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Autore: Aine Walsh    20/03/2014    3 recensioni
Uno sconosciuto con la fronte alta e gli occhi chiari gli stava accanto e lo fissava sorridendo allegramente; indossava una giacca un po’ fuori moda sebbene dimostrasse di essere abbastanza giovane e, a dirla tutta, aveva complessivamente l’aria di uno allampanato, ma Blaine decise di non farci troppo caso e fece la prima mossa.
«Posso aiutarti?» domandò.
Il tipo annuì ripetutamente e saltò su a rispondere: «Oh, sì. Sì sì. Te ne sarei grato. Sono il Dottore, comunque, chiamami pure così».
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Blaine Anderson
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Questo è il delirio di una mente malata che dorme poco, studia molto e guarda decisamente troppi telefilm.
Se nonostante questa premessa siate ancora intenzionati a continuare con la lettura, beh, siete audaci.
Perdonate me e questa sciocca storia demenziale,

A.

P.S.: I pomodori stanno in fondo a sinistra.

Bow ties on sale

Attaccato alla vetrina di un negozietto in fondo alla strada, scritto con giganteschi caratteri blu su un fondo biancastro, un cartello recitava solennemente: Cravattini in saldo.
Blaine vi passò accanto leggendo l’annuncio distrattamente e dovette tornare indietro una seconda volta per controllare, prima di rendersi effettivamente conto del miracolo natalizio che gli lampeggiava sotto gli occhi. Con i battiti del cuore improvvisamente accelerati e un senso di felicità tanto grande da poter diventare palpabile, il ragazzo spinse in avanti la porta a vetri e filò dritto dritto verso il banchetto dei suoi desideri.
Quasi non gli caddero di mano le altre buste nel vedere il ripiano straboccare di cravattini di tutti i tipi e modelli: grandi o piccoli, a tinta unita o fantasia, con righe o quadri, verde petrolio o verde mela… c’erano tutti. Lo sguardo si spostava da un farfallino all’altro, mentre la mano si muoveva sfiorandoli pian piano, con delicatezza. Perché sì, ormai tutta Lima era a conoscenza della particolare ossessione che Blaine Devon Anderson aveva nei 
confronti dei papillon.
Continuò a studiarli tutti per una manciata di minuti, poi la sua attenzione fu catturata un oggetto in particolare, da un cravattino bordeaux a rombetti bianchi che ben si intonava con la maglia che aveva già scelto di indossare la sera della Vigilia. Allungò con decisione una mano per afferrarlo, quando un leggero colpetto alla spalla lo costrinse a voltarsi. Uno sconosciuto con la fronte alta e gli occhi chiari gli stava accanto e lo fissava sorridendo allegramente; indossava una giacca un po’ fuori moda sebbene dimostrasse di essere abbastanza giovane e, a dirla tutta, aveva complessivamente l’aria di uno allampanato, ma Blaine decise di non farci troppo caso e fece la prima mossa.
«Posso aiutarti?» domandò.
Il tipo annuì ripetutamente e saltò su a rispondere: «Oh, sì. Sì sì. Te ne sarei grato. Sono il Dottore, comunque, chiamami pure così». Afferrò le dita del ragazzo e con uno scatto gli si avvicinò per sussurrargli all’orecchio: «Ho bisogno che tu mi dica se questi – scosse la busta che teneva in mano – sono abbastanza per poter comprare uno di quelli. Tante valute, tanti sistemi diversi, queste cose mi confondono ancora parecchio».
Blaine lo squadrò per un attimo, confuso, chiedendosi perché mai qualcuno dovesse andare in giro tenendo dei soldi in un sacchetto di plastica e, soprattutto, perché dovesse presentarsi con il suo soprannome.
D’altro canto il Dottore, come aveva detto di chiamarsi, gli restituì lo sguardo con un sopracciglio alzato come ad indicare di avere una certa fretta. La sua stessa figura alta e longilinea e i suoi bizzarri modi di fare trasmettevano un qualcosa di frenetico e quasi folle.
Anderson scosse il capo. «Sì… sì, direi che bastano. Potresti comprarne anche più d’uno, se volessi».
«No, uno basta e mi va più che bene. – rispose, avvicinandosi al banchetto – Toh, semplice e veloce! Prenderò questo, sì, questo qui coi rombi bianchi».
Blaine fece istintivamente per prendere il farfallino, ma lo mancò per un soffio e il Dottore lo stringeva già tra le sue mani.
«Eccellente! Grazie mille per l’aiuto… uhm… come hai detto che ti chiami?» parlava velocemente, senza smettere di camminare a grandi passi verso l’uscita.
Il liceale gli andò dietro cercando di tenere il passo. «Blaine, sono Blaine, e mi piacerebbe che tu ti fermassi qualche secondo in più perché…».
«Blaine. Bene, grazie per il consiglio, hai proprio un buon gusto» sentenziò, battendogli un altro lieve colpo sulla spalla. Poi gettò la busta con le banconote vicino alla cassa, proprio sotto il naso della commessa, e un istante prima di richiudersi la porta d’ingresso alle spalle disse allegramente: «I cravattini sono fighi».
Frastornato dalla rapidità con cui si erano svolte le ultime azioni, Blaine uscì in strada nel tentativo di fermare quello strambo ragazzo e spiegargli che quello in realtà era il suo papillon perché l’aveva visto per primo, perché si abbinava perfettamente ai colori del suo completo e perché lui aveva l’esclusiva su tutti i farfallini della zona. Con la coda dell’occhio lo vide voltare l’angolo e lo seguì svelto mentre quello entrava dentro una cabina telefonica blu. Uno, due, tre passi, uno strano rumore assordante e la cabina iniziò a dissolversi fino a sparire del tutto, lasciando al suo posto il muro grigio di un vicolo cieco e uno stordito ragazzo dai capelli impomatati che iniziò a prendere seriamente in considerazione l’idea di andare a far visita ad un analista.
  
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