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Autore: Shichan    19/03/2014    4 recensioni
Con il senno di poi Junpei ammise con se stesso – mai con altri – che era stato disonesto affermare di aver creduto anche solo per un istante che far contento quel ragazzino, dicendogli il proprio nome, avrebbe messo fine a quelle visite annuali.
[AU, tengu!Hyuuga, Human!Teppei; KiyoHyuu]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Junpei Hyuuga, Teppei Kiyoshi
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo
After seventy years

 

Spostò lo sguardo verso la finestra chiusa, ricercando con esso l’esterno.
La stanza era calda, grazie alla stufa accesa in un angolo, lasciando all’immaginazione il clima invernale. Tutto ciò che del panorama preannunciava in qualche modo il freddo era il colore del cielo, di quel grigio che era quasi un bianco sporco, fastidioso alla vista e che non permetteva di indovinare con facilità quale momento della giornata fosse.
Si sistemò meglio seduto sul cuscino, muovendo appena le gambe incrociate alla ricerca di una posizione meno rigida; istintivamente, mosse la mano giochicchiando con il maglione che indossava.
Lo faceva sorridere, vedersi addosso quell’abbigliamento: un tempo non avrebbe mai creduto possibile vestire abiti umani per il semplice fatto che farlo avrebbe significato mescolarsi a loro.
Inclinò un poco la testa andando a poggiare la tempia contro il vetro freddo; il libro che fino a poco prima aveva avuto la sua completa attenzione era lì, sulle sue gambe, aperto ad una pagina di cui aveva già dimenticato il contenuto letto qualche istante prima di distrarsi a guardare fuori.
Era strano essere così toccati dalla percezione di un tempo che trascorreva troppo lentamente. Non era mai stato un problema, vista la sua natura. Eppure ora, anno dopo anno, diventava sempre più acuta la sensazione di relatività che avvertiva.
Non che avrebbe mai ammesso quanto lunghe sembrassero le ore in assenza di quello stupido di Teppei e quanto, invece, sembrassero durare un soffio e nulla di più in sua presenza.
«Junpei!» sentì chiamare dall’ingresso, ma si guardò bene dall’alzarsi e andargli incontro: non era uno stupido cane, non si sarebbe certo messo a scodinzolare. Al contrario abbandonò l’esterno per tornare con lo sguardo – e presumibilmente con totale attenzione – alle pagine del libro.
Avvertì i rumori tipici di quando Kiyoshi rientrava dalla spesa: le scarpe abbandonate all’ingresso, le buste poggiate sul tavolo, i passi sempre della stessa cadenza ad indicare il muoversi avanti e indietro nel piccolo spazio della cucina, le ante aperte e chiuse per sistemare al proprio posto gli acquisti.
Poi altri passi ancora, sempre più vicini, e alla fine Teppei rientrava nel suo campo visivo affacciandosi sulla soglia della stanza, come ora.
Junpei non riusciva smettere di stupirsi dei piccoli ma significativi cambiamenti nell’aspetto dell’altro, specialmente se pensava a quanto diverso fosse quando si erano incontrati per la prima volta. Ormai non c’erano più né i lineamenti infantili di bambino, né quelli di un’acerba età adulta: il viso mostrava quello che era in tutto e per tutto un uomo, ancora giovane, ma cresciuto.
Il tengu provava sentimenti contrastanti, quando si rendeva conto di quanto inesorabile fosse il tempo di Teppei, che avanzava senza pietà; eppure quello stupido, chissà come, sembrava capire cosa lo angosciasse tanto e allora si avvicinava e lo abbracciava con quel fare entusiasta da bambino e quel modo goffo di abbracciarlo di quando era ragazzo – anche se ora la prima cosa era dovuta al carattere gioviale e la seconda alla stazza che si ritrovava, con il fisico ormai formato del tutto.
Junpei avrebbe mentito sostenendo che bastasse così poco a far sparire le sue preoccupazioni, o che bearsi del calore di un corpo che ti abbraccia con tanto affetto lo illudesse che non ci sarebbe mai stato bisogno di pronunciare quell’“addio” a cui non sarebbero mai stati pronti.
Tuttavia sospirava, lo rimproverava mentre con la mano cercava la sua e poi – solo poi e solo quando voleva – gli dava la piccola soddisfazione di un bacio leggero sulle labbra e di un “bentornato” pronunciato senza insulti, ma con l’affetto smisurato di cui nessuno si accorge mai, se non chi riceve quelle parole e se le tiene strette nel cuore.
«Ah, nevica!»
La ricorderà, insieme a tutte le altre.


«Posso farle una domanda?» azzardò il novizio, portando lo sguardo sull’Anziano indaffarato con le pratiche per l’imminente passaggio della carica.
Il tengu più grande alzò gli occhi dalla pergamena, posandoli benevolo sull’altro, in un tacito assenso. Il giovane, seppur titubante, si fece coraggio e diede voce al dubbio che – a giudicare dalla reazione degli altri novizi presenti – doveva essere comune: «Mi chiedevo— ci chiedevamo, in effetti» si corresse, agitato «…ecco, tutti pensavamo che alla fine sarebbe stato Junpei-dono a succedervi. Una volta tornato dal suo soggiorno tra gli umani.» spiegò come meglio gli riuscì, temendo forse di aver detto qualcosa di troppo o che non fosse suo compito far notare.
Ma l’Anziano non ebbe reazioni particolari in merito, se non un silenzio meditabondo e quasi pigro.
«Avrei potuto richiamarlo, sì» ammise «e Junpei, oh, sarebbe tornato.» aggiunse senza alcun dubbio in merito: «Tuttavia sarebbe stato una guida inadatta. Succede così, quando la comunità non è il primo pensiero di chi la guida.» concluse blandamente, come se quanto aveva appena detto non fosse piuttosto grave.
Il senso di appartenenza di un tengu alla propria comunità era forse uno dei valori fondamentali della razza stessa.
Eppure qualcuno come Junpei, la cui avversione agli umani era sempre stata piuttosto chiara oltre che conosciuta, aveva perso chissà quando la qualità che lo aveva contraddistinto per secoli rendendolo il più adatto ad una carica che quasi tutti avevano considerato già ufficiosamente sua.
«Ma gli umani non possono vivere così a lungo.» obiettò incerto e con tono basso un altro dei novizi, visibilmente confuso.
Se Junpei fosse stato lì, non si sarebbe sorpreso della risata che riempì la stanza, troppo abituato alle reazioni spesso incomprensibili da parte di quello che era stato il suo maestro; ma i novizi si stupirono nel vedere l’Anziano ridere di cuore.
«Oh no, gli uomini non vivono neanche la metà del nostro tempo, Junpei lo sa bene.» convenne divertito «Ma è rimasto ad osservare la neve.» concluse come se fosse la cosa più naturale del mondo.
«La neve, signore?»
«Già. La prima neve di ogni anno.» assicurò, mentre il tempio in cima alla montagna veniva coperto lentamente, in silenzio.

 

Settant’anni fa, la prima neve iniziava a scendere.
Quel giorno, nello stesso luogo,
l’inverno comincia con dita che si intrecciano le une con le altre,
ancora una volta.


 

 

 

 

 

E con questo si conclude la fanfic.
Ho pensato diverse volte di cambiare, di dare la sensazione di una realtà più “cruda” ma inevitabile, ossia la morte di Teppei. Ma francamente mentre scrivevo non mi sembrava si adattasse all’atmosfera che penso di aver racchiuso nell’epilogo, e quindi buh, ho preferito così.
Grazie a chi ha recensito e a chi ha dedicato anche solo un pochino di tempo alla lettura (L)

   
 
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