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Autore: Fabio93    15/03/2014    2 recensioni
In una terra d'Oriente ricca di misteri e forze oscure, sotto le ceneri lasciate dalla guerra civile, ardono ancora i fuochi della ribellione. Danzo, l'usurpatore, ha ottenuto il potere su Nisora pagandolo col sangue dei suoi nemici, ma si sussurra che l'antico ordine dei samurai che lui stesso aveva cercato di sterminare si stia preparando ad insorgere. Da oltre le montagne, la nazione di Long Yu osserva e si prepara all'invasione per approfittare della debolezza del nemico ed unificare gli imperi.
La guerra è alle porte: chi ne uscirà vittorioso?
[la storia è frutto della collaborazione con un secondo autore, Mist Guardian!]
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Canto dei Due Cieli

 

Fabio93

 

Tempesta

 

Yanagi camminava spedito, affondando i piedi nella sabbia fine.

Uno sbuffo di vento, rabbioso e freddo, gli passò fra i capelli radi e le vesti ampie, dissipando per un attimo il caldo del mezzogiorno. L'uomo guardò alla sua destra, verso il mare: nuvole grige e cariche di pioggia si gonfiavano all'orizzonte, come vele gigantesche a trainare la tempesta. La loro ombra pian piano si allungava nel cielo, scura e minacciosa come un cattivo presagio.

Sul delta dello Shiruba il tempo era capriccioso, passava all'improvviso dal caldo asfissiante alla burrasca. Non c'era da stupirsi che, allontanandosi dallo sbocco del grande fiume, non ci fossero che piccoli villaggi di pescatori a vivere di quel poco che il mare concedeva loro.

Yanagi si fermò un istante, passandosi la mano sulla fronte sudata. Era stanco ed accaldato, la schiena gli doleva: era sicuro che quella notte avrebbe pagato lo scotto per quella lunga camminata. Eppure, nonostante gli acciacchi della vecchiaia che si insinuavano come ruggine nel suo corpo, si sentiva bene. Dopo quel viaggio interminabile da un capo all'altro dell'Impero, arrivato su quella spiaggia senza nome o memoria, quasi non riusciva a credere che la sua meta fosse davanti a lui a meno di una decina di metri di distanza: la palafitta sembrava quasi osservarlo, sospesa sulle onde ancora placide e trasparenti con le sue esili gambe di legno.

Non c'erano segni di vita lì attorno, ma la barca lunga e sottile tirata a secco testimoniava che il proprietario era in casa, anche se non sembrava voler uscire a dargli il benvenuto.

Era comprensibile, si disse Yanagi, ma la sua visita era necessaria quanto inevitabile: i suoi passi, come briciole d'ombra disseminate sulla sabbia, non avevano che percorso un sentiero tracciato per lui da un destino più grande ed ineluttabile. E quindi, dopo un'ultima esitazione, l'uomo si diresse verso quel destino, celato alla vista da un'esile porta di legno.

 

 

Yanagi si svegliò all'improvviso e coi sensi all'erta, tuffandosi fuori dal sonno come un nuotatore in cerca d'aria. La sua stanza era immersa nel buio, tolta la luce dei fulmini, che entrava in piccole schegge dalle fenditure nelle pareti. Il vento ululava, la pioggia fitta colava a rivoli dalle imposte sbarrate e gocciolava giù dal tetto di fronde e legno.

La tempesta era arrivata, violenta, con raffiche che sembravano voler prendere la piccola baracca e sradicarla come un'erbaccia dal terreno. Yanagi rabbrividì al tocco di uno spiffero gelido. Il cuore gli batteva forte nel petto, si sentiva inspiegabilmente irrequieto. Cercò di calmarsi, concentrandosi sul proprio respiro, e funzionò. Almeno un po'.

Cosa lo aveva svegliato? Forse un tuono, era plausibile. Eppure non lo credeva, c'era qualcos'altro, a renderlo inquieto, qualcosa che però non riusciva ad afferrare. La pioggia continuava a cadere, mille dita di ghiaccio che frugavano, che cercavano un pertugio attraverso cui insinuarsi.

C'era qualcosa che non andava, una vibrazione negativa che aleggiava nell'aria come il ricordo di un brutto sogno. Yanagi scacciò quel pensiero sciocco e infantile. Si sentì all'improvviso vecchio e stanco, spintosi troppo lontano in una terra che non conosceva e arrivato ad aver paura delle ombre. Eppure...

Per un attimo vento e pioggia diminuirono d'intensità, in una tregua momentanea prima del prossimo assalto, e allora ne fu certo. Eccolo, il rumore che lo aveva svegliato!

Rumore di passi.

Rimase paralizzato per l'incredulità, stringendo le dita sull'orlo delle coperte. Lo avevano seguito, chissà da quanto, e lui non si era accorto di niente. Era caduto nella trappola come il più grande degli sciocchi.

Passi attorno alla casa, fuori dai muri, sopra al tetto, ovunque. Ora che li aveva colti fra lo scrosciare della pioggia non riusciva a sentire altro: era circondato. Si alzò di scatto dal proprio giaciglio e gettò da parte le coperte, cercando a tentoni l'oggetto che vi aveva nascosto sotto. Doveva fare in fretta. Forse aveva ancora tempo, se solo gli avessero lasciato qualche altro...

-Fermo! Non muovere un muscolo!-

La voce lo raggiunse nel momento stesso in cui chiudeva la presa attorno alla sua wakizashi, ancora inguainata nella fodera rossa laccata. Yanagi si congelò sul posto.

Maledizione!

La luce tremula di una lanterna proiettò la sua ombra sul pavimento.

-Girati, lentamente.-

Yanagi obbedì, senza nemmeno cercare di nascondere la propria arma, sarebbe stato inutile. Le sagome dei ninja emersero dal buio come conchiglie lasciate indietro dalla marea: l'oscurità scivolò via da loro come un fluido, permettendo alla luce di rivelarne la presenza. Erano in tre; il più alto, probabilmente quello che gli aveva rivolto la parola, reggeva la lanterna. Tutti erano vestiti delle consuete uniformi nere: non fosse stato per il lume non li avrebbe distinti dal buio della notte, e forse neanche quello sarebbe bastato, se non avessero voluto farsi vedere. Tuttavia, il luccichio malevolo e affilato dei kunai nelle loro mani, quello era inconfondibile.

-Posa a terra la spada e calciala verso di noi. Non fare scherzi, vecchio.-

La voce era giovane ed insolente. Yanagi esitò: non voleva separarsi dalla propria wakizashi, menchemeno per ordine di quel ninja, ma sapeva di essere in grosso svantaggio. Forse sarebbe riuscito a far fuori quei tre, forse, ma che dire degli altri che attendevano fuori, pronti ad intervenire? Semplicemente non aveva speranze. L'unica cosa che poteva fare era cercare di guadagnare tempo per l'altra persona che sicuramente i ninja cercavano.

Una raffica di vento scosse la casa, passando come un brivido violento sulle assi di legno, e la lanterna tremolò leggermente. Yanagi posò la spada a terra e con un calcio la allontanò da sé; il ninja alto la afferrò e la fece scomparire subito dietro la propria schiena.

-Hai fatto la scelta giusta, Harada Yanagi. Ora torna a sederti sul tuo futon, per favore.-

Un quinto uomo fece il suo ingresso nella stanza, la voce compassata e leggermente acuta. Era di media statura, robusto, avvolto in un pesante mantello scuro e fradicio di pioggia. Era l'unico a volto scoperto e a non indossare l'uniforme d'ordinanza: aveva un viso paffuto e anonimo, di quelli di cui ti scordi nell'attimo esatto in cui distogli lo sguardo. Eppure Yanagi lo riconobbe all'istante e non poté fare a meno di concedersi una risata, priva d'allegria.

-Ikeda Hikari, il comandante supremo della Kuroame, l'ordine dei ninja, è venuto di persona a catturarmi! Suppongo di doverlo considerare un onore...-

Hikari ricambiò il sorriso, divertito, e prese la lanterna dal suo sottoposto. Si muoveva con la sicurezza placida di chi sente di avere la situazione sotto pieno controllo.

-Sei un pesce grosso, Yanagi-san, e meriti tutta l'attenzione che possiamo rivolgerti. Ora siedi.- quella volta non era una richiesta.

Harada obbedì, riluttante. Hikari esaminò con attenzione la stanza, sebbene il futon, una pila di indumenti ed un vaso da notte fossero gli unici arredi presenti. Infine si sedette difronte a Yanagi, posando la lanterna al proprio fianco, prendendosi tutto il tempo necessario.

-Ti sei trovato un bel posticino.- commentò.

-Mi piacciono le cose semplici.- tagliò corto Yanagi.

Il nina sorrise ancora, accondiscendente. Le ombre disegnate dal lume tramutarono la sua espressione in un ghigno lupesco.

-Sai, per un po' abbiamo pensato di averti perso, e che ti fossi dato alla macchia come tutti quei tuoi compagni traditori.-

Yanagi strinse i pugni, cosa che non fece che allargare il sorriso del ninja.

-Noi non siamo traditori! Il nostro Imperatore è stato assassinato, Danzo è solo un usurpatore!-

Il ninja ridacchiò e si sporse verso il samurai furente.

-Sono sicuro che avresti molto da dire a riguardo, ma non è questo il momento di parlare di politica.- spiegò, fissando Yanagi negli occhi.

Gli occhi scuri di Hikari sembravano volergli sondare l'anima da capo a fondo, e forse ne erano davvero capaci.

-Tu ed i tuoi compagni avete scelto di voltare le spalle al nuovo Imperatore, e perciò siete dei traditori. Quelli di voi che non hanno trovato la morte che invece meriterebbero se ne stanno ben nascosti come si addice a conigli come loro, e come converrebbe anche ad un samurai vecchio e stanco come te.- Hikari scrutò il volto del suo interlocutore, studiandone l'espressione di rabbia a stento trattenuta.

-Eppure, dopo anni, tu ti rifai vivo...e sei talmente sciocco da lasciarti dietro un mare di tracce. Tracce che conducono...qui- e fece un ampio gesto con la mano -Nel bel mezzo del nulla. Cosa c'è di così importante qui, per te?-

Hikari si zittì per qualche secondo, ma, come ci si poteva aspettare, Yanagi non aprì bocca. Solo il vento e l'acquazzone, a cercare di fare a brandelli quel silenzio forzato con la loro furia.

-Beh, forse dovremmo chiederlo al tuo amico pescatore...- riprese il ninja -Un mio uomo dovrebbe essere qui a momenti a portarci sue notizie.-

Qualsiasi speranza che i ninja non fossero a conoscenza dei suoi piani crollò in quel momento, in silenzio, ma rovinosamente, come il più grande dei castelli di carta. Sapevano tutto, e fin dall'inizio.

Il samurai abbassò lo sguardo a contemplarsi le mani ancora strette in grembo e capì che quello era il momento di agire, nonostante le probabilità contrarie. Ormai non aveva più carte da giocare: che la persona che era venuto a cercare fosse scappata o fosse stata catturata, lui non poteva più farci niente. Però poteva evitare di farsi portare in prigione come un qualunque delinquente, dove sarebbe stato torturato ed umiliato fino al giorno della sua sommaria esecuzione.

Non era quello il destino di un samurai, non era la morte che voleva per sé.

Inspirò a fondo, come assorto nei propri pensieri. Eppure aveva già preso la sua decisione.

L'attimo dopo era scattato in avanti, le mani tese verso Hikari, le dita contratte come artigli pronte a cavargli gli occhi. Il ninja reagì con prontezza chiudendo la guardia ed impedendogli di arrivargli al viso. Yanagi gli afferrò la veste e lo gettò di lato come un sacco di stracci e poi si alzò in piedi ignorando il dolore alla schiena che il movimento gli provocò. Il nemico più vicino si fece sotto, lui evitò il suo kunai e lo stese senza cerimonie con un pugno alla bocca dello stomaco.

Aveva occhi solo per uno dei ninja, colui che gli aveva sottratto la wakizashi.

Quello capì le sue intenzioni ed optò per un attacco preventivo: il kunai, guidato dal braccio esperto, disegnò una parabola lucente a mezz'aria, diretto alla gola del samurai.

La vista di Yanagi non era più perfetta e dovette agire d'istinto. Alzò un braccio, bloccando quello dell'avversario per poi rivolgergli contro la sua stessa arma con un rapido gioco di leve.

-No!- sibilò il ninja, prima che lui lo sbattesse contro il muro, affondandogli il kunai nel petto.

Yanagi rigirò il pugnale nella ferita, giusto per essere sicuro di chiudere per sempre quella bocca insolente, poi lasciò cadere a terra il corpo esanime del ragazzo, riprendendosi contemporaneamente la spada corta.

Si lanciò all'attacco del terzo ninja, ma quello era ormai pronto: deviò i suoi colpi di spada col proprio pugnale, indietreggiò di qualche passo e poi lo colpì al ginocchio con un calcio, rapido ed inaspettato come un colpo di frusta. Il dolore esplose come una stella nella testa del vecchio, che incespicò all'indietro, mulinando la spada per impedire all'avversario di avvicinarsi.

-Fermo! Quel bastardo lo ammazzo io.-

Hikari si era rialzato, buttando da parte il mantello bagnato. L'espressione divertita aveva lasciato il posto ad una maschera inespressiva e concentrata. Non era armato, ma il samurai aveva il sospetto che le sue mani fossero letali come una spada ben affilata.

-Se hai intenzione di buttare via quel poco che ti rimane da vivere fatti sotto: sarò ben felice di aiutarti.- sibilò Hiraki, avanzando lentamente.

Con la coda dell'occhio, Yanagi vide altri ninja schierarsi tutt'attorno nel poco spazio disponibile, in attesa del permesso di fare scempio delle sue carni. Non poteva scappare, e poi, con la schiena e la gamba destra sul punto di cedere, non sarebbe andato lontano. Se gli Dei avevano deciso che era lì che doveva morire, beh, che così fosse, ma sarebbe morto sporco del sangue dei suoi nemici.

Hiraki capì le sue intenzioni e chiuse la guardia, in attesa.

Ancora una volta, Yanagi respirò a fondo e con calma. Sentì la propria energia, la poca che gli rimaneva, fluirgli nelle vene, scorrergli nei muscoli e a fior di pelle. Per un attimo, la schiena ed il ginocchio malandati non furono più un problema.

Per un attimo, l'unico importante.

Svuotando i polmoni, mettendoci tutto sé stesso, Yanagi si lanciò in un ultimo, disperato attacco.

Ma Hiraki fu più rapido, fu una scheggia.

Si abbassò ed evitò la wakizashi, che affondò inutile nel muro, per poi colpire col palmo aperto il ventre di Yanagi, rompendogli le ossa del bacino. Il dolore fu lancinante ed immediato; Hikari, ancora accovacciato, gli afferrò una caviglia e spinse sul suo ginocchio sbilanciandolo all'indietro. Il samurai cadde fra le braccia di uno dei suoi assassini, che gli conficcò il suo kunai dritto in un rene.

Il vecchio emise un sospiro strozzato e le gambe gli cedettero. Cadde a terra a faccia in giù, senza più la forza di rialzarsi.

Hikari gli si avvicinò e raccolse da terra la sua wakizashi.

-Non c'è onore nella morte di un traditore.- disse, poi lo trapassò con la sua stessa spada.

Yanagi sentì il sangue inzuppargli le vesti, ma non soffrì: un pietoso torpore stava prendendo il posto del dolore pulsante, e gli sembrava quasi di fluttuare nel vuoto, sulle onde di un mare di tenebra che presto lo avrebbe sommerso.

Capì che quella, per lui, era la fine, ma non era dispiaciuto: la sua non sarebbe stata una morte vana.

Mentre l'oscurità calava sui suoi occhi, uno dei ninja faceva rapporto al superiore.

La palafitta era stata trovata vuota.

 

 

Ebbene sì, si ricomincia, e questa volta porteremo il lavoro al termine.Pubblico questo capitolo per farvi sapere che la storia non è morta, e sia io che il mio compagno Mist Guardian vogliamo continuarla. Ci sono state modifiche importanti nella storia, ed ogni capitolo precedentemente pubblicato è stato rivisto e riscritto. Sì, insomma, non stiamo badando a spese.
Spero di poter presto continuare la pubblicazione, e che almeno l'inizio sia stato di vostro gradimento. Grazie di aver letto; lasciate una recensione, mi raccomando!
E continuate a seguirci, naturalmente!
   
 
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