signore del Tempo, dopo pochissimi minuti ha già finito il suo; io invece, che sono più o meno a metà, appoggio il panino sul piatto e verso un po' di Coca-Cola nel mio bicchiere, versandone anche nel bicchiere dell'uomo di fronte a me, che mi ringrazia con un cenno del capo.

«Avevi proprio fame, eh?», gli dico, tra un boccone e l'altro, sorridendo.

«Hey, anche i Signori del Tempo ce l'hanno!», replica lui, bevendo la Coca.

Finisco il panino, pulendomi la bocca con il tovagliolo e appoggiandolo sul tavolo, per poi stiracchiarmi lungo la sedia e bere l'ultimo goccio di Coca-Cola rimasto nel bicchiere.

«Io vado a riparare alcuni circuiti mal funzionanti di questa ragazzaccia. Se vuoi farti il tè,», mi dice, indicandomi un paio di cassetti e il fornello: «Lì ci sono le bustine, in frigorifero ci sono il latte e il limone e in questo scaffale...», aggiunge, socchiudendo gli occhi e aprendo qualche anta: «Ci sono le tazze.», conclude, sorridendo e andandosene verso la sala comandi. Aspetto qualche minuto, prima di preparami il tè, per poter controllare se mi sono arrivati messaggi sul cellulare: uno solo, da parte di mia mamma, che mi chiede come sta andando a Verona dalla Ele.

Sorrido allo schermo del telefono, perché ho fatto solo un solo viaggio col Dottore, eppure mi manca già un sacco e le rispondo che va tutto bene e non ha di che preoccuparsi.

In realtà ne ha un bel po' da preoccuparsi, visto il rischio cui sto andando incontro, ma per una volta voglio fare l'egoista, anche se in questo caso sono i miei genitori, quelli di cui non mi importa.

Dopo aver risposto, decido di prepararmi un tè caldo da portare in sala comandi, sedendomi magari fuori dal TARDIS per guardare le stelle, cosa che avrei fatto anche se non fossi stata col Dottore, ma fossi stata a casa mia, tè bollente compreso.

Riscaldo l'acqua e infilo la bustina in una tazza, aggiungendoci lo zucchero; poco dopo l'acqua bolle e la verso, schiacciandoci dentro anche qualche goccia di limone per aromatizzarlo.

Prendo la tazza e infilo il cellulare in tasca, dirigendomi verso la sala consolle, dove il Dottore, al di sotto del pannello, non appena sente i miei passi per la stanza, smette di trafficare con quello che sta facendo e si mette all'ascolto, non capendo cosa stia facendo e cercando di non farsi vedere.

Nel frattempo io, ignara della presenza del Signore del Tempo, mi guardo attorno per l'ennesima volta con la tazza in mano, poi rivolgo lo sguardo verso il pannello esagonale che, fin dal momento in cui il Dottore ha rubato la sua Sexy, è sempre rimasto più o meno lo stesso.

Gli giro più volte intorno, sfiorando e accarezzando con la mano libera le varie leve e pulsanti, fermandomi poi ad accarezzare solamente il cuore della macchina, mentre il Dottore mi osserva di nascosto, incuriosito.

«Io so cos'è successo e che cosa succederà al tuo bel ladro, sai? So quanto sei importante per lui e so che sei l'unica che lo può consolare e comprendere a fondo e credimi, verranno giorni felici e giorni tristi, e in entrambi i casi... beh, ecco... prenditi cura di lui, d'accordo?», gli rivelo, mentre l'astronave emette un suono simile ad un sospiro.

Dopo aver schioccato le dita, le porte del TARDIS si aprono da sole e io mi siedo sul bordo di essere, le gambe a penzoloni, nel vuoto, e lo sguardo rivolto verso quel meraviglioso universo in cui mi trovo, mentre bevo a piccoli sorsi il mio tè.

Il Dottore, invece, uscendo dal suo nascondiglio, e facendo attenzione a non farsi sentire, si appoggia al pannello, osservandomi la schiena e pensando che no, non ha mai trovato e mai troverà una ragazza come me, che conosce il delicato rapporto con la sua Sexy, che sa ogni cosa su di lui o quasi e che, come ha appena capito bene, conosce addirittura il suo futuro.

«Quindi conosci il mio futuro e non me l'hai mai detto?», mi chiede, mentre si siede accanto a me, osservandomi e rimanendo estremamente sorpreso.

Io, guardandolo sedersi, ridacchio e gli rispondo:

«Sì, conosco il tuo futuro. E comunque mi pareva di avertelo accennato, credo.», mentre, notando la sua faccia sconvolta, mi dico che no, evidentemente non gliel'ho accennato.

«Dunque, il TARDIS ci protegge, vero?», gli chiedo di rimando, ritornando a guardare le milioni di stelle e galassie di fronte ai miei occhi.

Lui dal nulla comincia a ridere, dicendomi, quando finisce:

«Non mi abituerò mai a tutto questo, credo! Una terrestre che sa tutto di m, incredibile! Questa non l'avevo proprio mai sentita!», e continuando a borbottare cose di questo genere.

Mentre sto bevendo, sorrido dentro la tazza e penso:

Credimi, Dottore, che ce ne sono milioni, e che dico?, di più!, di persone come me, che conoscono tutte queste cose su di te e e sul tuo mondo e che ti amano e ti stimano e ti ringraziano di aver reso la loro vita migliore! E anche se per gli altri sembri sono un alieno, per Whovians, sei L'alieno pazzo in una cabina blu.”
In pochi sorsi finisco il tè e appoggio la tazza in un punto indefinito del pavimento dietro di me, poi torno a guardare prima per pochi secondi il Dottore, che ammira il panorama, e poi l'Universo che si espande e si restringe di fronte a noi.

Inconsciamente, in questo momento, sento il bisogno di un contatto fisico e allungo la mano, alla ricerca di quella del Dottore; non appena la trovo, la sfioro appena, e questa subito si ritrae, per poi avvicinarsi cautamente.
La stringo forte e intreccio le mie dita alle sue, magre e sottili, ma allo stesso tempo solide e forti.

Dopo essere rimasti così per un po' a guardare l'insieme di galassie, stelle, comete, asteroidi e pianeti, compio un altro gesto, altrettanto senza senso, ma che di solito per me vale tantissimo e che faccio solo con le persone a cui voglio veramente bene.

Togliendo dalla vista il bellissimo panorama, sposto lo sguardo verso il profilo del Signore del Tempo accanto a me e lo chiamo:

«Dottore?»

«Sì?», chiede lui, continuando a guardare fuori dalla cabina.

«Grazie. Grazie di tutto.» [4], gli rispondo, fissando la sua guancia e avvicinandomi per baciarla per qualche millesimo di secondo, per poi appoggiare la testa sulla sua spalla, trattenendo il respiro.

Molto probabilmente arrossiamo entrambi, ma non me ne importa un granché, perché sono riuscita finalmente a dirgli tramite un semplice gesto quanto bene gli voglio.

Cullata dalle carezze tra i miei capelli ancora un po' bagnati, fatte dalla mano libera del Dottore, non mi rendo nemmeno conto che i miei occhi si chiudono da per sé e mi addormento.

Non appena il Dottore nota che ormai sono tra le braccia di Morfeo, mi prende delicatamente in braccio e mi porta fino in camera mia.

Sentendo il calore che emana il corpo dell'uomo, mi rannicchio di più, appoggiando la testa al suo petto e ascoltando il tamburellare tranquillo dei suoi due cuori.

Arrivato nella mia stanza, cercando di non svegliarmi, mi fa distendere sul letto e mi rimbocca le coperte, continuando ad accarezzarmi i capelli.

Non so per quanto tempo vada avanti, ma ad un certo punto sento che mi da' un bacio sulla fronte e se ne va, lasciandomi dormire.

Il Dottore se ne ritorna in sala comandi, troppo impegnato per dormire.

Dall'altra parte dell'universo, invece, sul pianeta Terra, qualcuno sta progettando qualcosa e tamburella con le dita sul tavolo per quattro volte.

E no, questa volta non ci sarà un “E vissero per sempre felici e contenti.

 

 

 

[1] Specie di pesce particolarmente diffuso nel Mediterraneo. Nella cucina tipica greca, viene cucinato e messo sotto aceto. Fonte: Wikipedia

[2] “Socrate affermava di credere, [...] anche in una particolare divinità minore, [...] che egli indicava con il nome di dáimōn. Socrate si diceva tormentato da questa voce interiore che si faceva sentire non tanto per indicargli come pensare e agire, ma piuttosto per dissuaderlo dal compiere una certa azione. Socrate stesso dice di esser continuamente spinto da questa entità a discutere, confrontarsi, e ricercare la verità morale.” Fonte: Wikipedia

[3] Chiaro riferimento alla fanfiction “Dottore, abbiamo un problema” di Gallifrey_96, Yuki Satou e FluffyJpeg. (Link: http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1884483)

[4] Dialogo preso dalla fanfiction “Don't Blink” di Forever Young. (Link: http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2198692&i=1)

 

 

 

Wooooo, ce l'ho fatta! Alleluia!

Questo capitolo mi piace un sacco, soprattutto la parte finale!
Spero che anche a voi piaccia e spero di ricevere almeno una recensione piccolina.

Ci vediamo al prossimo capitolo, ciao! <3

  
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